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Dove lavorano i laureati (ramo di attività economica)

Nel documento Condizione occupazionale dei Laureati (pagine 102-108)

5. CONDIZIONE OCCUPAZIONALE DEI LAUREATI DI

5.3. Dove lavorano i laureati (ramo di attività economica)

professionale può essere misurata considerando, tra l’altro, il ramo di attività economica dell’azienda in cui il laureato ha trovato lavoro.

Naturalmente non si tratta di una misura puntuale, perché non è detto che la mancata corrispondenza tra ramo e percorso disciplinare sia necessariamente sintomo di incoerenza tra i due aspetti. Infatti, considerando l’ambito in cui opera l’azienda non si tiene conto delle mansioni effettivamente svolte dalla persona: ad esempio, un laureato in giurisprudenza che lavora presso un’azienda chimica non necessariamente svolge un lavoro incoerente con il proprio percorso di studi (magari potrebbe essere impiegato presso l’ufficio legale).

Ad un anno dal conseguimento del titolo i laureati appartenenti ai gruppi disciplinari che prevedono una formazione più specifica, meno generalista, si concentrano in pochi settori di attività economica. Ad esempio, il 91% dei laureati delle professioni sanitarie opera nella sanità; oltre il 50% dei laureati del gruppo architettura lavora nella progettazione e costruzione di fabbricati e impianti, cui si deve aggiungere un ulteriore 21% assunto presso studi di consulenza o professionali. Elevata concentrazione in pochi rami di attività economica si rileva anche per i laureati dei gruppi educazione fisica ed insegnamento: in entrambi i casi, infatti, il 70%

degli occupati è assorbito da soli 3 rami (servizi ricreativi, culturali, sportivi; istruzione; sanità per i primi; istruzione; servizi sociali e personali; sanità per i secondi).

All’estremo opposto, il gruppo politico-sociale distribuisce i propri laureati in numerosi settori economici (ben 9 rami raccolgono infatti il 70% degli occupati); elevata frammentazione si rileva anche per i gruppi linguistico (7 rami), economico-statistico ed ingegneria (6 rami in entrambi i casi).

5.4. Retribuzione dei laureati73

Ad un anno dal conseguimento del titolo di secondo livello, il guadagno mensile netto è pari in media a 1.178 euro; naturalmente anche in tal caso si rilevano evidenti differenze tra chi prosegue l’attività lavorativa iniziata prima del conseguimento del titolo (1.291 euro) e chi l’ha iniziata al termine degli studi di secondo livello (1.117 euro). Ne deriva che le retribuzioni degli ibridi, come ci si poteva aspettare, sono più elevate rispetto ai laureati puri: per i primi è pari a 1.226 euro, contro 1.147 euro dei secondi.

Differenze retributive si rilevano anche all’interno dei vari percorsi di studio (si tralasciano anche in tal caso i laureati delle professioni sanitarie): guadagni più elevati sono infatti associati ai laureati dei gruppi economico-statistico e ingegneria (circa 1.320 euro in entrambi i casi). Nettamente inferiori risultano invece le retribuzioni dei laureati dei gruppi psicologico e letterario (il guadagno mensile netto non supera mediamente i 900 euro mensili;

Fig. 26).

Gli uomini guadagnano il 25% in più delle donne (1.312 euro contro 1.053); le differenze di genere sono confermate all’interno di ciascun gruppo, in particolare nel giuridico dove gli uomini guadagnano ben il 44% in più delle colleghe. Le differenze di genere all’interno dei percorsi di studio si attenuano, pur restando significative, se si considerano i soli laureati che hanno iniziato a lavorare dopo la laurea e che lavorano a tempo pieno (anche se naturalmente in tal caso le numerosità si riducono): per riprendere l’esempio sopra citato, nel gruppo giuridico il differenziale tra uomini e donne si contrae dal 44 al 13% (corrispondente a 138 euro).

73 Hanno reso la propria risposta 97 occupati su cento.

Fig. 26 Laureati di secondo livello occupati ad un anno: guadagno mensile netto per gruppo disciplinare

1.178

Non si rilevano differenze significative fra residenti al Nord e al Sud (le retribuzioni si approssimano a 1.175 euro in entrambi i casi). Il divario territoriale riemerge con forza, però, non appena si limita più opportunamente l’analisi ai soli laureati che hanno iniziato a lavorare dopo il conseguimento del titolo di secondo livello: in tal caso le retribuzioni tra residenti al Nord e al Sud si riassestano su valori pari a 1.149 e 1.046 euro (+10%)74. Tutto ciò, tra l’altro, indipendentemente dal percorso di studio compiuto.

Infine, le differenze di genere sopra richiamate risultano confermate a livello territoriale, anche isolando i soli laureati che

74 Come precedentemente specificato, l’analisi è relativa all’area geografica di residenza e non a quella di lavoro.

lavorano a tempo pieno (per evitare distorsioni legate alla maggiore diffusione, tra le donne, di attività part-time).

5.5. Efficacia75 della laurea nell’attività lavorativa

L’efficacia del titolo di secondo livello risulta complessivamente buona (è almeno abbastanza efficace per 84 laureati su cento);

risulta particolarmente accentuata tra i laureati dei gruppi architettura e ingegneria (93,5%), economico-statistico (89%) e scientifico (86%). Inferiore alla media, invece, tra coloro che hanno conseguito una laurea in lettere, psicologia, scienze politiche o sociologia (le percentuali sono inferiori al 74%). In particolare per gli ultimi due gruppi disciplinari, incide verosimilmente sul risultato più modesto la consistente quota di laureati che prosegue il lavoro precedente alla laurea specialistica (Fig. 27).

Fig. 27 Laureati di secondo livello occupati ad un anno: efficacia della laurea per gruppo disciplinare

0% 20% 40% 60% 80% 100%

Approfondendo anche in tal caso l’analisi sull’efficacia della laurea analizzando nel dettaglio le variabili che compongono l’indice,

75 Per la definizione dell’indice, cfr. § 4.5.

si rileva che ad un anno dalla laurea 45 occupati su cento utilizzano le competenze acquisite durante il percorso di studi in misura elevata, mentre 42 su cento dichiarano farne un utilizzo ridotto; ne deriva che 13 laureati su cento ritengono di non sfruttare assolutamente le conoscenze apprese nel corso del biennio specialistico. Per ciò che riguarda la seconda componente dell’indice di efficacia, il 18% degli occupati dichiara che la laurea specialistica è richiesta per legge per l’esercizio della propria attività lavorativa, cui si aggiungono altri 25 laureati su cento che ritengono il titolo, non richiesto per legge, ma di fatto necessario. La laurea specialistica, infine, non risulta né richiesta né utile in alcun senso per 12 occupati su cento.

Sono in particolare i laureati dei gruppi architettura, agrario e ingegneria a sfruttare maggiormente ciò che hanno appreso all’università (le percentuali di quanti dichiarano un utilizzo elevato sono, rispettivamente, 58, 53 e 50%). A parte il gruppo architettura (all’interno del quale ben 42 laureati su cento dichiarano che la laurea è richiesta per legge) in tutti gli altri percorsi disciplinari la maggior parte degli occupati ritiene che la laurea sia tutto sommato utile per l’esercizio della propria attività lavorativa.

Un altro interessante elemento di approfondimento deriva dall’analisi del ruolo della laurea specialistica nell’esercizio del proprio lavoro: agli occupati è stato infatti chiesto di esplicitare se, a loro giudizio, la laurea di secondo livello ha permesso di ottenere conoscenze utili allo svolgimento della propria attività lavorativa. Un laureato occupato su cinque ritiene che la laurea di secondo livello sia fondamentale (quota che cresce considerevolmente tra i laureati dei gruppi chimico-farmaceutico, ingegneria e architettura); un occupato ogni due (in particolare all’interno delle professioni sanitarie) ritiene invece che sia utile (Fig. 28). D’altra parte, 18,5 occupati su cento ritengono che sarebbe stato sufficiente il titolo di primo livello ed infine 12 su cento addirittura dichiarano che sarebbe bastato un titolo non universitario. È naturale che quest’area sia composta in particolare da laureati che proseguono il lavoro precedente alla laurea. Ciò spiega, tra l’altro, la più alta presenza di laureati dei gruppi insegnamento e delle professioni sanitarie, per chi ritiene sufficiente la triennale; psicologico, letterario e linguistico per chi dichiara invece che basterebbe un titolo non universitario.

Fig. 28 Laureati di secondo livello occupati ad un anno: utilità della laurea specialistica nel lavoro svolto per gruppo disciplinare

è sufficiente un titolo non universitario non risponde

è sufficiente un titolo non universitario non risponde

è sufficiente un titolo non universitario è sufficiente un titolo non universitario non risponde

non risponde

6. CONDIZIONE OCCUPAZIONALE DEI LAUREATI

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