• Non ci sono risultati.

Terremoto al Comune, evitare l effetto Scafati Adriano Rescigno

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "Terremoto al Comune, evitare l effetto Scafati Adriano Rescigno"

Copied!
37
0
0

Testo completo

(1)

Terremoto al Comune, evitare

“l’effetto Scafati”

Adriano Rescigno

E’ devastante l’impatto dell’indagine della procura di Salerno s u l C o m u n e d i C a v a d e ’ T i r r e n i . S o t t o l a l e n t e d i ingrandimento della magistratura non solo la rete geografica della criminalità organizzata ma anche possibili connivenze tra le forze politiche ed isituzionali ed i sodalizi criminosi, e nel frattempo il sindaco, Vincezo Servalli, licenzia tutti gli assessori e prende tempo per un maxi rimpasto di giunta che molto probabilmente arriverà la prossima settimana. «Il procuratore Lembo è persona di grande esperienza e professionalità, per cui il suo allarme non può essere ignorato – scrive il primo cittadino metelliano – Allo stato nessun esponente della nostra amministrazione è stato raggiunto da alcun provvedimento della magistratura, ciò nonostante ritengo doveroso da parte mia, insieme ai miei collaboratori, avviare una riflessione attenta sul monito lanciato dalla Procura a cui confermo la massima disponibilità e collaborazione. Ho deciso, pertanto, di azzerare la Giunta comunale e di ritirare le deleghe ai consiglieri comunali, nella consapevolezza che questa amministrazione si è voluta, vuole e vorrà distinguersi innanzitutto per la trasparenza e l’onestà dei comportamenti, valori a cui ho permeato tutta la mia vita», conclude malinconicamente il sindaco dem che vuole scongiurare “l’effetto Scafati” con il commissariamento del Comune dopo lo scioglimento del Consiglio comunale per camorra. Alle parole del primo cittadino fanno eco quelle del segretario cittadino del Partito democratico, Massimiliano De Rosa: «C’è pieno sostegno all’operato del sindaco Servalli p r o t e s o a l l a t u t e l a d e l l ’ i m m a g i n e d e l l a c i t t à e dell’amministrazione comunale che non coincide con la rappresentazione data in queste ore, alla luce delle ultime

(2)

vicende giudiziarie. Si sottolinea come nessun rappresentante delle istituzioni locali, ad oggi, e’ stato raggiunto da provvedimenti giudiziari e nel contempo si ripone la fiducia nel primo cittadino di cui nessuno può mettere in dubbio l’onesta’ e la trasparenza», alle quali si accoda il segretario Socialista cittadino, Enrico Alfano, fermo nella convizione della bontà e dell’onestà dell’operato dell’amministrazione. Convinto dell’operato della bontà dell’amministrazione è anche il consigliere comunale di opposizione ma non troppo, alla luce dei continui tavoli politico-programmatici d’intesa, Armando Lamberti di “Cava ci Appartiene”che sottolinea come il sindaco abbia agito perfettamente azzerando la Giunta comunale e lo invita a convocare in tempi stretti un Consiglio comunale per riferire all’Assise ed alla città sui fatti accaduti: «A mio avviso non aveva altra scelta il sindaco per dimostrare il pieno rispetto dell’operato della magistratura, per difendere la credibilità delle istituzioni, per tutelare l’immagine e la dignità dell’intera città e al tempo stesso per fugare qualsiasi ombra sull’amministrazione da lui diretta. Invito il sindaco a formare in tempi ristretti un nuovo esecutivo e a venire, il prima possibile, in Consiglio Comunale per riferire sui fatti, per confrontarsi con tutte le forze politiche e per assumere le decisioni necessarie per il bene della città e la credibilità delle istituzioni». Se le forze di maggioranza tirano il fiato e perdono tempo, la Lega, Forza Italia, Fratelli d’Italia ed il movimento dei Responsabili per Cava chiedono le dimissioni ad horas del sindaco e la caduta del governo cittadino. «La scelta repentina del sindaco Vincenzo Servalli di azzerare l’intera giunta comunale lascia presagire un quadro preoccupante e non può considerarsi soluzione s u f f i c i e n t e a r i a b i l i t a r e l ’ i m m a g i n e e l a m o r a l e dell’amministrazione. Lascia francamente perplessi l’incapacità del sindaco e della sua maggioranza per non aver saputo cogliere gli elementi preoccupanti precursori della situazione balzata agli onori della cronaca. Alla stregua delle dichiarazioni del Procuratore Corrado Lembo: “ Mi

(3)

dispiace dover constatare che anche un comune che un tempo era considerato immune da infiltrazioni criminali di tipo mafioso risulti contaminato anche per quanto riguarda i livelli di infiltrazione istituzionale”, il Sindaco Servalli non ha alternativa alle dimissioni. Le forze politiche di opposizione di centro destra auspicano un’amministrazione ispirata ai principi di trasparenza, onestà e legalità consapevoli che sono il desiderio di ogni cittadino cavese». Clima polare a Palazzo di città, dove prima del provvedimento del sindaco, l’ormai ex vice sindaco Enrico Polichetti, che dalle dichiarazioni di un pentito coinvolto nell’inchiesta pare essere stato in rapporti con alcuni esponenti della malavita locale, ha rassegnato le sue dimissioni mettendosi a completa disposizione della magistratura per chiarimenti del caso.

LE REAZIONI/ Casapound: «Se Servalli non si dimette siamo pronti ad occupare Palazzo di Città»

CasaPound Italia non si fa attendere e dagli esponenti cittadini arriva immediatamente la sintesi della situazione corrente: «Servalli primo responsabile. Pronti ad occupare P a l a z z o d i c i t t à » . « P r e n d i a m o a t t o c o n s g o m e n t o e preoccupazione del terremoto politico registrato in città e riportato nei giorni scorsi sulle pagine delle principali testate giornalistiche locali dopo il presunto coinvolgimento di un personaggio di spicco della giunta comunale nel vomitevole giro della criminalità organizzata locale. Non sta a noi fare i giudici, aspettiamo il corso delle indagini riservando a tutti i protagonisti della vicenda quella sacrosanta presunzione di innocenza dovuta ad ogni indagato, in attesa di ulteriori sviluppi sul caso da parte degli organi preposti. Attenzione e sensibilità che difficilmente sarebbe stata concessa a noi di CasaPound a parti invertite, fatto sta che l’atto di azzeramento della giunta comunale da parte di Servalli è un segnale chiaro e preciso nonché un’ammissione di colpa: il sindaco non ha più fiducia dei suoi collaboratori.

Il particolare non trascurabile è che il nome uscito fuori

(4)

dalla bocca di un pentito non è quello di un personaggio qualsiasi, ma del suo braccio destro, di una pedina che è stata determinante per la sua elezione. Azzerare la giunta da lui scelta significa scaricare le proprie responsabilità sugli altri ed è un atto che, sebbene dovuto e rientrante nella prassi precauzionale del caso, risulterebbe alquanto ipocrita nei confronti del popolo cavese qualora le responsabilità della suddetta persona, collaboratore così stretto del primo cittadino, venissero definitivamente confermate. Lui è il primo responsabile, lui deve essere il primo a farsi da parte.

Questa amministrazione è politicamente morta, si prosegua con nuove elezioni e intanto la giustizia faccia il suo corso. Se ciò non dovesse accadere siamo pronti anche ad occupare il palazzo di città».

Enrico Polichetti: «Sono innocente Pronto a chiarimento con la Procura»

L’ex vicesindaco dimissionario, Enrico Polichetti, si difende:

«Sono innocente. Sono a disposizione degli inquirenti per qualsiasi chiarimento su fatti e circostanze che mi riguardano». L’ormai ex vice sindaco, tirato nel mezzo dell’inchiesta da un pentito che avrebbe svelato circostanze di vicinanza tra l’uomo poliico ed esponenti della malavita locale non ci sta e: «Sebbene non sia stato oggetto di iniziative investigative, quali ad esempio perquisizioni o accertamenti di diversa natura, né, tantomeno il mio nominativo sia stato incluso tra coloro che risultano indagati a piede libero o indicato dagli inquirenti nel corso della conferenza stampa di ieri, in maniera del tutto indebita e improvvida, sono stato ingiustamente accostato all’indagine della procura Distrettuale antimafia». Così scrive il vice sindaco dem: « Questa notizia mi ha profondamente addolorato, umiliato e costernato per la sua assoluta infondatezza e ingiustizia. D’altra parte provengo da una famiglia che ha sempre fatto del lavoro e dell’umiltà la sua bandiera. Sono anch’io un uomo umile e costantemente vicino alla gente, di

(5)

qualsiasi estrazione o ambiente o razza, senza distinzione alcuna. Sono certo, al contempo, che la magistratura, verso la quale nutro assoluto rispetto e considerazione, saprà far luce sulle vicende descritte nell’articolo di stampa e dissipare ogni ombra sul comportamento da me assunto durante la legislatura. Evidentemente sono a disposizione degli inquirenti per qualsiasi chiarimento su fatti e circostanze che mi riguardano. Intendo tranquillizzare i miei elettori, i cittadini di Cava de’ Tirreni, il sindaco e i miei colleghi sulla correttezza dei comportamenti da me finora assunti perché il mio modo di intendere la politica non può prescindere dalla legalità, correttezza e trasparenza. Per tale motivo, dunque, nel condividere la scelta annunciata dal sindaco di procedere all’azzeramento della Giunta, ritengo opportuno, in ogni caso, informare l’opinione pubblica che era mia volontà di rassegnare le dimissioni, pur ribadendo con forza la mia più assoluta estraneità ai fatti richiamati nell’articolo di stampa, almeno fino a quando sarà completamente chiarita la mia posizione e restituita la mia dignità, allo stato, violata».

Voto di scambio politico mafioso: la nuova inchiesta

Giovanni Sorrentino, per ammissione della stessa Procura, è considerato un collaboratore affidabile. Per questo quando ha fatto il nome del vice sindaco Polichetti e dei suoi rapporti con Dante Zullo ci vogliono vedere chiaro. Non solo per le sue frequentazioni presso la scuderia o quel zì Dante con il quale si rivolgeva al boss. Cose di per sé già gravi ma quello che ha fatto drizzare le antenne è il passaggio sulle comunali del 2015 dove con la candidatura di Polichetti, Dante Zullo ed Antonio Santoriello sono stati molto attivi sul territorio per sostenerne l’elezione: Polichetti secondo le dichiarazioni, è stato frequentatore abituale delle scuderie di Zullo, costruite abusivamente, così come recita il capo di accusa. La Dia vuole capire se si è davanti ad un nuovo caso Scafati, ad un voto di scambio con l’aggravante del metodo mafioso. Per

(6)

questo motivo è stato aperto un nuovo fascicolo dove si cercano riscontri e sono ben avviate attività di indagini.

Un0’inchiesta che se dovesse decollare trascinerebbe lo stesso Comune di Cava nel baratro del commissariamento. A parte leggerete le dichiarazioni dello stesso Polichetti, le indagini faranno il resto. Ma dalle parole del procuratore Lembo si è subito avuto la sensazione che le novità non mancheranno.

Trapani, patron della Paganese, coprì un prestito di 20mila euro con assegni tratti da un conto estinto

Il presidente della Paganese Raffaele Trapani aveva ottenuto un prestito di 20mila euro da Dante Zullo, garantendolo con cinque assegni tratti da un conto estinto. Lo racconta il collaboratore di giustizia Giovanni Sorrentino che racconta come nel 2016 Vincenzo Zullo e Vincenzo Porpora accompagnarono alla scuderia, dove Dante Zullo teneva gli incontri, il cugino del Presidente Trapani. La questione degli assegni era delicata – racconta Sorrentino- perchè Zullo li consegnava ai nipoti del boss Nuvoletta di Marano con cui condivideva la passione per i cavalli. Per questo motivo non voleva avere problemi con la famiglia dei Nuvoletta. Sorrentino racconta che le persone sotto usura ma che non pagavano venivano portati presso la scuderia e non sono mancati episodi di violenza. Sul fronte della droga fu lo stesso Zullo a presentare ad Antonio Di Marino il suo fornitore di droga, Franco Longobardi di Angri. Il canale fu aperto dopo la rottura di quest’ultimo con Caputano. Come schermo veniva usata la friggitoria di Di Marino e Valentino Pastore era addetto alla distribuzione della droga.

(7)

Aliberti, si teme un crollo psicologico

Pina Ferro

Potrebbe avere un crollo psicologico dovuto all’intera situazione ed alla realtà carceraria che si ritrova a vivere.

Per questo i legali di Pasquale Aliberti hanno chiesto ai vertici dell’istituto di pena salernitano, dove. l’ex sindaco di Scafati, è rinchiuso da mercoledı̀ mattina, di attenzionarlo costantemente. Si teme per la sua salute come hanno precisato i legali. Oggi alle 13, alla presenza degli avvocati Silverio Sica e Agostino de Caro, il sostituto procuratore della Dda presso la Procura di Salerno Vincenzo Montemurro terrà

l’interrogatorio di garanzia. A tal proposito va sottolineato che l’ex sindaco di Scafati nei mesi addietro ha già

incontrato in più occasioni il magistrato per rendere d i c h i a r a z i o n i r e l a t i v e a l l e a c c u s e a s u o c a r i c o . L’interrogatorio era stato programmato per ieri mattina, ma problemi burocratici lo hanno fatto slittare ad oggi.

Aliberti, si trova in una cella da solo. L’ex sindaco è molto provato per l’intera situazione che sta vivendo, cosı̀ come ha sottolineato l’avvocato Silverio Sica che, ieri mattina, è tornato presso il Penitenziario di Fuorni per incontrare il s u o a s s i s t i t o . « N o n s i p u ò l a s c i a r e s o l o u n u o m o incensurato». La stessa vicinanza gli è stata offerta da tutto il personale dell’istituto di pena e dal personale sanitario, cosa questa che ha riferito lo stesso Aliberti all’avvocato.

«Con lui sono gentilissimi. Ma devo sottolineare che il personale della casa circondariale di Fuorni è gentile con tutti i detenuti». Gli agenti si comportano sempre come da protocollo. Poi, Silverio Sica rispondendo ad un interrogativo ben preciso afferma che «La custodia cautelare deve essere sempre il male estremo». Al termine dell’interrogatorio di questa mattina sarà anche presentata, quasi sicuramente,

(8)

istanza per la richiesta di una misura alternativa al carcere.

Pensa che vi sia stato accanimento?

«No. E’ il meccanismo che funziona in questo modo. Ricordando anche che la Cassazione valuta solo la legittimità e non entra nel merito».

Scritte offensive su Palazzo Meyer Paolino:«Chi sono i veri camorristi?

‘Leoni’ da bomboletta spray quelli che nel corso della notte tra mercoledı̀ e giovedı̀ hanno sporcato la facciata di palazzo Meyer con tre scritte. Il giorno dopo l’arresto dell’ex sindaco di Scafati i vandali hanno pensato bene di imbrattare le mura del municipio con frasi contro Pasquale Aliberti. “E come disse Totò in galera. Scafati libera. Aliberti camorrista”: gli squallidi messaggi di sconosciuti che si cerca di identificare e che hanno agito nella notte, sperando di rimanere impuniti.

All’indomani della comparsa delle scritte, la moglie di Pasquale Ali- berti, Monica Paolino ha risposto in qualche modo agli autori attraverso un post pubblicato sulla sua bacheca di Facebook in cui si legge: «Guardando queste immagini ho un solo pensiero in testa: “Chi sono i veri camorristi?”. “Da chi dobbiamo davvero difenderci?”. Queste scritte rispondono a tanti interrogativi che ci poniamo. È questa la violenza da cui proteggersi, di cui avere paura, da denunciare e da condannare. Sono inorridita dall’odio che tali personaggi covano nel cuore. Ma badate bene, le scritte possono essere cancellate, il rancore, l’invidia, la cattiveria, restano confinate nell’animo di chi nutre questi sentimenti negativi e, credetemi, fanno male più a loro che a noi. Noi, che siamo forti della verità». “La casa comunale è la casa di tutti i cittadini: la casa della democrazia, la casa della legalità, la casa dello Stato. Per questo condanniamo con durezza chi ha profanato le sue mura con scritte di odio e violenza” cosı̀ il Partito democratico

(9)

scafatese ha condannato l’episodio di vandalismo scoperto dai dipendenti comunali e segnalato alle forze dell’ordine. “Le sedi del dibattito pubblico sono altre dove tutti hanno la possibilità di esprimersi e sono chiamati a farlo con educazione e civiltà: ed è in quelle sedi che invitiamo tutti i nostri concittadini ad in- contrarsi, discutere, parlare del futuro di Scafati”.

Aliberti “prelevato” a casa di un amico a Pagani

Pina Ferro

Ha trascorso la notte a casa di un amico a Pagani ed è stato lı̀ che gli uomini della Direzione investigativa antimafia lo hanno rintracciato. Probabilmente Pasquale Aliberti per stemperare la tensione della lunga notte di attesa ha preferito non restare nella sua abitazione di Scafati. E, quando è stato informato dell’esito negativo del ricorso presentato in Cassazione, avverso all’ordine di custodia cautelare, stava cercando di fare il punto della situazione e valutare insieme all’amico Franco Marrazzo che lo aveva ospitato e ai legali la strategia da seguire, ovvero dove costituirsi. Erano da poco trascorso le 8 di ieri quando, gli uomini della Dia, hanno bussato alla porta di Marrazzo a Pagani per eseguire il provvedimento di custodia cautelare in carcere emesso dal Tribunale del Riesame di Salerno.

Provvedimento eseguito a seguito del pronunciamento dei giudici della Cassazione che hanno rigettato il ricorso presentato dai legali dell’ex sindaco e di Luigi e Gennaro

(10)

Ridosso, entrambi pregiudicati per associazione di tipo mafioso, omicidio, estorsione e reati in materia di armi, attualmente detenuti, ed elementi di vertice dell’omonimo clan di camorra operante a Scafati e comuni limitrofi. Quando gli uomini del colonnello Pini non hanno trovato Aliberti a casa hanno impiegato davvero pochi minuti a rintracciarlo e raggiungerlo. Pasquale Aliberti, Gennaro e Luigi Ridosso sono ritenuti gravemente indiziati di scambio elettorale politico- mafioso, in relazione alle consultazioni elettorali del 2013 per il rinnovo del Consiglio Comunale di Scafati. L’ordinanza eseguita ieri mattina scaturisce da una complessa attività

investigativa condotta dalla Sezione operativa della Dia di Salerno (operazione “Sarastra”), diretta e coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia della locale. L’indagine Sarastra è stata avviata a seguito di un attentato dinamitardo registratosi, nell’ottobre del 2014, ai danni di un componente di minoranza del Consiglio comunale di Scafati. L’atto intimidatorio in questione, fu ritenuto, sin da subito, collegato alla significativa opposizione che il Consigliere, comunale destinatario dell’intimidazione, aveva più volte manifestato, contro alcuni appalti e affidamenti di servizi, per la realizzazione di opere pubbliche, conferiti dall’Amministrazione comunale. Le relative indagini hanno consentito di raccogliere elementi utili all’emissione, nel 2015, di un decreto di perquisizione (esteso anche agli uffici d e l C o m u n e d i S c a f a t i ) e c o n t e s t u a l e s e q u e s t r o d i documentazione nei confronti di 5 indagati (tra i quali anche Pasquale Aliberti – sindaco pro tempore di quel Comune e la moglie Monica Paolino, attuale Consigliere regionale), ritenuti a vario titolo responsabili di associazione di tipo mafioso finalizzata allo scambio elettorale politico-mafioso, abuso d’ufficio, concussione e corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio, tutto in relazione alla gestione di numerose gare di appalto per la realizzazione di opere pubbliche (tra le quali, quella per la realizzazione del polo scolastico di Scafati) ed a numerosi affidamenti diretti concessi dallo stesso Ente pubblico. L’analisi, da parte degli

(11)

investigatori, della documentazione acquisita (gare d’appalto, gestione delle società partecipate del Comune di Scafati, delibere di Consiglio e Giunta comunale, affidamento di servizi), le risultanze delle conseguenti attività tecniche e l’esito positivo di molteplici attività di perquisizione hanno portato gli inquirenti a: documentare significative cointeressenze tra alcuni amministratori del Comune di Scafati e i vertici del clan camorristico “Loreto-Ridosso”, operante in modo egemone a Scafati e Comuni limitrofi; di riscontare le dichiarazioni fornite, al riguardo, da collaboratori e testimoni di giustizia; di accertare l’attuale operatività

della citata consorteria criminale, mediante riscontri che portavano, nel luglio 2016, all’emissione di un provvedimento di fermo di indiziato di delitto nei confronti di 4 soggetti noti alle forze dell’ordine, affini al clan “Loreto-Ridosso”, ritenuti responsabili di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso. Al termine dell’attività investigativa e sulla scorta delle significative evidenze raccolte, nel settembre del 2017, la sezione del Riesame del Tribunale di Salerno, accolse l’appello del pubblico ministero Vincenzo Montemurro ed emise l’ordinanza cautelare divenuta esecutiva, ieri, a seguito del rigetto del ri- corso proposto degli ai difensori degli indagati. Al termine delle operazioni di rito, Aliberti Angelo Pasqualino è stato associato presso la Casa Circondariale di Salerno-Fuorni, mentre Ri- dosso Luigi e Ridosso Gennaro sono stati confermati presso i rispettivi istituti penitenziari, poiché già detenuti per altra causa.

Successivamente, a seguito dell’attività investigativa posta in essere dalla Procura di Salerno, il 21 marzo del 2016 il Prefetto di Salerno – su delega del Ministro dell’interno – nominò una Commissione con il compito di svolgere mirati accertamenti diretti a verificare eventuali, possibili condizionamenti e infiltrazioni della criminalità nell’ambito dell’attività gestionale ed amministrativa del Comune di Scafati. Le risultanze emerse nella relazione conclusiva redatta dalla Commissione furono inviate dal Prefetto di Salerno, per le determinazioni di competenza, al Ministro

(12)

dell’interno. Era il 27 gennaio del 2017 quando su conforme proposta del Ministro dell’interno, il Consiglio dei Ministri deliberò lo scioglimento per infiltrazioni da parte della criminalità organizzata del Consiglio comunale di Scafati; a seguito di ciò, in il 30 gennaio 2017 il Presidente della Repubblica nominà la Com- missione Straordinaria per il Comune di Scafati, che tuttora amministra l’Ente.

Giustizia mediatica da Tangentopoli ad Aliberti di Tommaso d’Angelo

Sulla controversa vicenda dell’ex sindaco di Scafati, Pasquale Aliberti, la giurisdizione ha ingaggiato una battaglia anche mediatica che non rende onore alla giustizia. Si è trattato di un arresto tardivo dal punto di vista logico, nonostante il sigillo della Cassazione, arresto peraltro ottenuto in seguito ad una puntigliosa e reiterata richiesta della Procura. Salvo che non ci siano ulteriori elementi allo stato attuale sconosciuti, come le nuove rivelazioni dei collaboratori di giustizia che però non entravano in questa discussione davanti alla Cassazione. Con fotografi e telecamere appostati al posto giusto al momento giusto. In generale l’accusa di mediatizzare le fasi giudiziarie dei processi, che di solito investe gli organi di informazione, è ricaduta chiaramente sugli operatori del diritto, che sono – è emerso anche questa volta – all’origine dell’amplificazione giornalistica abnorme delle vicende di giustizia. D’altra parte, come potremmo noi giornalisti fornire informazioni e immagini dei veri o presunti rei se le stesse non ci fossero offerte talvolta con cinica disinvoltura? Serviva Aliberti in carcere, era necessaria questa prima “condanna” preventiva, per poter dimostrare urbi et orbi di aver visto giusto? Occorreva che l’ex sindaco fosse osservato mentre mestamente si avviava verso il carcere? Gli uomini che amministrano la giustizia, in questa storia cosı̀ controversa, ancora tutta da leggere e dagli esiti imprevedibili, hanno avuto bisogno di quel foro mediatico e alternativo che è, poi, la negazione della

(13)

giurisdizione. Il processo, infatti, non è ancora iniziato e soltanto in aula si potranno sottoporre al vaglio critico indizi e prove finora raccolti e, puntualmente, neutralizzati dalla decisa quanto inefficace attività della difesa. Il processo ha modalità e logiche accusatorie, quello mediatico è rimasto palesemente “inquisitorio” perché viene alimentato dall’emotività, dall’apparenza, dai convincimenti collettivi, laddove il primo invece conosce specifiche regole di inclusione, criteri rigorosi di valutazione, agiti da professionisti deputati a queste funzioni. Da tangentopoli in poi funziona cosı̀. Una bruttissima pagina, che ha determinato, nei minuti della “passerella” di Aliberti, poi caricato dal furgone, la morte della giustizia. In attesa dei tempi geologici del processo, occorreva la sigla dello spettacolo f i n a l e , i l d o d i p e t t o n e c e s s a r i o p e r f a r p a s s a r e nell’opinione pubblica, come maestosa ed esemplare, l’ordinaria esecuzione di un provvedimento cautelare che, in sé, non significa molto né aggiunge elementi probatori alla ricostruzione di fatti. La prima “pena”, quella dell’inutile esposizione mediatica inflitta all’ex sindaco prima del giudizio, è stata eseguita. Speriamo che non si sia creato un altro martire del quale proprio non avevamo bisogno.

L’intervista: «Credo nell’innocenza di mio marito. Non auguro a nessuno il nostro dolore»

“Credo fortemente nell’innocenza di mio marito. Sono basita da una sentenza del genere. Ma continuo ad avere fiducia nella giustizia”. Monica Paolino, moglie dell’ex sindaco di Scafati Pasquale Aliberti ha vissuto l’intero calvario dell’attesa insieme al marito. Nel tardo pomeriggio di ieri, contattata telefonicamente, ha espresso incredulità per la decisione assunta dagli ermellini.

Consigliere, come avete accolto la decisione dei giudici della Suprema Corte?

«Sono rimasta basita da una sentenza del genere e molto amareggiata. Non aggiungo molto. Mi riservo di farlo

(14)

successivamente perchè in questo momento devo metabolizzare.

Forte era la fiducia nell’Organo della Cazzazione che ritengo sia un Organo super partes. Dopo la sentenza a dire il vero, mi è cascato il mondo addosso. Mi sento abbattuta, ma nonostante ciò dico: bisogna continuare ad essere forti. Noi non ci fermeremo sicuramente qua. Credo fortemente nell’innocenza di mio marito e quindi sono sicura che lui riuscirà a dimostrare nelle sedi opportune, quindi nelle aule del Tribunale la sua completa innocenza. Pasquale è mio marito. Il padre dei miei figli, l’uomo che amo. Sono amareggiata, è vero. Desideravo che mio marito affrontasse il processo da uomo libero, era un suo diritto! Pur rispettando le decisioni dei giudici, provo un profondo sconforto per questa ennesima umiliazione della misura cautelare, una ferita che sarà difficile da rimarginare».

Le reazioni/ Matrone: «Non c’è da esultare perché a perdere è Scafati»

Grimaldi: «Ci restano solo le macerie della sua gestione».

Non si sono fatte attendere le reazioni politiche a seguito della diffusione dell’arresto dell’ex sindaco di Scafati Pasquale Aliberti. «Ci interessa il processo politico non quello dei tribunali. – affermano i componenti di Scafati in Movimento – Ci interessa se verrà condannato per danno erariale dalla Corte dei conti non dalla Cassazione. Guardiamo al futuro, progettiamo Scafati sugli errori politici di Aliberti non sulle sue ipotesi di reato. Ripetiamo da sempre che nessun tribunale o giudice potrà mai assolvere Aliberti

&co dai fallimenti politici della sua amministrazione (Pip, Polo Scolastico, ExCop- mes, debiti etc.etc). Con lui del disastro scafatese sono responsabili tutti quelli che lo hanno sostenuto, dalla composizione delle sue liste alle sue nomine». Per Angelo Matrone ex consigliere comunale ed esponente di Fratelli d’Italia:«La decisione della Cassazione va letta per quello che è. Non c’è da festeggiare o esultare, perché a perdere in questi mesi è stata Scafati. Lo dimostra

(15)

le condizioni in cui i commissari straordinari sono costretti a operare”. «Per formazione politica e culturale non commento le sentenze della magistratura, che vanno sempre rispettate.

Per formazione politica e culturale, penso anche che ogni cittadino, anche l’avversario più feroce e violento, è innocente fino al terzo grado di giudizio. -Ha precisato Michele Grimaldi del Pd – Lo scrivo, perché anche se la sentenza della Suprema Corte che decreta l’arresto per l’ex Sindaco di Scafati fosse stata di senso opposto, oggi direi le stesse cose. Stesse cose che abbiamo ripetuto per otto anni, anche quando molti hanno preferito un comodo silenzio: il dottore Aliberti è colpevole di aver distrutto economicamente e socialmente la nostra Scafati, di aver provato a piegare la nostra città al suo arrivismo personale e agli interessi di famiglia, di aver usato la macchina pubblica in maniera privata e dispotica, di aver aperto le porte di Palazzo Mayer a clientele, familismo, malavita organizzata. È colpevole dello scioglimento per camorra e dell’arrivo della Triade commissariale, di aver lasciato debiti ed inefficienza, di aver provocato un buco di bilancio di oltre trenta milioni di euro, di aver assistito in silenzio e accompagnato consciamente la chiusura dell’ospedale, del deficit strutturale e funzionale dell’Acse e del ciclo di raccolta dei rifiuti, delle strade buie e dissestate, dell’assenza di una rete fognaria e degli allagamenti ad ogni pioggia, del decadimento della Villa comunale, dello sperpero dei fondi europei, della mancata riqualificazione del centro storico, del fallimento del Pip, delle case popolari occupate da pregiudicati e tolte alla povera gente. Le sue vicende giudiziarie sono un suo fatto privato, quel che resta a noi scafatesi sono le macerie dalle quali e sulle quali siamo chiamati a ricostruire: senza ripetere, tutti noi, gli errori del passato. Anche per questo, per rendere effettivamente possibile la rinascita e il cambiamento, come abbiamo già

proposto a tutte le forze politiche ed ai movimenti della nostra Scafati, è oggi più che mai necessario un patto d’onore dinanzi alla città: un patto di legalità, per liste pulite e

(16)

metodi trasparenti, affinché mai più nessun soggetto politico possa consentire all’illegalità diffusa e alla criminalità

organizzata di poter mettere piede e radici nella Casa comunale».

Appalto, assunzioni, ticket per la piscina Le accuse ai Cesaro

Vengono fuori le accuse della Procura a Luigi Cesaro e suo figlio e alla consigliera regionale Beneduce. Promesse di appalti, nomine e assunzioni. Dal piccolo favore alla maxi

(17)

commessa. E qualche volta sarebbero girati soldi. Sono dodici i casi di voto di scambio che la Procura di Napoli Nord contesta. Dodici capi di imputazione riassunti nelle dodici pagine dell’avviso conclusa indagine firmato dal pm Simone De Roxas e notificato a 29 indagati. Fatti e circostanze risa- lenti alla campagna elettorale delle regionali 2015, quella della cavalcata trionfale di Armando Cesaro, primo eletto in Forza Italia con 27.937 preferenze. Gli indagati hanno venti giorni di tempo per chiedere interrogatorio, presentare memorie e illustrare le ragioni delle loro difese e solo dopo il pm deciderà se chiedere il rinvio a giudizio o proporre archiviazione. Ecco l’elenco delle presunte clientele dei Cesaro e dei loro complici. Situazioni che sarebbero avvenute per lo più nel comune di Marano, dove i fratelli Aniello e Raffaele hanno costruito il Piano di insediamento produttivo finito nel mirino della Dda di Napoli che a maggio ne ha ottenuto l’arresto con l’accusa di aver realizzato l’affare insieme alla camorra del clan Polverino. I due fratelli Cesaro sono ancora in carcere (misura confermata dalla Cassazione), e dalle intercettazioni di quell’inchiesta, condotta dai carabinieri del Ros di Napoli agli ordini del tenente colonnello Gianluca Piasentin, sono stati scoperti gli episodi di voto di scambio. In assenza di aggravanti mafiose, questa porzione di indagine è stata stralciata e trasmessa per competenza a Napoli Nord. Si va dalla ‘garanzia’ di un mega- appalto da 10 milioni di euro nell’Area di Sviluppo Industriale del casertano, che avrebbe dovuto procurare un

“guadagno netto di almeno 2 milioni di euro” all’imprenditore Antonio Di Guida, ex assessore provinciale e coindagato insieme ai fratelli Cesaro nella ‘inchiesta madre’, alla promessa di far nominare V. C. a direttore del distretto sanitario 38 dell’Asl Napoli 2 grazie all’aggancio di un direttore di dipartimento. A una famiglia sarebbe stato promessa un’assunzione a Poste Italiane in cambio di 30 voti, da documentare con la foto delle schede, una pratica vietatissima che prevede, se il presidente di seggio se ne accorge, la denuncia immediata all’autorità giudiziaria. Ad un

(18)

altro ‘sostenitore’ di Cesaro jr, L.D.B., fu promessa e poi fatta ottenere la nomina di componente dell’Oiv, l’organismo di autovalutazione interna della Regione Campania. Due capi di imputazione riguardano i nulla osta ottenuti con l’assenso dei vertici politici e amministrativi del comune di Marano per lo spostamento di un dirigente e di un agente di polizia municipale verso altri impieghi, il primo al Demanio e il secondo presso lo staff di un capogruppo consiliare della Campania. I due avrebbero dovuto ricambiare il piacere con il sostegno elettorale a Cesaro jr. A un medico, precario, fu assicurata la stabilizzazione del contratto presso l’ospedale di Giugliano, a un sottotenente di polizia municipale invece furono date rassicurazioni per la figlia dottoressa:

un’assunzione all’ospedale San Raffaele di Milano, dove forse i Cesaro vantavano buoni agganci (ma l’assunzione non si perfezionò). Un uomo di Portici, C. G., per portare un po’ di preferenze ad Armando avrebbe ricevuto due abbonamenti gratuiti al Centro Sportivo locale ‘Aquilasport’ amministrato da Aniello Cesaro. E ad una signora, dipendente della partecipata “Armena sviluppo” fu promesso che sarebbe stata promossa da addetta al verde pubblico a impiegata. Due capi di imputazione sono contestati a Flora Beneduce, consigliera regionale di Forza Italia eletta con 14.373 preferenze, indagata anche lei per voto di scambio. Era in ticket con Armando Cesaro. Secondo la prima accusa, in concorso con Raffaele Cesaro, avrebbe consegnato a un uomo, A. S., 2mila euro, “in cambio dell’assicurazione di almeno 300 voti promettendo, ad elezione avvenuta, l’ulteriore remunerazione di 10.000 euro”. Il pm inoltre le contesta di aver partecipato a una trama di Luigi e Armando Cesaro: far assumere un avvocato nello studio legale del nipote della signora Beneduce

“in cambio della convergenza di voti a favore di entrambi”.

Ovvero far scrivere sulla scheda Cesaro-Beneduce.

(19)

Raccomandazioni in cambio di voti

Erika Noschese

Avvisi di garanzia in Regione Campania. Il deputato di Forza Italia, Luigi Cesaro ed i consiglieri regionali azzurri Armando Cesaro e Flora Beneduce, hanno ricevuto avvisi di conclusione delle indagini da parte della Procura di Napoli, per un’ipotesi di voto di scambio nel periodo delle elezioni regionali del 2015. In particolare, la Procura ha indagato, secondo la tesi accusatoria, per fatti accaduti tra il mese di maggio e giugno del 2015, ovvero le ultime elezioni regionali che hanno visto vincere Vincenzo De Luca. Ad annunciarlo, il capogruppo regionale di Forza Italia, Armando Cesaro: “Oggi (ieri per chi legge ndr) ho ricevuto un avviso di garanzia per vicende relative alle elezioni regionali del 2015. Preferisco darvi io la notizia, perché non ho nulla da temere. Quando si ha la coscienza pulita si affronta tutto con serenità. Io ho fiducia nella verità, che presto o tardi arriva. Per tutti”.

La vicenda ha particolarmente indignato il capogruppo di Forza Italia alla Camera dei Deputati, Renato Brunetta: «Siamo in piena campagna elettorale, si avvicina l’appuntamento con il voto del 4 marzo, con il centrodestra favorito e pronto al ritorno alla guida del Paese, e si ripetono fatti ai quali ormai siamo tristemente abituati. Noi siamo sempre dalla parte della giustizia giusta, per la chiarezza e la trasparenza, certo che sorprende, e non poco, questa assurda tempistica giudiziaria contro esponenti di Forza Italia a poche settimane dal voto.La solita giustizia ad orologeria che gioca da decenni un ruolo politico nel dibattito pubblico di questo Paese. Gli italiani il 4 marzo giudicheranno anche questo”.

Per Luigi Cesaro, l’accusa sarebbe la richiesta di voti in

(20)

cambio di favori, coinvolgendo anche il figlio Armando e la consigliera forzista Beneduce. Tra gli episodi contestati la presunta raccomandazione di un praticante per entrare in uno studio legale che Cesaro avrebbe promesso ad un elettore in cambio di voti per il figlio, ma anche il pagamento di abbonamenti ad alcuni elettori presso la piscina di Portici (Napoli) di proprietà dei Cesaro. Non sarebbe invece stato contestato alcun passaggio di denaro, come invece è accaduto per l’inchiesta gemella sul voto di scambio di cui si occupa la Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, che nel maggio dello scorso anno, aveva portato in carcere per concorso esterno in associazione mafiosa i fratelli del deputato, Aniello e Raffaele.

Gare truccate, spunta “La Rada”

Andrea Pellegrino

Gare truccate e voto di scambio, nel terremoto giudiziario che ha il Comune di Santa Maria Capua Vetere, spunta anche il consorzio salernitano “La Rada”. Insieme all’ex sindaco Biagio Di Muro sono finiti in manette anche Biagio Napolano e Giuseppe Cavaliere, rispettivamente componente e direttore del consorzio “La Rada”. Al centro dell’inchiesta che coinvolge la struttura salernitana (affidataria anche di diversi servizi da parte del Comune di Salerno) c’è il progetto Babysitting e Ludobus finanziato dalla Regione Campania di 96 mila euro. Sui due pende l’accusa di concorso e di peculato. Secondo la ricostruzione della Procura, i due, insieme a Roberto Pirro, coordinatore dell’ufficio di piano dell’ambito territoriale C5, «si appropriavano in parte delle somme disponibili sul

(21)

fondo unico, destinate a finanziare il pro- getto di

“Babysitting e Ludobus”». Servizio “Ludobus” – secondo l’or- dinanza del Gip – «di fatto non svolto». Ancora si legge: «Il Napolano è il Presidente della Cooperativa Attivarci, che fa parte del Consorzio “La Rada”, il cui direttore è il Cavaliere. Costoro hanno mostrato una notevole abilità nel- l’intrecciare rapporti (collusivi) con la politica e con la gestione tecnico-amministrativa nel terzo settore, dimostrando particolare spregiudicatezza nel porsi a disposizione della politica che li avvantaggia». In totale sono sette misure di ordinanza cautelare, di cui 2 in carcere e 5 ai domiciliari, con 28 indagati a piede libero, per associazione per delinquere finalizzata alla abuso d’ufficio, turbata libertà

degli incanti, peculato, falso in atto pubblico, in materia elettorale, in materia di illecito trattamento dei dati personali e truffa ai danni di un ente pubblico. Tutto ha avuto origine dalla denuncia ai carabinieri da parte di una donna che raccontava di aver scoperto di risultare assunta in una cooperativa per assistere un anziano ma che, di fatto, non ne sapeva nulla. La donna dopo qualche giorno ricevette una telefonata da una per- sona che, riferendosi ala denuncia, le disse “Ma cosa hai fatto? Noi ti abbiamo cercata ma non eri reperibile”. Cosa negata dalla donna che non si era mai mossa dalla sua abitazione. Il ruolo centrale svolto dalla s e g r e t e r i a d e l s i n d a c o B i a g i o D i M u r o – a r r e s t a t o nell’inchiesta della procura di Santa Maria Capua Vetere su una presunta gestione privatistica dei servizi sociali dell’Ambito C8, e un sospetto di scambio di favori in cambio di acquisizione di consenso elettorale che si svolgeva attorno all’Ufficio di Piano – emergono anche dalle numerose intercettazioni a corredo della misura cautelare a firma del gip Alessandra Grammatica. Molte le telefonate partite dalla segreteria di Di Muro verso le persone che ruotavano intorno alle cooperative favorite nell’aggiudicazione delle gare per invitarli alla partecipazione a manifestazioni elettorali con esponenti del Pd in quel periodo candidati alle elezioni regionali, non indagati. “Preme evidenziare come tutti i

(22)

soggetti contattati – scrive il gip – gravitavano, a vario titolo, intorno all’Ufficio di Piano dell’Ambito, e che erano stati lı̀ sistemati per volontà di Di Muro, specie a una iniziativa di particolare importanza per l’allora sindaco Di Muro, in quanto costituiva un’occasione per dimostrare la sua forza politico- elettorale, anche in considerazione della prevista partecipazione dell’allora candidato presidente della Regione, Vincenzo De Luca”. Tra gli indagati anche la parlamentare del Pd Camilla Sgambato, che risiede proprio a Santa Maria Capua Vetere. Alla Sgambato è contestata una

“raccomandazione” a favore di un componente dell’ufficio di piano dell’Ambito C8, per una persona, per uno dei due posti messi a concorso per l’area professionale: “Referente per la progettazione, la comunicazione, il monitoraggio, la valutazione e il sistema informativo”. Nella stessa indagine, com- pare anche l’ex sindaco di Parete, in provincia di Caserta, ed ex segretario provinciale del Pd, Raffaele Vitale.

Scafati. “Quel patto elettorale iniziato nel 2013 e maturato nelle elezioni 2015”

Di Adriano Falanga

La Cassazione, non entrando nel merito delle accuse, non restituisce nulla di nuovo a quanto non già noto fino ad oggi, relativamente all’impianto accusatorio nei confronti dell’ex sindaco Pasquale Aliberti, di suo fratello Nello Maurizio e degli esponenti del clan Loreto-Ridosso. Sarà poi il processo,

(23)

quando ci sarà, ad entrare nel merito delle contestazioni mosse dal pm ed aprire di fatto il dibattito tra accusa e difesa. Gli ermellini hanno semplicemente assolto alla loro funzione, cioè quella di riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, che risulta essere “argomentata in modo coerente e logico con valutazione probatoria rispondente a criteri di completezza, globalità ed unitarietà dell’esame”.

Giuridicamente la Cassazione non “conferma” le accuse, ma le ritiene “ben argomentate”. Quanto basta per legittimare la richiesta di misura restrittiva rimandando tutto al riesame limitatamente alla scelta della misura cautelare da applicare nei riguardi degli indagati. Accuse quindi solide, seppur da provare in sede dibattimentale. Il Tribunale del Riesame ha attribuito rilievo alla circostanza che a veicolare l’offerta del sindaco ed a fungere da elemento di collegamento con il clan fosse lo stesso Andrea Ridosso, fratello di Luigi, individuando nell’aggiudicazione di appalti pubblici la controprestazione per l’impegno elettorale del clan, mobilitatosi in favore dell’Aliberti. La candidatura del Barchiesi nella lista civica Grande Scafati e la sua elezione con 265 voti sono circostanze oggettive, logicamente corrispondenti alle esigenze dell’Aliberti ed in grado di smentirne la prospettazione riduttiva, in quanto la circostanza che uno sconosciuto, estraneo alla politica, risultasse il primo della lista, prendendo più voti del candidato sponsorizzato dal Lupo, in precedenza suo antagonista, è circostanza di non secondario rilievo, specie perché gli consentiva di verificare l’effettiva forza del clan ed il bacino di voti che era in grado di procurargli. La nomina di Ciro Petrucci a vice presidente Acse è ritenuta di centrale rilievo nella ricostruzione del Tribunale del riesame, in quanto salda i due patti elettorali (2013 e 2015) e ne attesta la continuità, in quanto avrebbe consentito all’ACSE, presieduta dal Petrucci, di aggiudicare, un mese prima delle elezioni del 2015, l’appalto alla Italy Service, società del gruppo appositamente costituita nel luglio 2014

(24)

(secondo Loreto dietro indicazioni dello stesso Aliberti).

IL COMIZIO DELLA PAOLINO A CASA DI ANNA RIDOSSO

La continuità del patto stipulato nel 2013 con le elezioni regionali del 2015 rischiano di compromettere anche la posizione di Monica Paolino, indagata anch’essa nell’inchiesta ed attualmente consigliere regionale. Se nel 2013 Aliberti rappresentava contraente e beneficiario di questo patto, nel 2015 è la consigliera regionale e moglie dell’ex sindaco ad averne beneficiato, essendo lei candidata. La conferma specie dalla riunione elettorale organizzata presso l’abitazione di Ridosso Anna il giorno prima delle elezioni, di cui si ha riscontro nei contatti telefonici con il Petrucci e tra questi e i Ridosso. Circostanza confermata anche dalle dichiarazioni di Pasquale Coppola “Loreto mi fece presente che la sua organizzazione voleva sostenere anche la mia candidatura oltre quella della Paolino. Io fui sorpreso in quanto era fatto notorio e pubblico che i Loreto-Ridosso stessero appoggiando la Paolino, moglie di Aliberti”. Secondo la Cassazione “il Tribunale ha ritenuto che le dichiarazioni del Coppola riscontravano quelle del Loreto e dimostravano che il clan offriva il proprio sostegno elettorale solo in cambio di favori, come contestato dall’accusa, né può porsi in dubbio che il sindaco potesse incidere sulle decisioni di aziende controllate dal comune”. In questa circostanza viene anche configurato l’uso del metodo mafioso, perché i partecipanti al comizio della Paolino furono “addirittura prelevati ed accompagnati fisicamente presso l’abitazione di Ridosso Anna”.

(25)

Scafati. La Cassazione “il patto politico mafioso c’è stato”

Di Adriano Falanga

Pubblicate le motivazioni della Cassazione sul no agli arresti nei confronti di Pasquale Aliberti, di suo fratello Nello Maurizio (già stralciati dal Riesame) e degli esponenti del clan Loreto-Ridosso. Il presidente della sesta sezione della Corte di Cassazione, il dottore Vincenzo Rotundo, aveva accolto in parte le considerazioni del procuratore generale Delia Cardi per l’annullamento con rinvio per Ridosso Luigi e Ridosso Gennaro in relazione alla scelta della misura per i fatti del 2013 e rigetto nel resto; per l’annullamento con rinvio per Aliberti Angelo Pasqualino limitatamente alla scelta della misura; rigetto nel resto. Confermato quindi l’intero impianto accusatorio formulato dal pm della Procura antimafia di Salerno, dottor Vincenzo Montemurro. “Il patto politico mafioso c’è stato ed è confermato, Alfonso Loreto è attendibile come pentito” spiegano gli ermellini, che definiscono l’operato del pm come un lavoro fatto in modo

“coerente e logico con valutazione probatoria rispondente a criteri di completezza globalità e unitarietà dell’esame” ed inoltre poi, hanno rimarcato anche l’attendibilità del pentito Alfonso Loreto, fonte chiave d’accusa perché “ha tirato fuori una serie di fatti che rimandavano alle indagini in maniera spontanea, con veridicità e coerenza”. Quanto all’appalto Italy Service secondo le ricostruzioni di Loreto, arrivato perché la ditta costituita era stata fatta ad hoc su indicazione dello stesso Aliberti, è arrivata in aula anche la conferma dello stesso Luigi Ridosso. Secondo il Riesame l’interesse del sindaco uscente ad ottenere un sostegno elettorale per garantirsi la rielezione trovava un primo elemento logico di riscontro nella stessa prospettazione

(26)

dell’Aliberti circa i contrasti avuti anche con la propria maggioranza durante il primo mandato con conseguente consapevolezza di avere margini ristretti per la conferma.

Scrive la Cassazione: “In tale contesto ben si inserisce il patto politico-mafioso connesso alla vicenda della candidatura di Ridosso Andrea, rifiutata dall’Aliberti a causa del cognome ingombrante, che poteva nuocergli, accettando il sostegno elettorale da un candidato meno compromettente, sconosciuto,

“a zero voti”, individuato dal Loreto e dai Ridosso, Luigi e Gennaro, nel Barchiesi, parente della moglie del Loreto, non legato al clan ed estraneo alla politica, in cambio della promessa di appalti”.

Per gli ermellini poi, sussiste l’aggravante mafiosa ipotizzata dal pm Montemurro e confermata dal Tribunale del Riesame, mentre da approfondire e ridiscutere l’esigenza della misura cautelare perché “la custodia cautelare in carcere può essere disposta solo per delitti, consumati o tentati, per i quali sia prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni, con conseguente inapplicabilità di tale misura coercitiva alla condotta delittuosa indicata”. Inoltre, aggiunge ancora la Cassazione “Il Tribunale dovrà rivalutare il giudizio cautelare sia in punto di sussistenza che di attualità e concretezza delle esigenze cautelari sia di scelta della misura, tenendo conto delle dimissioni nel frattempo rassegnate dall’Aliberti e degli altri elementi indicati dai ricorrenti in ordine alla concretezza e attualità del pericolo di reiterazione”. Quindi, per la decisione dello scorso 7 marzo, “le ragioni illustrate l’ordinanza impugnata va

(27)

annullata limitatamente alle esigenze cautelari nei confronti di Ridosso Gennaro, Ridosso Luigi e Aliberti Angelo Pasqualino con rinvio per nuovo esame sul punto al Tribunale di Salerno”.

LA POSIZIONE DI NELLO ALIBERTI

La Cassazione ha confermato il no agli arresti per Nello Maurizio Aliberti, fratello dell’ex sindaco, così come già il Tribunale del Riesame aveva disposto, riducendo a marginale il suo ruolo nel patto elettorale in corso tra suo fratello Pasquale con il clan Ridosso-Loreto.

Anche se è stato accertato il suo impegno a sostegno del fratello della campagna elettorale del 2013, non risultano però elementi in merito alla sua partecipazione al patto elettorale con Luigi Ridosso o Alfonso Loreto. Infatti, Nello Aliberti non aveva il potere, secondo gli ermellini, di stringere alcun patto. In merito al suo ruolo, nell’episodio che riguarda la giornalista Valeria Cozzolino, secondo la Cassazione, l’episodio non sarebbe per lui gravemente indiziante. Scarsa anche la sua partecipazione nella campagna elettorale del 2015, e infatti, secondo gli ermellini sul fratello piccolo di Pasquale Aliberti, non ci sarebbero elementi tali da giustificare la misura cautelare.

LA BATTAGLIA PER LA LEGALITA’

L a t e s i d i f e n s i v a d i P a s q u a l e A l i b e r t i , s o s t e n u t a d a i l e g a l i Agostino De Caro e Giovanni Aricò, ribadiva il forte impegno politico istituzionale dell’ex sindaco contro l a c r i m i n a l i t à o r g a n i z z a t a , i n particolare si producevano gli atti per gli espropri e acquisizione dei beni appartenuti ai diversi clan.

Nelle motivazione depositate dalla Cassazione si legge: “La ricostruzione

(28)

del Tribunale risulta, pertanto, coerente, non manifestamente illogica e completa, essendo state valutate e disattese le obiezioni dell’Aliberti per il singolare contrasto tra la linea politica scelta di avversare l’illegalità e la camorra e le condotte tenute, consistite nell’accettare per le elezioni del 2013 la candidatura del Barchiesi e l’indicazione del Petrucci, provenienti dall’associazione mafiosa, e per le elezioni del 2015 che la moglie tenesse un comizio (era candidata ed è stata eletta Monica Paolino, moglie di Pasquale Aliberti), in casa della sorella di un camorrista ucciso in un agguato nel 2001 e di un camorrista ancora attivo come Ridosso Romolo nonché che Ridosso Luigi partecipasse alle cene elettorali. Né risulta irrilevante la circostanza che durante la campagna elettorale del 2013 fossero stati pubblicati articoli, che lo associavano al clan Ridosso-Loreto; che per le elezioni provinciali del 2009 fosse stato trovato un suo manifesto elettorale presso un deposito della famiglia Matrone, che lo aveva appoggiato, come riferito dal custode, e che all’impresa di tale famiglia fosse stato garantito di operare indisturbata nel settore delle affissioni per espressa indicazione del sindaco, come riferito dal Cacchione”. Un comportamento, secondo gli ermellini, quanto meno contradditorio.

Scafati. Casciello all’Acse, protesta anche la maggioranza

Di Adriano Falanga

Gli ultimi scampoli di questa amministrazione comunale regalano anche l’ultima (si spera) polemica. Mimmo Casciello ritorna alla vicepresidenza dell’Acse, dopo aver rassegnato le

(29)

dimissioni da consigliere comunale. Una decisione che dimostra, a chi ancora avanzava qualche dubbio, la netta volontà di Pasquale Aliberti di non ritornare sui suoi passi, e ritirare le dimissioni. Casciello in quasi tre anni infatti m a i h a p o t u t o “ g o d e r e ” d i u n i n c a r i c o , a p a r t i r e dall’assessorato, perché a subentrargli sarebbe stato l’ex vicesindaco Giacinto Grandito, oggi considerato vicino a Pasquale Coppola. Casciello si è dimesso perché tra una settimana circa arriverà il commissario prefettizio, a traghettare il Comune verso le elezioni anticipate.

Naturalmente il tutto in attesa della decisione del Ministero dell’Interno di sciogliere il consiglio comunale per infiltrazioni mafiose, in tal caso, il ritorno alle elezioni non arriverà prima del 2019. La (ri)nomina del fedelissimo però ha sollevato molte più polemiche del previsto, percvhè avvenuta decisamente in sordina e in modi piuttosto ambigui. A nominare Casciello è stato infatti l’assessore Diego Chirico, dietro delega del vicesindaco Giancarlo Fele. E la notizia è venuta fuori grazie ad indiscrezioni, tant’è che fino a ieri mattina c’era ancora chi, tra le stesse fila della maggioranza, ammetteva di non saperne nulla. “Avrei almeno voluto dire la mia sulla opportunità temporale di questa ri- nomina. Mi auguro non porti altri malumori o bufere nella nostra città – ammette Diego Del Regno – Nulla da dire sulla scelta del componente del cda che ha già ottenuto dall’intero Consiglio meriti per il suo operato nella partecipata. Ma da qui a presumere che lo dovessimo telepaticamente sapere, ce ne passa”. Nessuna riunione, nessuna concertazione, perché il tutto parte dall’alto, è stato infatti Pasquale Aliberti a insistere su Fele, non facendo venire meno la promessa fatta al suo fedelissimo. “Se l’Amministrazione si fosse astenuta dal fare certe rinomine, in questi ultimi giorni prima del 18 Dicembre, sicuramente avrebbe fatto meglio. Il messaggio che passa, senza se e senza ma, è uno solo: attaccamento morboso alle poltrone”, a scrivere questo post su Facebook è Roberto Barchiesi. E a condividere quest’opinione è anche l’assessore Raffaele Sicignano e l’ex consigliere Pasquale De Quattro. Una

(30)

nomina definita inopportuna, non tanto nel merito, ma nell’opportunità. Casciello tutto sommato è forse l’unico consigliere comunale operativo h24, ma fare nomine, nonostante le dimissioni irrevocabili del sindaco, a pochi giorni dal c o m m i s s a r i a m e n t o e c o n l a s c u r e , q u a s i c e r t a , dell’infiltrazione mafiosa, è decisamente un azzardo. “Questa nomina sostanzialmente non è una novità, ma un voler dare continuità all’ottimo lavoro, per altro riconosciuto anche dalle opposizioni nell’ultimo Consiglio Comunale, del Dottor Domenico Casciello all’interno della partecipata – difende così la sue scelta Diego Chirico – Lo stesso Casciello di fatto lascia il Consiglio Comunale dalle ore 14 di ieri.

Dunque una scelta corretta dal punto di vista politico e dal punto di vista formale”. L’assemblea dei soci della partecipata, che ha ratificato la nomina dell’oramai ex consigliere comunale, si è tenuta alle 16:30. “Un’operazione svolta nel pieno rispetto delle norme che regolano la materia.

Una nuova opportunità, per continuare a servire una città per la quale nutro un amore smisurato. D’altronde , il mio impegno è stato più volte riconosciuto ed apprezzato, non solo dalla stessa maggioranza ma anche dalle opposizioni consiliari”

spiega Mimmo Casciello. Da incompatibile l’interessato passa però a rischiare l’inconferibilità, perché nella sua qualità di ex consigliere comunale la legge prescrive in due anni il tempo minimo per ricevere incarichi in società pubbliche.

UN DOCUMENTO INDIRIZZATO AL COMMISSARIO

Le forze di opposizione stanno pensando ad un documento, da s o t t o s c r i v e r e a n c h e c o n esponenti della maggioranza, c h e f u n g a d a “ i n d i r i z z o p o l i t i c o ” a l c o m m i s s a r i o prefettizio, che si insedierà d o p o i l 1 8 d i c e m b r e . S a r à chiesto a chi rileverà i poteri di sindaco, giunta e consiglio comunale di revocare ogni nomina sindacale, e azzerare gli cda

(31)

delle partecipate Acse e Scafati Sviluppo. Non una questione di merito, ma di opportunità, essendo questi incarichi di natura politica. Del resto, Aliberti non è dimissionario perché sfiduciato o perché stanco di essere primo cittadino, la sua scelta è conseguenza diretta della richiesta di arresto che pende nei suoi confronti, a seguito dell’inchiesta che lo vede accusato di voto di scambio politico mafioso. Secondo l’antimafia un sistema che nasce fin dal 2008 perpetrato dal primo cittadino uscente, fondato su incarichi, nomine e appalti pilotati, in cambio di voti. Ed è per questo motivo che si andrà in pressing sul funzionario prefettizio, nonostante sia sua facoltà lasciare i cda in piedi. “Con una città che a breve sarà commissariata si continuano a fare nomine in dispregio della legge – così Pasquale Coppola, presidente del consiglio comunale – è uno schiaffo ancora più forte all’immagine di questa città, alle persone oneste e capaci. Purtroppo al peggio non c’è mai fine”. Preannuncia battaglia Mario Santocchio: “chiediamo l’intervento dei revisori dell’Acse e dell’ente di verificare la legittimità della nomina, tenendo conto che in assemblea e’ andato un soggetto sprovvisto di potere perché delegato dal vice sindaco e non dal Sindaco e di riscontrare la nomina del consigliere alla luce dell’inconferibilita. Ricordo che l’Anac già sanzionò il Sindaco dimissionario per le nomine a Scafati Sviluppo e Scafati Solidale. Questi Signori non hanno alcun rispetto delle Istituzioni e della legge”. Dure le parole dell’ex alleato Stefano Cirillo: “la rovina di Aliberti sono soprattutto loro, volti nuovi ma pieni di sete di potere, disposti ai colpi più bassi verso gli avversari, e disposti a tutto pur di mantenerlo, sono letteralmente disgustato da questo modo di fare politica fatto di bassezze che arrivano anche sul personale, quindi non mi meraviglia più nulla”. Non è da meno Angelo Matrone, Fdi: “questa nomina dimostra il disprezzo che gli uomini di Pasquale Aliberti hanno per la legge ed il loro tentativo di rinsaldare il consigliere Mimmo Casciello alla poltrona come premio per la sua fedeltà. Il vicesindaco Fele ha dimostrato di essere un degno successore

(32)

di Pasquale Aliberti. Un mero esecutore delle sue volontà come sempre. Chiederò ai parlamentari di centro-destra di intervenire immediatamente sulla questione Scafati e di chiedere l’immediato scioglimento del Comune”. E promette di intervenire sui loro parlamentari anche il M5S: “Scafati va sciolta al più presto, presseremo i nostri parlamentari affinché questo accada prima possibile. Appena si insedierà il commissario, chiederemo che rimuova il cda Acse e tutte le nomine politiche riconducibili a questa amministrazione. Per dignità e orgoglio, tutte le nomine sindacali dovrebbero presentare le dimissioni senza attendere che il prefetto le chieda o si attivi in tale senso – così gli attivisti di Scafati in Movimento – La nomina di Casciello è solo una spasmodica ricerca a qualunque costo di ruoli, medaglie e stellette”. Nulla contro Casciello da Scafati Arancione, però:

“definire la sua nomina inopportuno in un momento di così grande confusione è dire poco. Eppure la sua incompatibilità è stata accertata finanche nelle sedi deputate, ma ciò nonostante si è proceduto alla sua nomina. L’unica cosa che ci dà conforto è questa gestione del potere avrà durata per altri pochi giorni” spiega Francesco Carotenuto.

Scafati. “Avvezzo a fare

accordi con i clan”, il

profilo di Aliberti tracciato

dal Riesame. Il ruolo di

(33)

Barchiesi

Di Adriano Falanga

Innegabile, la decisione del Riesame di Salerno di accogliere la richiesta di arresto per il sindaco Pasquale Aliberti, promossa dal pm Vincenzo Montemurro dopo il diniego del Gip Donatella Mancini, ha sorpreso tutti. E a stupire non è stata tanto l’avallo degli arresti, bensì la lunga ordinanza di una trentina di pagine, in cui si delinea anche un profilo dell’imputato principale: Pasquale Aliberti. Stupisce perché viene ridimensionato il coinvolgimento di Nello Aliberti, seppur riconoscendogli una parte attiva nel presunto patto politico mafioso. Non solo la triade di giudici ha smontato l’impianto difensivo degli Aliberti, ma ha consegnato ai posteri un’immagine decisamente diversa dell’Aliberti che tutti conoscevano. Un politico avvezzo ai voti della camorra, che non disdegna il loro supporto, ben consapevole della caratura criminale dei suoi interlocutori. Aliberti avrebbe cercato il loro sostegno, e non avrebbe sdegnato di offrire loro un ricambio, inteso come appalti o promesse di lavori per conto della cosa pubblica. Anzi, sarebbe stato parte attiva, regista e consigliere per indirizzare bene il clan sulla giusta strada da prendere per non destare sospetti, e poter pagare loro “dazio” per i voti ricevuti. E l’accordo con i Ridosso-Loreto del 2013 si materializza in quei 265 voti raccolti da Roberto Barchiesi, un perfetto sconosciuto eletto e finito primo della lista, riconducibile a Raffaele Lupo,

“Grande Scafati“. Meno di trecento voti che non influiscono affatto sull’elezione del sindaco, non sono certamente determinanti, ma secondo il Riesame, ad Aliberti non dispiacciono affatto. Il rapporto con i Ridosso affonda le radici nel tempo. Era il 2001 quando Salvatore Ridosso (fratello di Romolo, ucciso poi in un agguato) presenta al boss Saverio Tammaro (oggi anche lui pentito) un giovane Pasquale Aliberti, agli arbori della sua carriera politica. Il

(34)

Ridosso gli disse: “è un caro amico, adesso si candiderà a sindaco, farà politica, quindi gli dobbiamo dare una mano perché ci interessa, possiamo fare cose buone con lui”.

Dichiarazione queste, rese dal Tammaro il 12 settembre 2016.

Secondo il collegio difensivo composto dagli avvocati DE Caro e D’Amaro, non ci sarebbero stati gli estremi per la concessione della misura cautelare, siccome il clan sarebbe oramai sciolto dopo il pentimento di alcuni dei suoi componenti apicali. Una tesi respinta dal Riesame, perché non basta il pentimento a ritenere sciolto un clan radicato sul territorio, oltre poi alla libertà di Ridosso Andrea e alla scelta di non collaborare dei cugini Gennaro e Luigi Ridosso.

“Ad ogni modo si tratta di una questione irrilevante – puntualizzano i giudici – perché la tendenza dell’Aliberti ad entrare in affari e in rapporti con la camorra non è canalizzata verso tale clan. I dati acquisiti evidenziano come, pur di accaparrarsi voti e vincere le competizioni elettorali, l’Aliberti non si fa scrupolo di entrare in contatto ed in accordo con il tessuto criminale del momento”.

Insomma, per il Riesame il sindaco di Scafati non pone una questione di fiducia sui suoi interlocutori malavitosi, a lui interessa piuttosto il loro spessore criminale, per il proprio tornaconto elettorale. Ed è in questa ottica che entrano in gioco le precedenti elezioni e gli altri clan. Nel 2008 sono i Sorrentino, detti “campagnuoli”, ad appoggiare Aliberti. Alle provinciali del 2009 un cartellone di propaganda elettorale viene rinvenuto in un deposito della famiglia di Franchino Matrone, detto “a belva”. Nel 2013 il “battesimo” con i Loreto-Ridosso, nel 2015 un nuovo accordo con quest’ultimi per la rielezione della moglie Monica Paolino alla Regione Campania.

IL DESTINO E’ SEGNATO

Per la decisione finale sulla necessità dell’arresto da parte della Cassazione potrebbero volerci anche tre mesi, ma istituzionalmente la figura di Pasquale Aliberti è oramai

(35)

compromessa. Il Prefetto Salvatore Malfi potrebbe infatti, già nelle prossime ore, emanare di sospensione dalla carica di sindaco, così come previsto dalla legge Severino. Anche in questo caso però Aliberti potrebbe fare ricorso. In tal caso pieni poteri al vice sindaco Giancarlo Fele, ma tutto sommato, per quale scopo? La debacle di Pasquale Aliberti non è certamente segnata dal suo percorso giudiziario, ma è c o m i n c i a t a e s a t t a m e n t e u n a n n o f a , q u a n d o , f o r s e sottovalutando la portata dell’inchiesta nei suoi confronti (e oggi arrivata a 16 indagati) pensò malamente di attuare la strategia della sua decadenza (ai limiti della legge) per un terzo mandato consecutivo. Forse la prima vera scelta sbagliata di tante altre sempre vincenti. Da allora il Consiglio comunale è diventato teatro di feroci scontri, mentre all’esterno si è avuta, e si ha ancora, una vera battaglia tra “guelfi” e “ghibellini”. Un clima al vetriolo, condito da episodi inquietanti come le minacce, le lettere e manifesti anonimi, i proiettili, gli avvertimenti. E una città oggi completamente allo sbando, in mano a frange di micro delinquenza e a bande di vandali. Il via libera agli arresti potrebbe anche accelerare la decisione di scioglimento del consiglio comunale, oramai inevitabile. O ancora, Pasquale Aliberti potrebbe seguire la strada forse politicamente opportuna: le dimissioni. Del resto, seppur tra le righe e con garbo, è ciò che gli è stato suggerito pure dal suo stesso partito: “Sono certo in questa fase, in attesa degli esiti processuali, Pasquale Aliberti voglia trarre le conseguenze più sagge che gli possano consentire di affrontare il processo con più serenità. Sceglierà nell’interesse della sua comunità politica e dei cittadini”. Parole del coordinatore Forza Italia, senatore Enzo Fasano.

IL RUOLO DI BARCHIESI

(36)

Certamente è venuto meno agli accordi p r e s i c o n i l c l a n c h e l o h a f a t t o eleggere, ma secondo il pm Vincenzo M o n t e m u r r o , R o b e r t o B a r c h i e s i è certamente parte attiva del patto elettorale politico mafioso con Aliberti.

E’ la sua elezione che lo certifica. A fare il suo nome nel clan è Alfonso Loreto, all’epoca imparentato con lui, avendo sposato la nipote, dalla quale ha divorziato da tempo. Secondo Romolo Ridosso, fu Roberto Barchiesi a portare, per conto dell’amministrazione comunale, 4-5 mila euro per cominciare la propaganda elettorale. A trattare con il sindaco fu Andrea Ridosso, che dopo averlo incontrato riferisce ad Alfonso Loreto, all’epoca ai domiciliari: “porti un candidato che non è forte sul territorio, che ha zero voti. Voi mi fate vedere la vostra forza sul territorio. Se salite vi do un appalto però non lo posso dare a Ridosso o Loreto, ma ad una persona pulita”. Dopo essersi consultati tra loro, Loreto e i cugini Ridosso convocano Barchiesi, dando lui la notizia. Non faceva parte del clan l’attuale consigliere di maggioranza, ma fu “contentissimo” della scelta. Da qui fu poi informato Raffaele Lupo, perché “lui doveva fare la lista”. Sono quindi due i nomi riconducibili al clan in “Grande Scafati”, Roberto Barchiesi sostenuto dai Ridosso-Loreto e Umberto Di Lallo, sostenuto dal Lupo. Dirà Loreto: “chiunque sale dei due perché sono i più forti della lista…iamm a pretendere dal sindaco quello che ci ha promesso a priori”. Finiranno poi primo e secondo più votati, Di Lallo è oggi deceduto. La prova del voto di scambio nel cellulare di Andrea Ridosso, dove vengono scoperte le foto di cinque schede elettorali votate per Barchiesi della lista Grande Scafati, collegata al sindaco uscente. Secondo l’accusa i voti raccolti da quest’ultimo non sono esigui, come sostenuto dalla difesa, perché sono bastati per essere vincenti nella sua lista, risultando il più votato.

Non solo, bisogna considerare che Barchiesi, perfetto

(37)

sconosciuto ed estraneo alla politica scafatese, ha raccolto quei 265 voti in una lista dove erano candidati anche attivisti politici. E’ la prova del sostegno del clan.

Barchiesi però, dopo la sua elezione, non riuscirà mai ad essere influente sul sindaco, da qui le percosse, la richiesta di dimissioni e il successivo reintegro, che spinsero il clan a individuare in Ciro Petrucci il loro referente nella partecipata Acse, convincendo proprio il “loro” consigliere comunale a ritirare il nome di Alfredo Berritto in favore del Petrucci, quale vicepresidente della società.

Riferimenti

Documenti correlati

Luca Gramazio (Vice Presidente) Il Popolo della Libertà On. Gianluca Quadrana (Vice Presidente) Lista Civica

Ai fini dell’applicazione delle agevolazioni di cui al comma 1, l’inagibilità deve consistere in un degrado fisico sopravvenuto che comporta il mancato rispetto

La nostra sezione nasce, per volontà di Carabinieri in congedo e non del nostro territorio, il primo marzo 1989 e compie quest’anno 30 anni di vita; il Gruppo di Volontariato

Inserire il livello, se conosciuto Livelli: A1/2 Livello base - B1/2 Livello intermedio - C1/2 Livello avanzato Quadro Comune Europeo di Riferimento delle Lingue.

Questa è la tabella riportante le funzioni dei 10 canali DMX di cui dispone il vostro nuovo apparecchio... Il prodotto è coperto da garanzia in base alle vigenti normative..

Nei guai anche due dipendenti di Palazzo Mayer: Vincenzo Alfano (tre mesi) e Gerardo Aquino (due mesi); un dipendente dell’istituzione Scafati Solidale, Franco Avino (tre mesi);

8 luglio 2003 - “Fissazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità per la protezione della popolazione dalle esposizioni a campi

Tutti i requisiti devono essere posseduti alla data di scadenza fissata dal presente avviso per la presentazione della domanda di ammissione6. Domanda di ammissione