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Sul Liber visionum et miraculorum di Erberto di Torres

1.1. Il Liber visionum et miraculorum e l’Exordium magnum In varie sedi e per lungo tempo si è affermata la convinzione che la struttura coerente e coesa dell’Exordium magnum di Corrado di Eber- bach1si dovesse considerare come un “miglioramento”, un assesta-

mento dei racconti visionari, miracolosi ed esemplari disordinatamen- te disposti dal Liber visionum et miraculorum Clarevallensium di Er- berto di Torres2.

3. All’origine dell’editio princeps di Chifletius, come già osservato da Griesser, stan- no il manoscritto Parigi, BNF, lat. 5664 e un altro testimone disperso. Cfr. G. Fois, Su un

manoscritto disperso del Liber miraculorum di Herbertus di Torres e un ipotetico ramo fran- cese, in “Herbertus Archiepiscopus Turritanus”, 3, 2002, 2, pp. 87-106.

4. Il tentativo di tripartizione proposto dal manoscritto Parigi, BNF, lat. 5664 e ripre-

so da Chifletius tendeva forse a individuare un’organizzazione tematica del LVMC.

5. B. P. McGuire, A Lost Clairvaux Exemplum Collection Found: The Liber Visionum

et Miraculorum Compiled under Prior John of Clairvaux (1171-1179), in “Analecta Cister-

ciensia”, 39, 1983, pp. 26-62.

6. Id., Introduction, in Conrad d’Eberbach, Le Grand Exorde de Cîteaux ou Récit

des débuts de l’ordre Cistercien, sous la direction de J. Berlioz, Brepols, Turnhout 1999, p. XXVI.

Ciò è potuto accadere – e ancora, come vedremo, accade – in par- te a causa della mancanza di un’edizione moderna capace di presen- tarci il LVMCsecondo un assetto meno magmatico di quello che ci ap-

pare osservando gli esiti recentissimi e aberranti della tradizione, in- carnati dall’editio princeps di Chifflet e divulgati latamente e autore- volmente dalla Patrologia Latina3; in parte a causa della complessità

della compilazione erbertiana, che non ambisce a separare esplicita- mente le parti di cui si compone4e non espone in maniera diretta né

un piano né i criteri secondo i quali il compilatore intende includere e ordinare i racconti.

Sulla base del testo riportato dalla Patrologia molti studiosi hanno dovuto considerare il LVMCper ciò che appariva: una disordinata rac-

colta di exempla, visiones, miracula. Brian P. McGuire, tra i maggiori stu- diosi di letteratura cistercense, in un primo articolo nota che i racconti «are clustered together with little attempt at over-all structure» e che per Erberto pare importante soltanto registrare il singolo evento o la singo- la esperienza contenuta negli exempla5; poi, in sede di introduzione alla

traduzione francese dell’Exordium magnum, non potendo fare a meno di stabilire un confronto tra l’opera di Corrado e quella dell’arcivescovo di Torres, verifica che «à la différence de Conrad, Herbert ne s’intéres- sait pas qu’aux histoires elles mêmes et ne se préoccupait pas de les fai- re entrer dans une structure cohérente»6. In quest’ultimo lavoro, tutta-

via, lo studioso si mostra consapevole della scarsa affidabilità del testo tràdito e, sulla base del lavoro di Griesser, avverte:

L’ouvrage [scil. il LVMC] peut être lu dans le volume 185 de la Patrologia Latina

de J. P. Migne, avec une division en [trois] livres, mais dans ses études minu- tieuses, Bruno Griesser a démontré que le Liber Miraculorum est également at-

7. Exordium magnum, I, 32.

8. Cfr. l’introduzione di Bruno Griesser, in Exordium magnum, cit.

testé dans des versions dépourvues de toute division de ce type et grossies de nombreux autres chapitres.

A sostenere il diverso impegno dell’opera di Corrado rispetto a quello di Erberto si chiama spesso in causa un passo tratto dall’Exordium magnum che, senza nominarlo, cita il LVMCe riporta una sofisticata legittimazio-

ne del ricorso massiccio al libro più antico:

Ea, quae de sancta conversatione sancti ac Deo dilecti Fastradi Cisterciensis ab- batis aedificatione plena et utilitati legentium accomoda religiosus quidam et ve- racis testimonii monachus Claraevallensis conscripsit, qui etiam familiaritatem tanti viri habere meruit, sed et alia nonnulla de senioribus Claraevallis admira- tione digna, sicut in libello ipsius digesta invenimus, huic operi nostro inserui- mus, ut, quae ille sparsim et aliis narrationibus permixta posuit, hic in ordinem redacta et sibi similibus copulata clarius elucescant et ad utilitatem legentium magis proficiant. Sic ergo scribit: Venerabilis ac piae memoriae Fastradus, quon- dam Cistercii abbas, vir eximiae sanctitatis, nobilis quidem genere, sed morum elegantia nobilior fuit7.

Si tratta del luogo in cui Corrado si accinge a presentare le notizie «de vita et optimis moribus reverentissimi patris Fastradi cisterciensis ab- batis».

Qui Corrado, mentre dice di avere una fonte diretta e autorevole in un «religiosus quidam» per molti racconti relativi a Clairvaux, rivendi- ca la sua autonomia di autore dell’opera nuova, la sua capacità selettiva, la sua posizione forte di organizzatore di racconti efficaci.

Secondo la lettura corrente del passo, al libellus, che costituisce la sua fonte quantitativamente più rilevante8, il monaco attribuisce l’auto-

rità che si deve alla testimonianza diretta, ma nel contempo sottolinea l’alterità della sua compilazione rispetto alla fonte proprio nella misura in cui, mentre la fonte giustapponeva le storie «sparsim e permixta aliis narrationibus», qui vi è un ordine che consente al tessuto dei racconti, al liber, di essere meglio adoperato «ad utilitatem legentium».

Ma nel passo di Corrado evidentemente non è in questione né il

LVMCné la struttura dell’Exordium. L’eleganza della prosa dell’abate di

Eberbach flette due segmenti paralleli articolandoli in netta opposizione («quae ille sparsim et aliis narrationibus permixta posuit» vs. «hic in or-

9. Ivi, I, 10. La rubrica del capitolo è la seguente: Qualiter fratres, qui cisterciensem

ordinem fundaverunt, adhuc in Molismo degentes divina gratia sunt illustrati.

10. Vorrei qui, almeno en passant, far notare che proprio «in provinciis Germaniae», meglio tra Austria e Germania, troviamo la massima diffusione dei testimoni del LVMC

(tutti databili tra XIIIe XVsecolo). Ciò conferma l’ipotesi suggerita recentemente da Ste-

fano Mula che il LVMCe l’Exordium di Corrado siano stati strumenti di grande importan- za sia per la cristianizzazione in questa zona di confine dell’Europa, sia per la difesa del- l’ordine cistercense (ora in difficoltà, dopo la morte di Bernardo) contro quei monaci «ni- gri ordinis» che ancora con difficoltà accettavano le durezze di quel modello di vita mo- nastica. Cfr. S. Mula, Geography and the Early Cistercian Exempla Collections, in “Cister- cian Studies Quarterly”, 46, 2011, 1, pp. 27-43.

11. In realtà sulla figura di Roberto all’interno dell’Exordium magnum (e all’interno della sua tradizione anche testuale) hanno fatto interessanti osservazioni sia Griesser sia McGuire, sempre nell’introduzione alla citata traduzione francese, il quale ci fa notare come «du milieu du chapitre 14 de la présente édition de Griesser jusqu’au début du cha-

dinem redacta et sibi similibus copulata inseruimus»), ma li àncora (an- che sintatticamente) all’oggetto dell’opposizione che è una materia ben specifica: questo e altri racconti «de senioribus Claraevallis». L’opinione è dunque nettamente circoscritta: Corrado intende accorpare in parti ben precise del suo opusculum tutti i racconti relativi a Clairvaux – e infatti lo fa dalla seconda alla quarta distinctio con un’ampia apertura dedicata a Bernardo; Erberto, pur occupandosi ampiamente (in modo scoperto o meno) «de senioribus Claraevallis», intende prendere in esame una ca- sistica più ampia con il medesimo fine di puntellare il modello di santità rappresentato dall’ordine cui apparteneva.

Le ragioni che presiedono alla disposizione dell’Exordium magnum vengono esposte da Corrado nel cap. Xdel primo libro9, dedicato ai fon-

datori dell’ordine cistercense. Si trattava, dice Corrado, di dimostrare la falsità delle affermazioni di alcuni monaci «nigri ordinis», i quali soste- nevano che la fondazione dell’ordine fosse la conseguenza di una viola- zione della legge che legava i monaci al proprio monastero:

Monachi [...] nigri ordinis, maxime in provinciis Germaniae10degentes, ubi-

cumque vel apud quoscumque possunt, sacro ordini nostro derogare non ces- sant asserentes sanctos patres nostros cum scandalo et inobedientia contra vo- luntatem abbatis sui de Molismensi coenobio egressos fuisse.

E senza dubbio pare che il liber tutto, nella sua struttura, sia teso essen- zialmente ad arginare e neutralizzare gli attacchi tendenti a gettare di- scredito sull’ordine e a celebrare la santità della scelta di Roberto e dei suoi compagni (e con essa la storia intera dell’ordine e la sua missione)11.

pitre 21, tous les exemplaires de l’Exordium Magnum ont pratiquement passé sous silen- ce l’histoire du retour à Molesme. Les manuscrits les plus anciens de l’Exordium Ma-

gnum contiennent plusieurs passages fustigeant Robert de Molesme pour être retourné

dans son abbaye et avoir abandonné son expérience monastique. Une fois qu’il eut été canonisé, en 1221, Robert de Molesme rentra dans les bonnes grâces de l’Ordre cister- cien et les versions ultérieures de l’Exordium Magnum ont été expurgées de toutes les al- lusions qui lui étaient défavorables. Les copistes qui transcrivirent l’ouvrage à cette épo- que durent dès lors supprimer des chapitres entiers». Per una sintesi sulla storia del- l’ordine cfr. almeno M. Pacaut, Les moines blancs. Histoire de l’ordre de Cîteaux, Fayard, Paris 1993.

12. Da questo manoscritto si creò un ramo austriaco della tradizione. I manoscritti viennesi, Vienna 3798 (databile al 1451) e Vienna, Schottenstift, Archiv, ms. 143, hanno in- fatti come fonte almeno indiretta Melk, Stiftsbibliothek, Cod. 620. Quest’ultimo codice presenta però molte caratteristiche che ci fanno ritenere che derivi decisamente dal ma- noscritto Heiligenkreuz, Stiftsbibliothek n. 177: in primo luogo la forma del titolo dell’o- pera, che negli altri manoscritti è costantemente Liber miraculorum o Liber miraculorum

et visionum, è qui trasformata in Liber visionum (oppure Visiones) Clarevallensium. In se-

condo luogo sia Melk, Stiftsbibliothek, Cod. 620 che Vienna, Shottenstift, Archiv, ms. 143 presentano nella parte finale una serie di racconti decontestualizzati rispetto alla loro po- sizione negli altri codici. In Heiligenkreuz n. 177 questi racconti sono preceduti dalla di- citura Ea que secuntur lege vel dimitte, non tamen ad collacionem. Infine, in tutti questi manoscritti, come in Heiligenkreuz n. 177, manca il racconto De familia Herlequini. Cfr. a questo proposito B. Griesser, Herbert von Clairvaux und sein Liber miraculorum, in “Ci- stercienser Chronik”, 54, 1947, pp. 118-48 (trad. it. di C. Spang, a cura di G. Fois, Herber-

1.2. Questioni di tradizione e di generi

Oltre al passo misinterpretato dell’Exordium magnum, a sostegno della scarsa coesione strutturale del LVMC, la recente letteratura critica porta

spesso anche alcuni significativi casi di riordino e riorganizzazione dei racconti del LVMC, sui quali bisognerà fermarsi qui, almeno di passaggio,

visto che si tratta di importanti testimoni della tradizione testuale del- l’opera di Erberto che documentano precoci fenomeni di ricezione.

Sul titolo si registra la minima oscillazione tra Liber miraculorum o

Liber visionum et miraculorum. Parrebbe dunque chiara ai lettori e ai co-

pisti l’intenzione dell’autore di fornire una tassonomia di visioni, esem- pi, miracoli utilizzabili all’occorrenza nei diversi contesti situazionali, anche indipendentemente dalla disposizione interna.

Ma già nel XIIIsecolo, nell’importante monastero austriaco di Hei-

ligenkreuz, un copista piuttosto indipendente sentiva l’esigenza di estrapolare dall’ordine testimoniato dal suo antigrafo tutta una serie di racconti che non riteneva utili o che considerava per qualche motivo inopportuni12.

tus di Clairvaux ed il suo Liber Miraculorum, in “Herbertus Archiepiscopus Turritanus”,

2, 2000, 1, pp. 95-110). Cfr. inoltre D. Caocci, La presenza di Guglielmo di Malmesbury nel

Liber miraculorum di Herbertus, ivi, pp. 15-23; Id., Lo stato attuale degli studi sul Liber mi-

raculorum di Herbertus, arcivescovo di Torres nel XIIsec., in AA.VV., Atti del Convegno na-

zionale «La civiltà giudicale in Sardegna nei secc. XI-XIII. Fonti e documenti scritti», Asso-

ciazione Condaghe San Pietro in Silki, Sassari 2002, pp. 241-57.

13. Di queste caratteristiche, già evidenziate da Georg Hüffer (Vorstudien zu einer

Darstellung des Lebens und Wirkens des heiligen Bernard von Clairvaux, Aschendorff,

Münster 1886) e poi da Griesser limitatamente al codice di Monaco, si è occupata Gabriela Kompatscher Gufler, dell’Istituto di Filologia classica dell’Università di Innsbruck, la quale ha ormai stabilito che entrambi i codici sono latori di un’unica redazione del Liber

miraculorum. Cfr. G. Kompatscher Gufler, Herbert von Clairvaux und sein Liber miracu- lorum, die Kurzversion eines anonymen bayerischen Redaktors: Untersuchung, Edition und Kommentar, Peter Lang, Bern 2005. In base alle verifiche compiute, già Griesser afferma chiaramente che il testo del codice di Monaco, CLM6914 (e quindi anche quello di Stams),

«si rivela molto vicino a quello del codice di Aldersbach» e che «è stato copiato, se non direttamente da quello, da un testo del tutto simile».

14. Numerosi manoscritti riportano solo parzialmente la raccolta, altri solo alcuni racconti. Va detto però che le interpolazioni sembrano non avere alcun effetto sulla di- sposizione dei racconti all’interno del LVMC, perché costituiscono aggiunte in coda al te- sto (così è ad esempio nell’importante manoscritto di Weimar, Herzogin Anna Amalia Bi- bliothek, Fol. max. 3).

Assai importante, a documentare ancora la libertà di cui godevano i monasteri nella fruizione (e soprattutto nell’uso) del LVMC, è la rivolu-

zione nella disposizione dei racconti rappresentata nei manoscritti Mo- naco, CLM6914 e Stams, n. 67, 6ARC. Questi testimoni, oltre a esclude-

re i racconti che non hanno attinenza diretta con l’ordine cistercense, riportano i paragrafi ordinati secondo un criterio riferito alle gerarchie del convento: in primo luogo sono disposti i racconti sugli abati, poi quelli relativi ai monaci e, successivamente, quelli che raccontano vi- cende di conversi13.

Altre osservazioni relative a interpolazioni o estrapolazioni potreb- bero essere discusse per molti dei testimoni del LVMC14. Del resto, come

affermavamo, era la forma stessa della raccolta di exempla, di miracula e di visiones a prestarsi, quasi per statuto di genere, alle più varie necessità pratiche di predicazione e di insegnamento.

Il genere vive infatti nella contraddizione tra autonomia ed eterono- mia dei singoli racconti, i quali mentre sono fruibili nel loro stato per- fetto, con un inizio e una fine, sono tuttavia sottoposti alla pressione di un contesto, di un titolo complessivo, di una provenienza culturale.

Va notato che in questa epoca, nel secolo XII, assistiamo a una fase

15. «Simile aliquid legitur de Karolo imperatore in Vita Sancti Aegidii; sed miracula non sunt in exemplum trahenda. Hoc etiam scias quod huiusmodi scripturae authenticae non sunt» (Cesarii Heisterbacensis, Dialogus miraculorum, ed. J. Strange, 2 voll., sumpti- bus J. M. Heberle [H. Lempertz & Comp.], Köln-Bonn-Bruxelles 1851; cfr. C. Bremond, J. Le Goff, J.-C. Schmitt, L’exemplum, Brepols, Turnhout 1982, p. 54). Nel LVMCdi Erberto compare più volte il temine exemplum a proposito di fatti miracolosi, di visioni. Stefano Mula ha presentato recentemente un ampio e articolato saggio (Twelfth- and Thirteenth-

Century Cistercian Exempla Collections: Role, Diffusion, and Evolution, in “History Com-

pass”, 8, 2010, pp. 903-12) sulla specificità delle raccolte cistercensi riservando ampio spa- zio al LVMC.

16. «La constitution de ces recueils repose en effet sur l’idée que la masse des exem-

pla constitue un bien commun où chacun apporte sa contribution [...] La nouveauté d’un

recueil tient moins à l’originalité de son contenu qu’à celle de son organisation» (Bre- mond, Le Goff, Schmitt, L’exemplum, cit., p. 58).

colte di exempla, un tipo di liber dalle caratteristiche complesse. La de- finizione di exemplum non conosce ancora (almeno negli autori di cui qui ci occupiamo) quella specializzazione che lo distingue dal miraculum di cui abbiamo notizia dal Dialogus miraculorum, dove Cesario pare con- sapevole di una netta separazione tra fatti ritenuti veri dal punto di vista della fede (miracula) e fatti veri e autentici anche storicamente15.

La sistematica procedura di autenticazione dei racconti miracolosi e persino leggendari attraverso la citazione di autorictates o attraverso so- luzioni narrative che riportano all’esperienza personale del compilatore gli eventi (sicut audivi), la mescolanza disinvolta di racconti tratti dalle fonti più diverse, evidenzia come in questi autori la selezione e il tratta- mento dei materiali narrativi fosse meno interessata alle sottigliezze de- finitorie che alle finalità di edificazione dei fedeli. È appunto per queste ragioni che la distinzione tra autore e compilatore è in questa epoca – e in questo contesto – assolutamente anacronistica e che gli auctores, pur disponendo di storie tutt’altro che originali, possono ritenere di com- piere un’opera “originale”16.

Come Erberto, lo stesso Corrado riusa anche storie già selezionate da ampie tradizioni e il suo intento d’autore, quello cioè per il quale egli può essere ritenuto davvero originale, consiste nell’ordinare i racconti come in un collage inedito per cui anche il già noto acquista una luce nuova e diversa, sorprendente:

La distinction établie aujourd’hui entre l’écrivain “original” et le compilateur qui “reprend” n’est cependant guère pertinente pour l’écrivain monastique mé- diéval. Son objectif était de communiquer une vérité, symbolique ou littérale,

17. McGuire, Introduction, cit., p. IV.

18. Corrado fu monaco a Clairvaux in un periodo non ben definito, ma comunque in anni in cui Erberto manteneva intensi rapporti con la medesima abbazia, cfr. ivi, p. XVII: «Il est toutefois hors de doute que le compilateur de l’Exordium Magnum fut un moine qui séjourna un certain temps à Clairvaux dans la période 1177-1193»; cfr. inoltre I. Gobry,

Les moines en Occident, vol.V, Le siècle de saint Bernard, t. 1, Cîteaux, François-Xavier de

Guibert, Paris 1997 (trad. it. Il secolo di Bernardo, Città nuova, Roma 1998, p. 418): «Cor- rado [...] era monaco a Clairvaux sin dal 1160». La fonte da cui McGuire e Gobry trag- gono le notizie resta oscura, ma sappiamo per certo che fino al 1168 (data della sua ele- zione ad abate di Mores) e dal 1178 (da quando cioè fu richiamato a Clairvaux da Enrico di Marcy in qualità di segretario) al 1181 (anno in cui fu eletto arcivescovo di Torres) Er- berto si trovava a Clairvaux e si dedicava alla stesura del LVMC. Cfr. B. P. McGuire, Struc-

ture and Consciousness in the Exordium Magnum Cisterciense, in “Cahiers de l’Institut

du Moyen-Âge Grec et Latin”, 30, 1979, pp. 33-90; G. Fois, Gonario giudice e poi monaco

ed Herbertus Arcivescovo di Torres: storia di intersezioni, in “Herbertus Archiepiscopus

Turritanus”, 2, 2000, 1, pp. 25-77.

plutôt que de frapper le lecteur par quelque chose d’original et d’inouï. De son propre aveu, Conrad ne se soucie pas de nous apporter des nouveautés mais en- tend simplement rassembler des histoires «pour une connaissance plus claire de ces choses et le plus grand profit de ceux qui les lisent» (VI, 10)17.

Eppure ciò che vale per un compilatore/autore vale certamente pure per l’altro, anche perché la cronologia vede incrociarsi più volte le vicende dei due personaggi18e comunque la datazione delle due opere (incerta

per entrambe ma compresa in un volgere di tempo non troppo esteso) non comporta una distanza temporale così significativa.

La questione poi della difesa dell’ordine risale all’origine stessa di Cîteaux, è, per così dire, un fatto strutturale che percorre la storia ci- stercense fin dall’Exordium parvum. Se si osservano nel dettaglio i pas- saggi che segnano l’arrivo tormentato dei monaci da Molesmes al novum

monasterium apparirà evidente che, nel contesto del fervore riformato-

re che già da due secoli almeno animava il dibattito sui modelli di san- tità, la fondazione di Cîteaux comporta un tale momento di novitas, cioè di rottura radicale, anche in relazione ai rapporti codificati tra le gerar- chie ecclesiastiche e tra i monasteri, tale da suscitare scandalo.

Il peccato iniziale che perseguita l’ordine fin dai suoi esordi, la vera

novitas, è la rottura del vincolo della stabilitas loci e il conseguente con-

flitto politico e culturale permanente con gli altri benedettini. L’atto di insubordinazione rappresentava un giudizio nei confronti dell’intera fa- miglia cluniacense, ma forse, a questa altezza cronologica, non si era an- cora unanimemente stabilito se il modello abbandonato da Roberto e

19. Cfr. Exordium Cistercii, cap. 1. La vicenda dell’uscita da Molesmes viene così nar- rata: «De egressu cisterciensium monachorum de Molismo. In episcopatu Lingonensi situm noscitur esse coenobium nomine Molismus, fama celeberrimum, religione conspicuum. Hoc a sui exordio magnis sub brevi tempore divina clementia suae gratiae muneribus il- lustravit, viris illustribus nobilitavit, nec minus amplum possessionibus quam clarum vir- tutibus reddidit. Ceterum quia possessionibus virtutibusque diuturna non solet esse so- cietas, hoc quidam ex illa sancta congregatione viri nimirum sapientes, altius intelligentes,

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