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domande nuove alla storia di genere? Chiara Bertone*

Vorrei fare una breve riflessione su alcune prospettive che si possono cogliere, e che sono emerse anche oggi, nei modi in cui giovani donne e uomini affrontano “storie di genere” (oggi abbia- mo sentito donne, ma per fortuna anche molti giovani storici vi si stanno confrontando).

Essere giovani e occuparsi di storie di genere significa rileg- gere da un’altra posizione, rispetto a chi l’ha vissuta, la storia del femminismo, ma anche far scaturire dalle esperienze di oggi domande nuove alla storia.

L’abbiamo sentito negli interventi di Stefania Voli e Giada Giustetto e lo possiamo vedere, ad esempio, nell’interessante confronto che le loro relazioni suscitano rispetto al significato di separatismo. Per la manifestazione di Roma a favore dell’aborto libero del 1975, la discussione in Lotta Continua, ricostruita da Stefania Voli, riguardava la distinzione tra donne e uomini: mar- ciare separate come donne o marciare unite insieme agli uomini? La scelta è stata quella di marciare separate, però era chiaro che cosa fosse un uomo e che cosa fosse una donna.

La relazione di Giada Giustetto sul transgenderismo ci ha inve- ce spostati su un terreno molto affascinante, per giovani studiose e studiosi, in cui sono messi in discussione i confini stessi dei generi. Penso ad esempio alle discussioni che oggi ci sono in organizzazioni lesbiche, sulla decisione di accettare o meno una persona transessuale nel loro gruppo. Possiamo accettare una persona transessuale? Possiamo accettare nel nostro gruppo di donne una persona con un corpo maschile ma con un’identità di genere femminile? Anche qui abbiamo una questione di separati- smo, ma è diventato incerto cosa significa essere un uomo e cosa

Chiara Bertone,

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vi sguardi, domande nuo

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alla storia di genere?

J. WEEKS, Sex, Politics and Society. The Regulation of Sexuality

Since 1800, London 1981.

P. WEIERMAIR, Il nudo maschile nella fotografia del XIX e XX seco- lo, Ravenna 1987.

NOTE

(*) [a piè di pagina] Maurizio Vaudagna è docente di Storia Contemporanea presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università del Piemonte Orientale “Amedeo Avogadro”:

Interv

Continua) e, in modo a volte conflittuale e senza essere sempre capite, con le precedenti generazioni di femministe. Nella tensio- ne a parlare di lavoro precario e di neoliberismo, a partire dalle proprie esperienze ma anche condividendole in reti femministe transnazionali (in un dialogo alla pari tra italiane, afgane, peru- viane ecc.) c’è il tentativo di costruire gli strumenti per ricono- scere, e contrastare, i nuovi vincoli globali.

Troviamo insomma due prospettive contrastanti, e si prospet- ta la difficile ricerca di una loro ricomposizione. Da una parte c’è una grande visione di spazi aperti per giocare liberamente con la propria identità, il proprio genere e il proprio corpo; dall’altra c’è uno scenario in cui per molti, nel mondo, i vincoli sociali ed eco- nomici associati all’essere donna, e anche all’essere uomo, resta- no forti, se non lo diventano sempre più, mentre si riducono le opportunità di scelta nella propria vita.

NOTE

(*) [a piè di pagina] Chiara Bertone è ricercatrice presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università degli Studi del Piemonte Orientale “Amedeo Avogadro” dove insegna Gender Studies e Sociologia della Famiglia.

Chiara Bertone,

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vi sguardi, domande nuo

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alla storia di genere?

significa essere una donna.

Quando insegno, colgo tra gli studenti dei corsi sul genere il fascino di questi temi e delle teorie queer, che aprono spazi per pensare al superamento, all’annullamento delle differenze di genere. E da questa prospettiva si pongono allora nuove doman- de alla storia: si vanno a cercare ad esempio nel passato feno- meni che si possano rileggere come inversioni di genere, casi di travestitismo o di transessualismo.

La questione transgender rappresenta dunque la possibilità di vivere superando i confini oppressivi delle identità, violando le regole del genere, di pensare che ci sono non solo molti modi di essere uomini, e di essere donne, ma anche di giocare con i corpi e con le identità al di là del maschile e del femminile. Sembra profilarsi insomma un orizzonte aperto a tutte le possibilità.

Questo però è solo un lato degli sguardi sul presente e sulla storia che si ritrovano nei lavori di giovani studiosi e studiose. L’altro, che riconosce i vincoli con cui questa apertura di possi- bilità si deve confrontare, ce lo presenta lo stesso fenomeno del transessualismo, che è una delle declinazioni della questione tra-

sngender. Diceva giustamente Giada Giustetto che le persone

transessuali sono caratterizzate da “differenze ben marcate” nel loro presentarsi come donne o come uomini. É proprio così, ma queste differenze sono ben marcate da altri. Come risposta alla sfida di chi non riconosce in sé la corrispondenza tra il sesso del proprio corpo e la propria identità di genere, c’è infatti un’ansia di disciplinare la non appartenenza chiara ad un genere, attra- verso il discorso medico, che definisce questa non corrisponden- za come patologia a cui rimediare attraverso un’operazione, e attraverso una legislazione molto chiara che ti dice: o sei uomo o sei donna, se vuoi cambiare devi cambiare tutto, dagli organi genitali alla tua identità e al tuo modo di vita.

Ritrovo questa attenzione ai vincoli anche sotto molti altri aspetti, come nelle riflessioni delle giovani femministe che pon- gono come centrale la questione del lavoro, del precariato, con- frontandosi con la storia del femminismo (abbiamo visto come il tema del lavoro emerga nello studio di Stefania Voli su Lotta

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anca Balsamo,

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er una ricerca multidisciplinare e transnazionale

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servatorio del CIRSDe, ma invece, a partire da queste stupende rela- zioni e da quello che ha rappresentato nella mia esperienza di fem- minista e di giovane (allora), questo passaggio, che io ho vissuto insieme ad altre donne a Torino, dal femminismo come movimen- to politico all’incontro e all’incrocio con gli studi, con l’università: questo filone del movimento politico delle donne che ha attraver- sato e cambiato l’università stessa, forse non tanto a livello istitu- zionale, però certamente molto nelle relazioni tra studiose e nella trasmissioni alle nuove generazioni di punti di vista diversi sulla storia e sulla vita di uomini e donne.

Io non ho preparato un intervento, ma pensavo di cogliere qualche spunto dalle relazioni che sono state presentate oggi in questo seminario. Trarrò spunto solo da alcune semplicemente per ragioni di tempo, perché le relazioni sono state tutte molto dense e ricche.

La tesi di Liliana Ellena è molto complessa e avrei bisogno di tempo per rifletterci e per discuterne meglio. Le mie osservazioni saranno perciò più che altro delle domande, che mi sono suggeri- te da spunti di miei studi e ricerche, ma anche dall’intreccio con altre dimensioni e con l’assunzione anche di punti di vista diversi da quelli della ricerca, come quelli che mi derivano dalla mia espe- rienza all’interno di una associazione interculturale di donne migranti e native come l’AlmaTerra di Torino.

Primo, per quanto riguarda il tema degli orizzonti geografici in cui collochiamo la storia delle donne, locale, nazionale, transna- zionale: chiaramente nella storia dei femminismi ci sono stati degli intrecci internazionali che sono stati sondati, mi pare, a livello della circolazione delle letture, dei libri, come ha raccontato Graziella Gaballo, letture comuni che noi abbiamo avuto e che venivano dagli Stati Uniti piuttosto che dalla Francia. Questo era sicuramen- te un terreno transnazionale, attraverso il quale noi ci confrontava- mo con altri movimenti, in cui assumevamo punti di vista nuovi e importanti per le trasformazioni del femminismo italiano. Su que- sti incontri, su queste contaminazioni, dovremmo ancora lavorare molto. Ancora di più va esplorato e studiato quanto il femminismo locale, alessandrino per esempio, sia stato influenzato da relazioni

Per una ricerca multidisciplinare