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1.5 Sfruttamento lavorativo e caporalato in Toscana. Approfondimento sull’edilizia

1.5.2.2 Il dumping contrattuale e salariale

Dal punto di vista sindacale, uno dei principali – ed emergenti – problemi, la cui estensione contribuisce a erodere le tutele del lavoro dipendente in molti comparti produttivi, incluso le costruzioni, riguarda il parametro di concreta applicazione dei contratti di lavoro. Nel corso degli ultimi anni, l’archivio dei contratti collettivi nazionali di lavoro (CCNL) vigenti del Cnel55 ha certificato la loro crescita esponenziale. Il numero di CCNL depositati è fortemente cresciuto negli ultimi anni, passando da 490 nel 2008, a 888 nel 2018 e a 935 nel 2020. Fra i settori e i comparti produttivi, quelli con il più alto numero di contratti concorrenti nel 2018 erano commercio (229 accordi), edilizia (72), trasporti (66) e agricoltura (53). Uno studio di luglio 2021 di Cgia Mestre mostra che su scala nazionale la percentuale di CCNL siglati da associazioni datoriali e organizzazioni sindacali non riconosciute dal Cnel è di 351 su 935, pari al 37,5%56. Secondo il segretario di Filca Cisl Enzo Pelle57, l’edilizia detiene un record negativo, essendo depositati presso il Cnel 74 contratti, dei quali ben la metà, ossia 37, sono sottoscritti da organizzazioni non aderenti al Cnel.

Questi dati permettono di visualizzare in modo chiaro l’entità e la crescita del fenomeno dei cosiddetti contratti pirata, che si definiscono tali in quanto sottoscritti da organizzazioni sindacali e datoriali non rappresentative. In generale, attraverso l’applicazione di contratti pirata vengono perseguiti due obiettivi: la riduzione del costo del lavoro e la compressione dei diritti dei lavoratori per le parti del contratto che regolano orari, distacchi, welfare aziendale, accordi di secondo livello. Va chiarito che non è sufficiente, in un contratto collettivo, la presenza di contenuti peggiorativi affinché lo stesso possa essere definito pirata (Greco, 2017). Ad esempio, in occasione di circostanze o congiunture economiche negative, i sindacati e le organizzazioni datoriali possono essere costretti a stipulare contratti collettivi con condizioni al ribasso per salvaguardare interessi superiori, come la conservazione dei posti di lavoro. All’inverso, i contratti pirata si pongono sempre come fine principale la riduzione delle tutele dei lavoratori e l’acquisizione di indebiti vantaggi competitivi alle imprese; in questa fattispecie, i contratti collettivi sono stipulati da organizzazioni di fatto prive della natura sindacale, che si pongono perciò in contrasto con l’art. 39, comma 1, Cost., così come dell’art.

17 dello Statuto dei lavoratori.

      

La circolare n. 9/2019 dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro58 ha chiarito in modo inequivocabile l’irregolarità formale e sostanziale del fenomeno, citando proprio la situazione del comparto edile. Nella circolare si afferma il carattere vincolante sia dell’applicazione del contratto collettivo dell’edilizia per le imprese operanti nel settore che dell’assolvimento degli obblighi connessi all’iscrizione e ai versamenti alla Cassa Edile, in assenza dei quali l’impresa incorre in una situazione di irregolarità contributiva che impedisce il rilascio del DURC e del conseguente godimento dei benefici normativi e contributivi ai sensi dell’art. 1, comma 1175, L. n. 296/2006. L’altro chiarimento sostanziale della circolare concerne il fatto che il rispetto dei corretti contratti collettivi attiene non solo alla parte economica, ma anche a quella normativa del contratto (clausole sulla durata del periodo di prova, orario di lavoro, disciplina del lavoro supplementare e straordinario, festivo, notturno, trattamenti di malattia).

“La stragrande maggioranza dei lavori del metanodotto in questo caso sono di tipo edile, ma si va ad affidare l’opera a un’impresa metalmeccanica che assume per la maggior parte lavoratori metalmeccanici, ma che in realtà fanno poi escavazione…” (Int. 2)

“Per quanto riguarda i contrati pirata nel settore delle costruzioni, firmati da altre sigle magari meno riconosciute, parlo per la mia provincia, ma penso in generale, che ci siano un po’ di meno. Noi abbiamo le Casse edili, dove in qualche modo le organizzazioni rappresentative sono Cgil, Cisl e Uil, e non ci sono le altre sigle sindacali. Le Casse edili sono dei presidi di legalità” (Int. 7)

Se la crescita accelerata dei contratti pirata illustra una dimensione importante del problema, non lo esaurisce, poiché il processo in atto di dumping contrattuale e salariale non è riconducibile esclusivamente alla maggiore incidenza dei contratti pirata. Infatti, una modalità alternativa per diminuire il costo del lavoro consiste nel forzare l’effettivo parametro di applicazione contrattuale, attribuendo a determinate mansioni un contratto altro da quello di riferimento. In edilizia, ciò si traduce nella presenza di contratti che sono formalmente regolari, in quanto firmati dalle organizzazioni più rappresentative, ma che non sono inerenti all’effettiva attività svolta. Come dovrebbe risultare chiaro dagli estratti seguenti, le imprese inquadrano la forza-lavoro con CCNL diversi o concorrenti da quello standard, determinando così, per i lavoratori interessati, condizioni retributive, normative e di tutela peggiorative rispetto a quelle di cui dovrebbero godere. I contratti

concorrenti offrono un evidente vantaggio alle imprese utilizzatrici, poiché possono far loro conseguire un notevole abbassamento del costo del lavoro, stimabile fra il 30% e il 40%.

“Non c’è un problema diffuso di applicazione di contratti pirata. Il tema è il campo di applicazione dei contratti, che è talmente variegato, sovrapponibile…” (Int. 10)

“Venendo invece ai contratti concorrenti… contratti concorrenti in questi anni ce ne sono stati molti.

Adesso meno, con il superbonus, ma in questi anni di crisi, contratti concorrenti ce ne sono stati tanti, dai multiservizi ai metalmeccanici e tanti altri, perché ovviamente costano di meno rispetto all’edilizia” (Int.

9)

“Noi in cantiere troviamo contratti multiservizi, florovivaismo, metalmeccanici che non fanno il lavoro da metalmeccanici. Questo secondo me è più presente che il fenomeno specifico dei contratti pirata” (Int.

8)

“(…) noi sul territorio abbiamo parecchi problemi rispetto al discorso del contratto che viene applicato.

Noi abbiamo contratti di metalmeccanici, o addirittura ora a multiservizi, che fanno il lavoro di edile, è chiaro che è solo per una questione economica, perché costa meno” (Int. 11)

Le norme esistenti in materia di lavoro sembrano inadeguate o comunque non in grado di aggiornarsi e di tenere il passo di fronte a questi fenomeni. In edilizia i problemi più diffusi, che innestano un processo di dumping salariale e di diritti esteso all’intero settore, derivano quindi più che dai contratti pirata, dalla coesistenza di contratti concorrenti che permettono di inquadrare al ribasso mansioni che dovrebbero essere ricondotte unicamente al CCNL dell’edilizia.

“Pirata è anche sulla mansione… non è solo quello da un contratto a un altro… bisognerebbe porre dei paletti, lo Stato non controlla, ci tocca fare gli sceriffi. C’è un mondo contrattuale infinito, lo sfruttamento non è più solo nero, è sfruttamento legale…” (Int. 4)

“Ragazzi stranieri assunti da un’agenzia di Vicenza che cambiava nome ogni sei mesi, la sede legale era la stessa, stava nello stesso posto, ma cambiava nome. Abbiamo mandato l’Ispettorato e dopo tre giorni si è presentato. Gli hanno imposto il contratto multiservizi, sull’interposizione di manodopera non so.

L’ostacolo è la lingua, queste persone non parlano” (Int. 2)

Meccanismi analoghi a quelli fin qui analizzati sono i fenomeni interpositori celati dal distacco transnazionale e dal distacco fra imprese italiane, il cui utilizzo può essere funzionale alla riduzione del costo del lavoro, alla riduzione delle tutele della forza-lavoro e/o alla riduzione del rischio d’impresa. Attraverso il distacco transnazionale, presente in modo disomogeneo sul territorio toscano, la forza-lavoro è assunta da aziende con sede legale in paesi terzi, che applicano alla manodopera i trattamenti salariali, contributivi e le condizioni normative previsti nel paese di provenienza. Dietro l’uso del distacco transnazionale, che può essere comunitario o extra-comunitario, si possono nascondere irregolarità formali e sostanziali, che sfruttano a proprio vantaggio lacune o zone grigie sul piano normativo, simili a quelle evidenziate nelle imprese dell’auto-trasporto.

Su scala nazionale, dai controlli avvenuti nel 2020 in materia di appalto, distacco o somministrazione illeciti, risulta che le costruzioni, con 921 posizioni lavorative interessate, sono in quarta posizione fra i comparti dove questi illeciti sono più frequenti. Più contenuti gli illeciti emersi in relazione al distacco e alla somministrazione transnazionale: dalle ispezioni compiute nel 2020, il numero totale di lavoratori coinvolti in questa violazione sono 327. L’edilizia, con 48 lavoratori interessati, segue trasporto e magazzinaggio, e altri servizi per le imprese, entrambi con 109 lavoratori.

Restringendo l’analisi al territorio toscano, i lavoratori interessati da fenomeni interpositori in edilizia sono pari a 130 su 815, mentre sono solo cinque le violazioni relative al distacco transnazionale, e tutte relative alle costruzioni.

In alcuni casi, per gli intervistati l’istituto del distacco può fungere da indicatore di interposizione illegale della forza-lavoro. La crescita del fenomeno che alcuni sindacalisti stanno osservando potrebbe inoltre essere collegata alla difficoltà di reperimento della manodopera in Italia, resa più acuta dalla forte ripresa del settore per i superbonus. Anche questa fattispecie pone spesso gravi problemi a livello di monitoraggio.

“Per quanto riguarda i distacchi, ne stavo parlando prima… quello che è venuto fuori da un’azienda in particolare, sta di fatto che la Cassa Edile, per esempio per questi lavoratori che sono in distacco dalla Bulgaria, non esiste, non sanno neanche cosa sia, non sono iscritti, non sono denunciati.

(…) Questo è un fenomeno che sta avvenendo e con questi superbonus aumenterà” (Int. 19)

“Il distacco transnazionale prevede questo: che si possono utilizzare lavoratori provenienti da imprese con sede legale non so in Polonia, piuttosto che la Romania e dove magari vengono qua e lavorano per imprese locali in distacco, però sono iscritti all’assicurazione obbligatoria, quindi all’Inail, all’Inps locale là, e quindi per noi sono i grandi sconosciuti…” (Int. 1)

“Un’azienda che viene dalla Romania, dal Sud Italia, non ci vanno (gli ispettori del lavoro a verificare).

Gli fai tre segnalazioni, e non ci vanno. Quella cooperativa di cui ti parlavo prima. Il titolare era albanese, loro non ci sono mai andati, i lavoratori ci segnalavano le buste paga, erano distaccati, ma non avevano mai firmato il contratto, si sono trovati assunti da questa cooperativa e sono rimasti in questa situazione” (Int. 7)

“Siamo riusciti a dimostrare che c’era una palese, secondo noi, interposizione di manodopera in cui poi abbiamo fornito informazioni e dati. E infatti si esercita e si esplica attraverso l’istituto del distacco”

(Int. 5)