• Non ci sono risultati.

DON MICHELE CERVANTES*)

Nel documento Traduzioni varie (pagine 41-49)

Discendente da una fam iglia oriu n d a di G allizia , nacque Michele C ervantese S avaedra in A lcalà de H e- n ares; e fu battezzato, n ella p arro cch ia di S an ta M aria Maggiore, il d ì 9 o tto b re 1547. Suoi g enitori furono Rodrigo di C ervantes, governatore di Ossuna, e D .a E - leonora di C ortina, illu stre signora, nativa, p er quanto sembra, del borgo di B arajas. D a questo m atrim onio nacquero, o ltre M ichele, che fu l ’ultim o, due figli e una figlia: Andrea, R o d rig o e L uisa. P a re che il nostro abbia fatto i suoi p rim i studj nel paese nativo, dove erano tan to in fiore le le tte re a q u e ll’epoca. M a ciò non si può con certezza affermare; sappiam o, in vece (poiché egli stesso lo dichiara) che, fin da fanciullo, m anifestò un gran tr a ­ sporto per ogni specie di le ttu ra , onde era indotto a leggere perfino le c a rte lacere che trovava per le vie, e che aveva n a tu ra li a ttitu d in i alla poesia. Studiò due anni in Salam anca, isc ritto a quella celebre un iv er­ s ità ; e, allora, o forse prim a, studiò gram m atica ed um anità, con l ’eru d ito G iovanni de Hojos, il quale — in ­ caricato dal consiglio m u n icip ale d i M adrid di disporre la pompa, con cui dovevansi solennizzare le magnifiche esequie, che la c ittà celebrava, nel dì 24 ottobre del 1568, p e r la regina D onna Isab ella di Y alois 2),— prescrisse ai

x) dallo Spagnuolo d i N a va rrete

suoi m ig lio ri discepoli, che si esercitassero in com pori’e lavori su soggetti storici, allegorici, ed iscrizioni in la ­ tino e in castigliano, da collocarsi nella chiesa delle

Descalzas Reales.

N ella relazione che pubblicò, circa l ’in ferm ità, la m orte, e le esequie della regina, il de H ojos chiam a C ervantes suo caro ed am ato discepolo, e rico rd a v arie composizioni di lui, scritte in quella circostanza.

In co rag g iato pel plauso che conseguirono questi p rim i suoi saggi, il nostro compose alcune o p erette di poco conto, come : « L a Filena », specie di poema pastorale, e v a rii sonetti, rim e, e rom anzi, di cui fece menzione nel suo « V iaggio al P arn aso » ’), e che gli acquistarono la r i ­ nomanza di buon poeta, che g ià teneva p rim a della sua prigionia.

P oco dopo la m orte della reg in a — epoca in cui C e r­ vantes trovavasi in M ad rid — giunse in c o rte , quale nunzio di Sua S a n tità P io Y, il p relato G iulio A c­ quaviva d’A ragona, figlio del duca d ’A tri, in caricato di p resentare le condoglianze a F ilip p o II.

E r a codesto p relato g ran p ro te tto re ed am atore di le tte re ; e, poiché C ervantes assicurava di averlo servito da cam eriere in R om a, è da supporre che si conosces­ sero a M adrid, e che il nunzio, preso d a ll’eletto ingegno che scovrì nelle composizioni d e tta te p er le esequie della regina ed im pietosito dalla sua scarsa fortuna, si conducesse seco a R om a il celebre discepolo di G io­ vanni da Hojos, e l ’allogasse nel suo servidoram e, essendo abbastanza comune allora, nella nobile gioventù spa- gnuola, di com inciare la p ro p ria carrie ra, servendo fa ­ m iliarm en te p api e cardinali, come avevamo p ra tic ato D on Diego H u rta d o di Mendoza, D on Francesco P a- checo ed a ltri m olti.

Ma, nondimeno, un tale ufficio servile m al si a tta ­ gliava a’ nobili sentim enti di C ervantes; e, d ifa tti, l ’anno

appresso (1569), pensò di arru o larsi soldato nelle milizie spaguuole resid en ti in Ita lia , in un ’ occasione la più prospera che m ai, p er m ig lio rare la sua sorte nella car­ rie ra delle arm i, se la fo rtu n a avesse corrisposto al suo eroismo. S i trovò in v arie b a tta g lie ; e, tr a le altre, è de­ g n a che si c iti q u ella co m b attu ta contro i T urchi, nelle acque di L ep an to , n e ll’ anno 1571, dove Cervantes, no­ nostante si trovasse inferm o e con febbre, diede prova di un eroismo ta n to s tra o rd in a rio , che, da solo, sopra la sua galea, com andò a dodici soldati di uccidere cinquecento T u rch i, e tolse al com andante della nave am m iraglia d i A lessan d ria il reale stendardo d ’E gitto. T re archibugiate ricevè C ervantes n ella b a tta g lia : due al petto e una alla m ano sin istra, che lo rese storpio, e di cui fece onorevole m enzione nel restan te di sua vita, mostrando, in testim onianza del suo valore, ta li segna­ late ferite ricevute nella p iù avventurosa occasione, che m ai videro i secoli passati e presenti, nè spereranno di vedere i fu tu ri. F u ta n to nobile e onorevole il suo con­ tegno in quella m em orabile g io rn ata, che quando — il di seguente, trovandosi gravem ente inferm o p er le sue fe­ rite nel prossimo p o rto di P e te la , dove si era r itir a ta l ’arm ata v ittoriosa p e r rip a ra re le sue a v a rìe —D. G io­ vanni d’A u stria fu a v isita re gli ospedali, m eritò che q u ell’illustre generale gli accrescesse di tre scudi la paga ordinaria, e che, in v arie occasioni, mandasse a soccorrerlo particolarm ente, in considerazione dei suoi servigii.

D. Giovanni d ’A u s tria avea raccom andato al re, in modo particolare, il m erito e i servigii del suo illu stre soldato, e aveva p ra tic a to lo stesso il duca di Sesa, vi­ ceré d i Sicilia ; m a tu tto andò a monte per il destino, sem pre avverso, di C ervantes.

I l giorno 26 di S ettem b re del 1575, la sua galea, no­ m inata « il Sole » — con cui rito rn av a in Ispagna, in compagnia del suo germ ano R odrigo, del p ari valoroso soldato, e di a ltri illu s tri m ilita ri e cavalieri — si scontrò con una squadra di p ira ti, com andata da A rn a u ti Marni,

capitano di m are di A lg e ri; e, assalita da tre vascelli nem ici, dovette arre n d ersi dopo un accanitissim o com­ battim ento, in cui C ervantes spiegò, come sempre, uno stra o rd in a rio valore. L a ciurm a e i passeggieri rim asero p rig io n i e furono tra s p o rta ti ad A lg e ri ; e a C ervantes toccò di avere da fare qualche cosa come ispettore, nel rip a rtim en to in cui era capitano D ali Marni, un greco rinnegato, soprannom inato lo zoppo, il quale com andava uno dei tre vascelli da ventidue banchi, che p iù vigo­ rosam ente urtaro n o e d ettero tra v a g lio p er assoggettare la galea.

C inque anni durò la p rig io n ia di C ervantes in A l­ geri, con tale v a rie tà di singolari e notevoli avventure, che il suo racconto sem bra p iù una n o v e lla , che una genuina istoria. V arie volte ten tò C ervantes e stette in sul punto di ric u p e ra re la lib e rtà sua e quella de’ com ­ pagni di sventura; però, sem pre fr u s tra ti a causa di una irresistib ile fatalità, i suoi eroici te n ta tiv i, m entre gli procacciavano il credito di uomo valoroso e grande, ser­ vivano, d ’ altronde, ad aggravare la sua o rren d a situ a ­ zione. D i ciò ha fatto menzione C ervantes n ella sua novella « I l Captivo » J) , e n ella sua com m edia « I Rag­

guagli di Algeri » 2). A lla fin fine, egli potè risc a tta re la

sua lib e rtà nel S ettem b re del 1580, avendo a ciò sua m adre ed i suoi germ ani ad o p erati que’ pochi mezzi che possedevano. Suo padre , R o d r ig o , era m orto non ha guari.

In mezzo ad una v ita ta n to a g ita ta avea com posta e m enata a term ine, alla fine del 1583, « La Galatea », novella pastorale, che fu la p rim a opera da lu i p u b ­ b licata. L a d ette in luce 1’ anno seguente, 1584, quando l ’ autore si ammogliò con l ’ eroina d ella sua n o v e lla , D onna C aterin a del Palazzo S alazar di V o sm ed ia n a ,

J) N ovella in se rita nel D. C hisciotte.

s) D ram m a elio h a u n c a ra tte re nazionale , poiché ram m en ta 1’ e» ro ica re sis te n z a , che oppose essa c ittà ag li a s sa lti dei E om ani.

appartenente ad una illu stre fam iglia di Esquivias. P oi, abbandonò del tu tto il m estiere delle arm i, che gli aveva procacciato ta n ta g lo ria e così poco profitto , e si dedicò in teram en te alla c a rrie ra delle le tte r e , che , quantunque non fosse p iù p ro fic u a , dovea nondim eno renderlo le m ille volte più illu stre di quanto non lo re n ­ desse quella della g u erra. A llo ra cominciò a scrivere pel teatro, e le sue p rim e opere, « I Ragguagli d i Algeri » la « Numanzia » la « Battaglia Navale », ed a ltre furono m olto applaudite; m a , p er sua disgrazia, venne subito a signoreggiare la scèna il g ran Lopez de Vega, il p o r­ ten to della naturalezza, secondo l ’espressione dello stesso Cervantes; e le commedie di q u est’ultim o rim asero obliate, come quelle di tu tti g li a ltr i a u to ri furono, p er le opere d e ll’ avventuroso Lopez, affatto neglette. In ta l guisa, de­ d ito interam ente al delizioso culto delle le tte r e , visse, risiedendo ab itu alm en te a M adrid, sebbene dom iciliato in Esquivias, insino a ll’anno 1588, quando, come si av­ vide che le sue ristrettezze andavano sempre più, di giorno in giorno, peggiorando, non ostante il suo m erito e la sua fam a, d o v e tte , p e r a llo r a , rin u n ciare a quel­ l ’ ingrato e sterile c u lto , e sollecitare u n ’ occupazione

p er sostenere la sua fam iglia.

Ottenne di esser nom inato provveditore delle arm i e delle flotte da spedirsi n elle In d ie il consigliere di finanza, A ntonio di Gruevara. Q uesti, avuto m andato di nominare, q u a ttro colleglli che l ’ aiutassero nel disim ­ pegno di così vasto in c a r ic o , nom inò tr a ’ com m issarii M ichele di C e rv a n te s , c h e , p e r c iò , dovette imme­ diatam ente recarsi a S iv ig lia, m en tre il suo germano, Rodrigo, serviva , in q u a lità di a lfie re , negli eserciti delle Fiandre ; avendo ric u p e ra ta la lib ertà, poco p r i­ ma di suo fratello.

Cominciò C ervantes a d isim p e g n are , con z e lo , un impiego tanto vile e alieno d alla sua indole, ma che considerava come scala ad un a ltro m igliore; e, d ifatti, nel maggio del 1590, indirizzò al re una supplica, con

la quale, esponendo i servizi che aveva p re sta ti p er 22 anni, senza che si fosse, p er quelli, p ro c u ra ta alcuna m ercede, pregava si degnasse di co n ferirg li qualche ca­ rico nelle Indie, tr a i v a rii che vi si trovassero v acan ti. L a risposta fu : cercasse C ervantes da qui in che si procurasse mercede.

D urò dieci anni la residenza di C ervantes in A n ­ dalusia, p artico larm en te in Siviglia, dove continuò a fa rla da com m issario del provveditore ; e questa fu l’e­ poca in cui scrisse quasi tu tte le sue n o v e lle , sebbene le abbia date in luce m olto tem po di poi, tr a la p u b ­ blicazione, cioè, della p rim a e d ella seconda p a rte del

D. Chisciotte.

L o tolse da quello stato la disgrazia o la m ala fede del m ercante Sim one F re ire di L im a, al quale consegnò, pel suo giro a M a d rid , 7000 r e a l i 1) prov en ien ti d a ll’ e­ sazione in V eìezm alaga suo d istretto , che m ai più r ito r ­ narono a com parire, p er avere il c itato F r e ire fatto fal­ lim ento poco dopo. D i qui si originò, p er C ervantes, una serie di calunnie, e una lunga prigionia. L ib ero , infine, con cauzione, p e r p resen tarsi a M adrid, si allo n ­ tanò da S iviglia, verso 1’ anno 1599, e si ritirò alla M an­ cia, dove g l’ incolse l ’av v en tu ra fin qui sconosciuta che 10 condusse al carcere di A rg am asilla, p rig io n ia forse in g iu sta, poiché C ervantes non solo non si nascose p r u ­ dentem ente, ma, quel che più rileva, ne menò vanto. P erò , in qualunque modo si voglia, essa fu p u r tro p p o avventurosa p er la p osterità, che le deve la composizione del D. Chisciotte, generato, come dice l ’autore, in un carcere.

In diverse occasioni ed in epoche diverse si tro v ò in carce re il disgraziato C erv an tes; e, se volessimo tu tte noverarle, saremmo forse eccessivam ente prolissi, stante 11 fine che ci siamo proposto ; — ma basterà accennare che questo grande ingegno sofferse le m aggiori calam ità

e miserie che ab b ia m ai potuto soffrire alcuno in questo mondo.

Finalm ente, d a ll’ anno 1606, stab ilì sua definitiva di m ora in M a d rid , p er stare più dappresso ad Esquivias ed Alcalà, dove aveva p aren ti.

A l principio di d etto anno, già aveva com piuta l'o­ p era del Don Chisciotte, quando la gravezza de’ suoi m alanni in te rru p p e i suoi lavori, e non gli perm ise di comporre il prologo nè la dedica : cosa im portantissim a p er gli scritto ri di quel secolo, poiché una dedica op­ p o rtu n a solea p ro d u rre una pensione vitalizia, o continui soccorsi.

Quindi, il N ostro così insigne p er ingegno passò a m iglior vita il sabato 23 a p rile d e ll’ anno 1616 ’).

T al’ è, m olto in com pendio, l’ isto ria della v ita di Cervantes, valorosissim o soldato, scritto re em inente e sovrattutto uomo di costum i in te g e rrim i, onorato, re li­ gioso, patriota, tip o di p e rfe tto gentiluom o spagnuolo. I suoi contem poranei non seppero p reg iarlo p er quanto valeva : non per questo oltraggerem o la Spagna, cre­ dendola la sola ingiusta. T u tte le nazioni, hanno eguali o maggiori ingiustizie da rip a ra re , ed alcune hanno a n c o r più rita rd a to a rip a ra rle . In cam bio, la po­ s te r ità ha sorpassato ogni lim ite n ell’ addim ostrare a- m ore e venerazione al sovrano ingegno, ed in questa n o b ile gara si scorge come abbiano cercato di gareg­ g ia r e e connazionali e s tra n ie ri. Presso tu tti i popoli c iv ili, si son tra d o tte m olte volte le sue opere, e le ed i­ zio n i di esse si son m o ltip lica te insino ad un punto i- n a u d ito negli an n ali della stam pa. I l nome di Cervantes, e quelli de’ suoi am m irevoli p e rso n ag g i, sono tan to

’) Giova ram m en ta re come quasi nel contem po si estin g u e sse in I n g h ilte r r a il sublim e d ra m m a tu rg o Shalcspeare. Soltanto — cosa che si d e p lo ra anche o g g id ì — m e n tre, a W e stm in ste r, si am m ira la tomba dello scrittore di Otello e di Am leto, non si può sapere, in Ispagna, dove giacciano le spoglie di M ichele C ervantes !

p ro v erb iali in Isp ag n a quanto in R ussia, ta n to fam i­ lia ri in Ita lia quanto in In g h ilte rra . Nessuno s c ritto re dei tem p i m oderni ha ra g g iu n ta una celeb rità così grande, così giusta, così universale.

M anca soltanto che A lcalà, sua p a tria , gli consacri alcun ricordo degno di questa an tica c ittà e d i così il ­ lustro figlio. L a cap itale della m onarchia ') ha già p a­ gato il suo debito di venerazione, erigendogli n ella piazza delle C ortes, una m agnifica statu a di bronzo.

*) M adrid cio è; e l ’ avvenim ento', a cui si accenna, ebbe luogo n e l 1835.

Nel documento Traduzioni varie (pagine 41-49)

Documenti correlati