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SEZIONE II- LA COLPEVOLEZZA PSICOLOGICA: LA MENS REA NELLE SENTENZE

2. L’elemento soggettivo: le forme di volontà colpevole

2.1. Il dolo: contenuti e tipologie

Basta un breve excursus storico per comprendere il ruolo altalenante del dolo e della pregnanza

di tale forma di volontà colpevole, nella configurazione dei crimini di diritto internazionale: da

Norimberga ad oggi, non di rado è stata attribuita rilevanza a forme di volontarietà

decisamente più blande rispetto al dolo, e straordinariamente contigue alla colpa

789

.

È difficile trattare l’elemento soggettivo del crimine internazionale in modo organico

790

e su

tale problema di fondo, si innesta la declinazione del dolo in tante forme a seconda dei reati

791

.

Ad ogni modo, nei crimini internazionali, il coefficiente soggettivo quasi sempre richiesto

corrisponde al dolo, restando, la colpa, un’ipotesi assolutamente marginale.

I due requisiti psichici che devono supportare la realizzazione del fatto criminoso in tutti i suoi

material elements sono l’intenzione (intent) e la consapevolezza (knowledge)

792

.

Tali requisiti integrano il cuore della mens rea, ma sarebbe riduttivo volerli ricondurre al sistema

bipolare elemento rappresentativo-elemento volitivo che si riscontra nel dolo delle fattispecie

di diritto interno.

789 A.VALLINI,La mens rea, op. cit., pp. 140-141. Così l’Autore: «Se fin dai giudizi di Norimberga si è sostenuto che la responsabilità penale internazionale deve fondarsi su di una adesione soggettiva al fatto criminoso, è pur vero che tale requisito psicologico è stato inteso nelle più svariate maniere, dipingendo un quadro variegato di soluzioni che riflette l’eterogeneità delle indicazioni offerte dai singoli sistemi penali statali. Così, talune decisioni ritengono sufficienti coefficienti soggettivi inferiori al dolo, mentre altre individuano la forma minima di colpevolezza nell’avere ignorato ciò che, ragionevolmente, non si poteva ignorare. Parte della dottrina, invece, pretende un comportamento deliberatamente imprudente. Altrove, in termini ancora più rigorosi, si è richiesta la prova della consapevolezza della probabilità del verificarsi di un certo evento, mentre taluno preferisce evocare la categoria del dolo eventuale, altrove ritenuta equivalente all’angloamericana advertent recklessness. Vengono poi richiamati i parametri, tipici degli ordinamenti angloamericani, ma difficilmente traducibili in categorie del diritto penale continentale della recklessness o wilful blindness. Non manca, infine, chi ritiene rilevante soltanto il perseguimento intenzionale dell’obiettivo criminoso, negando importanza, dunque, a forme più “blande” di volontarietà». Il corsivo è dell’Autore.

790 In tal senso A. VALLINI, L’elemento soggettivo, op. cit., p. 42 nota 4: Fin dai primordi della giustizia penale internazionale, si è affermata l’opinione che la responsabilità penale internazionale debba fondarsi, in linea di principio, su di un nesso psichico di carattere «intenzionale». Peraltro, tale nesso viene espresso, nelle esperienze nazionali, con una terminologia variabile che converge in una babele semantica, e questo stato di cose si riflette nella giurisprudenza dei Tribunali ad hoc, che ha alternativamente affermato che requisito mentale del crimine internazionale può anche essere «una negligenza così grave da equivalere ad una acquiescenza o addirittura ad un dolo» (negligence so serious that it is tantamount malicious intent: ICTR, Akayesu, Trial Chamber, Judgement, § 489). Altrove si ritiene sufficiente un comportamento deliberatamente imprudente ritenendo sufficiente la dimostrazione del fatto che «l’agente non avrebbe potuto ragionevolmente ignorare» un certo dato significativo della fattispecie (ICTY, Kunarac, Kovac and Vukovíć (“Foča” Case), Trial Chamber II, Judgement, § 435). Si è ritenuto anche sufficiente provare come il soggetto attivo avesse compreso «la probabilità» del verificarsi di un certo evento (ICTY, Blaškić, Trial Chamber I, Judgement, § 153). In altri casi è stato evocato il dolus eventualis (advertent recklessness: ICTY, Tadić, Appeals Chamber, Judgement, § 220).

791 Per questa ricognizione, si rinvia a A.VETRI, La responsabilità penale al vaglio della Corte penale internazionale, op. cit., p. 256 nota 8: in alcune decisioni, ed in riferimento ad alcuni reati, è stato richiesto che il soggetto abbia agito con dolo intenzionale (ICTY, Blaškić, Trial Chamber I, Judgement, § 153). In altri casi è ritenuta sufficiente la sussistenza del dolo diretto (ICTY, Prosecutor v. Mucić and others (Čelebići case), Trial Chamber, Judgement, § 326) o del dolo eventuale (ICTY, Krstić (“Srebrenica-Drina Corps”), Trial Chamber I, Judgement, § 616 ss.). In altri casi ancora si è fatto riferimento a parametri soggettivi familiari ai giuristi angloamericani, ad esempio la recklessness (ICTY, Blaškić, Trial Chamber I, Judgement, § 151 ss.), o la negligenza (vedi ante nota 791).

792 Sulla sostanziale identità dei due coefficienti soggettivi I.MERENDA, L’elemento soggettivo nello Statuto della Corte penale internazionale, op. cit., p. 77.

140

Se la knowledge integra certamente la componente cognitivo-rappresentativa della mens rea

793

,

non altrettanto netta è la configurazione dell’intent. Infatti, solo il direct intent ha natura

spiccatamente volitiva.

In generale, bisogna considerare che la mens rea assume una fisionomia diversa a seconda che si

consideri il piano normativo o quello giurisprudenziale: sul primo versante, al silenzio dei

Tribunali militari internazionali e dei Tribunali ad hoc

794

, si oppone solo lo Statuto della Corte

penale internazionale, mentre il versante giurisprudenziale è più variegato.

È possibile, dunque, considerare la mens rea così come delineata dall’unico riferimento

normativo, ossia dall’art. 30 StICC, che si atteggia a clausola generale, che può subire delle

eccezioni, sia da parte di enunciati di parte generale, ossia concernenti categorie generali del

crimine (tali sono l’art. 25, 3 (d) StICC e l’art. 28 StICC), sia da parte di enunciati di parte

speciale, ossia contemplati dalle singole fattispecie incriminatrici: è il caso dello specific intent

richiesto per il genocidio o delle numerose fattispecie che richiedono il solo intent o (il caso dei

crimini contro l’umanità) la sola knowledge.

Ogni elemento dell’actus reus ha un proprio coefficiente soggettivo

795

. La condotta (conduct),

ossia il comportamento attivo od omissivo rilevante per l’integrazione del crimine deve essere

sorretta almeno da un dolo di proposito; la conseguenza (consequence), ossia l’evento

naturalistico prodotto dalla condotta deve essere sorretto almeno da un dolo diretto, dunque il

soggetto attivo deve rappresentarsela come conseguenza certa o altamente probabile della

propria condotta; infine la circostanza (circumstance) che può essere definita per esclusione

rispetto agli altri due elementi della condotta e della conseguenza, e che comprende anche i

dati fattuali che connotano il contesto, deve essere anch’essa sorretta almeno dal dolo diretto.

Dunque, in linea di massima lo StICC pretende un dolo quantomeno diretto, consistente nel

rappresentarsi e volere l’evento come conseguenza certa o altamente probabile della condotta,

anche quando, tuttavia, il fine dell’azione sia altro. Al contrario i Tribunali ad hoc, la cui

793 Ed è suscettibile anch’essa di distinzioni, quale quella tra actual knowledge (conoscenza diretta) and constructive knowledge (conoscenza implicita). Sulla constructive knowledge interviene anche K.AMBOS,Temasde Derecho Penal, op. cit., pp.209e 309,che si riferisce al caso Blaškić: «La definición clara, y tambien práctica, de conocimiento dada en el caso Blaškić no está en contradicción con otra resoluciones, sino que es un útil. esclarecimiento del oscuro concepto “conocimiento constructivo”». E ancora: «El criterio del conocimiento constructivo, según la jurisprudencia, forma parte de la definición del conocimiento». L’Autore aggiunge: «…al parecer también cree que los jueces utilizaron la locución “conocimiento constructivo” como un sinónimo de “ceguera voluntaria”». Citando CHESTMAN, An Altogether Different Order: Defining the Elements of Crimes against Humanity, Duke J. Comp. Int’ L., n. 10, 2000, pp. 307 e 316. In merito si veda ancheL.CAVICCHIOLI, Sull’elemento soggettivo nei crimini contro la pace e la sicurezza dell’umanità, op. cit., p. 1081. L’Autrice introduce la distinzione a proposito del superiore che non sia prontamente intervenuto, nonostante avesse una cognizione attuale e diretta del compimento dei crimini (actual knowledge), o comunque sia in possesso di informazioni da cui avrebbe dovuto trarre un convincimento in proposito.

794 R. BORSARI, Diritto punitivo sovranazionale come sistema, op. cit., p. 331. L’Autore sottolinea che gli statuti dei Tribunali ad hoc contemplano il solo principio, di cui l’elemento psicologico è continuum, della responsabilità penale individuale in ambito ultrastatuale.

141

giurisprudenza accoglie anche forme più blande di volontà colpevole, tra cui dolo eventuale,

colpa cosciente e recklessness, che si colloca tra la colpa cosciente ed il dolo eventuale presunto.

Le deliberazioni criminose attuate sull’onda di un impeto emotivo sono escluse dal tenore

testuale della norma: mentre la versione francese dell’art. 30 StICC utilizza un generico entend,

sia la versione inglese (means to) che quella spagnola (se propone) si riferiscono ad un’opzione

meditata

796

.

Deve trattarsi, quindi, di un dolo di proposito, compatibile con scelte criminose maturate in un

lasso di tempo apprezzabile, anche se relativamente breve

797

.

La componente rappresentativa, non deve avere, inoltre, un contenuto particolarmente ricco,

anzi, si assiste addirittura ad un’erosione dei contenuti rappresentativi, fin quasi ai limiti del

dolo eventuale

798

, il che ha la funzione di scardinare l’ermetica struttura delle catene di

comando, in modo da ricondurre ad unità una responsabilità che in essa risulta atomizzata,

polverizzata, diluita

799

, e di riuscire ad isolare i singoli comportamenti inseriti nella macchinosa

realizzazione di crimini sistemici o diffusi su larga scala al fine di facilitarne la personale

punibilità

800

.

Solo per alcune fattispecie, ed è il caso del genocidio, è richiesto lo specific intent, normalmente

espresso ricorrendo al vocabolo intent, carico di un’ambiguità semantica che si può diluire in

due direzioni: ritenere che esprima una “finalizzazione” cosciente e diretta verso il

perseguimento di un risultato, oppure ritenerla espressione riassuntiva di varie forme di

imputazione lato sensu dolose

801

. Dalla giurisprudenza dei Tribunali ad hoc, emerge un concetto

di intent particolarmente pregnante, restando, invece, assolutamente marginali le interpretazioni

a favore di una mera consapevolezza o accettazione del rischio di una finalità genocidiaria,

ritenuta sufficiente, invece, per l’identificazione di un contributo concorsuale

802

.

796 A.VALLINI, La mens rea, op. cit., p. 147.

797 A.VALLINI, L’elemento soggettivo, op. cit., p. 78; ID., La mens rea, op. cit., pp. 147 e 148. 798 A.SERENI, Responsabilità personale e contesto del reato, op. cit., p. 813.

799 In tal senso L.CAVICCHIOLI, Sull’elemento soggettivo nei crimini contro la pace e la sicurezza dell’umanità, op. cit., p. 1065.

800 A.SERENI, Responsabilità personale e contesto del reato, op. cit., pp. 807-808. 801 ICTY, Krstić, Trial Chamber I, Judgement, § 571.

802 ICTY, Krstić, Appeals Chamber, § 134: Comme il a été établi, les moyens de preuve produits permettent seulement d’établir que Radislav Krstić avait connaissance de l’intention génocidaire qui animait certains membres de l’état-major principal de la VRS, et qu’il n’a néanmoins rien fait pour empêcher l’utilisation des membres et des moyens du Corps de la Drina pour faciliter ces massacres. La connaissance qu’il avait de cette intention génocidaire ne permet pas à elle seule de conclure qu’il en était animé. Le génocide est l’un des crimes les plus odieux qui soient, et sa gravité a pour corollaire l’exigence stricte d’une intention spécifique. Un accusé ne peut être déclaré coupable de génocide que si cette intention est clairement établie. La Chambre de première instance n’a, à l’évidence, pas suffisamment démontré que Radislav Krstić était animé d’une intention génocidaire. Il n’est donc pas coupable de génocide en tant qu’auteur principal. Meglio § 137: Bien que les éléments de preuve présentés laissent penser que Radislav Krstić n’était pas partisan de ce plan, il a, en sa qualité de commandant du Corps de la Drina, permis à l’état-major principal de faire usage des moyens du Corps. Il est donc plus juste de mettre en cause Radislav Krstić en tant que complice (aider and abettor) et non en tant qu’auteur de génocide. Cette accusation figure à juste titre dans l’Acte d’accusation où il est allégué que Radislav Krstić a aidé et encouragé à planifier, préparer ou commettre un génocide contre les Musulmans de Srebrenica. E ancora § 141: En droit français par exemple, le complice doit seulement savoir que, par sa contribution, il aide l’auteur principal; cette condition générale vaut pour la prohibition du génocide. De même, en droit allemand, pour les infractions exigeant la preuve d’une intention spécifique (dolus

142

A parte la necessità di sottolineare la confusione terminologica

803

imperante a proposito delle

nozioni, di diversa matrice e di diversa pregnanza semantica, di dolus specialis, special intent e

specific intent, questa forma di dolo non implica necessariamente una premeditazione, potendo,

l’intenzione, sorgere anche a ridosso della commissione del crimine se non addirittura nella

fase di implementazione dello stesso

804

.

La funzione selettiva del dolo specifico si esplica peraltro nel degradare la condotta che ne sia

priva, da crimine di genocidio, a crimine contro l’umanità, o alla corrispondente fattispecie

comune

805

.

Mentre per il genus dei crimini contro l’umanità l’esplicito riferimento alla prospettiva seriale e

massiva della condotta

806

ritaglia un’area di rilevanza penale per le sole condotte effettivamente

funzionali

807

agli scopi perseguiti su scala generale, per il genocidio mancano riferimenti

normativi. Anzi, non mancherebbero, in teoria, elementi per attribuire rilevanza penale anche

ad indefinite aspirazioni, atteggiamenti deliranti, atti del tutto isolati e strutturalmente inidonei

rispetto allo scopo

808

.

Ma si tratta di una prospettiva solo teorica. Infatti, pur sembrando che il genocidio sia

caratterizzato dal solo dolo specifico, esso richiede un contesto di base analogo a quello degli

specialis), il n’est pas nécessaire que le complice ait le même degré d’intention que l’auteur principal; il suffit qu’il ait connaissance de l’intention de ce dernier. L’approche est la même dans le droit pénal suisse puisqu’une personne peut être déclarée coupable d’avoir facilité un crime du seul fait qu’elle avait connaissance de l’intention spécifique qui animait son auteur. Parmi les systèmes de common law, le droit pénal anglais retient une approche semblable, précisant que le complice doit seulement avoir connaissance de l’intention de l’auteur principal. Ce principe general s’applique à la prohibition du génocide. On retrouve ce même principe au Canada et en Australie, ainsi que dans certains États des États-Unis d’Amérique. Voir Arrêt Krnojelac, par. 52 («le complice de persécutions, infraction comportant un dol spécial, doit […] être conscient de l’intention discriminatoire des auteurs de ce crime» mais «il ne doit pas nécessairement partager cette intention»); Arrêt Vasiljević, par. 142 («Pour pouvoir déclarer l’Appelant coupable de complicité de persécutions, la Chambre d’appel doit établir qu’il savait que les auteurs principaux de l’entreprise criminelle commune avaient l’intention de commettre les crimes sous-jacents et entendaient par leurs actes exercer une discrimination»); voir aussi Arrêt Tadić, par. 229 («S’agissant de la complicité (aiding and abetting), l’élément moral requis est le fait de savoir que les actes commis par la personne qui aide et encourage favorisent la perpétration d’un crime spécifique par l’auteur principal»). Si veda anche ICTR, Akayesu, Trial Chamber, Judgement, § 489, 521.

803S.RAGAZZI, “Pulizia etnica” in Bosnia e crimine di genocidio, op. cit., p. 1303: dolus specialis è concetto proprio di alcuni ordinamenti di tradizione romanistica e germanica, ma sconosciuto ai sistemi di common law, laddove lo specific intent è tipico di alcuni Paesi di common law, ma non corrisponderebbe alla nozione di “dolo specifico” dei sistemi di matrice romano-germanica (tale figura ricorrerebbe in modo pressoché esclusivo con riguardo alla scusante di “intossicazione volontaria” che comporta la derubricazione da omicidio volontario, caratterizzato da specific intent, a omicidio preterintenzionale o colposo, caratterizzato da general intent).

804 ICTY, Krstić, Trial Chamber I, Judgement, § 572.

805 R.BORSARI, Diritto punitivo sovranazionale come sistema, op. cit., p. 334.

806 ICTY, Krstić, Appeals Chamber, § 220: Le génocide exige la preuve de l’intention de détruire, en tout ou en partie, un groupe national, ethnique, racial ou religieux, à la différence de l’extermination en tant que crime contre l’humanité. Celle-ci exige de rapporter la preuve que le crime a été commis dans le cadre d’une attaque généralisée ou systématique dirigée contre une population civile, preuve qui n’est pas exigée pour établir le génocide. (ICTR, Musema, Trial Chamber I, Judgement and Sentence, § 366: Pendant le procès en appel, la Défense a reconnu que si l’on suivait le raisonnement adopté dans l’affaire Musema, il était possible de déclarer un accusé coupable à la fois d’extermination et de génocide).

807 Sulla «funzionalità», tuttavia, mantiene una posizione critica A.SERENI, Responsabilità personale e contesto del reato, op. cit., p. 828: «Vaghi appaiono i criteri che pur con accenti diversi fanno leva sulla funzionalità del contributo. La causalità resta irrinunciabile cardine della responsabilità, perché ogni atto, al di fuori della logica causale, potrebbe risultare funzionale al crimine solo in forza della convergenza all’obiettivo».

143

altri crimini. In caso contrario, si rischierebbe di qualificare come genocidiarie anche azioni

mosse da semplici desideri di distruzione.

Dunque, per non determinare la punibilità della sola intenzione, il dolo non si può astrarre dal

proprio adeguato contesto, ma deve inserirsi in una più vasta pianificazione ed in una sua pur

parziale attuazione

809

.

E non mancano le pronunce sulla rilevanza di questa pianificazione

810

, ancorché non sia

ritenuta un elemento costitutivo del crimine di genocidio, e, talora sia stata negata la rilevanza

della sua sola conoscenza, ritenendo che essa non equivalesse ad intenzione

811

.

Infatti, la giurisprudenza dei Tribunali ad hoc afferma in linea di principio che non è necessario

un piano

812

, ma ne riscontra sempre, positivamente o negativamente, l’esistenza, traendo, dalla

sua accertata esistenza, una prova decisiva del dolo

813

.

In particolare, l’idoneità degli atti sorretti da finalità genocidiaria, si atteggia ad idoneità di

contesto, dunque agganciata a condotte idonee

814

, ma anche intrinsecamente connotanti il

singolo comportamento, restando aperta nell’art. 7 degli Elements of Crimes, dal punto di vista

probatorio, l’individuazione, anche in via presuntiva e case by case, del dolus specialis, sulla base

809 In tal senso A.SERENI, Responsabilità personale e contesto del reato, op. cit., p. 821. L’Autore precisa che è necessaria un’oggettiva «collocazione in rete» del reato, dalla quale collocazione l’«ambiziosa» meta del dolo, ossia la distruzione in tutto o in parte di un gruppo, tragga reale consistenza e concreti punti di riferimento. Circa l’elemento contestuale del genocidio, ossia la necessità che l’intent abbracci anche la consapevolezza di un complessivo predeterminato piano, ancorché non sia necessario che se ne comprenda ogni singolo dettaglio: ICTR, Kayshema e Ruzindana, Trial Chamber II, Judgement, § 94, § 538-540. Si veda anche R.BORSARI, Diritto punitivo sovranazionale come sistema, op. cit., p. 336, nota 116. Tuttavia, nello stesso leading case Akayesu, pur richiamando la natura sistematica o di massa del crimine di genocidio non si menziona espressamente un piano perché in quel caso l’esistenza di una volontà specifica di distruggere il gruppo etnico dei Tutsi era di immediata evidenza.

810 ICTY, Krstić, Appeals Chamber, § 225: S’agissant de l’intention requise pour l’extermination et le génocide, la Chambre de première instance a également conclu que «l’un et l’autre exigent que les meurtres s’inscrivent dans le cadre d’un projet visant à tuer une fraction substantielle d’une population civile». Cependant, la Chambre d’appel a considéré que « l’existence d’un plan ou d’une politique n’est pas un élément juridique constitutif du crime de génocide ». Si l’existence d’un tel plan peut contribuer à établir l’intention génocidaire requise, elle ne constitue pour autant qu’un élément de preuve permettant de déduire cette intention et non un element juridique du génocide.

811 ICTY, Krstić, Appeals Chamber, § 129: La Chambre de première instance a déduit l’intention génocidaire de l’accusé de la connaissance qu’il avait des exécutions et de la part que des hommes et des moyens placés sous son commandement y avaient prise. Cependant, la connaissance que Radislav Krstić avait de ces faits ne permet pas à elle seule de conclure qu’il était animé d’une intention génocidaire. Nello stesso senso § 134: Comme il a été établi, les moyens de preuve produits permettent seulement d’établir que Radislav Krstić avait connaissance de l’intention génocidaire qui animait certains membres de l’état-major principal de la VRS, et qu’il n’a néanmoins rien fait pour empêcher l’utilisation des membres et des moyens du Corps de la Drina pour faciliter ces massacres. La connaissance qu’il avait de cette intention génocidaire ne permet pas à elle seule de conclure qu’il en était animé. 812 Il riscontro sarebbe non solo il tenore testuale della norma ma anche i Lavori Preparatori della Convenzione per la Prevenzione e la Repressione del Delitto di Genocidio, nei quali la proposta di includere un piano tra gli elementi costitutivi del crimine fu esplicitamente rigettata.

813 ICTY, Jelisić, Appeals Chamber, Judgement, § 48.

814 ICTY, Krstić, Appeals Chamber, § 32: Pour conclure qu’un génocide a été commis à Srebrenica, la question capitale qui se pose est celle de savoir s’il y a eu réellement intention de commettre un génocide. Si cette intention doit s’inférer de l’ensemble des faits, le génocide n’exige pas la preuve que son auteur ait choisi le mode d’action le plus efficace qui soit pour parvenir à son objectif qui était de

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