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Distruzione totale e parziale

L'art. 684 c.c. disciplina per la quale il testamento olografo distrutto, cancellato o lacerato, in tutto o in parte, si considera, totalmente o parzialmente, revocato, salva la possibilità di provare che queste operazioni avvennero ad opera di persona diversa dal testatore o che lo stesso non aveva intenzione di revocare l'atto.

Siamo di fronte ad un negozio presunto di attuazione del testamento, che ricorre quando una volontà non è espressa mediante una dichiarazione, ma solo attraverso la sua stessa realizzazione.

La dottrina e la giurisprudenza prevalenti182

sostengono che i comportamenti prescritti sono indicati in modo tassativo: non potrebbero dunque esser considerati causa di revoca altre azioni quali accartocciare la scheda, o gettarla tra i rifiuti.

Il problema più rilevante riguarda la natura delle presunzioni previste nell'art. 684 c.c.: secondo la dottrina prevalente183

la prima presunzione, ossia quella riguardante il fatto che la distruzione sia fatta ad opera del de cuius, ha carattere relativo, sempre che la distruzione non fosse stata causata da errore, distrazione, o perdita momentanea della capacità di intendere e di volere; mentre le altre presunzioni, invece, avrebbero carattere assoluto.

Anche dalle parole del codice possiamo vedere che la teoria della

181 Cfr. G. Capozzi, Successioni e Donazioni, Milano, 2009, II, pp. 994 ss.

182 Si veda Talamanca, Successioni testamentarie, in Comm. Cod. Civ., art. 679- 712, Bologna-Roma, 1976, pp. 641 ss.

presunzione relativa è preferibile, perché la volontà di distruggere non implicherebbe necessariamente l’intenzione di revocare l'atto: si può fare l'esempio del testatore che abbia distrutto il documento al solo scopo di scriverne una copia identica ma con uno stile migliore. Si ammette anche la possibilità che la distruzione venga fatta ad opera di terzo, se incaricato dal de cuius, e non si ritiene necessario dare al terzo al qualifica di nuncius, che è espressamente vietata per gli atti mortis causa: in questo caso il terzo si troverebbe semplicemente a collaborare con il testatore nell'attività materiale e non nella dichiarazione di volontà.

All'inizio del paragrafo ho accennato alla possibilità, prevista nell'art. 684 c.c., che la distruzione del testamento sia solamente parziale: questa fattispecie è stata affrontata nella sentenza n. 918 del 2010184

della Cassazione Civile, sezione II185

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Nel caso in esame una signora, moglie del defunto, trova, a distanza di sette mesi dalla morte del marito, il frammento di una fotocopia di un testamento olografo nel quale il de cuius intendeva lasciare tutto il suo patrimonio alla consorte.

La moglie agiva in giudizio contro una nipote del defunto, chiedendo il riconoscimento della qualità di erede e la restituzione dei beni di cui la convenuta si era appropriata indebitamente.

In primo e secondo grado di giudizio, i giudici avevano rigettato la domanda: nonostante alcuni testimoni avessero confermato che la volontà del testatore era quella di istituire come unica erede la moglie, cosa che lo stesso testatore aveva confermato due giorni prima della

184 Sentenza pubblicata in Il civilista, n. 11/2010, p. 43.

185 Alberto Bonaretti, Testamento olografo parzialmente distrutto, in Fam. Pers.

propria morte, e che il frammento da quest'ultima presentato corrispondeva al testamento olografo originale, i giudici ritenevano insufficienti gli elementi addotti a sostegno della domanda, e dichiaravano di non poter risalire in modo univoco all'identità del beneficiario della disposizione: nel frammento si leggeva infatti il pronome “lei”, che avrebbe potuto riferirsi indistintamente a qualsiasi persona di sesso femminile.

La Corte di Cassazione decise, al contrario, di accogliere la domanda della moglie, fornendo la seguente motivazione: i giudici dei gradi precedenti si erano limitati ad ipotizzare che la volontà del testatore avrebbe potuto essere revocata successivamente alle sue dichiarazioni, lacerando il testamento, e che i giudici di merito non avevano tenuto debitamente in considerazione quanto affermato dai testimoni.

Secondo la Suprema Corte, dunque, si doveva considerare superata la presunzione di revoca dell'atto enunciata all'art. 684 c.c.: la Corte affermava infatti che quanto disciplinato dalla norma stessa doveva essere superato per il fatto che gli attori erano stati in grado di dimostrare che il testamento originale, che non erano riusciti a produrre, esisteva al momento dell'apertura della successione e che la perdita o lo smarrimento dell'atto non derivavano da colpa del testatore; la disciplina ammette infatti di escludere la presunzione di revoca nel caso in cui la distruzione, lacerazione o cancellazione fossero dovuti a fatti naturali o accidentali, quali rispettivamente un incendio, un terremoto o il rovesciamento di un solvente, oppure se si fosse in grado di provare che alla distruzione non corrispondeva la volontà del de cuius di revocare l'atto.

La decisione della Corte sembra indiscutibile sotto i profili appena accennati, secondo l'autore Bonaretti però, si sarebbe potuto ipotizzare che la distruzione o lacerazione sarebbero potute avvenire proprio nell'arco di quei due giorni cui avevano fatto riferimento i testimoni.

Un altro caso186 che aveva suscitato contrasti tra i giudici

territorialmente competenti e quelli della Suprema Corte, riguardava una donna che aveva redatto testamento olografo in due copie identiche, una tenuta presso la propria abitazione e l'altra consegnata ad una legale d sua fiducia, nel quale indicava come erede universale un'altra donna.

Prima della morte, la testatrice aveva distrutto la propria copia del testamento, per questo motivo all'apertura della successione le figlie della defunta adirono il giudice chiedendo di esser riconosciute come eredi in quanto la distruzione operata dalla madre di queste doveva essere interpretata come dettata dalla volontà di revocare le disposizioni.

La corte locale aveva accolto la domanda, mentre la parte convenuta aveva proposto appello; in questo secondo grado di giudizio la decisione venne ribaltata e ciò fu confermato dalla Corte di Cassazione che aveva motivato dicendo che si doveva escludere l'ipotesi della volontà di revoca per il fatto che la testatrice aveva volutamente distrutto una sola delle due copie, essendo perfettamente a conoscenza dell'esistenza dell'altra copia dell'atto: in questo caso infatti si evince dalla norma 684 c.c. che la distruzione non aveva costituito un comportamento concludente avente valore legale.

186 V. Barba, Distruzione di un testamento olografo, Fam. Pers. Succ., 2010, 5, pp. 356 ss. Commento alla sentenza Cass. Civ. Sez II, 2010, n. 27395.