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Disponibilità monetarie nette finali (indebitamento

I PRINCIPI GUIDA PER LA REDAZIONE DEL RENDICONTO FINANZIARIO

G. Disponibilità monetarie nette finali (indebitamento

finanziario netto a breve finale)

La risorsa finanziaria di riferimento

Il primo passo da porre in essere per la costruzione del rendiconto finanziario riguarda la selezione della risorsa finanziaria di riferimento53. Tale scelta non può essere univocamente definita ma deve riflettere le caratteristiche della realtà e le finalità perseguite dall’azienda sottoposta ad analisi.

Si possono individuare molteplici risorse, tra le quali: 1. la liquidità immediata o disponibilità monetarie; 2. la liquidità netta o disponibilità monetarie nette; 3. la posizione finanziaria netta a breve;

4. la posizione finanziaria netta complessiva;

5. il capitale circolante netto finanziario o in senso lato;

6. il capitale circolante netto caratteristico o gestionale o in senso stretto. Non vi è affatto condivisione terminologica tra i vari Autori e questa può essere ritenuta una delle principali cause per cui sembra esistano metodologie differenti

53 La costituzione e l’interpretazione del rendiconto finanziario, C. Teodori, Giappichelli Editori, Torino,

nella costruzione del rendiconto finanziario. In realtà, la scelta di una risorsa finanziaria anziché di un’altra modifica non tanto la metodologia di costruzione quanto le operazioni espressive di movimenti finanziari da prendere in considerazione.

La scelta della risorsa di riferimento influisce, in modo evidente, sulla costruzione dei singoli flussi di fonti e impieghi, in particolare su quello connesso alla gestione caratteristica dell’impresa.

In fase di costruzione del rendiconto, devono essere individuate le risposte più espressive per la realtà aziendale sottoposta ad analisi. Situazione tipica è il ricorso congiunto alla liquidità ed al capitale circolante netto in quanto trattandosi di risorse distinte il potenziale informativo complessivo aumenta. Infatti si dispone di flussi monetari e finanziari, ciascuno dei quali fornisce un contributo originale all’interpretazione del globale assetto economico-finanziario. Non solo, ma le due risorse presentano stringenti collegamenti in quanto la liquidità netta è componente del capitale circolante netto e per la determinazione dei flussi di liquidità è preferibile disporre dei flussi di circolante o, almeno di uno di essi, cioè quello prodotto dalla gestione caratteristica corrente.

Abbiamo due tipologie di liquidità:

- la liquidità immediata, cioè quella che comprende il denaro ed i valori incassa, gli assegni ed i depositi bancari e postali;

- la liquidità netta , cioè quella che si ottiene sottraendo dalla liquidità immediata la liquidità negativa (debiti a breve verso il sistema bancario).

Con riferimento alla posizione finanziaria netta, si estende il contenuto della risorsa, affiancando alle risorse monetarie alcune classi che non presentano legami diretti con la gestione tipica ma derivano da scelte riconducibili alla gestione patrimoniale o finanziaria. Ve ne sono due tipologie, a seconda dell’orizzonte temporale di riferimento:

- posizione finanziaria netta a breve: alla liquidità netta vengono sommati i crediti e le altre attività finanziarie a breve e sottratti i debiti finanziari a breve; - posizione finanziaria netta complessiva: dalla posizione finanziaria netta a breve si deducono i debiti finanziari a lungo termine.

In merito al capitale circolante netto54, si tende a fornirne una duplice definizione, a seconda dei valori utilizzati per la sua determinazione. In particolare si individuano:

- il capitale circolante netto finanziario;

- il capitale circolante netto caratteristico o gestionale.

Nel corso degli anni si è assistito ad un progressivo abbandono del capitale circolante netto come risorsa di riferimento per la costruzione del rendiconto, a beneficio delle altre e, in particolare, di quelle fondate su grandezze monetarie. La liquidità, nelle sue due configurazioni, sta sempre più assumendo importanza come grandezza di riferimento per il rendiconto finanziario.

A favorire questo sviluppo vi sono molteplici elementi:

1. la mutata impostazione dei principi contabili internazionali;

2. i principi e gli schemi di riferimento emanati da organismi nazionali, pur non escludendo il capitale circolante netto, sembrano privilegiare la liquidità e la posizione finanziaria netta;

3. la liquidità è risorsa caratterizzata da elevata oggettività in quanto su di essa non influiscono scelte contabili di varia specie;

4. il generale consenso sulla definizione del contenuto, a differenza di quanto avviene per le altre risorse;

5. l’agevole interpretazione dei flussi di liquidità anche per un utilizzatore non esperto.

Anche la posizione finanziaria netta sta sempre più assumendo importanza come grandezza di riferimento per il rendiconto finanziario, ma a differenza della prima essa è potenzialmente soggetta all’influenza di alcune scelte valutative e non sempre la composizione è univocamente definibile.

Anche in questo caso abbiamo le due configurazioni: 1. posizione finanziaria netta a breve;

2. posizione finanziaria netta complessiva.

Le risorse di riferimento subiscono variazioni per effetto di cause endogene ed esogene55.

Le prime riguardano le modificazioni all’interno della risorsa di riferimento da un periodo all’altro, cioè le variazioni nella sua composizione. Ad esempio, le cause endogene di un peggioramento della liquidità netta di -240, sono, per esempio, le seguenti:

X X+1 Variazione

Denaro e valori in cassa 50 20 -30

Depositi bancari e postali 400 220 -180

Debiti verso banche 1.370 1.400 30

Liquidità netta -920 -1.160 -240

La variazione deriva da un decremento del denaro in cassa e dei depositi disponibili ad inizio periodo, oltre che da un incremento dei debiti a breve verso le banche.

Le seconde, quelle esogene, attengono alle cause che hanno comportato la variazione complessiva di 240 e che devono essere indicate nel rendiconto: se con tale tavola, infatti, si vogliono spiegare le cause di variazione della liquidità netta, appare evidente che esse vadano cercate nelle altre classi di stato patrimoniale non appartenenti alla liquidità netta. Però non tutte le variazioni di stato patrimoniale appaiono finanziariamente rilevanti: ad esempio, quando vi è una permutazione all’interno di un aggregato “non liquido” (si pensi ad una riclassificazione di una immobilizzazione da una categoria ad un’altra od alla destinazione di utile a riserve) non vi sono variazioni di liquidità esattamente come quando la permutazione avviene tra aggregati “non liquidi” (la conversione di un debito in capitale o l’apporto di una immobilizzazione a fronte dell’aumento di capitale sociale).

In definitiva, le operazioni che assumono rilevanza nell’ambito del rendiconto, cioè che spiegano la variazione della risorsa di riferimento, sono quelle riconducibili alle cause esogene differenti dalle permutazioni, in quanto la loro modificazione è bilanciata da un cambiamento nella risorsa indagata..

E’ quindi possibile, come si vede nella figura, suddividere lo stato patrimoniale in due aree: la risorsa di riferimento da una parte e le cause di variazione dall’altra. Dalla figura si può osservare che il cambiamento di risorsa comporta modificazioni nell’ampiezza di entrambe le aree, senza variare il totale. Ad esempio, se dalla liquidità netta si passa alla posizione finanziaria netta a breve, si avrà un passaggio dalla parte inferiore alla superiore della figura, dei titoli e

dei crediti finanziari a breve oltre che dei debiti finanziari a breve. I titoli, pertanto, da causa esogena divengono causa endogena: non sono più indicati autonomamente nel rendiconto ma incorporati nella risorsa di riferimento. In modo analogo per i crediti ed i debiti finanziari a breve, anche se le osservazioni sono diverse a seconda che si tratti di quote di finanziamenti (attivi e passivi) a lungo oppure no. Nel primo caso muterà la specie della causa esogena, che coinciderà con la quota trasferita dal lungo al breve periodo; nel secondo caso la causa si trasformerà da esogena ad endogena, esattamente come per i titoli a breve.

Si pensi, ora, alle differenze tra posizione finanziaria netta a breve e complessiva: i passaggio dalla prima alla seconda trasformerà tutte le variazioni dei debiti finanziari (indipendentemente dalla scadenza) in cause endogene, senza la presenza nel rendiconto di informazioni analitiche ad essi relative.

In conclusione, secondo Teodori:

a) esistono molteplici tipologie di risorse finanziarie che si possono utilizzare per la costruzione del rendiconto finanziario: nessuna può ritenersi, a priori, la migliore anche se per alcune la significatività informativa è ampiamente condivisa. Negli ultimi anni si è assistito ad una progressiva limitazione nell’utilizzo del capitale circolante netto a vantaggio della liquidità e della posizione finanziaria netta;

b) la scelta della risorsa influisce in misura significativa sulla struttura del rendiconto;

c) non vi è comunanza terminologica tra i vari Autori: ciò richiede un’approfondita analisi del contenuto della grandezza utilizzata, senza limitarsi alla sua denominazione;

d) alcune risorse finanziarie devono intendersi come complementari e non alternative;

e) le due definizioni di liquidità fornite (immediata e netta), divergono esclusivamente per i debiti a breve verso le banche (liquidità negativa);

f) la liquidità (in entrambe le definizioni) risulta una grandezza finanziaria oggettivamente determinabile dall’analista esterno: tuttavia, non è sempre sufficiente per una completa analisi;

g) tra le due definizioni si privilegia la liquidità netta, che risulta in generale la risorsa maggiormente espressiva;

h) la posizione finanziaria netta può essere a breve o complessiva,

i) il capitale circolante netto, utile grandezza finanziaria, può essere definito in senso lato (finanziario) e in senso stretto(caratteristico): anche in questo caso non vi è una definizione da privilegiare anche se nelle analisi esterne la prima è certamente preferibile in quanto di più agevole determinazione;

j) il capitale circolante in senso lato è la differenza tra attività a breve e passività a breve (criterio della liquidità ed esigibilità dei valori);

k) il capitale circolante in senso stretto è ottenuto come differenza tra attivo corrente e passivo corrente (criterio funzionale o della pertinenza gestionale); l) la scelta di una delle due configurazioni incide, in modo rilevante, sulle caratteristiche e sui valori dei singoli flussi elementari;

m) la differenza tra le due configurazioni di circolante sono sostanzialmente riconducibili alle attività e passività a breve non relative alla gestione caratteristica ed alle attività/passività a lungo di gestione caratteristica corrente; n) l’analista esterno può incontrare alcune difficoltà nella costruzione del capitale circolante netto, dovute alle ridotte informazioni disponibili: in tal caso va fatto ricorso ai criteri della rilevanza e della prevalenza;

o) il capitale circolante netto rappresenta, in termini generali, una misura del grado di solvibilità a breve dell’impresa: la sua interpretazione richiede l’analisi approfondita della composizione;

p) il capitale circolante netto, più di ogni altra risorsa, risente delle scelte valutative di fine esercizio,

q) nei principi contabili italiani ed internazionali, non vi è comunanza interpretativa sui termini “a breve” e “corrente”;

r) nella costruzione del rendiconto appare fondamentale la distinzione tra cause endogene ed esogene, le quali variano al modificarsi della risorsa di riferimento.

Dopo aver individuato la risorsa di riferimento, occorre definire il contenuto del rendiconto finanziario cioè le modalità di aggregazione delle principali determinanti la grandezza in oggetto. Si tratta, in altri termini, di definire la struttura del rendiconto, cioè individuare quali risultano essere le principali tipologie di fonti e impieghi. A tale scopo, è necessario utilizzare un criterio con cui classificare le singole operazioni generatrici di movimenti finanziari e monetari. Un possibile criterio da seguire è l’area gestionale di riferimento. Premessa l’unitarietà della gestione aziendale, è tuttavia possibile riconoscere comunanze tra specie di operazioni56 tali da poterle differenziare da altre e sottoporle ad analisi parziale non dimenticando la realtà unitaria a cui appartengono.

Possiamo individuare le seguenti gestioni parziali:

a) gestione caratteristica, nella quale si identifica una parte non corrente, definibile come gestione degli investimenti strumentali;

b) gestione complementare ed accessoria (altresì denominata patrimoniale); c) gestione finanziaria;

d) gestione tributaria.

A completamento delle quattro gestioni parziali è necessario introdurre anche l’area straordinaria, trasversale alle precedenti.

Ognuna delle gestioni introdotte genera flussi finanziari positivi e negativi che devono essere tenuti distinti, salvo per la gestione caratteristica corrente, per la quale tale separazione non è significativa.

A questo punto occorre evidenziare il legame esistente tra singola gestione parziale e rendiconto finanziario. Questo è valido in linea generale per qualsiasi tipologia di risorsa venga utilizzata, anche se la nostra analisi è basata sull’ipotesi che la risorsa prescelta sia la liquidità netta. Infatti è evidente che al variare della

risorsa si modificheranno le cause determinanti ed i valori contenuti nel rendiconto.

Gestione caratteristica: comprende tutte le operazioni relative all’attività tipica e prevalente dell’impresa, cioè alla sua funzione economica intesa in senso stretto. In termini economico-reddituali, essa genera i ricavi di vendita e tutti i componenti negativi di redito riclassificati nel costo del venduto57; in termini economico-finanziari, ogni operazione di gestione caratteristica corrente produce una o più variazioni finanziarie (di capitale circolante netto). Si pensi, ad esempio, all’acquisto di materie prime con pagamento differito: si ha una crescita dell’attivo dovuta al magazzino e del passivo per i debiti verso fornitori. Poiché le movimentazioni prodotte da tale area gestionale sono molteplici e di segno opposto (anche a livello di singola operazione) sarebbe impossibile e anche poco significativo, in termini di potenziale informativo, isolarne le singole movimentazioni. Si preferisce misurare il flusso netto generato dalla gestione58: infatti, ad assumere rilevanza non è l’impatto finanziario e monetario prodotto dalla singola operazione ma dalla globalità delle medesime, legate da nessi di causalità che ne richiedono necessariamente l’analisi congiunta.

L’unico flusso derivante dalla gestione caratteristica corrente è da considerarsi: − fonte di risorse, se positivo;

− impiego di risorse, se negativo.

Nell’ambito della gestione caratteristica si identifica anche una parte non corrente, in prevalenza riconducibile alla gestione degli investimenti in immobilizzazioni strumentali, materiali ed immateriali, connessi alla funzione economico-tecnica.

I flussi derivanti da questa gestione parziale, che si aggiungono a quello prodotto dalla parte corrente, sono di due specie:

− fonti di risorse, connesse a scelte di disinvestimento;

− impieghi di risorse, correlati a decisioni di investimento o a fabbisogni caratteristici con valenza pluriennale.

57 C. Teodori, Analisi di bilancio, Giappichelli Editore, Torino, 2000, pag. 95 58 V. Coda, L’analisi della dinamica, Egea, Milano, 2000, pag. 136

Gestione complementare ed accessoria: fa riferimento ad una serie di operazioni che pur non appartenenti alla gestione caratteristica, da questa possono trarre origine o con essa avere stringenti relazioni59.

I flussi derivanti da questa gestione sono di due tipologie:

− fonti di risorse, connesse agli interessi attivi, ai fitti attivi, ai dividendi; alla alienazione dei titoli, degli immobili civili o non strumentali, delle partecipazioni, di altre attività patrimoniali; ai rimborsi ricevuti sui crediti di finanziamento;

− impieghi di risorse, connessi a scelte di investimento in titoli, partecipazioni, immobili civili o non strumentali, altre attività patrimoniali; alla concessione di crediti di finanziamento; ai costi derivanti dagli investimenti medesimi come, ad esempio, le manutenzioni su immobili civili.

Gestione finanziaria: viene interpretata come un insieme di operazioni tendenti a reperire risorse finanziarie sotto forma sia di capitale di prestito sia di capitale risparmio. A questa tipologia di gestione devono essere ricondotti anche i costi correlati alle scelte di finanziamento, indipendentemente dalla forma tecnica assunta.

I flussi prodotti da questa gestione sono di due tipologie:

− associati al capitale di prestito (della specie di finanziamento); − associati al capitale di risparmio.

Nella prima rilevano:

− fonti di risorse, connesse all’ottenimento di nuovi finanziamenti;

− impieghi di risorse, derivanti dai rimborsi dei finanziamenti e dalla remunerazione dei conferenti il capitale di prestito. In questa categoria rientrano anche i canoni di leasing.

Nella seconda, invece, si rilevano:

− fonti di risorse, relative ad aumenti di capitale sociale (a pagamento) ed alla alienazione di azioni proprie;

59 Secondo Teodori, la gestione complementare ed accessoria presenta stretti legami anche con la gestione

finanziaria. Dalla caratteristica si differenzia poiché generalmente le singole operazioni non si articolano in processi.

− impieghi di risorse, attinenti ai rimborsi di capitale sociale, alle scelte relative alle politiche di autofinanziamento (dividendi distribuiti) ed alla acquisizione di azioni proprie.

Gestione tributaria: fa riferimento, almeno in via preliminare, alle imposte sul reddito. Si tratta di una gestione che di norma assorbe esclusivamente risorse senza generarne, a causa della possibilità oggi esistente di attuare le compensazioni. Rimane salvo il caso di rimborso da parte dell’erario.

Area straordinaria: si è di fronte ad alcune operazioni che generano, per le loro caratteristiche di manifestazione temporale, delle sopravvenienze attive e passive o delle insussistenze dell’attivo e del passivo. Tali valori sono genericamente denominati componenti straordinari60, tuttavia insieme a detti componenti sono da considerare anche i valori non di competenza del periodo.

E’ proprio il concetto di competenza che introduce la necessità di individuare i componenti positivi e negativi che, seppur riconducibili alle gestioni parziali sopra descritte, per il momento in cui si manifestano debbono essere autonomamente individuati e classificati. Tale esigenza sorge in fase di analisi del profilo reddituale, la cui finalità è quella di comprendere le modalità di formazione del reddito netto. Nel momento in cui dall’analisi del profilo reddituale si passa a quella dei profili finanziario e monetario, la distinzione fondata sulla competenza assume minor significato, in quanto sono le variazioni finanziarie e monetarie prodotte dalle singole gestioni ad assumere rilevanza. Per tale ragione, i valori considerati come appartenenti all’area straordinaria vanno inseriti in modo autonomo nel rendiconto solamente se non attribuibili alle singole gestioni parziali:

Una volta definita la struttura del rendiconto occorre riflettere sulle modalità di rappresentazione. La scelta fondamentale riguarda il tipo di prospetto:

1. a sezioni contrapposte; 2. a sezioni sovrapposte; 3. in forma scalare.

Non si rilevano differenze sostanziali tra le modalità 1 e 2, anche se si predilige la prima in quanto permette di cogliere, in via immediata, le connessioni tra impieghi e fonti derivanti dalla medesima gestione, al fine di disporre della visione di sintesi necessaria in fase interpretativa.

Con la forma scalare, a differenza della precedente, è possibile determinare alcuni risultati parziali o intermedi di particolare rilievo. Essa permette di ottenere anche sintesi di flussi appartenenti alla medesima gestione: si tratta certamente di un’informazione importante, purchè rimangano identificabili quelli elementari. Inoltre, tale forma va utilizzata nella misura in cui si intendono costruire delle aggregazioni specifiche che per il soddisfacimento di finalità particolari61.

61 L. Olivotto, La dinamica finanziaria, Franco Angeli, Roma, 1990 pag. 81

Componente straordinario

Riconducibile ad una gestione specifica

Non riconducibile ad una gestione specifica

Rilevazione

autonoma Incorporazione del flusso principale

Impiego

La rappresentazione diviene più efficace se corredata dai valori dell’esercizio precedente oppure dalle percentuali di incidenza di ogni tipologia di flusso sul totale dei fabbisogni e delle fonti. In tal modo è certamente più agevole confrontare la composizione dei fabbisogni e delle fonti, individuando per ciascuno le classi rilevanti.

Schema sintetico di rappresentazione del rendiconto finanziario (a sezioni contrapposte):

Gestione/Area Fabbisogni/Impieghi Fonti Caratteristica

corrente Flusso negativo Flusso positivo

Caratteristica non corrente Investimenti in immobilizzazioni: - materiali - immateriali Trattamento fine rapporto Altri fabbisogni con valenza pluriennale Disinvestimenti in immobilizzazioni: - materiali - immateriali Complementare e accessoria (patrimoniale)

Costi di periodo specifici Investimenti in: - titoli - partecipazioni - immobili civili (non

strumentali) - altre

attività patrimoniali - crediti di finanziamento

Proventi di periodo specifici Disinvestimenti in: - titoli - partecipazioni - immobili civili (non

strumentali) - altre attività patrimoniali - crediti di finanziamento Finanziaria Rimborso di finanziamenti Oneri finanziari Rimborso capitale sociale Dividendi Acquisto di azioni proprie

Nuovi finanziamenti Aumento di capitale sociale Cessione di azioni proprie

Tributaria Imposte Rimborso imposte

Straordinaria Componenti negativi Componenti positivi

Variazione risorsa riferimento (incremento)

Variazione risorsa riferimento (decremento)

Schema sintetico di rappresentazione del rendiconto finanziario (forma scalare):

± Risorsa finanziaria a inizio periodo (1)

± Flusso gestione caratteristica corrente (a)

± Flusso gestione caratteristica non corrente (b) - Investimenti in immobilizzazioni materiali - Investimenti in immobilizzazioni immateriali - Trattamento di fine rapporto pagato

- Altri fabbisogni con valenza pluriennale + Disinvestimenti in immobilizzazioni materiali + Disinvestimenti in immobilizzazioni immateriali

= Flusso complessivo della gestione caratteristica (c) = (a) + (b)

± Flusso gestione complementare ed accessoria (patrimoniale) (d) - Costi di periodo specifici

- Investimenti in titoli

- Investimenti in partecipazioni

- Investimenti in immobili civili (non strumentali) - Concessione di crediti di finanziamento

- Investimenti in altre attività finanziarie + Proventi di periodo specifici

+ Disinvestimenti in titoli

+ Disinvestimenti in partecipazioni

+ Disinvestimenti in immobili civili (non strumentali) + Rimborsi di crediti di finanziamento

+ Disinvestimenti in altre attività finanziarie

= Flusso derivante dall'attività di investimento (e) = (c) + (d)

± Flusso gestione finanziaria (Mezzi di terzi) (f) - Rimborso di finanziamenti (quota capitale) - Oneri finanziari

+ Nuovi finanziamenti

± Flusso gestione finanziaria (Mezzi propri) (g) - Rimborso di capitale

- Dividendi

- Acquisto di azioni proprie + Aumento di capitale + Cessione di azioni proprie

± Flusso complessivo gestione finanziaria (h) = (f) + (g)

± Flusso gestione tributaria (i)

- Imposte correnti/di competenza - Imposte straordinarie + Rimborsi imposte ± Area straordinaria (l) - Componenti negativi + Componenti positivi

± Variazione risorsa finanziaria (2) = (e) + (h) + (i) + (l)

± Risorsa finanziaria a fine periodo (3) = (1) + (2)

Composizione della risorsa di riferimento

Inizio periodo Fine periodo Variazione

Componenti attivi

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