1.6. TERAPIA FARMACOLOGICA SPECIFICA PER IL TRATTAMENTO
1.6.6 Donatori di ossido nitrico (NO-donors) e albumina nitrosilata
specifiche per questo pathway estremamente interessanti nel trattamento dell’ipertensione arteriosa polmonare; tra queste, le più comunemente utilizzate comprendono strategie volte all’aumento del metabolismo enzimatico della L-arginina da parte degli enzimi deputati alla sintesi dell’ossido nitrico (NOS), la somministrazione diretta di ossido nitrico e strategie agenti a valle dell’ossido nitrico, principalmente attraverso l’aumento dei livelli di cGMP, un’importante molecola effettrice coinvolta nel signaling dell’NO in grado di indurre vasodilatazione e inibire la proliferazione delle cellule muscolari lisce (83).
Nonostante la potenza e l’elevata selettività come vasodilatatore polmonare, l’ossido nitrico inalato non viene più considerato tra le terapie primarie d’elezione per il trattamento dell’ipertensione arteriosa polmonare anche se continua comunque ad essere utilizzato in alcuni setting clinici specifici, come nel trattamento dell’ipertensione polmonare persistente del neonato, e in ambito peri-operatorio (es.: bypass cardiopolmonare complicato dalla presenza di ipertensione arteriosa polmonare e dopo trapianto cardiaco).
A causa dell’instabilità e della breve emivita dell’ossido nitrico, un notevole interesse è attualmente rivolto allo sviluppo di addotti di ossido nitrico più stabili e al ruolo di questi nella regolazione del tono vascolare in vivo. A partire da queste considerazioni si è quindi pensato alla possibilità di impiegare peptidi sintetizzati artificialmente al fine di aumentare la biodisponibilità di NO in circolo e quindi sfruttarne gli effetti benefici su vascolarizzazione e coagulazione.
Molti gruppi di ricercatori hanno sintetizzato agenti donatori di ossido nitrico (NO- donors) allo scopo di rilasciare l’NO selettivamente nel sito bersaglio; per esempio, i composti NO-donor V-PYRRO/NO e acido 2-(acetilossi) benzoico 3-(nitrossimetile) fenil estere possono rilasciare NO nel fegato (84, 85). Tuttavia, i meccanismi di azione di questi NO-donors non sono ancora del tutto chiari, ragion per cui non sono ancora stati applicati in campo clinico.
Nella ricerca di un NO-donor più sicuro si è quindi prospettata la possibilità di utilizzare una proteina carrier, trasportatrice di NO, ovvero una proteina caratterizzata da un’alta efficienza di S-nitrosilazione, un’alta stabilità della forma nitrosilata in circolo e un’alta efficienza di S-transnitrosilazione all’interno delle cellule bisognose di ossido nitrico. In questo senso, l’albumina sierica umana (HSA-Human Serum Albumin) ha recentemente assunto un grande rilievo come potenziale candidato al ruolo di agente donatore di ossido nitrico: si tratta infatti della proteina più abbondante nel plasma umano ed ampiamente associata con gli S-nitrosotioli endogeni plasmatici. L’albumina sierica umana S- nitrosilata (S-NO-HSA, S-nitroso Human Serum Albumin) è stata per la prima volta sviluppata nel 2002 dal Prof. Seth Hallström nei laboratori dell’Institute of Physiological
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Chemistry, presso l’Università di Graz (86), e risulta essere molto più stabile rispetto agli S-nitrosotioli a basso peso molecolare.
Per la sintesi di questo nuovo NO-donor, l’albumina sierica umana è stata inizialmente processata per l’esposizione di un gruppo tiolico libero in posizione Cys-34; prima della nitrosilazione si è proceduto con la riduzione (disassemblamento) dei ponti disolfuro intermolecolari mediante β-mercaptoetanolo e successiva purificazione dell’albumina sierica umana ridotta in cromatografia di gel-permeazione. La reazione di nitrosilazione tiolica è stata quindi effettuata con nitrito di sodio e infine neutralizzata con idrossido di sodio; l’albumina nitrosilata così ottenuta è stata dunque purificata mediante cromatografia di gel-permeazione e liofilizzata (86).
Attraverso un rilascio graduale di ossido nitrico l’albumina nitrosilata sembra preservare eNOS dal disaccoppiamento associato alla carenza locale di L-arginina in seguito ad una produzione eccessiva di NO da parte dell’enzima stesso; in questo modo questo NO-donor potrebbe prevenire la formazione eNOS-mediata di ROS (per lo più O2- e, conseguentemente, perossinitrito) e la successiva disfunzione endoteliale (86).
Dal momento che l’NO esogeno agisce con un meccanismo di feedback negativo sulla produzione stessa di NO da parte di eNOS (inibizione enzimatica da prodotto), l’ossido nitrico rilasciato dall’albumina nitrosilata potrebbe dunque ridurre la sintesi eNOS- mediata dell’NO stesso; in questo modo, la concentrazione locale di L-arginina nell’intorno enzimatico si rivelerebbe sufficiente per minimizzare o, addirittura prevenire, il disaccoppiamento e ridurre la formazione di O2-. L’NO esogeno rilasciato dall’albumina nitrosilata sembra anche agire attivamente come scavenger di anione superossido (86).
Diversi ricercatori hanno valutato il ruolo dell’albumina nitrosilata in modelli sperimentali pre-clinici di patologie caratterizzate da carenza di NO biodisponibile: ad esempio, dati di uno studio sugli effetti dell’albumina nitrosilata sul danno miocardico da ischemia/riperfusione (86) dimostrano come questo NO-donor svolga un’azione essenzialmente benefica nella riduzione del danno principalmente attraverso il mantenimento della funzione di eNOS con prevenzione del disaccoppiamento, stabilizzazione della produzione basale di NO e diminuzione della produzione di specie reattive dell’ossigeno e dell’azoto. In questo studio, anche la misurazione del contenuto intracellulare dei fosfati ad alta energia descrive una maggiore preservazione della funzione mitocondriale in seguito all’impiego dell’albumina nitrosilata. Altri studi hanno inoltre dimostrato come l’utilizzo di albumina nitrosilata in condizioni di ischemia cardiaca prolungata migliori significativamente la gittata cardiaca, la funzione diastolica e la perfusione miocardica rispetto a quanto osservato in assenza del farmaco (87). In tutti i contesti patologici studiati l’impiego di albumina nitrosilata si è mostrato in grado di ridurre, o prevenire in parte, il danno endoteliale dovuto al disaccoppiamento di eNOS e l’attivazione dell’isoforma inducibile (iNOS), con conseguente diminuzione della produzione di radicali liberi dell’ossigeno e dell’azoto ed aumento della biodisponibilità dell’ossido nitrico a livello dell’endotelio disfunzionante.
La funzione, importante ed ampiamente riconosciuta, dell’ossido nitrico nella patobiologia dell’ipertensione polmonare rende dunque logico lo studio di un possibile ruolo degli agenti donatori di ossido nitrico in modelli animali pre-clinici di ipertensione
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polmonare: la possibilità di utilizzare un NO-donor nel trattamento di pazienti affetti da ipertensione polmonare in sostituzione dell’ossido nitrico gassoso somministrato per via inalatoria, semplificherebbe notevolmente la gestione di questi pazienti, eliminando la necessità dell’intubazione e riducendo significativamente i costi.
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