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un documento che fa pensare

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Ho letto con interesse e piacere il testo del Documento della «Commissione per i problemi etici posti dalla scienza» della ta- vola valdese, cercando di prendere le distanze dalla mia colloca- zione biografica e professionale, come teologo cattolico che opera in una facoltà di tradizione riformata e come cittadino di uno sta- to, la svizzera, che non fa parte dell’Unione europea, ma è molto attivo nell’ambito del Consiglio d’europa, e ha pure ratificato la sua Convenzione di bioetica.

Il testo arriva ai lettori e alle lettrici d’Italia in un momento in cui la discussione attorno alla ricerca con le cellule staminali attra- versa una curva particolarmente difficile, ma non per questo neces- sariamente «pericolosa». È arrivato, almeno a mio avviso, il mo- mento per riflettere con calma, senza voler necessariamente bru- ciare le tappe con leggi troppo frettolose.

Il mio paese si è dotato di una legge specifica1 in materia, legge

entrata in vigore già nel 2005, dopo essere stata redatta negli anni 2002-2003. Questa legge prevede inoltre che essa debba essere rie- saminata al più tardi cinque anni dopo la sua entrata in vigore.

A dire il vero, nulla di concreto è capitato fino al momento pre- sente, ma spero che una rivisitazione e rilettura della legge provochi un ripensamento anche in termini di riflessione etica fondamenta- le. L’Italia, invece, almeno per il momento, non ha ancora legife- rato in maniera specifica.

1 Cfr. il testo su: http://www.admin.ch/ch/i/rs/c810_31.html (consultato il 24 ot-

Ben venga dunque il documento della Commissione della ta- vola valdese, come strumento di riflessione e di stimolo in vista di un consenso anche pubblico e cogente in questa materia.

La prima parte del documento descrive gli ultimi sviluppi del- la medicina generativa e rigenerativa in maniera del tutto corret- ta. Questi ultimi sviluppi rappresentano una vera sfida sia sul pia- no fattuale (come organizzare una tale medicina senza confondere troppo frettolosamente le finalità riproduttive con quelle di preven- zione genetica) sia su quello legato genuinamente all’argomenta- zione etica. È comunque opportuno menzionare il fatto che l’argo- mentazione che giustifica una protezione assoluta o quantomeno di principio dell’embrione a partire dal principio di potenzialità en- tri in una crisi profonda. Quest’ultima è provocata dal fatto che la biologia molecolare contemporanea ci comunica che la riprogram-

mabilità delle cellule sia diventata una possibilità tecnica non re- mota bensì molto realista e vicina. Già si è riusciti nell’ambito di sperimentazioni animali a trasformare cellule somatiche in cellule di sperma e tali fatti mettono in forse non tanto le teorie che fanno dell’embrione una realtà da proteggere in nome di principi lega- ti alla «sacralità della vita», bensì al principio del tutto secolare di potenzialità. Ci sono legislazioni, come quella tedesca, che argo- mentano solo con questo registro e quindi si vedrebbero di colpo «spiazzate» dal fatto che la potenzialità e dunque la programmabi- lità sia una qualità inerente a ogni cellula vivente. È chiaro che sa- rebbe davvero grottesco proteggere ogni forma di vita poiché po- tenzialmente atta a ridiventare ovulo o sperma e quindi a poter da- re inizio a un’esistenza embrionale.

Concordo con i redattori del nostro testo su quanto detto in me- rito all’impossibilità di formulare una scelta definitiva tra ricerca su cellule prese da embrioni e prese da altre fonti interne al cor- po umano, ma sottolineerei anche una dimensione del problema in genere ignorata sia dal partito «liberal» sia da quello «conser- vatore» che riguarda il fatto che la ricerca con le cellule staminali (poco importa se provenienti da embrioni o da altre fonti) sia con- frontata a difficoltà specifiche rispetto alla ricerca preclinica e cli- nica classiche. I protocolli di ricerca fatta su esseri umani già na- ti al fine di provare l’efficacia terapeutica nel caso di malattie de- generative del sistema nervoso soprattutto a livello cerebrale sono

estremamente complessi e lunghi nel tempo. essi sono sottoposti inoltre a rischi in parte sconosciuti. A mio avviso, lo sforzo di ri- flessione da parte degli specialisti di etica dovrebbe concentrarsi su questo aspetto della problematica. Ho l’impressione invece che questo interrogativo sia in gran parte assente nella letteratura bioe- tica, sia italiana sia estera.

si parla anche degli aspetti economici legati a questa forma di ricerca biomedica, e ciò non può che essere lodato. su questo te- ma è utile ricordare come altri paesi abbiano regolamentato in ma- niera diversa l’importazione di linee cellulari derivate da embrioni umani. Alcuni, come la svizzera, hanno previsto norme che proteg- gono gli embrioni «esteri» come quelli nostrani e permettono così l’importazione solo da nazioni che non producono embrioni uma- ni al solo scopo di ricerca, mentre altri paesi hanno previsto «due pesi e due misure» (la doppia morale di cui si parla nel documen- to), proibendo ogni uso di embrioni sul proprio territorio, ma non mettendo alcun limite all’importazione. È il caso della Germania, molto severa ad intra ma molto liberale ad extra.

Le considerazioni che il documento fa sull’equità nella ricer- ca sulle staminali sono ottime. Quelle sui brevetti sono maggior- mente “attendiste” e capisco che non si voglia schierarsi in ma- niera troppo netta, ma sarebbero però da considerare anche gli ar- gomenti portati avanti da chi difende l’istituzione del brevetto in linea di principio. Alcuni argomenti a favore del brevetto, infatti, possiedono una valenza etica che consiste nel permettere alla ricer- ca di rinnovarsi, di essere protetta da concorrenze sleali ecc. Que- sti argomenti riescono comunque solo a legittimare un brevetto “a corta durata”. Qualora si difendesse l’istituzione del brevetto co- me una realtà di lunga durata, quest’ultimo si trasfomerebbe in una forma di monopolio. È dunque importante che qualsiasi brevetto sia limitato nel tempo, poiché il pericolo di monopolio in questo ambito sta sempre dietro l’angolo. Le considerazioni attorno alla cosiddetta clonazione riproduttiva sono del tutto pertinenti e non posso che approvarle, aggiungendo due ulteriori osservazioni: da una parte, la comunità scientifica internazionale non mostra alcun interesse per la clonazione riproduttiva, poiché «scientificamente

non interessante»; non si vede chi potrebbe trarne un vero vantag- gio in termini di salute. più complesso e intricato è invece il dibat-

tito giuridico-politico a livello mondiale attorno a una formulazio- ne adeguata di un divieto di clonazione. All’onu non si è riusciti a trovare un accordo mediante un testo comune. Infatti gli Usa e il Vaticano volevano una condanna “multipack” in cui si rifiutasse ogni forma di clonazione, sia riproduttiva, sia terapeutica. I paesi che proponevano una condanna della sola clonazione riproduttiva lasciando aperta la porta a legislazioni sulla clonazione detta te- rapeutica non sono riusciti a creare maggioranza. La situazione si presenta quindi come bloccata da vari anni e per il momento non si esce dall’impasse.

trovo giusto il fatto che il documento ammetta che la questio- ne dello statuto ontologico dell’embrione sia controversa anche in campo protestante. A riprova di ciò ricordo che anche gli eticisti protestanti tedeschi sono divisi su questa questione. La rivista “zei- tschrift für evangelische ethik” ha documentato gran parte di que- sta discussione. per quanto riguarda poi la citazione di Kant pre- sente nel testo, faccio notare che non è indifferente che il filoso- fo di Königsberg parli di «mero mezzo» e non di «mezzo» (bloss

Mittel). Questa precisazione vuol mettere in evidenza il fatto che anche Kant sapeva che noi «in parte» ci riduciamo parzialmente e reciprocamente a mezzi per i nostri fini. Il pilota di aereo quando guida il velivolo diventa per me «mezzo» se sono passeggero, ma non «mero» mezzo. Infatti, i piloti non possono essere ridotti in schiavitù o trattati brutalmente, poiché in questo caso essi divente- rebbero «meri mezzi» nei confronti di noi passeggeri. Le pratiche più recenti compiute su embrioni umani, a mio avviso, non rappre- sentano sempre e in maniera completa una «strumentalizzazione totale» di quest’ultimi, bensì una strumentalizzazione parziale, a fronte di una loro distruzione sicura anche se mascherata attraverso espressioni non trasparenti, come quella della legge svizzera sul- la procreazione medicalmente assistita, che dice che gli embrioni sovrannumerari «saranno lasciati al loro destino» per descrivere il fatto che essi saranno distrutti.

mi auguro che il documento contribuisca a sensibilizzare mol- ti, credenti o meno, ai problemi della ricerca biologica contempo- ranea che mostri un’immagine di comunità ecclesiale che assume simili problemi nella prospettiva che le è propria, e che faccia pro- gredire la ricerca di leggi eque in questo ambito.

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il ruolo delle chiese nell’attuale dibattito