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La donazione del sangue

Ttimuss e Godbout a confronto

Godbout e Titmuss hanno avuto un'importante influenza nel campo di ricerca sulla donazione del sangue. Entrambi hanno un comune punto di partenza, ma giungono a conclusioni diverse. Entrambi sono interessati a confutare la visione utilitaristica dell'uomo e vedono nella teoria maussiana del dono un'alternativa all'economia formalista. Ma la donazione del sangue risponde alle definizioni di dono che Mauss propone?

In The Gift Relationship, Titmuss, richiamandosi esplicitamente a Mauss, individua ben undici differenze tra il dono arcaico e la donazione del sangue. Le più rilevanti sono essenzialmente tre: il dono del sangue ha luogo in situazioni impersonali e private, è un dono tra sconosciuti, che implica l'anonimato e, di conseguenza, implica l'abbandono dell'obbligo a ricambiare. Come abbiamo visto nell'Introduzione, Mauss riserva il termine “dono” alle pratiche sociali di natura pubblica in cui i beni non sono scambiati per il loro valore economico, ma nella cornice di un intreccio di aspetti sociali, religiosi, giuridici ed economici. Il dono del sangue, nonostante le attività delle associazioni, come l'Avis, diano visibilità sociale ai loro volontari, rimane comunque una pratica privata ed individuale che non sembra assumere una forma ritualizzata.

Ma soprattutto, il punto di maggior divergenza con il dono di Mauss è l'assenza del terzo momento del ricambiare. Nel caso della donazione di sangue, il donatore e il donatario non possono e non devono conoscersi a vicenda: i rapporti tra i due sono mediati da un apparato tecnico ed amministrativo che neutralizza la componente personale del dono. Se il ricambiare è l'anello cruciale per la costruzione di una catena potenzialmente infinita di reciprocità e, di conseguenza, per la trasformazione dello scambio di beni in legame sociale, allora il dono del sangue sembra essere escluso dalla concezione maussiana di dono. Come sostiene Godbout in Lo spirito del dono, l'assenza di restituzione, dovuta anche al fatto che, i riceventi, non percependo il sangue come un dono, ma come un prodotto a cui hanno diritto in quanto cittadini, non si sentono in dovere di mostrare gratitudine o riconoscenza, unita alla presenza di intermediari che gestiscono il passaggio tra chi dona e chi riceve, non permette alla donazione del sangue di costruire legami sociali comunitari, cosa che invece permette il dono arcaico.

Il dono del sangue sembra rientrare all'interno del dono morale moderno di cui parlano Hénaff e Ricoeur, di quei doni unilaterali dettati da sentimenti e motivazioni altruiste che

antepongono il benessere altrui al vantaggio personale. Considerare il dono del sangue come un atto altruistico e unilaterale rappresenta, però, soltanto una modalità con cui interpretare questo fenomeno. La donazione del sangue può anche essere letta in chiave utilitarista: il donatore di sangue, oltre ad ottenere dei benefici simbolici o economici, può donare il sangue per conquistare una certa reputazione sociale, oppure perché crede di sostenere un sistema che assicurerà anche a lui la possibilità di ricevere sangue quando ne avrà bisogno. In realtà, come afferma Dei nell'Introduzione a Il dono del sangue. Per un'antropologia dell'altruismo, lo statuto di donatore non riveste una particolare importanza nella vita delle persone, non è un marcatore particolarmente forte di identità, così come i benefici che si ottengono dopo aver donato non sono né condizione necessaria né sufficiente affinché si doni. Perché allora si decide di donare il sangue, e perché la maggioranza dei non donatori non si sente in colpa o in difetto? Una strada alternativa per interpretare la donazione del sangue e rispondere a questi interrogativi è quella antropologica, che considera le motivazioni personali a donare come sottodeterminate da un principio strutturale che collega la circolazione dei beni alla produzione dei legami sociali.

Titmuss e Godbout si inseriscono in questa terza strada, sforzandosi di adattare il principio del dono arcaico maussiano alla società contemporanea e al dono rivolto a sconosciuti. Entrambi privilegiano un approccio sociologico antiutilitaristico e una tensione universalizzante verso l'individuazione di norme valide per tutto il genere umano, ma divergono su più punti arrivando a trarre conclusioni antitetiche.

Richard Titmuss pubblica, all'inizio degli anni Settanta, The Gift Relationship, una monografia che ancora oggi rappresenta un punto di riferimento fondamentale per gli studi sulla donazione del sangue, nonostante le tecniche e l'organizzazione dei servizi trasfusionali sia molto cambiata dagli anni Settanta ad oggi. Quest'opera è un'analisi comparata dei sistemi di raccolta del sangue basati sul volontariato, come avviene in Gran Bretagna e in molti paesi europei, e sul mercato, come avveniva all'epoca negli Stati Uniti. Il libro è teso a dimostrare la superiorità dei primi rispetto ai secondi: non solo sono più sicuri, efficienti ed economici, ma rappresentano anche dei meccanismi istituzionali in grado di far emergere e valorizzare le relazioni umane guidate da principi etici.

Per quanto riguarda il primo punto, l'argomento centrale della tesi sostenuta da Titmuss riguarda la sicurezza: la natura del dono del sangue è tale da presupporre la buona fede e l'onestà da parte del donatore riguardo le proprie condizioni di salute e gli eventuali fattori di rischio che potrebbero influire sulla qualità del sangue. In questo senso, se il dono risulta utile o dannoso al ricevente dipende in gran parte dalla sincerità e dall'onestà del donatore,

poiché un'informazione deliberatamente taciuta da parte del donatore può risultare letale per lo sconosciuto ricevente. Oggi ci sono più controlli rispetto a quando scriveva Titmuss e gli intermediari, che analizzano e trattano il sangue, sono coloro che possono determinare ciò che è benefico o dannoso. Secondo Titmuss il ricorso ad incentivi economici ha come effetto di spezzare i legami di fiducia e corre il rischio di selezionare i donatori nelle fasce di popolazione più a rischio, producendo maggior insicurezza e costi aggiuntivi per i controlli di sicurezza. Afferma Titmuss:

dal nostro studio del mercato privato di sangue negli Stati Uniti, abbiamo concluso che la commercializzazione del sangue e delle relazioni di dono reprime l'espressione dell'altruismo, erode il senso di comunità, abbassa gli standard scientifici, limita le libertà sia personali che professionali, favorisce una logica di perseguimento del profitto in ospedali e laboratori, legalizza l'ostilità dei medici e pazienti, sottomette al mercato aree cruciali della medicina, fa gravare immensi costi sociali su coloro che sono meno in grado di sopportali186.

Sebbene Titmuss insista sulla necessità di selezionare attentamente i donatori per il rischio di trasmissione dell'epatite, non poteva immaginare la comparsa, nel decennio successivo, del virus dell'Aids. Lo studio di Erwin sul caso cinese, intitolato Il sistemata circolatorio:

approvvigionamento di sangue, Aids, e corpo sociale in Cina, contenuto nel libro Il dono del sangue. Per un'antologia dell'altruismo, curato da Dei, Aria e Mancini, sembra avvalorare la

tesi di Titmuss.

All'inizio degli anni Novanta la donazione del sangue in Cina avveniva dietro pagamento. Occorre precisare che la popolazione viveva in condizioni di estrema povertà: nella provincia di Henan si costituirono più di 270 siti di raccolta del sangue, a cui si recavano per lo più contadini che venivano pagati tra i 20 e i 200 yen (tra i 2,40 e i 24 dollari, all'epoca). Molti donavano il sangue più di una volta a settimana e non si effettuavano controlli del sangue per l'Aids, e nemmeno per altre malattie virali. Queste pratiche generarono una vasta epidemia di Hiv, in alcuni villaggi il 60-80% della popolazione adulta era infetto dal virus. Se questo esempio sembra avvalorare la tesi di Titmuss, per cui l'incentivo economico, a cui si aggiunge anche uno scarso controllo del sangue donato, può andare a minare la qualità del sangue, in realtà le conclusioni di Erwin sono diverse da quelle a cui giunge Titmuss. La donazione volontaria non retribuita è socialmente accettata, ma per Erwin non è così chiaro

186 Richard M. Titmuss, Relazioni di dono. Dal sangue umano alle politiche sociali contenuto in Il dono del sangue. Per un'antropologia dell'altruismo, a cura di Fabio Dei, Matteo Aria, e Giovanni Luca Mancini, Pacini Editore, Pisa, 2011, p. 60.

che si tratti di un dono puro senza reciprocità. I donatori volontari ricevono spesso molti incentivi, come giorni di ferie, bonus per la colazioni o biglietti per eventi culturali. A questi si aggiungono anche benefici meno diretti come il riconoscimento sociale o il beneficio psicologico di un rafforzamento della propria autostima.

Accanto al caso cinese, su cui avremo modo di tornare, c'è anche il caso francese a cui accenna Steiner in Dono del sangue e dono degli organi: il mercato e le merci “fittizie”, che sembra invece confutare l'affermazione di Titmuss. Tra il 1983 e i 1985 ci fu un'epidemia di sangue infetto in Francia, dove la donazione era basata sul volontariato. Ciò che il caso francese permette di mettere in evidenza è, secondo Steiner, l'inefficienza dell'amministrazione statale francese nella selezione dei donatori. Quest'ultimi venivano selezionati, per esempio, nelle prigioni, in maniera poco rigorosa, nonostante la popolazione carceraria risulti essere tra i “gruppi ad alto rischio”. Secondo Steiner ciò è accaduto perché, quando è stato necessario produrre in massa dei prodotti standardizzati secondo delle rigide norme di sicurezza, è stato coinvolto innanzitutto il mondo industriale e la sua efficienza tecnica, che, in questo caso, si è dimostrata scarsa. Sia che si tratti della logica del profitto o di quella senza scopo di lucro di un sistema trasfusionale come quello francese, dietro a tutto ciò agisce la logica tecnologico-economica. In questo senso quindi, il caso francese non sembra inficiare la tesi di Titmuss sulla superiorità della donazione basata sul volontario, ma mette in luce l'importanza dell'apparato tecnologico, medico ed economico che sta dietro alla donazione del sangue e su cui avremo modo di tornare.

I dati raccolti da Titmuss si riferiscono agli anni Sessanta, molte cose sono cambiate nei processi di raccolta del sangue, in parte grazie all'impatto del libro del Titmuss e alla diffusione dell'Aids, che ha spinto a modificare le condizioni di sicurezza e di selezione dei volontari: i comportamenti a rischio sono oggi diversi rispetto a quelli di allora, così come maggiori sono i controlli sul sangue donato. Se Titmuss vuole dimostrare la superiorità della raccolta del sangue basata sul volontariato è anche perché ciò che a lui interessa è esaminare il ruolo degli aspetti morali all'interno dell'economia. Come lui stesso afferma, la sua opera è uno «studio sul ruolo dell'altruismo nella società moderna»187.

Il suo punto di partenza è una critica al liberismo e all'utilitarismo, contro cui vuol far valere una politica del welfare, la quale non è una semplice concessione di risorse da parte dello Stato alle fasce più povere della popolazione, ma, al contrario, è da lui concepita come una forma di costruzione di relazioni sociali, che è in grado di moltiplicare la fiducia, la solidarietà e l'altruismo tra la popolazione, rafforzando il tessuto morale che tiene unità la

società. Con il dono del sangue

abbiamo a che fare […] con relazioni tra sconosciuti; con processi, strutture e istituzioni che incoraggiano o scoraggiano l'intensità e l'estensione dell'aiuto anonimo in una società; con le “ultra- obbligazioni” che derivano dal nostro modo di essere e non hanno natura contrattuale. Sono questi interessi e la loro espressione ciò che in ultima analisi distingue le politiche sociali da quelle economiche; o per dirla con Kenneth Boulding, “le politiche sociali sono quelle centrate su istituzioni che creano integrazione e scoraggiano l'alienazione”188.

Rinunciando alla tripartizione maussiana del dare-ricevere-contraccambiare, Titmuss preferisce ricorrere alla nozione di altruismo, per cui la donazione del sangue viene interpretata come un atto gratuito e incondizionato, che implica l'adesione a valori come la solidarietà e la fiducia. L'abbandono della reciprocità non significa per Titmuss, affermare l'inattualità del Saggio sul dono di Mauss. Al contrario le conclusioni dei due autori convergono: se Mauss vede nelle forme di sicurezza sociale, nate in Europa nella seconda metà dell'Ottocento, il ritorno ad una logica del dono antitetica a quella del profitto, per Titmuss la donazione del sangue esalta la politica del welfare, facendo appello alla solidarietà tra estranei. Entrambi gli autori riconoscono allo stato assistenziale la capacità di diffondere lo spirito del dono all'interno della società contemporanea. In Titmuss la donazione del sangue, proprio perché in essa è assente l'obbligo a contraccambiare, è in grado di palesare la capacità dello stato assistenziale di diffondere una morale altruistica universale che supera le differenze culturali e individuali.

La donazione del sangue sembra così rappresentare il paradigma del dono puro, l'esempio migliore di comportamento altruistico. Ma cosa si intende con altruismo? Nonostante il termine suggerisca un sentimento, una disposizione individuale che rimanda alla dimensione psicologica, in realtà Titmuss lo utilizza in senso antropologico: l'altruismo è per lui un modello di azione sociale, che rappresenta la versione moderna del modello della reciprocità antropologica. Come per Godbout, anche per Titmuss la donazione del sangue, il dono agli estranei, è la declinazione del principio maussiano nella società di massa. Per Titmuss gli individui non nascono altruisti, ma imparano ad esserlo all'interno di istituzioni che promuovono comportamenti solidali. Con altruismo, quindi, Titmuss intende quei vincoli che tengono insieme il gruppo sociale. Questo spiega anche la compresenza di libertà e obbligo: non si tratta di un obbligo imposto dall'esterno, ma di una forza che è costitutiva dell'individuo stesso in quanto soggetto sociale.

Come sottolineato da Dei e da Aria in Il dono del sangue. Per un'antropologia dell'altruismo, il problema, su cui torneremo, è che Titmuss tende a sottovalutare il ruolo dei gruppi e delle associazioni intermedie della società civile, tenendo in considerazione solo il rapporto tra lo Stato e i singoli cittadini. Inoltre sia Titmuss che, come vedremo, Godbout, creano un modello di donazione del sangue che ha pretese universalistiche, senza tener conto delle differenze sociali e culturali.

Per quanto riguarda Godbout, anch'egli parte dagli stessi presupposti di Titmuss. Nell'opera

Lo spirito del dono, oltre a considerare la teoria maussiana del dono come alternativa

all'economia formalista, ritiene, come Titmuss, che la donazione del sangue, e, quindi, il dono rivolto agli sconosciuti, rappresenti la declinazione dei principi maussiani nella società contemporanea. Il dono agli sconosciuti introduce una dimensione morale collettiva più forte rispetto a quella generata dagli scambi di doni tra amici e parenti. Il dono a sconosciuti attesta il passaggio dalla solidarietà verso i membri del proprio gruppo alla solidarietà verso le altre società. Godbout, però, a differenza di Titmuss e di Mauss, non crede che lo Stato abbia un ruolo decisivo nell'incrementare l'interesse verso l'altro. Abbiamo già visto come Godbout ritenga che lo Stato, non meno del mercato, sia un dispositivo antidono, che quindi riduce la propensione delle persone a donare. All'idea di Titmuss e di Mauss, che vedono nella previdenza statale l'equivalente dei doni arcaici, contrappone l'idea secondo cui lo stato assistenziale, liberando i membri della società dagli obblighi comunitari, cancella il sistema del dono a cui si sostituisce il sistema delle imposte e dei diritti.

Il motivo per cui il mercato rappresenta un meccanismo antidono è evidente: riducendo tutto a un valore monetario e sostituendo la libertà del dono con l'obbligo contrattuale, il dono e il valore del legame vengono meno. Il mercato si suppone essere il regno dell'homo

oeconomicus, orientato all'utile e al profitto, e per questo si trova a vivere in una logica agli

antipodi di quella del dono. La natura antidono dello stato assistenziale, che per alcuni aspetti si contrappone alla logica del mercato, risulta essere più difficile da comprendere. Esso introduce una redistribuzione in base a principi di solidarietà, solidarietà che, per Godbout, non ha niente a che fare con lo spirito del dono. Essa viene concessa sulla base di diritti sanciti dalla legge ed erogati da un personale professionale che è pagato per farlo. Più che a persone concrete, inserite in determinate relazioni dirette, si ha a che fare con entità astratte. Nonostante Godbout ammetta che si tratta di un passaggio fondamentale per lo sviluppo delle democrazie moderne, afferma che così facendo si è perso quell'insieme di legami che nelle società arcaiche era alimentato dalla circolazione dei doni. Stato e mercato minacciano la distruzione dello spirito del dono, il quale è stato formalmente escluso dalla modernità,

afferma Godbout, ma di fatto ciò non è avvenuto: il dono sopravvive nelle forme più dirette di interazione sociale.

L'associazione che più affascina Godbout è quella degli Alcolisti Anonimi. Nata negli Stati Uniti nel 1935, e da allora in continua crescita, essa non si è mai trasformata in un'organizzazione burocratica: non è un'organizzazione centralizzata, non ha visibilità esterna, è lontana dal livello istituzionale e si autofinanzia, rifiutando qualsiasi somma di denaro proveniente dall'esterno. Secondo Godbout questa forma di aiuto reciproco è l'unica forma realmente alternativa all'apparato mercantile e statale. Sul versante opposto troviamo le ONG, le cui finalità di aiuto sono soffocate da una struttura amministrativa e tecnica che muove notevoli interessi economici, perdendo ogni rapporto con la società civile. La donazione del sangue si situa nella zona intermedia, sospesa tra un autentico atto di dono, come nel caso degli Alcolisti Anonimi, e un aspetto legato all'amministrazione statale. Il dono è presente nel momento stesso in cui una persona decide di donare il proprio sangue a degli sconosciuti, è presente nel carattere volontaristico delle associazioni senza scopo di lucro, che lavorano alla promozione e alla selezione di nuovi volontari. Tuttavia, nel momento stesso in cui il sangue viene donato, intervengono dei meccanismi intermediari di tipo amministrativo ed economico che sembrano corrompere la natura originaria del dono: «il dono di sangue è un atto individuale il cui “prodotto” è gestito dallo Stato o da una organizzazione professionale perché sia trasmesso a chi riceve»189. Solo attraverso questo sistema di intermediari retribuiti, appartenenti al settore pubblico, il sangue può pervenire al destinatario, assimilandosi a tutti gli altri prodotti ricevuti dal malato. Questi intermediari operano una “perversione” dell'atto originario, libero e gratuito, del donatore: lo contaminano con obiettivi utilitaristici e con pratiche burocratiche.

Questa contaminazione o perversione, è anche il motivo per cui, secondo Godbout, chi riceve il sangue non percepisce di star ricevendo un dono, ma una cura di cui ha diritto, al pari degli altri farmaci. I pazienti, consapevoli del complesso apparato sanitario ed amministrativo che vi sta dietro, non percepiscono la differenza tra il sangue e gli altri farmaci, proprio perché non riconoscono dietro ad esso un atto di dono. Tutto ciò non avviene a causa dell'anonimato dei soggetti coinvolti, ma a causa dell'intervento di intermediazioni statali. In altri casi di donazioni anonime, come la carità o, in maniera ancora più evidente, nella donazione degli organi, seppur il donatore e il ricevente non si conoscano, l'organo donato veicola comunque qualcosa dell'identità del donatore: l'esperienza comune di chi riceve un trapianto di organi è di inglobare parte dell'identità del donatore. Nel caso del sangue questo fenomeno di

individuazione non avviene: gli intermediari riescono a neutralizzare il processo di identificazione, facendo completamente scomparire lo hau del dono.

Godbout conclude affermando che, allora, ha ragione Titmuss quando afferma che il dono del sangue è un dono che non fa amici. Esso non stabilisce una relazione reciproca tra donatori e riceventi, ma solo tra chi dona e le organizzazioni di volontari che raccolgono il sangue. Per Godbout, tuttavia, Titmuss sbaglia quando fa del dono del sangue il dono moderno per eccellenza: per Godbout la donazione del sangue non è un buon esempio di dono, né rappresenta, come per Titmuss, un paradigma a favore del welfare state. Esso mostra come lo

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