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IL MERCATO DEL LAVORO NELLA REGIONE DEL GCC: CRITICITA’ E RIFORME

3.1 EVOLUZIONE E CONFIGURAZIONE DEL LABOR POOL 1 L’evoluzione del labor pool

2.1.2 La donna nel mercato del lavoro

La recente espansione dell’istruzione femminile nella regione del GCC, soprattutto a livello terziario, ed i risultati accademici conseguiti, molto spesso superiori a quelli dei colleghi uomini (World Bank, 2013) hanno agevolato l’ingresso della donna al mercato del lavoro. Tuttavia il grado di partecipazione è ancora estremamente limitato.

Figura 4 – Confronto internazionale del tasso di partecipazione femminile alla forza lavoro (anno 2013)

Fonte: World Bank

Dai dati riportati nella fig. 4 vediamo che, su scala internazionale, la percentuale di donne attivamente coinvolte nel mondo del lavoro nella regione del Golfo risulta ben al di sotto della media mondiale e dei valori registrati dalle altre aree economicamente avanzate, ovvero: Unione Europea, America del Nord e Stati dell’OECD.

Un’indagine condotta dall’Economist (2009) evidenzia come la percezione del ruolo della donna nella cultura tradizionale continui a rappresentare un vincolo sia nella scelta degli studi che della carriera professionale. 0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70%

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Figura 5 – Tasso di partecipazione femminile alla forza lavoro nei paesi del GCC

Fonte: World Bank.

Nella fig.5 sono riportati i progressi ottenuti nell’ultimo decennio dai singoli paesi in termini di integrazione della donna nel tessuto lavorativo. Dal grafico emerge che c’è stata una crescita generale del tasso di partecipazione: il progresso di maggiore entità è avvenuto in Qatar, che registra il 51% di partecipazione. L’Arabia Saudita, invece, registra il dato più basso, con appena il 20%.

In un indagine di Scott-Jackson et al. (2010) vengono riportate alcuni degli interventi più importanti che gli Stati della regione hanno promosso per consentire una maggiore partecipazione della donna del mondo del lavoro.

Stato del Qatar, a partire dal 1995, ha intrapreso una serie di iniziative volte a sensibilizzare la società sulla questione della parità di genere e sull’importanza di integrare la componente femminile nel mercato del lavoro. Nel 2000 l’emirato lancia un’iniziativa chiamata Qatar Business

Women Forum, con l’intento di promuovere il ruolo della donna all’interno dell’economia del

paese: si tratta di una tavola rotonda che riunisce periodicamente alcune tra le donne più influenti del paese per discutere di come ampliare e migliorare la rete di contatti e offerte lavorative destinate alle donne. Anche la Commercial Bank of Qatar ha ospitato un evento durante il quale sono state discusse le possibilità per una collaborazione più attiva della donna allo sviluppo dell’economia, mediante una maggiore adesione alla forza lavoro.

Gli EAU hanno fatto notevoli passi in avanti per assicurare una maggiore partecipazione di donne istruite e qualificate nella forza lavoro, più del 50 % degli impieghi governativi sono ricoperti da

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60%

Qatar EAU Kuwait Bahrain Oman Arabia Saudita

2001 2013

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donne, mentre il Dubai Women’s Establishment promuove iniziative volte ad implementare la formazione e provvede a fornire ulteriori canali di accesso al mondo lavorativo.

Il Kuwait malgrado vi siano delle normative sul lavoro particolarmente restrittive per la donna, come il divieto assoluto di lavorare tra le otto di sera e le dieci di mattina, detiene un tasso di partecipazione femminile del 47%. Dal 2005 una serie di riforme hanno concesso alle donne di ricoprire cariche governative, favorendo così il dialogo sul tema della partecipazione femminile all’economia e sul contributo concreto che la donna può dare alla crescita dei settori produttivi. Gruppi attivisti femminili del paese hanno recentemente collaborato al Programma di Sviluppo delle Nazioni Unite (UNDP) per riaffermare l’urgenza di inglobale la componente femminile nell’universo lavorativo, al fine di ottenere sviluppo e prosperità per la nazione.

Alla coda della classifica troviamo Bahrain, Oman e Arabia Saudita con rispettivamente il 39%, 29% e 20%, che mostrano di avere ancora molta strada da percorrere sul tema della parità di genere nel mercato del lavoro. Nel 2003 il governo omanita ha promulgato un decreto mediante il quale sancisce la parità delle condizioni lavorative tra uomo e donna, con un’unica restrizione di orario per le donne, alle quali non è permesso di lavorare tra le diciotto e le sei.

Figura 6 – Comparazione tra il totale della popolazione, il numero di persone in età lavorativa, il numero di alfabetizzati e il numero di lavoratori effettivi, rispettivamente per uomo e donna (espressi in milioni)

Fonte: Al Masah, 2011.

Nella fig. 6 viene evidenziato il divario tra il numero di donne pronte e preparate ad entrare nel mondo del lavoro e quelle realmente occupate: mentre il tasso di partecipazione maschile alla forza lavoro è dell’84%, con 16.7 milioni di lavoratori, il tasso di partecipazione femminile è di appena il 27%, con 3.3 milioni di lavoratrici, su un bacino potenziale di 12.1 milioni di donne in età lavorativa.

0 5 10 15 20 25 30

Occupati Persone istruite Popolazione attiva (> 15 anni)

Totale popolazione Uomini

60

Nel 2010 l’Oxford Strategy Consulting ha stilato una classifica dei principali fattori che ostacolano l’ingresso della donna nel mercato del lavoro, sulla base di un’indagine condotta tra i dipendenti e datori di lavoro nelle maggiori aziende pubbliche e private della regione del GCC.

Al primo posto troviamo l’onere di occuparsi della propria famiglia e dell’educazione dei figli: si tratta di un sentimento condiviso da tutte le donne, indipendentemente dalla cultura, tuttavia nei paesi del GCC questo fattore diventa una barriera nel momento in cui non vi sono misure che consentono alla donna di conciliare gli impegni lavorativi con quelli familiari.

Al secondo posto c’è, di riflesso, la mancanza di servizi adeguati che consentano alla donna di dedicarsi al lavoro, nel rispetto del ruolo di madre, moglie e lavoratrice.

Al terzo posto viene riportata la riluttanza da parte della donna ad accettare un impiego che non sia conforme alle norme religiose e ai costumi socialmente accettabili, come ad esempio: lavorare in un ambiente misto. La famiglia stessa è responsabili di esercitare enormi pressioni affinché le ragazze intraprendano una carriera lavorativa “consona” al loro status.

2.2 CARATTERISTICHE E IMPLICAZIONI MACROECONOMICHE DEL