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2. La Responsabilità Sociale d’Impresa

2.7. Le due dimensioni della CSR: “doing good” e “avoiding bad”

Nonostante la ricerca approfondita, la CSR rimane un argomento controverso che si riflette nel fatto che non esiste ancora definizione universale di essa (Okoye 2009).

Per meglio comprenderne la sua natura, potremmo arricchire la discussione sul tema introducendo una distinzione della CSRin due dimensioni idealtipiche (Lin-Hi e Müller, 2012; Minor e Morgan, 2011; Mohr et al., 2001): “doing good” (fare del bene) e “avoiding bad/harm” (evitare danni o disagi).

Una caratteristica principale della Responsabilità Sociale d’Impresa in termini di "fare del bene" è la sua natura volontaria (Spiess et al., 2013): ciò significa che consiste in attività di CSR che non sono prescritte dalla legge e in cui l’azienda dedica parte delle proprie risorse

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per promuovere volontariamente un cambiamento sociale positivo. In questo senso, la CSR in termini di "fare del bene" è strettamente correlata all'idea di una buona cittadinanza aziendale e di "restituzione" alla società (Carroll, 1998). Oltre a praticare ''fare del bene'', le imprese hanno la responsabilità di praticare la dimensione dell’ ''avoiding bad'' al fine di prevenire comportamenti irresponsabili, cioè comportamenti che danneggiano le parti interessate e la società nel suo complesso (Mena et al., 2015), garantire che alcuni standard minimi (etici) siano mantenuti nella vita lavorativa quotidiana per quanto riguarda questioni come le relazioni con i dipendenti, gli aspetti ambientali della produzione e la protezione dei consumatori.

In breve, la CSR in termini di "evitare il male" è legata alla prevenzione degli svantaggi per le parti interessate e per la società nel suo insieme (Campbell 2007, Kilcullen e Ohles Kooistra, 1999).

Il concetto di “avoiding bad” è strettamente connesso a quello di Corporate Irresponsibility, aspetto il quale raramente viene affrontato in modo esplicito nella discussione sulla RSI (Lin- Hi e Muller, 2013). La Corporate Social Irresponsibility si può definire come azioni aziendali che portano a (potenziali) svantaggi e / o danni ad altri attori. In generale, è possibile distinguere tra due forme di CSI: intenzionale e non intenzionale. La CSI intenzionale implica che le aziende compiano deliberatamente azioni che svantaggiano e / o danneggiano gli altri al fine di raggiungere un livello più alto di profitti e, pertanto, rappresenta un mezzo per realizzare obiettivi specifici.

La caratteristica chiave della CSI non intenzionale è che i (potenziali) svantaggi e / o danni agli altri non sono inflitti deliberatamente da un’azienda ma hanno più il carattere di un imprevisto o il risultato di una serie di eventi sfortunati (Lin-Hi e Müller, 2013).

A causa della complessità implicata nella creazione di valore aziendale, le imprese non possono escludere del tutto la possibilità che possano essere coinvolte in eventi di CSI: anzi possiamo affermare che più complesso è il business di un'azienda, più è probabile che si verifichino eventi inattesi e problematici (Strike et al., 2006).

Il motivo per cui la discussione sulla Responsabilità Sociale d’Impresa si sia concentrata prevalentemente sulla dimensione del "fare del bene", con conseguente poca attenzione alla dimensione dell’“evitare il male" è che la prima sembra generare effetti positivi più significativi per un'immagine responsabile rispetto alla seconda: da questo punto di vista, "fare del bene" è più attraente per le aziende che "evitare il male".

Una banca che fornisce microcredito nei paesi in via di sviluppo e un produttore di computer che fornisce alle scuole africane PC gratuiti si impegna oltre i requisiti legali per i gruppi svantaggiati di persone e apporta contributi degni di nota al benessere della società. Al

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contrario, l'astinenza dalla vendita di prodotti con caratteristiche negative nascoste o dal lavoro minorile nei siti di produzione può essere considerata un comportamento che può essere dato per scontato: le pratiche di "avoiding bad" costituiscono azioni che "ogni buon cittadino farebbe" (Davis, 1973). Pertanto, non è solitamente considerato indicativo della Responsabilità Sociale di una società e non viene premiato come tale. La natura volontaria del "fare del bene" invece, ha l'effetto di un faro che può aiutare un'azienda a segnalare il suo impegno verso la CSR in modo chiaro ed efficace.

Al contrario, è dato per scontato che le società non violino i diritti umani e non arrechino danni alla società pertanto è difficile per le aziende posizionarsi come attori responsabili attraverso un comportamento ovvio e scontato che nella maggior parte dei casi non viene ricompensato (Lin-Hi e Müller, 2013). Tuttavia i potenziali vantaggi del "fare del bene" si associano strettamente alla prevenzione della CSI. Possiamo affermare che un’azienda può essere socialmente responsabile e irresponsabile allo stesso tempo e questa potenziale coesistenza ha importanti implicazioni per una più profonda comprensione della Responsabilità Sociale d’Impresa.

La rilevanza di questa coesistenza deriva dal fatto che il valore effettivo della CSR dipende dalla percezione da parte degli stakeholder della performance della Responsabilità sociale di un'azienda. La responsabilità percepita di una società (pCSR) è importante (Lange e Washburn, 2012) perché gli atteggiamenti delle parti interessate, come la fedeltà dei clienti o l'impegno organizzativo dei dipendenti, sono determinati dalle loro percezioni soggettive e interpretazioni dei comportamenti dell’azienda piuttosto che da misure di performance dirette e obiettive (Mahon, 2002; Whetten e Mackey, 2002).

È probabile che sia il comportamento responsabile che il comportamento irresponsabile modifichino la percezione della CSR: il comportamento responsabile la aumenta, mentre il comportamento irresponsabile la diminuisce. In questo contesto, tuttavia, si presume che il comportamento irresponsabile abbia un effetto maggiore sulla CSR percepita rispetto al comportamento responsabile. Questa ipotesi è supportata da una ricerca psicologica che dimostra che le persone mostrano reazioni affettive e cognitive più forti all'informazione negativa piuttosto che a un'informazione positiva (Baumeister et al., 2001). Inoltre, nella presenza simultanea di informazioni positive e negative, alle informazioni negative viene dato più peso nella valutazione complessiva di un particolare argomento (Anderson, 1965, Kanouse e Hanson, 1972; Lange e Washburn, 2012). Pertanto la prevenzione di danni e disagi ai diversi stakeholder costituisce la “bottom line” della CSR: senza la capacità di prevenire eventi di irresponsabilità anche la migliore strategia di CSR non può realizzare il suo pieno potenziale economico o addirittura può essere completamente inefficace.

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È necessario sottolineare che "doing good" e "avoiding bad" sono costrutti di tipo ideale che vengono utilizzati ai fini di una migliore analisi e comprensione del fenomeno CSR, ma che in realtà, non è possibile tracciare una linea chiara poiché ci sono sovrapposizioni tra le due dimensioni. Nondimeno, questa distinzione fornisce una preziosa cornice che consente di stabilire alcune fondamentali relazioni di causa-effetto tra CSR e reputazione aziendale ed è favorevole alla generazione di nuove conoscenze teoriche e raccomandazioni manageriali chiare, semplici e solide (Lin-Hi e Blumberg, 2016).