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di Massimo Clarke

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dei motori da corsa

Per comandare gli alberi a camme nei motori di serie si impiegano catene o (raramente, in cam-po moto) cinghie dentate. Solo in casi piuttosto eccezionali ci si affida a cascate di ingranaggi, soluzione adottata invece universalmente sui motori da corsa.

Non è stato però sempre così…

In passato hanno goduto a lungo di una notevo-le diffusione i comandi degli alberi a camme ad alberello ausiliario (in genere parallelo all’asse del cilindro), con due coppie di ingranaggi nici alle estremità. Oggi questo sistema di co-mando è impiegato solo dalla Kawasaki, per un suo modello dal piacevole look classicheggian-te, la W800.

Nei monocilindrici (e nei motori a cilindri paral-leli) di norma la coppia conica superiore è di-sposta in posizione intermedia tra i due alberi a camme, ai quali è collegata da una serie di ingranaggi orizzontali. La situazione è analoga quando per portare il moto dal basamento alla testa si impiega una cascata di ingranaggi, che di norma è alloggiata in una apposita cartella.

Nei motori con elevato angolo tra le valvole c’è stato comunque qualcuno che ha impiegato due alberelli ausiliari disposti a V per azionare i due alberi a camme di un bicilindrico paral-lelo. Nel 250 NSU da Gran Premio vincitore del mondiale nel 1953 il primo di tali alberelli ausi-liari andava direttamente all’albero a camme di aspirazione e comandava anche il secondo al-berello, che azionava l’albero a camme di

sca-rico, come chiaramente mostrato nel disegno esploso qui allegato. Venivano quindi impiegati in totale 8 ingranaggi conici.

Attorno al 1956 hanno provato ad impiegare comandi individuali per i due alberi a camme in testa anche alla Mondial. In questo caso veni-vano impiegate due cascate di ingranaggi, ma pare che sia stata provata anche una versione con due catene. I risultati ottenuti però non era-no superiori a quelli che si ottenevaera-no adottan-do lo schema “canonico” e l’esperimento non ha avuto seguito. Un’altra soluzione alternati-va ha avuto indubbiamente maggior fortuna ed è stata impiegata anche su alcuni motori di serie. In questo caso lo schema prevede che dall’albero a gomiti venga azionato uno dei due alberi a camme che poi provvede a sua volta a trasmettere il moto all’altro.

Nella Schnell-Horex 350 monocilindrica, appar-sa nel 1952, veniva utilizzata una prima catena (alloggiata in una ben visibile cartella in lega leggera) per comandare l’albero a camme di aspirazione, dal quale partiva una seconda catena, assai più corta, che portava il moto a quello di scarico. Prodotta in numeri limitati per i piloti privati, questa 350 erogava circa 35 CV a 7500 giri/min.

Il motore è stato anche realizzato in versioni di 500 e di 250 cm3.

È interessante osservare che questa stessa so-luzione, con due catene, una delle quali colle-ga i due alberi a camme, è stata utilizzata dalla Honda per le sue prime policilindriche bialbero

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a quattro valvole, ovvero la CBX a sei cilindri e le CB 750 K e CB 900 Bol d’Or a quattro cilindri, en-trate in produzione tra il 1978 e il 1979. In questi motori una lunga catena Morse, che prendeva il moto dall’albero a gomiti ed era collocata cen-tralmente, azionava l’albero a camme di sca-rico che a sua volta, tramite una corta catena dello stesso tipo, comandava l’albero a camme di aspirazione. Naturalmente vi erano due ten-ditori (uno per ogni catena) e due pattini anti-sbattimento. Se fosse stata impiegata una sola catena sarebbe stata molto lunga, dato anche il considerevole angolo tra le valvole (adottato per avere un buon raffreddamento della par-te centrale della par-testa). La soluzione prescelta funzionava comunque benissimo. Una Mondial dal Gran Premio della quale si sa veramente poco, anche perché ha fatto solo alcune prove in pista, senza mai gareggiare, è la 125 dise-gnata da Franco Petrini, in seguito passato alla Franco Morini. Si pensava di utilizzarla nel 1958 ma al termine dell’annata precedente la casa si è ritirata dalle competizioni e quindi lo sviluppo di questa moto è terminato.

Rispetto alle altre Mondial da corsa erano com-pletamente diversi il sistema di comando del-la distribuzione e del-la testa. Sul del-lato sinistro del motore faceva bella mostra di sé una cartella conformate a L nella quale erano collocati gli ingranaggi in cascata impiegati per azionare l’albero a camme di aspirazione e quelli, dispo-sti orizzontalmente, che da quest’ultimo

porta-vano il moto all’albero a camme di scarico. Un altro sistema per collegare i due alberi a cam-me nelle teste bialbero è quello che prevede un corto alberello e due coppie di ingranaggi coni-ci. Molto raffinato dal punto di vista meccanico, è costoso e impegnativo come realizzazione. In particolare il montaggio e la regolazione degli ingranaggi conici richiedono molto tempo e una considerevole perizia.

Oltre a registrare il gioco dei denti è necessario regolare anche il loro contatto, che deve esse-re accuratamente “centrato” lungo il fianco di ciascuno di essi. Questa soluzione, molto cara alla scuola mitteleuropea, è stata impiegata in diversi motori da competizione costruiti dal-la Porsche, daldal-la CZ e daldal-la Jawa. Neldal-la 350 di quest’ultima casa, costruita all’inizio degli anni Sessanta, un alberello piazzato posteriormen-te ai due cilindri, alle estremità del quale erano poste due coppie coniche, azionava l’albero a camme di aspirazione, dal quale il moto era trasmesso a quello di scarico tramite un altro alberello. In totale venivano impiegati sette ingranaggi conici. Di recente hanno iniziato ad avere largo impiego i sistemi di comando con una catena che trasmette il moto a un in-granaggio in presa con altri due, montati sulle estremità degli alberi a camme. In alcuni mo-tori moderni la catena aziona solo uno dei due alberi a camme, che trascina in movimento l’al-tro grazie a due ingranaggi direttamente mon-tati su di essi.

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“VORREI UNA SUPERGUZZI

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