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6.2 “But let us pull the tail out of the mouth of this serpent”: eterno ritorno ed evoluzione ontogenetica tra storia e mito

Nel paragrafo appena concluso, l’idea lawrenciana della differenziazione progressiva dell’individuo dalla totalità “organica”, costituita dal legame con le generazioni precedenti e con l’ambiente da cui esso proviene, è stata messa in relazione alla teoria darwiniana dell’evoluzione, in maniera tale da fare emergere l’atteggiamento critico dello scrittore rispetto alla visione deterministica dell’esistenza che la sottende. Lo sviluppo individuale per Lawrence è tuttavia anche movimento temporale nella storia, ed è proprio l’aspetto riguardante il determinismo storico che ora si intende prendere in considerazione.

Nel quarto capitolo dello “Study” Lawrence afferma che il legame con la tradizione è una caratteristica connaturata nell’individuo, il quale, sebbene sia sempre pronto ad affrontare nuove esperienze, nel momento in cui si accinge a compiere un’azione, reitera un’esperienza passata:

It seems to me as if a man, in his normal state, were like a palpitating leading-shoot of life, where the unknown, all unresolved, beats and pulses, containing the quick of all

experience, as yet unrevealed, not singled out. But when he thinks, when he moves, he is retracing some proved experience.24

L’uomo, sostiene lo scrittore, si rivolge al passato per avere delle certezze su cui fondare la propria vita, le proprie azioni, il proprio lavoro; tuttavia, per essere completamente soddisfatto ha bisogno di abbandonarsi all’incertezza, alla “non conoscenza” legata all’incognita del futuro:

He may find knowledge by retracing the old courses, he may satisfy his moral sense by working within the known, certain of what he is doing. But for real, utter satisfaction, he must give himself up to complete quivering uncertainty, to sentient non-knowledge.25

Lawrence interpreta questa dipendenza dell’individuo dal bagaglio di esperienze passate che conserva nella sua memoria come un meccanismo perverso che inibisce la sua aspirazione verso lo sviluppo individuale. Pertanto l’esperienza delle cose che appartengono al passato è in antitesi con la vera natura dell’uomo, orientata alla crescita e al futuro, ed è vista da Lawrence come una prigione che impedisce all’individuo di essere liberamente se stesso:

And in the end, this is always a prison to him, this proven, deposited experience which he must explore, this past of life. For is he not in himself a growing tip, is not his own body a quivering plasm of what will be, and has never yet been?

[…] There is the necessity for self preservation, the necessity to submerge himself in the utter mechanical movement. But why so much: why repeat so often the mechanical movement? Let me not have so much of this work to do, let me not be consumed overmuch in my own self-preservation, let me not be imprisoned in this proven, finite experience all my days.26

La finalità dell’esistenza umana, secondo lo scrittore, consiste nell’adempimento di un compito predeterminato all’interno della società. Inglobati in un meccanismo di ripetizione, che li spinge a produrre sempre di più, gli uomini dimenticano l’obiettivo principale della propria esistenza, vivere in modo spontaneo e creativo, e considerano il proprio lavoro, la ripetizione di azioni, “repeating one set of actions”, lo scopo precipuo della loro vita. A questa grande maggioranza di esseri umani, cui viene impedito di sviluppare la propria individualità, lo scrittore contrappone una esigua minoranza, formata da uomini









24 Ivi, p. 424. 25 Ivi, p. 425. 26 Ibidem.

eletti – eroi, li definisce Lawrence – scampati a questa condizione di stagnazione temporale:

This has been the cry of humanity since the world began. This is the glamour of kings, the glamour of men who had the opportunity to be, who were not under compulsion to do, to serve. This is why kings were chosen heroes, because they were beings, the producers of new life, not servants of necessity, repeating old experience.

[…] Some men are far from the growing tip. They have little for growth in them, only the power for repeating old movement.27

È possibile cogliere un richiamo al concetto nietzschiano dell’“eterno ritorno” in questa sezione del saggio di Lawrence, dove viene proposta una visione ciclica della temporalità, e l’immagine del serpente che si morde la coda, chiara allusione allo Zarathustra, conferma l’intuizione: “But let us pull the tail out of the mouth of this serpent. Eternity is not a process of eternal self- inglutination”.28 L’allusione alla voracità insita in questa metafora rimanda alla

diagnosi che Nietzsche propone per l’umanità, affetta da un disturbo dispeptico derivante dall’incapacità di dimenticare il passato e di sottrarsi al movimento fagocitante imposto dalla storia. Nietzsche afferma che solo un uomo superiore, dalla forte personalità, potrebbe sopportare il gravame del passato, mentre i più deboli si lasciano sopraffare dal suo dominio.29

Per il filosofo, dunque, il discorso biologico collima con il discorso storico: l’eredità ricevuta dalle generazioni precedenti, infatti, consiste nella trasmissione di una serie di informazioni che, oltre ai caratteri biologici, includono sentimenti, valori e abitudini. Pertanto, ogni singolo individuo possiede nella sua personalità una parte del passato. Anche Lawrence definisce l’individuo un organismo comunitario, piuttosto che un’entità singola, perché in esso persiste il legame con la tradizione familiare, storica e culturale alla quale è legato. La condizione di individualità può essere raggiunta soltanto se l’essere umano riesce a liberarsi dal peso della memoria storica:









27 Ivi, pp. 424-425.

28 Ivi, p. 422. Nel capitolo dello Zarathustra intitolato “La visione e l’enigma”, Nietzsche illustra

la sua teoria dell’eterno ritorno. L’immagine del pastore che morde e sputa la testa del serpente può essere messa a confronto con la metafora adoperata dalla scrittore. Cfr. F. Nietzsche, Così parlò Zarathustra, cit., pp. 189-194. La simbologia associata al serpente sarà oggetto del capitolo successivo.

29 Cfr. F. Nietzsche, Sull’utilità e il danno della storia per la vita. Considerazioni inattuali II, a

‘Come away from the crowd and the community, come away and be separate in your own soul, and live. Your business is to produce your own real life, no matter what the nations do. The nations are made up of individual men, each man will know at lenght that he must single himself out, nor remain any longer embedded in the matrix of his nation, or community, or class. Our time has come; let us draw apart. Let the physician heal himself’.30

The Rainbow e il romanzo che, meglio di ogni altro, incarna l’ideale lawrenciano di liberazione dell’individuo dal legame con il passato, costituito oltre che dai vincoli di sangue, anche dalle tradizioni e dalla storia, che tengono ciascuna identità ancorata alla comunità. Dopo il fallimento incontrato da Paul Morel alla fine del suo percorso di emancipazione in Sons and Lovers, Lawrence ripropone tale tematica in The Rainbow, in cui percorre le fasi della crescita di Ursula, il personaggio che incarna l’ideale di individualizzazione cui anela l’essere umano.

Il romanzo si incentra, difatti, sul processo di formazione della protagonista, una evoluzione ontogenetica che mira al suo distacco dalla totalità. La narrazione del destino individuale del personaggio è inglobata nel movimento della storia universale, di cui sono messe in risalto le dinamiche in relazione ai cambiamenti generazionali che si verificano all’interno della famiglia Brangwen. Il racconto della vita di una donna, la storia di una famiglia e i mutamenti storico- sociali che interessano un mondo in perpetua trasformazione sono dunque interrelati in un microcosmo dove gli aspetti personali e impersonali si fondono vicendevolmente. Come afferma Ebbatson, infatti, in questo romanzo l’evoluzione del contesto sociale avviene di pari passo con le trasformazioni che interessano l’individuo.31

A causa di queste sue caratteristiche, The Rainbow è stato definito un romanzo storico.32 Secondo Mark Kinkead-Weekes esso è stato concepito sulla base di una dicotomia tra mondo reale e mondo archetipico, tra storia e mito. Se da un lato, sostiene il critico, il romanzo mostra personaggi archetipici, uomini e donne universali proiettati in una dimensione astorica, dove gli esseri umani sono uniti alla totalità del mondo naturale, dall’altro, invece, esso presenta il mondo dell’individuazione, della civiltà, dove, al contrario, vige la separazione e 







30 D. H. Lawrence, “Study of Thomas Hardy”, cit., p. 429. 31 Cfr. R. Ebbatson, The Evolutionary Self, cit, p. 86.

32 Cfr. Mark Kinkead-Weeks, “The Sense of History in The Rainbow”, in D. H. Lawrence in the

l’assenza di legami. Questi due mondi contrapposti sono rappresentati dall’opposizione tra il mondo rurale e la città.33 Kinkead-Weeks evidenzia una linea di cesura nel primo capitolo, che mostra il passaggio da un universo all’altro; nella prima sezione, infatti, è presentato un mondo atemporale, nella seconda, invece, che comincia con una data, il 1840, relativa alla costruzione del canale di Nottingham, ha luogo l’incursione nella storia.34 L’ingresso nella dimensione storica coincide con l’introduzione dei personaggi. All’inizio, infatti, gli uomini e le donne sono considerati in relazione alla loro appartenenza a categorie universali, solo in un secondo tempo entrano in scena i reali protagonisti del romanzo e sono descritte le loro vicende personali.

La visione della storia che Lawrence propone in questo romanzo fa eco alla teoria vichiana dei corsi e ricorsi storici, che, tra l’altro, aveva ispirato anche il suo contemporaneo Joyce. Lo scrittore non concepisce la storia come una progressione lineare di eventi, bensì preferisce parlare di movimenti ciclici all’interno della struttura temporale. Si è già visto nel quinto capitolo che per Lawrence l’esistenza si origina dall’interazione dialettica di forze creative e distruttive, una condizione che, in un certo senso, consente di interpretare la storia in senso mitico, e quindi non in riferimento allo scorrere lineare del tempo, bensì in relazione a una temporalità ciclica, finalizzata a un ritorno alle origini. Ne deriva un continuo dialogo tra passato e presente, che lo scrittore enfatizza nel suo saggio Movements in European History:

Life makes its own great gestures, of which men are the substance. History repeats the gesture, so we live in it once more, and are fulfilled in the past. Whoever misses the education in history misses his fulfilment in the past.35

È possibile distinguere in The Rainbow la connessione tra due diversi aspetti della temporalità. Da un lato, il tempo veicola la sensazione di fluidità legata allo scorrere degli eventi simboleggiato dal flusso generazionale, dall’altro, invece, conferisce un senso di staticità attraverso il ritorno di esperienze simili, introiettate dai protagonisti. Ad ogni modo, il passato assume un’importanza rilevante nel romanzo, perché in un certo senso, come afferma Michael Bell, esso 







33 Ivi, p. 122.

34 Cfr. Mark Kinkead-Weeks, “The Marriage of Opposites in The Rainbow”, in D. H. Lawrence:

Centenary Essays, ed. Mara Kalnins, Bristol, Bristol Classical Press, 1986, p. 21.

è parte integrante dell’esistenza attuale dei personaggi, un tempo psicologico e interiorizzato, che si affianca alla cronologia storica degli eventi.36 La presenza costante del passato nella psiche individuale, nota Bell, si riscontra soprattutto nella prima generazione dei Brangwen, giacché essa si va affievolendo a mano a mano che si progredisce nelle moderne generazioni verso lo sviluppo di una coscienza individuale.37

Il ritorno al passato caratterizza anche la genesi del romanzo. Al fine di narrare l’esperienza della sua moderna eroina, Ursula, lo scrittore non ha potuto evitare di volgere il proprio sguardo a ritroso, verso le generazioni che l’hanno preceduta, e ancora oltre, verso un più ampio contesto storico-sociale. Per questo motivo, Lawrence concepì The Rainbow come un romanzo preliminare rispetto a Women in Love, in cui avrebbe narrato le vicende della giovane Ursula e di sua sorella Gudrun.

La visione ciclica della storia, caratterizzata dal ritorno del passato nel presente, rischia però di diventare un movimento ostile alla vita, giacché ostacola lo sviluppo lineare del singolo. Tale è il senso della metafora nietzschiana del serpente che Lawrence cita nello “Study”, da cui traspaiono gli stessi timori che già il filosofo manifestava riguardo all’eterna ripetizione degli eventi su cui vedeva fondata l’esistenza. Fagocitando esperienze già vissute, l’essere umano è inglobato nel meccanismo ciclico della storia, e, incapace di svincolarsi dall’oppressione del passato, ne risulta indebolito.

Come per Nietzsche, dunque, anche per Lawrence la ciclicità temporale mina il processo di crescita individuale del singolo. Nella società descritta in The Rainbow la vita è meccanica e ripetitiva e la gente indossa maschere sociali, modellate su un sistema morale rigido, che impedisce l’espressione della naturale spontaneità dell’individuo. Questa caratteristica fa sì che le persone appaiano agli occhi di Ursula e di Skrebensky come degli esseri indifferenziati, dei burattini di legno che recitano la loro parte nel teatro della società, ciascuno in base al proprio ruolo sociale, indossando una uniforme civile:

Their good professors, their good clergyman, their good political speakers, their good earnest women – all the time he felt his soul was grinning, grinning at the sight of them. So many performing puppets, all wood and rag for the performance.









36 Michael Bell, D. H. Lawrence: Language and Being, cit., p. 70. 37 Ibidem.

He [Skrebensky] watched the citizen, a pillar of society, a model, saw the stiff goat’s legs, which had become almost stiffened to wood in the desire to make them puppet in their action, he saw the trousers formed to the puppet action: man’s legs, but man’s legs become rigid and deformed, ugly, mechanical.38

La metafora del burattino si rivela particolarmente indicata per spiegare la condizione di questi individui, sclerotizzati fino a raggiungere la solidità del legno, deformati, meccanizzati. Esseri avulsi dal contatto con la terra e con il resto della natura, che hanno assunto le sembianze di un mostro meccanico che nell’apparenza somiglia a un crostaceo, animale che sotto la dura corazza del guscio nasconde un corpo molle. A questa categoria non sfugge Clifford Chatterley, che dal punto di vista di sua moglie Constance sembra persino essere interessato da una sorta di mutazione genetica che lo trasforma in una creatura simile a un granchio:

But now that Clifford was drifting off to this weirdness of industrial activity, becoming almost suddenly changed into a creature with a hard, efficient shell of an exterior and a pulpy interior, one of the amazing crabs and lobsters of the modern industrial and financial world, invertebrates of the crustacean order, with shells of steel, like machines, and bodies of soft pulp, Connie herself was completely stranded.39

Questi invertebrati, creature della civiltà moderna, conservano la spontaneità e la dinamicità della vita ancora intatte sotto il duro carapace. L’interno molle racchiuso dal guscio esterno simboleggia la fluidità della vita sottoposta a una continua crescita, il principio di individuazione e la volontà di potenza, che rendono ciascun uomo un essere distinto. Questa cellula vitale, ancora allo stato embrionale, rappresenta il feto di una nuova generazione, che per venire alla luce deve necessariamente sgretolare la crosta uniforme che lo racchiude.

Il personaggio di Ursula, in particolar modo, incarna la speranza di un rinnovamento sociale, raffigurato attraverso l’immagine dell’arcobaleno – “the rainbow”, che dà il titolo al romanzo – simbolo di riconciliazione e rinascita. Secondo la sua visione, modellata su quella dell’autore, la sclerotizzazione dell’uomo contemporaneo è un fenomeno che investe il corpo soltanto in superficie, pertanto, in profondità sono ancora presenti tracce di vita che lasciano sperare in una rinascita futura. The Rainbow termina con la visione da parte di Ursula di una società rinnovata e rigenerata, di cui l’arcobaleno è l’annuncio: 







38 D. H. Lawrence, The Rainbow, cit., p. 416.

She knew that the sordid people who crept hard-scaled and separate on the face of the world’s corruption were living still, that the rainbow was arched in their blood and would quiver to life in their spirit, that they would cast off their horny covering of disintegration, that new, clean, naked bodies would issue to a new germination, to a new growth, rising to the light and the wind and the clean rain of heaven. She saw in the rainbow the earth’s new architecture, the old, brittle corruption of houses and factories swept away, the world built up in a living fabric of Truth, fitting to one over-arching heaven.40

La rinascita simboleggiata dall’arcobaleno e dalla metafora botanica della germinazione non implica una regressione verso un modello di civiltà primitivo, fondato sul dominio assoluto dei sensi. Lo scrittore sottolinea l’importanza della conoscenza fondata sull’istinto, intesa come l’espressione più autentica dell’interiorità dell’essere umano, e ne auspica la riconciliazione con un tipo di conoscenza meramente razionale. Nella società a lui coeva, invece, Lawrence riscontra il verificarsi di una situazione antitetica rispetto al suo ideale di coesistenza armonica di corpo e mente. La prevalenza della ragione sull’istinto, con l’imposizione di un rigido sistema di valori morali, ha sovvertito l’equilibrio psichico interiore dell’uomo moderno. In questa stessa società vivono e agiscono i personaggi creati da Lawrence, stretti nella morsa della “morale assoluta” imposta loro dall’esterno, che impedisce il corretto sviluppo dell’individualità del singolo. La creazione di un codice di valori assoluti coincide con lo sviluppo della coscienza mentale dell’individuo, che limita la spontaneità dell’uomo, imponendo invece un sistema morale fisso e immutabile, che non tiene conto della qualità proteiforme dell’essere umano e, negando la naturale fluidità della vita, rende quest’ultima meccanica e ripetitiva.41

Lawrence riscontra nei suoi contemporanei l’assenza di vitalità. L’esistenza dell’uomo moderno appare, difatti, regolata da un principio meccanico che investe il naturale sviluppo organico della vita:

The rigidity of the blank streets, the homogeneous amorphous sterility of the whole suggested death rather than life. There was no meeting place, no centre, no artery, no organic formation. There it lay, like new foundations of red-brick confusion rapidly spreading like a skin-disease.42

Ursula, ad esempio, percepisce la rigidità del mondo che la circonda e, al contempo, avverte la sua estraneità rispetto alla totalità amorfa e omogenea nella 







40 D. H. Lawrence, The Rainbow, cit., pp. 458-459.

41 Sul concetto di morale assoluta si veda C. Milton, op. cit., p. 162. 42 D. H. Lawrence, The Rainbow, cit., p. 320.

quale è invischiata gran parte dell’umanità. Contrariamente alla massa, ella sente di non essere ancorata a un’identità fissa e immutabile, ed è conscia della sua diversità rispetto agli altri, con i quali non riesce a stabilire un contatto. In realtà, però, proprio a causa della natura indefinita del suo io, Ursula sviluppa un senso identitario più forte rispetto agli altri esseri umani, ancorati a forme fisse dell’essere, perché in lei persiste la spontaneità individuale:

She gave something to other people, but she was never herself, since she had no self. She was not afraid nor ashamed before trees and bords and the sky. But she shrank violently from people, ashamed she was not as they were, fixed, emphatic, but a wavering, undefined sensibility only, without form or being.43

Sembra a questo punto evidente, nella visione di Lawrence, la correlazione tra il discorso storico e il discorso biologico oggetto di discussione del paragrafo precedente. Considerato da entrambi i punti di vista, l’essere umano è incluso in una sorta di aggregato sovraindividuale, ed è pertanto inserito in una serie di determinismi – legati, nel primo caso alla cronologia degli eventi esterni, nel secondo, invece, al movimento generazionale che ha luogo nel corso