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UN DOCUMENTO INDIRIZZATO AL COMMISSARIO

Scafati. La Cassazione “il patto politico mafioso c’è

UN DOCUMENTO INDIRIZZATO AL COMMISSARIO

Le forze di opposizione stanno pensando ad un documento, da s o t t o s c r i v e r e a n c h e c o n esponenti della maggioranza, c h e f u n g a d a “ i n d i r i z z o p o l i t i c o ” a l c o m m i s s a r i o prefettizio, che si insedierà d o p o i l 1 8 d i c e m b r e . S a r à chiesto a chi rileverà i poteri di sindaco, giunta e consiglio comunale di revocare ogni nomina sindacale, e azzerare gli cda

delle partecipate Acse e Scafati Sviluppo. Non una questione di merito, ma di opportunità, essendo questi incarichi di natura politica. Del resto, Aliberti non è dimissionario perché sfiduciato o perché stanco di essere primo cittadino, la sua scelta è conseguenza diretta della richiesta di arresto che pende nei suoi confronti, a seguito dell’inchiesta che lo vede accusato di voto di scambio politico mafioso. Secondo l’antimafia un sistema che nasce fin dal 2008 perpetrato dal primo cittadino uscente, fondato su incarichi, nomine e appalti pilotati, in cambio di voti. Ed è per questo motivo che si andrà in pressing sul funzionario prefettizio, nonostante sia sua facoltà lasciare i cda in piedi. “Con una città che a breve sarà commissariata si continuano a fare nomine in dispregio della legge – così Pasquale Coppola, presidente del consiglio comunale – è uno schiaffo ancora più forte all’immagine di questa città, alle persone oneste e capaci. Purtroppo al peggio non c’è mai fine”. Preannuncia battaglia Mario Santocchio: “chiediamo l’intervento dei revisori dell’Acse e dell’ente di verificare la legittimità della nomina, tenendo conto che in assemblea e’ andato un soggetto sprovvisto di potere perché delegato dal vice sindaco e non dal Sindaco e di riscontrare la nomina del consigliere alla luce dell’inconferibilita. Ricordo che l’Anac già sanzionò il Sindaco dimissionario per le nomine a Scafati Sviluppo e Scafati Solidale. Questi Signori non hanno alcun rispetto delle Istituzioni e della legge”. Dure le parole dell’ex alleato Stefano Cirillo: “la rovina di Aliberti sono soprattutto loro, volti nuovi ma pieni di sete di potere, disposti ai colpi più bassi verso gli avversari, e disposti a tutto pur di mantenerlo, sono letteralmente disgustato da questo modo di fare politica fatto di bassezze che arrivano anche sul personale, quindi non mi meraviglia più nulla”. Non è da meno Angelo Matrone, Fdi: “questa nomina dimostra il disprezzo che gli uomini di Pasquale Aliberti hanno per la legge ed il loro tentativo di rinsaldare il consigliere Mimmo Casciello alla poltrona come premio per la sua fedeltà. Il vicesindaco Fele ha dimostrato di essere un degno successore

di Pasquale Aliberti. Un mero esecutore delle sue volontà come sempre. Chiederò ai parlamentari di centro-destra di intervenire immediatamente sulla questione Scafati e di chiedere l’immediato scioglimento del Comune”. E promette di intervenire sui loro parlamentari anche il M5S: “Scafati va sciolta al più presto, presseremo i nostri parlamentari affinché questo accada prima possibile. Appena si insedierà il commissario, chiederemo che rimuova il cda Acse e tutte le nomine politiche riconducibili a questa amministrazione. Per dignità e orgoglio, tutte le nomine sindacali dovrebbero presentare le dimissioni senza attendere che il prefetto le chieda o si attivi in tale senso – così gli attivisti di Scafati in Movimento – La nomina di Casciello è solo una spasmodica ricerca a qualunque costo di ruoli, medaglie e stellette”. Nulla contro Casciello da Scafati Arancione, però:

“definire la sua nomina inopportuno in un momento di così grande confusione è dire poco. Eppure la sua incompatibilità è stata accertata finanche nelle sedi deputate, ma ciò nonostante si è proceduto alla sua nomina. L’unica cosa che ci dà conforto è questa gestione del potere avrà durata per altri pochi giorni” spiega Francesco Carotenuto.

Scafati. “Avvezzo a fare

accordi con i clan”, il

profilo di Aliberti tracciato

dal Riesame. Il ruolo di

Barchiesi

Di Adriano Falanga

Innegabile, la decisione del Riesame di Salerno di accogliere la richiesta di arresto per il sindaco Pasquale Aliberti, promossa dal pm Vincenzo Montemurro dopo il diniego del Gip Donatella Mancini, ha sorpreso tutti. E a stupire non è stata tanto l’avallo degli arresti, bensì la lunga ordinanza di una trentina di pagine, in cui si delinea anche un profilo dell’imputato principale: Pasquale Aliberti. Stupisce perché viene ridimensionato il coinvolgimento di Nello Aliberti, seppur riconoscendogli una parte attiva nel presunto patto politico mafioso. Non solo la triade di giudici ha smontato l’impianto difensivo degli Aliberti, ma ha consegnato ai posteri un’immagine decisamente diversa dell’Aliberti che tutti conoscevano. Un politico avvezzo ai voti della camorra, che non disdegna il loro supporto, ben consapevole della caratura criminale dei suoi interlocutori. Aliberti avrebbe cercato il loro sostegno, e non avrebbe sdegnato di offrire loro un ricambio, inteso come appalti o promesse di lavori per conto della cosa pubblica. Anzi, sarebbe stato parte attiva, regista e consigliere per indirizzare bene il clan sulla giusta strada da prendere per non destare sospetti, e poter pagare loro “dazio” per i voti ricevuti. E l’accordo con i Ridosso-Loreto del 2013 si materializza in quei 265 voti raccolti da Roberto Barchiesi, un perfetto sconosciuto eletto e finito primo della lista, riconducibile a Raffaele Lupo,

“Grande Scafati“. Meno di trecento voti che non influiscono affatto sull’elezione del sindaco, non sono certamente determinanti, ma secondo il Riesame, ad Aliberti non dispiacciono affatto. Il rapporto con i Ridosso affonda le radici nel tempo. Era il 2001 quando Salvatore Ridosso (fratello di Romolo, ucciso poi in un agguato) presenta al boss Saverio Tammaro (oggi anche lui pentito) un giovane Pasquale Aliberti, agli arbori della sua carriera politica. Il

Ridosso gli disse: “è un caro amico, adesso si candiderà a sindaco, farà politica, quindi gli dobbiamo dare una mano perché ci interessa, possiamo fare cose buone con lui”.

Dichiarazione queste, rese dal Tammaro il 12 settembre 2016.

Secondo il collegio difensivo composto dagli avvocati DE Caro e D’Amaro, non ci sarebbero stati gli estremi per la concessione della misura cautelare, siccome il clan sarebbe oramai sciolto dopo il pentimento di alcuni dei suoi componenti apicali. Una tesi respinta dal Riesame, perché non basta il pentimento a ritenere sciolto un clan radicato sul territorio, oltre poi alla libertà di Ridosso Andrea e alla scelta di non collaborare dei cugini Gennaro e Luigi Ridosso.

“Ad ogni modo si tratta di una questione irrilevante – puntualizzano i giudici – perché la tendenza dell’Aliberti ad entrare in affari e in rapporti con la camorra non è canalizzata verso tale clan. I dati acquisiti evidenziano come, pur di accaparrarsi voti e vincere le competizioni elettorali, l’Aliberti non si fa scrupolo di entrare in contatto ed in accordo con il tessuto criminale del momento”.

Insomma, per il Riesame il sindaco di Scafati non pone una questione di fiducia sui suoi interlocutori malavitosi, a lui interessa piuttosto il loro spessore criminale, per il proprio tornaconto elettorale. Ed è in questa ottica che entrano in gioco le precedenti elezioni e gli altri clan. Nel 2008 sono i Sorrentino, detti “campagnuoli”, ad appoggiare Aliberti. Alle provinciali del 2009 un cartellone di propaganda elettorale viene rinvenuto in un deposito della famiglia di Franchino Matrone, detto “a belva”. Nel 2013 il “battesimo” con i Loreto-Ridosso, nel 2015 un nuovo accordo con quest’ultimi per la rielezione della moglie Monica Paolino alla Regione Campania.

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