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La forma del testamento e quella del contratto a confronto

Partendo dalle ultime considerazioni effettuate nel paragrafo appena concluso, appare che un'indagine volta a verificare se non siano riferibili al testamento le motivazioni che spiegano la prescrizione del formalismo in materia contrattuale102 possa condurre ad un ulteriore

tentativo di giustificazione del formalismo testamentario; da questo punto di vista sembrerebbe confortante la considerazione che sia per l'atto testamentario, sia per i contratti di cui all'art. 1350 c.c., la previsione legislativa che prescrive ad substantiam determinate tipologie di formalismo negoziale debba essere considerata come inderogabile.

Quanto appena affermato permette di capire che non può essere condivisa l'affermazione per la quale l'imposizione di una forma a pena di nullità risponderebbe sempre alla migliore attuazione dell'interesse dell'autore dell'atto.

E' esatto, invece, ritenere che quando la legge richiede il rispetto di una determinata forma intende tutelare, generalmente, la volontà di chi compie l'atto soltanto in maniera indiretta, cioè, nella misura in cui l'interesse individuale può esser ritenuto coincidente con un interesse pubblico, condizionando perciò l'attribuzione di rilevanza alla manifestazione di autonomia in modo esclusivo, all'attuazione del mezzo formale richiesto; questa affermazione, correttamente configurabile come un principio generale dell'ordinamento, si è avuto più volte occasione di ribadire, soprattutto in materia contrattuale, fin dal codice civile del 1865.

Ciò premesso103

, l'affermazione secondo la quale la forma costituirebbe un limite all'attività interpretativa è destinata a suscitare non poche perplessità: interpretare un atto, infatti, non vorrebbe dire altro che considerare un aspetto del linguaggio come fatto sociale giuridicamente rilevante: dunque, data la profonda differenza esistente tra imputabilità dell'atto per quanto riguarda i presupposti e i requisiti di validità ed imputabilità in ordine all'attribuibilità del significato, l'indagine sulla forma dell'atto solenne andrebbe collegata al giudizio di validità del documento, che, invece, è di per sé estraneo all'oggetto dell'attività interpretativa.

Sin dall'inizio dell'analisi della problematica in esame si è avuto modo di denunciare la genericità ed insufficienza delle argomentazioni che solitamente vengono avanzate in materia di formalismo negoziale.

Dopo aver compiuto il primo passo necessario per comprendere le motivazioni del formalismo previsto dal legislatore in tema di atti testamentari, costituito dalla individuazione precisa della categoria del negozio formale in senso stretto, è necessario, adesso, compiere la seconda tappa obbligata del percorso da seguire nello svolgimento dal lavoro: ricercare le funzioni attribuite al suddetto formalismo. Un'opinione104

largamente accreditata è quella secondo cui la forma ad substantiam sarebbe imposta nell'interesse delle parti per ragioni di sicurezza e di garanzia della serietà della dichiarazione di volontà, o per facilitarne la prova, o per interessi fiscali.

103 V. A. Liserre, Formalismo negoziale e testamento, op. ult. cit., pp. 47 ss.

104 Si veda Ferrarini, La forma degli atti giuridici, in Rendiconti del reale Istituto

Lombardo di Scienze e Lettere, XXV, pp. 128 ss. E

Buzzati, L'autorità delle leggi straniere relative alla forma degli atti civili, Torino, 1894, pp. 80 ss.

I primi dubbi suscitati dall'esame di questa formulazione derivano dalla considerazione che essa, nella sua astratta genericità, sembra accomunare sullo stesso piano finalità non omogenee, come ho appena elencato; questi motivi di perplessità scompaiono dal momento che, nella ricerca del fondamento razionale delle norme sulla forma degli atti, è sembrato, di dover fare riferimento tout court all'esistenza di un complesso di interessi sociali, sinteticamente individuati nella certezza dei rapporti giuridici.

In questo modo, infatti, la mancanza di ulteriori specificazioni evidenzia maggiormente il limite delle formulazioni esaminate, sicchè è stato possibile affermare che le finalità ora indicate come peculiari della forma non permettono di caratterizzarla nemmeno in linea generale.

In particolare la facilitazione della prova105

ed il perseguimento di interessi fiscali, se, sotto il profilo storico, possono costituire gli scopi propri della forma in determinati ambienti sociali, d'altro canto risultano essere finalità perseguite nel nostro ordinamento pure con numerosi altri mezzi, fra i quali, non ultimo, il complesso sistema della pubblicità.

In secondo luogo, per ciò che concerne il riferimento alla sicurezza comune delle parti, si è detto che non è tanto questa, quanto l'univocità del negozio da essa risultante congiuntamente all'individuazione in modo univoco del momento della sua conclusione, che costituiscono, accanto alla garanzia della loro serietà, uno dei due scopi specifici della forma, ed allo stesso tempo il più grande vantaggio da essa assicurato.

Da ultimo, rimanendo in materia di forma contrattuale, la Corte di Cassazione106 disse che la disposizione dell'art. 1314 c.c. non poteva

essere derogata dalla volontà delle parti107, riconoscendo al giudice il

dovere di dichiarare d'ufficio la nullità dell'atto ogni qualvolta fosse posto a base di una domanda o di una eccezione: dal punto di vista dell'inderogabilità nessuna peculiarità è, allora, possibile riconoscere alla disciplina del testamento rispetto a quella del contratto a forma vincolata.

Il formalismo prescritto per la dichiarazione contrattuale è stato stabilito dal legislatore al fine di assicurare l'univocità del contenuto negoziabile.

Per il testamento, invece, l'osservanza della prescrizione condiziona il valore giuridico della dichiarazione testamentaria prescindendo completamente da ogni considerazione relativa al contenuto della disposizione o dall'asse ereditario, la cui consistenza, come sappiamo, può anche completamente cambiare tra il momento della redazione del testamento e il momento della morte.

La forma è necessaria, perciò, anche quando l'asse ereditario sia composto esclusivamente da beni mobili e crediti oppure da una damnosa hereditas, e così pure quando il testamento contenga disposizione che non attribuiscono beni, ma sono soltanto regolamentari.

106 Cfr, Cass. Roma, 6 Aprile 1893, in Giur. It., 1893, I, I, pp. 414 ss.