zio intenso di immaginazione creatrice. Si tratta di una serie che identifica e definisce uno spazio immaginario consacrato non solo alle forme, ma anche alla vita nel- la sua totalità: agli elementi costruttivi che generano e rendono possibile un’esistenza che in essi si intreccia. Il disegno presta un’attenzione inusuale a fattori non stretta- mente architettonici. Anzi, in questi schizzi è l’architettura che sembra occultarsi, svanire e diluirsi nella dimensione dell’aneddoto: è qui che l’attenzione deve scovarla come sfondo quasi invisibile. Conviene dunque abbandonare ogni aspettativa e dimenticarsi dello scopo che di solito si attribuisce a questo tipo di espressione grafica: esplo- rare e sondare le forme e gli artefatti. In questi disegni l’architettura è un elemento residuale: una cristallizzazio- ne in pieno flusso vitale.
I disegni rivelano un’invidiabile capacità artistica nell’assemblare elementi diversi in un unico slancio. Tutto pare risolversi in un andirivieni di osservazioni che co- prono le distanze che li separano. Le case si definiscono in uno spazio geografico esteso, dettagliato e al tempo stesso intimo. Nell’insieme ci sono vedute da lontano, come a volo d’uccello, e altre ravvicinate, molto detta- gliate, miopi. Viene rappresentata una sezione territoria- le: ecco la collina, con le pendici bagnate dal mare; ma anche, dall’altra parte, l’erba del giardino, i fiori e gli alberi che circondano le case con rami e foglie. Lungo un itinerario aereo, si concatenano un primo piano, un piano medio ed uno lontano.
E il progetto, di conseguenza, registra la trama di que- ste osservazioni, che a loro volta in esso si incorporano: è l’intrecciarsi e il sovrapporsi simultaneo di tutte queste distinte “riprese”. Così, la piscina d’acqua di mare è di- segnata in continuità e come estensione del mare stesso. O ancora, i due soggiorni sovrapposti (quello coperto e il mirador-solarium che lo corona) si orientano dai ri- spettivi strati verso un orizzonte intimo e vicino e verso un altro, vasto e lontano. La piscina, il mare e i due sog- giorni, pertanto, “si riflettono” e “risuonano” gli uni negli altri. La casa è di limiti che non si possono dire certi, e si prolunga fino ai confini del lotto e, oltre, fino al mare e alla montagna.
Allo stesso modo, si riconoscono altri due poli di vitalità, rispettivamente rappresentati dall’ardente ani- mazione delle piante che crescono attorno alle case e dall’inclusione del limite estremo (statico, lineare e calmo) dell’orizzonte mediterraneo. Una geometria molto preci- sa e semplice fissa le coordinate costruttive latenti nelle circostanze, massimamente casuali, della narrativa espo- sta attraverso il disegno. Si tratta semplicemente di un coagulo, di una sedimentazione nel flusso dell’abitare.
Quello che così resta catturato è un modo di vivere. I disegni acquisiscono l’aria e la portata di un’utopia in cui le persone compongono un delizioso ritratto di vita mondana: contemplazione, leggerezza estiva. Vicino all’auto sportiva, due silouhettes chiacchierano appog- giate al cancello mentre, sulla linea dell’orizzonte, una barca suggerisce che la scena si svolge su un’isola, con le corrispondenti connotazioni di evasione. Tutto appare affabile, spensierato: un giorno è come un altro, la fami- glia e gli amici, in un’impossibile, quanto anelata, estate permanente. Questa manifestazione del vivere concreto è lungi dall’essere banale. I disegni ci impressionano per
COSTRUIRE, ABITARE
I disegni di Alejandro de la Sota
per l’urbanizzazione di Alcudia
Juan Navarro Baldeweg
come riescono sempre a coniugare in modo mirabile il necessario e il contingente, il vicino e il lontano, lo statico e il mobile, a scale, ritmi e situazioni diverse. La routine quotidiana si sviluppa su uno sfondo che non risulta mai costrittivo: nel clima dolce del litorale mediterraneo. Il suo carattere libero, senza insistenze e senza ostruzioni, la sua trasparenza, si rinforzano nel gioco di continuità, opposizioni, riflessi e simmetrie del progetto, nella dispo- sizione dei suoi elementi costruttivi.
Alcuni di questi effetti sono già stati segnalati: esaurirli sarebbe un compito interminabile. Così, per esempio, si dà continuità fra la vita rappresentata e il costruito: tutto cresce come le piante, compresa la stessa casa, perchè nemmeno questa, l’unico elemento che avrebbe potuto essere fisso e radicato, rimane tale: il pavimento, le pa- reti e la copertura sono in pannelli metallici fabbricati in officina e portati fino a lì, come semi sospesi nell’aria; il tendone e l’edera poggiano – e crescono – sullo stesso filo, linea di fusione fra l’animato e l’inanimato; in un ef- fetto di simmetria, i tendoni prolungano lo spazio coperto sui due affacci esterni (verso l’apertura sul mare e verso quella sulla piscina). E perfino i punti neri, corrispondenti agli occhiali da sole di un abitante, appaiono lì per pro- lungarsi e chiamare a sé lo spazio soleggiato.
L’architettura si profila così come cristallizzazione di estremi: la casa si fa spazio tra i muri del lotto, accumu- lando materia entro i suoi limiti. L’organizzazione di ciò che è domestico (lo spazio del soggiorno si situa fra quel- lo dedicato alla cucina e quello per il riposo) trova una corrispondenza nel modo in cui si distribuisce ciò che è libero e ciò che è determinato: si avverte una chiara op- posizione fra la fissità delle scatole che ospitano cucine e camere da letto e la mobilità delle porte-finestre del soggiorno. Nella sua manifestazione fisica, sta l’equili-
brio fra le variabili che consideriamo essenziali e quanto si lascia all’arbitrio del tempo libero.
L’architettura si produce dall’intreccio di funzioni e pro- cessi: diventa il riflesso di un dispiegarsi di tempi e ritmi vitali. E’ per questo che non si può separare il contenuto dal contenitore: tutto deve trovare il proprio posto nel progetto. L’architettura tende a smaterializzarsi: è incor- porea, come l’aria marina, come la luce senza nubi e come i corpi traslucidi, fantasmatici, dei disegni. Questi progetti, dunque, sono irriducibili alla nozione di “edi- ficio”: in essi si esprime chiaramente (con una grande precisione visuale pregna di stile e senso dell’umore) che l’architettura non è un semplice artefatto, ma implica l’es- senziale superamento dell’edificio in quanto tale.
In questi disegni si apprezza la magia elusiva dell’ope- ra di Alejandro de la Sota. Tutto è trasparente ed esplicito e, ciononostante, l’architettura si ritira, si occulta, diventa quasi impercettibile. I disegni mostrano mirabilmente ciò che questo complesso di Alcudia avrebbe potuto essere, se lo si fosse costruito. Inoltre, però, illustrano l’idea di un’architettura che, con attitudine nobile, austera, è ca- pace, in grande misura, di negarsi a se stessa: è l’enig- matica privazione, la paradossale “trasparente opacità” che caratterizza l’arte autentica. In un momento nel quale l’architettura, concepita come oggetto, tende a trasfor- marsi in un prodotto di spettacolo, questo modo di di- stanziarsi, di disinteressarsi dell’edificio in quanto tale, diventa esemplare. Perchè risponde a un ideale più alto e generoso: smettere di ossessionarsi per la materialità ostentata, e spostarsi su ciò che meno appare. Costruire e abitare giungono a identificarsi nell’equilibrare le pro- prie esigenze, nello scambiare le rispettive posizioni. Si costruisce per dare più apertura a una realtà viva e per mostrare la verità semplice dell’abitare.
Costruire, abitare 79
Schizzo di studio per l’urbanizzazione di Alcudia
Schizzo di studio per il museo di Léon Schizzo di studio per l’atrio della sede Aviaco