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4.4 “The dreaming woman”: il femminile come istanza repressiva La visione della figura femminile che emerge dagli scritti lawrenciani è alquanto

complessa e soggetta a varie interpretazioni. Lo scrittore rappresenta la donna al contempo come simbolo della liberazione degli istinti (è il caso di Lady Chatterley) e come vittima del dominio maschile – in cui intravede una manifestazione della volontà di potenza nietzschiana – oppure, ancora, come una creatura dotata di impulsi voraci e aggressivi che cela la sua repressione istintuale dietro un’apparenza di frigida razionalità.

Nel presente paragrafo sarà preso in esame quest’ultimo aspetto relativo alla femminilità. Come si è visto fin qui, l’equilibrio di istinto e ragione su cui si fonda la concezione lawrenciana del rapporto di coppia è minato dal tentativo della donna di imporre la sua razionalità malata sugli istinti – gli episodi “Anna Victrix” in The Rainbow e “Excurse” in Women in Love, che sono stati analizzati in precedenza, ne costituiscono degli esempi lampanti. È noto che lo scrittore aveva una concezione dell’eros libera da preconcetti morali e che anteponeva al rispetto delle convenzioni sociali, che imbrigliavano gli impulsi in rigidi









meccanismi razionali, la forza dei sentimenti e delle passioni che si celano nel profondo dell’animo umano. A tale proposito, Simonetta de Filippis afferma:

Questo è certamente il sentire di Lawrence, la sua visione della sessualità come parte fondamentale dell’essere umano, la parte più vera e più intuitiva, libera dai meccanismi della razionalità e dalle ipocrisie e meschinità del vivere sociale. Le strutture del sentire vengono dunque messe da Lawrence in primo piano rispetto alle strutture politiche, economiche e sociali che tendono a irreggimentare ciascun individuo in schemi preordinati, che mortificano l’istintualità e le spinte profonde dell’essere umano al fine di tenere sotto controllo comportamenti e atteggiamenti rischiosi per l’ordine generale.111

L’atteggiamento trasgressivo dello scrittore rimanda al pensiero anticonformista di Nietzsche, che rinnega il sistema di valori repressivi alla base della società civile. Secondo Colin Milton, Lawrence ha in comune con Nietzsche la concezione dell’individuo, un complesso organismo formato da un insieme di impulsi disposti in modo gerarchico e caratterizzati da un’estrema dinamicità e fluidità. L’assenza di stabilità nell’essere umano determina una costante oscillazione di valori e sentimenti, ciò che il critico intende con l’espressione “flow of feelings”:

What ultimately determines the shape of our lives is the flow of feelings, because our feelings are instinctive judgements of what is useful and harmful for us at particular stages of our growth, and originate with those urges that currently dominate us.112

Ne deriva che il sistema di valori morali non è assoluto, piuttosto si modifica e varia secondo i cambiamenti che interessano l’individuo a livello emotivo. La visione relativistica della morale nietzschiana mostra pertanto una evidente somiglianza con la concezione dello scrittore, che considera i giudizi morali come valori soggettivi e mutevoli, che variano secondo gli individui e le circostanze:

Both Lawrence and Nietzsche contrast this fluid, provisional, individual kind of morality with the ‘absolute’ morality imposed by Christianity, with its claim to universal validity. They argue that this kind of code was developed in the first instance by those who needed to impose a rigid and prolonged discipline over their impulses, but was then used as an instrument of revenge by those ill-constituted individuals and has corrupted and weakened the strong.113

In questo paragrafo il pensiero di Lawrence sarà analizzato in relazione ad alcuni concetti, il risentimento, il senso di colpa e la cattiva coscienza, mutuati 







111 Simonetta de Filippis, “Immagini erotiche e strutture del sentire. La sfida di David Herbert

Lawrence”, in La retorica dell’eros. Figure del discorso amoroso nella letteratura europea moderna, a cura di Stefano Manferlotti, Roma, Carocci, 2009, p. 165.

112 C. Milton, op. cit., p. 231. 113 Ibidem.

dalla filosofia nietzschiana.114 La mia analisi verterà in particolar modo sul romanzo The Trespasser, di cui verrà fornita una lettura ispirata dal pensiero del filosofo. Ancora una volta saranno poste in rilievo le dinamiche che caratterizzano il rapporto di coppia, dinamiche che si manifestano attraverso la natura proteiforme e fluttuante della psiche dei due protagonisti, Siegmund e Helena e che permettono di avallare l’ipotesi che l’epilogo distruttivo della loro storia, culminante nel suicidio del protagonista, sia dovuto all’insorgenza di un sentimento negativo, causato dalla repressione degli istinti, che in questo romanzo appare incarnata principalmente nella figura femminile.

L’azione repressiva esercitata dalla donna sull’uomo assume tuttavia una valenza simbolica nel romanzo, giacché, come è mia intenzione argomentare, dietro di essa si cela una più vasta repressione sociale. Siegmund può essere, dunque, considerato una vittima della tirannide esercitata da una società moralmente chiusa e ottusa, che ambisce all’annichilimento dell’individuo, minando la sua aspirazione alla singolarità e facendo di esso un individuo gregario e conforme a uno schema di valori assoluti.

Sin dagli esordi della sua carriera letteraria, Lawrence si dimostra reattivo nei confronti di una morale repressiva, che era stata il fondamento dell’educazione che aveva ricevuto da ragazzo. Ad ogni modo, all’epoca della pubblicazione di The Trespasser, lo scrittore non appare ancora completamente libero dall’influenza della società post-vittoriana. Nei suoi primi romanzi, infatti, egli mostra ancora un’attitudine ambivalente rispetto alla questione della morale, il risultato di una coscienza lacerata, divisa tra il rispetto delle convenzioni, da un lato, e l’ansia di rinnovamento dall’altro.

L’attacco che Lawrence rivolge alla morale è diretto specialmente al Cristianesimo, che, accusato di esercitare un potere distruttivo sulle coscienze individuali, è reso responsabile di una deformazione degli istinti. In “A Propos of Lady Chatterley’s Lover”, Lawrence afferma che le vere emozioni, che definisce nel saggio “higher emotions”, sono state annientate, giacché l’individuo costringe se stesso a provare soltanto quei sentimenti che gli vengono consentiti, e cioè le false emozioni, quelle che provengono dalla mente, sottoposte al controllo della ragione e pertanto private della loro spontaneità:









114 Sull’uso dei concetti del risentimento e della cattiva coscienza da parte di Nietzsche si rimanda

And by higher emotions we mean love in all its manifestations, from genuine desire to tender love, love of our fellow-men, and love of God: we mean love, joy, delight, hope, true indignant anger, passionate sense of justice and injustice, truth and untruth, honour and dishonour, and real belief in anything: for belief is a profound emotion that has the mind’s connivance. All these things today, are more or less dead. We have in their place the loud and sentimental counterfeit of all such emotion.115

In un altro saggio, “The Novel and the Feeling” (1925), è enfatizzata la separazione tra la parte razionale da un lato e le emozioni dall’altro, e queste ultime sono definite la manifestazione del lato oscuro dell’essere umano, che è fonte di vitalità ma che l’uomo tende a reprimere, per effetto della civiltà, che impone la rinnegazione degli istinti. Questa condizione, afferma Lawrence, conduce l’uomo verso uno stato di follia, dal momento che la repressione del suo aspetto vitale e istintivo è causa della sua degenerazione. Lo scrittore paragona, quindi, l’essere umano a un animale, che si trasforma in una belva feroce se tenuto in cattività.116

Lawrence mostra di condividere, dunque, l’opinione di Nietzsche, che attribuisce agli istinti un valore fondamentale affinché vi sia armonia nell’individuo. Come si è già detto nel capitolo precedente, il filosofo tedesco, individua nelle due categorie estetiche dell’apollineo e del dionisiaco la manifestazione di due elementi essenziali nell’arte, rispettivamente, la parte razionale e la parte istintuale, e considera l’antica Grecia un esempio perfetto di civiltà, in cui si realizza l’equilibrio tra le due parti in una unione armonica, una perfezione che Nietzsche contrappone alla civiltà a lui contemporanea, che spinge gli individui a condurre un’esistenza fatta di sacrifici e rinunce, nel timore della vita eterna.

Sia Lawrence che Nietzsche considerano l’uomo moderno una creatura repressa e corrotta. Pertanto l’affermazione dello scrittore secondo cui gli istinti sono stati corrotti e deviati nella maggior parte degli uomini del suo tempo può essere messa a confronto con quanto espresso dal filosofo nella Genealogia della morale:

[…] grazie all’eticità dei costumi e alla sociale camicia di forza l’uomo venne reso effettivamente calcolabile. Mettiamoci invece al termine dell’immenso processo, là dove









115 D. H. Lawrence, “À Propos of Lady Chatterley’s Lover” (1930), in Lady Chatterley’s Lover,

cit., p. 312.

116 Cfr. D. H. Lawrence, “The Novel and the Feeling” (1925), in Study of Thomas Hardy and

l’albero finalmente fa maturare i suoi frutti, dove la società e la sua eticità di costumi porta infine alla luce lo scopo per il quale essa fu unicamente il mezzo: troveremo il più maturo frutto del suo albero, l’individuo sovrano, l’individuo eguale soltanto a se stesso, nuovamente riscattato dalla eticità dei costumi, autonomo, sovramorale («autonomo» e «etico» si escludono), insomma l’uomo dalla propria, indipendente, durevole volontà, al quale è consentito promettere – e in lui una superba coscienza, palpitante in ogni muscolo, di quel che ora finalmente è stato conseguito e che è divenuto, in lui, carne e sangue, una vera consapevolezza di potenza e libertà, un senso di compimento dell’uomo in generale.117

Questa definizione si addice alla personalità di Siegmund, dal momento che il romanzo si fonda sul tentativo da parte di questo personaggio di realizzare pienamente la propria individualità. Siegmund sembra pertanto assumere le caratteristiche di un oltreuomo nietzschiano, sebbene il tragico epilogo del romanzo mostri, al contrario, la sua sconfitta. Come afferma Daniel Schneider, in questo romanzo:

Lawrence accepts the nietzschean idea that the male fiercely desires to strive ‘beyond himself,’ to become a heroic soul, proud and brave in his manhood, able to act independently against public opinions and conventions. […] failure to follow this creative, purposive promptings entails psychic destruction; the inability to resist conventional opinion results in psychic death.118

La repressione delle emozioni è il risultato di una spiritualità sclerotizzata e degenerata. Ciò implica l’interiorizzazione degli istinti, ai quali viene impedito di avere una manifestazione esterna. Questo processo, che Nietzsche definisce “interiorizzazione dell’uomo” è descritto dal filosofo in un passo della Genealogia della morale:

Quei terribili bastioni con cui l’organizzazione statale si proteggeva contro gli antichi istinti della libertà – le pene appartengono soprattutto a questi bastioni – fecero sì che tutti codesti istinti dell’uomo selvaggio , libero, divagante si volgessero a ritroso, si rivolgessero contro l’uomo stesso. L’inimicizia, la crudeltà, il piacere della persecuzione, dell’aggressione, del mutamento, della distruzione – tutto quanto si volge contro i possessori di tali istinti: ecco l’origine della «cattiva coscienza».119

Nietzsche sottolinea la metamorfosi cui l’uomo viene sottoposto nel momento in cui è costretto a rinnegare i propri istinti al fine di adattarsi alle regole imposte della società, e considera tale cambiamento la causa della “malattia” che affligge l’umanità. Similmente, Lawrence enfatizza il potere distruttivo del processo di civilizzazione. Questa corrispondenza tra i due intellettuali costituisce il punto 







117 F. Nietzsche, Genealogia della morale, cit., p. 257.

118 D. J. Schneider, D. H. Lawrence: The Artist as Psychologist, cit., p. 120. 119 F. Nietzsche, Genealogia della morale, cit., p. 284.

principale della lettura nietzschiana di The Trespasser che intendo proporre, fondata sull’ipotesi che la repressione degli istinti sia la causa della degenerazione degli stessi, dal momento che essi sono trasformati in sentimenti negativi, come l’odio, la vendetta, il risentimento.

A causa della repressione dei suoi istinti, Siegmund è coinvolto nel processo di interiorizzazione che fa nascere in lui il sentimento della cattiva coscienza, l’espressione che Nietzsche adopera per indicare il senso di colpa. Si tratta di un processo lungo e graduale di cui possiamo distinguere le diverse fasi coincidenti con le mutazioni psichiche cui i protagonisti vanno incontro. Nietzsche attribuisce l’invenzione della cattiva coscienza all’uomo del risentimento, un individuo debole e fragile, che incarna il trionfo delle forze reattive, e che pertanto è messo in contrasto con “l’uomo attivo, aggressivo, prevaricante […] cento passi più vicino alla giustizia dell’uomo che reagisce”.120

È un uomo sofferente, ma incapace di conoscere le vere cause del suo dolore, pertanto, egli è spinto a ricercarle dentro di lui e a considerarle come una punizione per qualcosa che ha commesso. In questo modo Nietzsche spiega l’origine della cattiva coscienza.

Il senso di colpa che spinge Siegmund al suicidio è il risultato della repressione degli istinti raggiunta per effetto di una spiritualità degenerata. Per spiegare il modo in cui questo sentimento si origina nella psiche del personaggio, occorre partire dall’analisi dei due protagonisti e della tormentata relazione adultera in cui sono coinvolti. Il romanzo è stato concepito con l’intento di dimostrare che la relazione tra un uomo e una donna può condurre alla distruzione, anziché al completamento dei singoli individui, se viene a mancare la condizione essenziale costituita dall’equilibrio degli opposti. È probabile che Lawrence, mentre scriveva The Trespasser, avesse già in mente la concezione del rapporto di coppia espressa qualche anno dopo nello “Study”. In questo romanzo, l’ostacolo posto alla relazione ideale è rappresentato dall’assenza di dinamicità nella coppia, che ne sovverte l’equilibrio. Siegmund e Helena appaiono, difatti, come due individui statici. Questa staticità, che impedisce il flusso osmotico tra i due, è tuttavia controbilanciata dai frequenti mutamenti che interessano la loro psiche, e che trovano un correlativo oggettivo nell’andamento ritmico del testo e nella sensazione di fluidità veicolata attraverso le frequenti immagini acquatiche. 







Nella scena iniziale del romanzo, la descrizione di movimenti ritmici e regolari, che sembrano alludere al ritmo della danza e della musica, nonché all’immagine del fluire delle onde, genera la percezione di un’avvolgente fluidità. La fiamma della candela, nel suo movimento ondulatorio, sembra danzare al ritmo della musica, il vestito di Helena oscilla mentre ella suona il violino e la manica segue i movimenti dell’archetto. Persino l’arredamento della stanza ha un aspetto evanescente: “[…] all seemed uneasy, as if they might be tossed out to leave the room clear, with its green floor and walls, and its white rim of skirting-board, serene”.121 L’uso di verbi di movimento, come “swing”, “float”, “flutter”, rafforza la dinamicità della scena, che risulta in contrasto con la figura della ragazza, di cui è enfatizzata la staticità mentre guarda fuori dalla finestra il caos della città: “a vulgar storm of life [that] seemed shut out of Helena’s room, which remain indifferent, like a Church”.122 Le immagini di fluidità che pervadono questa scena

rappresentano la cornice ideale per dare maggiore rilievo alla staticità della protagonista. Come sottolinea Lawrence, Helena suona il violino in un modo meccanico, la musica, infatti, fuoriesce dallo strumento come se fosse privata della sua naturale fluidità, “lifeless, very hurting to hear”.123 Tale meccanicità pervade anche l’aspetto della ragazza; mentre suona, infatti, il suo corpo è paragonato all’asticella di un metronomo, al fine di sottolineare l’assenza di spontaneità nei suoi movimenti, come se si muovese per inerzia.

Nell’incipit del romanzo, pertanto, appare già delineato lo schema duale su cui esso si fonda: l’opposizione tra dinamicità e staticità è difatti un elemento reiterato nel testo. La visione dialettica di ispirazione nietzschiana è una caratteristica centrale del pensiero di Lawrence; si può dire, infatti, che The Trespasser contenga in nuce aspetti che emergono nelle sue opere maggiori, tra i quali la sua concezione dualistica dell’esistenza. Stando a questa teoria, tutte le forze in natura devono essere bilanciate, per cui ad ogni azione corrisponde una reazione, cioè un’azione nuovamente agita. Dalla lettura di Nietzsche emerge tuttavia il valore negativo attribuito alle forze reattive, che indicano l’assenza di azione, e dunque una condizione passiva. Pertanto, l’apparente staticità di Helena nella scena che è stata appena descritta può essere interpretata come una reazione 







121 D. H. Lawrence, The Trespasser, cit, p. 6. 122 Ivi, p. 8.

rispetto al dolore legato a un avvenimento accaduto in precedenza, che si manifesta attraverso il ricordo.

Secondo l’etimologia del termine, il risentimento è qualcosa che è sentito di nuovo, pertanto esso denota un’emozione che ritorna. Nietzsche sottolinea la natura reattiva di questa emozione e identifica la memoria delle tracce mnestiche con la fonte dell’odio che sorge nell’uomo del risentimento, inteso come una reazione volta a compensare l’incapacità di liberarsi dal ricordo. The Trespasser fornisce una eccellente illustrazione della reminiscenza di eventi passati, dal momento che la sua struttura temporale circolare permette un’oscillazione tra passato e presente. Il romanzo ha inizio nel presente, quando Siegmund è già morto. Nel primo capitolo ci sono alcuni elementi che ci consentono di stabilire un’analogia con il pensiero nietzschiano rispetto alla concezione del tempo. Helena sembra vivere esclusivamente in relazione alla memoria del suo amato, una condizione che comporta una rinuncia alla vita da parte sua. Byrne, un altro personaggio maschile che compare all’inizio e alla fine del romanzo, le fa notare la passività dell’esistenza che sta conducendo dalla morte di Siegmund, e la paragona a un albero deciduo che aspetta l’arrivo della primavera per sbocciare a una nuova vita. Il segno di una ustione solare che Helena ha sul braccio, che stranamente, non è ancora guarito a febbraio, appare come una cicatrice permanente, associata al dolore infinito che la donna prova dentro di sé. Esso ha pertanto una duplice funzione: può essere inteso come un segno esteriore che indica la somatizzazione del suo dolore, ma soprattutto, rievoca nella sua mente il ricordo dell’ultima vacanza estiva trascorsa con Siegmund sull’isola di Wight. A causa della sua incapacità di dimenticare, che è all’origine del continuo ritorno del passato, Helena può essere definita una “dispeptica” nel senso che Nietzsche attribuisce al termine.124

La struttura temporale del romanzo evoca il concetto nietzschiano dell’eterno ritorno. Il testo si compone di una sequenza di brevi episodi, nei quali si articola la trama, che segue un movimento ciclico che ha inizio nel presente e termina nuovamente nel presente, dopo una lunga parentesi costituita da un passato ricreato nella forma del ricordo, che costituisce la parte centrale del romanzo. Questa struttura circolare del tempo evoca una sensazione di stagnazione, sia temporale che psichica. È da notare la simmetria tra il primo e 







l’ultimo capitolo, giacché l’epilogo appare come un’immagine speculare del preludio. Il capitolo conclusivo di The Trespasser è inserito nella stessa cornice temporale di quello iniziale, la sola differenza consiste nella stagione, dal momento che gli eventi narrati in esso si svolgono in estate, circa un anno dopo la morte di Siegmund. Durante una passeggiata con Byrne, si attiva in Helena il meccanismo incessante del ricordo: “‘Exactly a year today, Siegmund and I walked here – by the day, Thursday. We went through the larch-wood. Have you ever been through the larch-wood?’”125. L’immagine dell’eterno ritorno è successivamente rafforzata dall’affermazione di Byrne: “‘History repeats itself’”.126

Il comportamento di Helena e Byrne evoca un’analogia con la teoria dell’opposizione tra volontà di movimento e volontà di inerzia, espressa da Lawrence nello Study:

Like a restless insect he hovered about her, like a butterfly whose antennae flicker and twitch sensitively as they gather intelligence, touching the aura, as it were, of the female. He was ecceedingly delicate in his handling of her.127

Ad ogni modo, qui è la staticità femminile a prevalere sulla dinamicità dell’uomo, giacché Helena appare caratterizzata dalla stessa meccanicità di cui si è detto riguardo al primo capitolo:

Helena stood still, gazing up at the tree-tops where the bow of the wind was drawn, causing