MATERIALI E METOD
8. EC-8042 influenza il compartimento staminale, inibendo la produzione di prostato-sfere.
Uno degli eventi più evidenti all’interno dei tessuti tumorali è la perdita della condizione omeostatica, in cui il meccanismo che regola la proliferazione e la morte regolata viene perso e si ha come conseguenza la proliferazione incontrollata delle cellule tumorali. Allo stato attuale, tra i modelli proposti per la progressione tumorale vi è il cosiddetto modello “staminale” (Vescovi AL. Brain tumour stem cells., 2006). Secondo questa teoria solo una determinata sottopopolazione cellulare, definita nicchia staminale, è in grado di iniziare e sostenere la progressione tumorale.
Diverse ricerche scientifiche sostengono l’ipotesi che le frequenti recidive nei tumori umani, che si riscontrano dopo le terapie farmacologiche, siano attribuibili alla presenza delle cellule “staminali tumorali”.
Tramite studi condotti nei nostri laboratori, le cellule VCaP hanno mostrato un’elevata propensione a produrre prostato-sfere, cellule con proprietà staminali in grado di proliferare in condizioni di non aderenza al substrato, all’interno di una popolazione eterogenea (Dubrovska et al., 2009).
Pertanto in questi studi abbiamo valutato l’effetto di EC8042 nel revertire la capacità di formare prostato-sfere e quindi di ridurre il compartimento staminale. Tale caratteristica è stata valutata tramite il “saggio di formazione di sfere” (SFA). Come si può osservare dalla figura 22, il numero di sfere prodotto è drasticamente ridotto dopo il trattamento. Questi dati indicano quindi che non solo EC-8042 è in grado di inibire la proliferazione cellulare, ma contribuisce anche alla riduzione di cellule con caratteristiche staminali, impedendo così la progressione tumorale.
A B
L’effetto di EC8042 sul compartimento staminale potrebbe essere mediato dai molteplici targets del farmaco incluso ERG ed EZH2 nel contesto delle cellule VCaP.
Figura 22: EC-8042 ha un impatto sul compartimento staminale riducendo la formazione di prostato-sfere. Le cellule VCaP sono state seminate in piastre con matrice di polyhema in presenza delle indicate concentrazioni di farmaco o DMSO. Dopo 7 giorni sono state contate le sfere con diametro >40 µM. Il grafico A mostra il numero di sfere formate in ogni pozzetto in cellule trattate con DMSO a o con le indicate concentrazioni di farmaco. Le foto riportate in B sono rappresentative delle prostato-sfere osservate. L’esperimento è stato ripetuto 3 volte usando 3 replicati. Le curve rappresentano la media ± SDV di 3 distinti esperimenti.
Figura 23: in figura A sono mostrate cellule VCaP trattate con DMSO e 40 µM Enzalutamide per 5 mesi (ingrandimento 20X e 40X).
9.
Impatto di EC-8042 sulle cellule LT-Enzalutamide
Uno dei problemi maggiori riscontrati nell’utilizzo di Enzalutamide ed in generale nell’utilizzo della terapia basata sulla deprivazione androgenica (cosiddetta androgen-deprivation therapy ADT), è lo sviluppo della resistenza in circa 80% dei pazienti, che risulta infine in esito infausto nella maggior parte dei casi.
Sono quindi molto richiesti nuovi farmaci e nuovi approcci alternativi alla ADT per trattare questa grave degenerazione della malattia.
In questo studio abbiamo valutato se l’EC8042 potesse antagonizzare il fenomeno della resistenza all’ADT. A questo scopo abbiamo stabilito una linea cellulare esposta a Enzalutamide, in modo da mimare l’effetto del trattamento a lungo termine in un modello cellulare in vitro. A questo fine, la linea VCaP, è stata trattata di continuo per 5 mesi con MDV3100, usando dosi crescenti di farmaco ogni settimana (si veda la parte relativa a Materiali e Metodi). Tali cellule sono state denominate LT_MDV (Long Term_MDV). Le cellule LT_MDV sono state poi confrontate con le loro controparti trattate con DMSO (cellule di controllo). Dopo il trattamento iniziale con MDV, si è assistito a un decremento del numero di cellule rispetto alle cellule di controllo trattate con DMSO. Interessante notare che dopo alcuni mesi di trattamento nelle cellule LT_MDV si sono osservati cambiamenti morfologici (fig. 23), non riscontrati nella linea di controllo. Tali cambiamenti includono un allungamento fusiforme tipico della transizione EMT (epiteliale- mesenchimale). Tale fenotipo è associato a un’aumentata aggressività cellullare con acquisizione di capacità migratorie e metastatiche
DMSO LT_MDV
20X
Come mostrato in figura 24A, tramite la tecnica di Western Blot abbiamo rivelato un aumento di AR, EZH2 nella linea trattata con Enzalutamide.
Inoltre abbiamo evidenziato anche la comparsa della variante 7 dell’androgen receptor (ARv7). Tale variante è associata ad un elevato grado di malignità e alla comparsa della resistenza nei pazienti trattati con Enzalutamide. Tale variante è risultata da una duplicazione in tandem dell’esone 3 del gene AR [79].
Come mostrato in figura 24B le cellule LT_MDV trattate con 100nM EC-8042 per 4 giorni. mostrano una diminuzione di ERG e EZH2 e riduzione della variante 7 di AR, rispetto alle cellule di controllo (DMSO).
Per confermare ulteriormente che il farmaco possa avere azione sull’ARv7, abbiamo valutato l’effetto di EC8042 nelle cellule 22Rv1, le quali esprimono livelli molto alti di ARv7.
Figura 24: Impatto di EC-8042 delle cellule LT-Enzalutamide. A) Valutazione dei livelli delle indicate proteine in cellule VCAP and VCAP LT_MDV3100. Figura 24B) Le cellule VCaP e la linea esposta a Enzalutamide (VCAP LT_MDV) è stata incubata per 4 giorni con 100nM di EC-8042.
La nostra analisi mediante western-blot ha rivelato che EC8042 produce una marcata riduzione di AR-v7 anche in queste cellule (Figura 25). I nostri dati hanno quindi confermato l’efficacia di EC8042 nell’antagonizzare AR e la ARv7.
Nonostante saranno necessari più approfonditi studi, i nostri dati sono incoraggianti e suggeriscono che l’utilizzo di EC-8042 possa antagonizzare il fenomeno della resistenza all’ADT influenzando importanti target oncogenici coinvolti nella comparsa della resistenza nei pazienti affetti da cancro prostatico.
DMSO 48 ore 24 ore
22Rv1
ά-tubulina 48 ore AR AR-V7Figura 25: Valutazione del livello proteico di AR e della variante AR-V7 in cellule 22Rv1 mediante western-blot dopo trattatamento per 24 e 48 ore con EC-8042 100nM.
Il carcinoma della ghiandola prostatica è una delle patologie a più alta frequenza nella popolazione maschile e rappresenta la terza causa di morte nei maschi dopo i 50 anni di età [1]. A tutt’oggi la definizione della scelta terapeutica viene valutata secondo la combinazione di diverse indagini diagnostiche e in base alle condizioni generali ed età del paziente. Sebbene la ricerca scientifica abbia fatto notevoli passi avanti nella definizione di nuove terapie farmacologiche per questo tipo di tumore, nella maggior parte dei pazienti sottoposti a soppressione ormonale si assiste alla evoluzione in una forma di cancro prostatico resistente alla terapia anti-androgenica (CRPC) e capace di metastatizzare in diversi organi (mCRPC), risultando purtroppo in esito fatale. Per i pazienti non responsivi alla terapia ormonale si dispone di farmaci chemioterapici come Docetaxel e il Cabazitaxel e farmaci di seconda generazione Non-Steroidal Anti-Androgens (NSAAs) come Enzalutamide e Abiraterone acetate [71].
Tuttavia, dati riguardanti gli USA, evidenziano come ancora circa il 10.5% dei pazienti oncologici affetti da PCa abbiano esito negativo, nonostante l’impiego di terapie efficaci [90]. Questi dati evidenziano come sia quindi ancora importante lo sviluppo di nuove terapie, mirate ed efficaci, atte a ridurre il tasso di mortalità specifico del PCa.
In base a queste considerazioni, nella prima parte di questo studio abbiamo testato un analogo della mitramicina, EC-8042, nelle linee cellulari di tumore prostatico tramite saggi di proliferazione al fine di appurare se la molecola potesse avere effetti antiproliferativi. Inoltre, EC-8042 e analoghi molto simili ad esso avevano dimostrato in studi precedenti, di possedere un migliore profilo tossicologico e minori effetti collaterali rispetto al composto di partenza [83], [84], [91]. I saggi proliferativi sono stati inizialmente effettuati su un ampio pannello di linee cellulari, quali DU145, PC3, LNCaP, VCaP e NCI H660. In tutte le linee cellulari, ad eccezione per la linea NCI H660, la molecola ha dimostrato un potere antiproliferatvo, con un IC50 sovrapponibile in tutte e quattro le linee cellulari. Anche tramite saggio clonogenico, il quale permette di valutare la capacità delle cellule di formare singole colonie in condizione di aderenza, il farmaco si è dimostrato attivo con una diminuzione della capacità clonogenica, rispetto al controllo.
Il carcinoma della ghiandola prostatica, come molti altri tumori umani, è associato a numerose alterazioni geniche ed epigenetiche. Tra queste modificazioni, la traslocazione TMPRSS2-ERG, si trova in più del 50% dei casi di tumore e rappresenta uno degli eventi di arrangiamento genico più frequenti nel cancro prostatico. Diversi studi hanno mostrato come la fusione TMPRSS2-ERG sia associata a una bassa sopravvivenza nei pazienti con cancro prostatico, punteggio Gleason elevato e si trovi frequentemente in associazione alla presenza di metastasi ossee [47], [48]. Ricerche a livello molecolare hanno evidenziato come tumori della prostata con espressione aberrante di ERG mostrino attivazione di molteplici proteine ed alterazioni molecolari associate alla progressione tumorale [92]–[94]. Per questo motivo la proteina ERG, può essere considerata un importante bersaglio terapeutico per il trattamento del carcinoma prostatico.
Studi condotti nel laboratorio IOR hanno inoltre rivelato una stretta associazione tra attivazione di ERG e un’importante proteina epigenetica, EZH2 (Kunderfranco et al, 2010). Queste ricerche hanno dimostrato che ERG induce l’espressione di EZH2 e che questo risulta in notevoli modifiche epigenetiche. Si è evidenziato inoltre che i tumori affetti dalla fusione ERG presentano notevoli alterazioni del profilo trascrizionale con attivazione di geni che inducono fenotipi aggressivi quali la migrazione e le metastasi (Kunderfranco et al, 2010).
Pertanto, considerate le capacità del farmaco EC8042 di legare il DNA, in questo studio abbiamo analizzato il suo potenziale effetto nell’antagonizzare il programma trascrizionale del fattore ERG.
A questo scopo sono state utilizzate le cellule VCaP, positive alla fusione ERG, e dunque adeguate per lo studio della fusione TMPRSS2-ERG. Dopo aver confermato che il farmaco avesse attività antiproliferative nelle VCAP, il passo successivo è stato quello di indagare se il composto potesse inibire l’attività trascrizionale di ERG. Dai nostri dati, ottenuti tramite saggio di luciferasi, è emerso che l’EC8042 inibisce significativamente l’attività trascrizionale di questa proteina oncogenica.
Noi ipotizziamo che questo effetto sia dovuto ad una competizione tra farmaco e fattore ERG per il dominio di legame ETS sui rispettivi promotori.
Inoltre, dai nostri dati è emerso che EC-8042 inibisce direttamente l’espressione di ERG sia a livello proteico sia di espressione genica. Di conseguenza abbiamo rilevato anche una ridotta espressione di EZH2, bersaglio di ERG. Tutti questi eventi hanno portato alla reversione del fenotipo trasformante nelle cellule VCaP. Infatti, in aggiunta alla riduzione della proliferazione abbiamo rilevato una significativa riduzione della capacità clonogenica nelle stesse cellule. In aggiunta a questi dati, abbiamo rilevato una contrazione del compartimento staminale osservando una diminuzione significativa nella capacità delle cellule di formare prostato-sfere. La capacità di formare prostato-sfere è un fenotipo legato alla presenza di cellule con fenotipo staminale. Tali cellule dette cancer stem cells sono responsabili della ricrescita del tumore dopo terapia e sono coinvolte nella resistenza ai farmaci. Pertanto, debellare tali cellule è un obiettivo primario per ottenere un successo terapeutico ed eradicare completamente un tumore.
Negli ultimi anni, la terapia preferenziale nei casi di tumore prostatico resistente alla castrazione include l’utilizzo di farmaci di seconda generazione che inibiscono la sintesi di androgeni (Abiraterone) o che sono in grado di agire direttamente a livello del recettore per gli androgeni (AR), come Enzalutamide. Tuttavia, l’80% dei pazienti sviluppa resistenza secondaria alla terapia di deprivazione androgenica, che risulta in esito infausto per la maggior parte dei pazienti.
Dai nostri risultati è emerso che, in cellule sottoposte a trattamento con Enzalutamide a lungo termine, si osserva un significativo aumento dell’espressione di EZH2 che il farmaco è in grado di ridurre. Inoltre nelle stesse cellule trattate con Enzalutamide abbiamo osservato un aumento della cosiddetta variante 7 del recettore per gli androgeni (AR-V7). Una delle cause di resistenza all’Enzalutamide è stata associata alla comparsa della variante 7 del recettore per gli androgeni (AR-V7) [79]. Dai nostri risultati è emerso che EC-8042 è in grado di ridurre questa variante legata al fenomeno della resistenza. Sebbene saranno necessari più approfonditi studi, volti anche a una comprensione maggiore dei meccanismi alla base di questo fenomeno, i nostri dati suggeriscono che l’utilizzo di EC-8042 possa non solo rivelarsi utile per i tumori che presentano la fusione TMPRSS2-ERG ma che sia anche in grado di antagonizzare il fenomeno della resistenza alla terapia anti androgenica. L’EC8042 potrebbe quindi apportare
apprezzabili benefici clinici nei pazienti con carcinomi TMPRSS-ERG positivi e nei carcinomi prostatici androgeno-resistenti. In conclusioni il farmaco EC8042 presenta caratteristiche di efficacia tali da giustificare un suo sviluppo nell’area clinica per il trattamento del carcinoma prostatico.
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