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1. INTRODUZIONE

1.7 DISTURBI PSICOTICI

Con il termine “psicosi” si fa riferimento ad una sindrome, ovvero un insieme di sintomi, che può associarsi a diversi disturbi psichiatrici. E’ una condizione in cui le capacità mentali di un soggetto, la risposta affettiva, la capacità di riconoscere la realtà, di comunicare e di vivere relazioni con gli altri sono compromesse. Nel D.S.M-IV i sintomi psicotici possono essere variamente inquadrati tra i disturbi dell’umore, come episodi affettivi con sintomi psicotici, nella schizofrenia e in un gruppo di condizioni dai confini arbitrari che comprende il disturbo schizoaffettivo, disturbo schizofreniforme, psicosi reattiva breve, disturbo delirante, disturbo psicotico indotto e disturbo psicotico non altrimenti specificato. I disturbi psicotici sono caratterizzati da sintomi psicotici. In alcuni casi la loro presenza è necessaria per porre diagnosi, ad esempio di schizofrenia o di disturbo schizofreniforme. In altri casi i sintomi psicotici sono presenti, ma non risultano indispensabili per la diagnosi come nel caso della mania e della depressione.

Classicamente i sintomi psicotici vengono distinti in positivi e negativi:

1) SINTOMI POSITIVI: -Deliri

-Allucinazioni

-Alterazioni del linguaggio e della comunicazione -Comportamenti disorganizzati -Alterazioni psicomotorie 2) SINTOMI NEGATIVI: -Appiattimento affettivo -Ritiro sociale -Passività

-Difficoltà di pensiero astratto -Mancanza di spontaneità -Pensiero stereotipato -Interessi ristretti -Alogia -Abulia -Anedonia -Disturbi dell’attenzione

Le psicosi, inoltre, sono caratterizzate da:

-alterazione della coscienza di malattia o “insight” -alterazioni cognitive

-alterazioni dell’umore

I sintomi negativi sono molto simili a quelli di una sindrome da “ipofrontalità”. E’ stata, infatti, ampiamente documentata una ipoattivazione del lobo prefrontale, anche se molto probabilmente, coesistono alterazioni funzionali ad altri livelli, come le strutture limbiche e il lobo temporale.

I sintomi positivi, invece, sono correlati ad una iperattività delle vie mesolimbiche, di tipo dopaminergico e probabilmente anche con altre strutture, come aree corticali o particolari popolazioni recettoriali come i 5-HT2.

Nel corso degli anni è stata raccolta una grande mole di dati riguardo al coinvolgimento della 5-HT nella fisiopatologia di numerosi sintomi psicotici, seguendo principalmente tre approcci basati su:

1) azione psicotomimetica di molecole con meccanismo d’azione serotonergico

2) alterazione del metabolismo serotoninergico in pazienti psicotici

3) azione di farmaci con meccanismo serotonergico nel ridurre sintomi psicotici spontanei o indotti.

La constatazione degli effetti psicotomimetici della dietilamide dell’ acido lisergico (LSD), descritti per la prima volta da Hoffmann nel 1954, ha dato inizio all’indagine sul ruolo della 5-HT nella genesi delle psicosi. La formulazione iniziale dell’ipotesi serotoninergica prevedeva un deficit neurotrasmettitoriale, partendo dalla considerazione che l’LSD agisce principalmente come antagonista serotoninergico (Gaddum, 1954), espletando questa azione indirettamente, tramite stimolazione degli autorecettori che presentano un’elevata densità a livello dei nuclei del rafe mediale. (Aghajanian e coll., 1968, 1995; Bowers, 1972). Negli anni successivi fu constatato che il bromo-LSD, dotato di sola attività antagonista, non dimostrava effetti psicotomimetici in volontari sani ed in contrasto fu dimostrata un’eccellente correlazione tra l’affinità per il recettore 5-HT2A di numerose molecole ed il loro effetto

allucinogeno nell’uomo (Glennon e coll., 1984). Questi dati portarono alla riformulazione della teoria iniziale, focalizzandosi viceversa su un possibile ipertono serotonergico. I principali

composti dotati di attività allucinogena nell’uomo sono compresi in tre classi: le feniletilamine (mescalina), le indolamine (LSD, psilocibina) e gli antagonisti NMDA (PCP, ketamina). Per quanto riguarda le prime due classi è stato da tempo evidenziato un meccanismo d’azione comune (Glennon e coll., 1984; Glennon, 1990), mentre il ruolo delle molecole ketamina-simili è rimasto a lungo poco chiaro fino a che non è stato evidenziato che i composti bloccanti NMDA aumentano i livelli cerebrali di 5-HT (Carlsson e coll., 1994; Lindefors e coll., 1997; Martin e coll., 1999; Aghajanian e Marek, 2000).

Alcuni lavori hanno evidenziato un aumento dei livelli liquorali del catabolita della 5-HT 5HIAA (Sedvall e Wode-Helgodt, 1980) o un incremento della concentrazione piastrinica ed ematica della 5-HT in pazienti schizofrenici (De Lisi, 1981; Muck-Seler, 1988), esistono, però, anche dati opposti (Gattaz e coll., 1982; Nyback e coll., 1983).

Gli studi di “challenge” con MCPP (m-clorofeniliperazina, agonista diretto dei recettori 5-HT) hanno dimostrato che l’infusione periferica di questo composto in pazienti schizofrenici produce esacerbazione di deliri ed allucinazioni ed una risposta ansiosa più intensa e protratta (Krystal e col., 1993; Owen e coll., 1993).

Inoltre, l’efficacia antipsicotica di molecole ad azione antagonista sui recettori 5-HT3, come l’ondansetron (Eichhorn e coll., 1996), o

sui recettori 5-HT2, come il ritanserin (Wiesel e coll., 1994)

suggerisce il ruolo potenziale di numerosi sottotipi recettoriali.

La più solida evidenza farmacologica del ruolo della 5-HT deriva tuttavia dall’impiego degli antipsicotici atipici. Le prime osservazioni sono legate alla clozapina (Stille e coll., 1971; Simpson e Varga, 1974), la cui farmacodinamica comprende un importante meccanismo d’azione a livello dei recettori 5-HT2 (Iqbal e Van

Praag, 1995): è stato così riscontrato come l’affinità per i recettori 5-HT2 sia da dieci a venti volte superiore rispetto all’affinità dei D2

(Meltzer e coll., 1989). Negli anni ’90 questo particolare profilo farmacodinamico è stato esplorato anche in vivo, valutando l’occupazione recettoriale con tecniche di brain imaging (Farde e coll., 1995, Nordström e coll., 1995, Kapur e coll., 1999). Questi studi hanno tutti confermato un elevato rapporto di occupazione 5- HT2/D2 per tutti gli antipsicotici atipici, pur non concordando sui

rapporti specifici per ciascun farmaco, probabilmente anche in relazione alla differenza delle specifiche tecniche utilizzate. L’azione sui sintomi negativi appare comunque in qualche modo correlata

alla componente di blocco serotoninergico, verosimilmente sui recettori 5-HT2A.

Un’interessante ipotesi di lavoro ha proposto due diversi meccanismi patogenetici: un generale incremento della funzione serotoninergica, implicato nella genesi dei sintomi positivi, e un deficit localizzato a livello prefrontale alla base dei sintomi negativi. In tal senso gli antipsicotici atipici agirebbero come modulatori espletando la loro efficacia su entrambe le dimensioni psicopatologiche (Breier, 1995).

Gli studi più recenti si sono focalizzati sui recettori serotoninergici clonati ultimamente, come i 5-HT6 e i 5-HT7 (Meltzer e coll., 2003).

Molti antipsicotici sia tipici che atipici, testati in vitro con colture cellulari transfettate con il gene che codifica nel ratto per i recettori 5-HT6 e 5HT7, possiedono affinità per questi recettori (Roth e coll.,

1994). Lo studio del polimorfismo per i geni codificanti questi recettori è stato effettuato confrontando soggetti sani, pazienti schizofrenici e pazienti bipolari con manifestazioni psicotiche (Shinkai e coll., 1999; Vogt e coll., 2000; Ohmori e coll., 2001) ma i dati emersi non sono conclusivi per quanto concerne un possibile coinvolgimento dei 5-HT6 e 5-HT7 nelle psicosi.

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