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In questo clima di rigido controllo educativo sulle fanciulle e di propensione ad applicare “una formazione culturale squisitamente di genere”87 con la creazione di un sapere appositamente femminile, è curioso constatare la presenza di uno spazio liberamente aperto alle donne erudite: i salotti88.

84

Ibidem.

85 Cfr. A. HIGONNET, Le donne e le immagini, cit., pp. 273-277. 86

Ivi, p. 276.

87

C. COVATO, Sapere e pregiudizio, cit., p. 89.

88 M.I. PALAZZOLO, Educazione alla conversazione/ educazione nella conversazione, in L’educazione

delle donne, cit., p. 320: il salotto è «l’unica aggregazione culturale in cui le donne hanno piena

libertà di accesso»; cfr. questo testo per l’approfondimento dell’argomento e la stesura del paragrafo.

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Questo ambiente di aggregazione ed incontro sociale, già fiorente nella Francia del Settecento, nel secolo successivo si espanse nel nostro Paese, diventando comune tra i ceti colti e aristocratici.

La particolarità risiedeva proprio nel fatto che

questo modello, tutto italiano, di relazioni sociali, non ha riscontro negli stessi

anni con esperienze analoghe in altri Stati europei e tende ad esaurirsi con la formazione dello Stato nazionale.89

La figura donna colta all’interno del salotto assumeva molta rilevanza e veniva guardata con rispetto, a differenza di ciò che accadeva comunemente nella società. Soprattutto la padrona di casa deteneva un ruolo di estrema autorità e poteva gestire la situazione a seconda dei proprio voleri, rappresentando il fulcro attorno al quale poteva crearsi un centro di scambio culturale molto interessante:

Muse dalla funzione dilatata furono le animatrici dei salotti culturali, a partire da quelli francesi del XVIII secolo, il cui sapere non è più solo domestico o cortigiano, ma è il sapere della società intera e delle sue forze sotterranee.90

All’interno dei salotti si discorreva dunque non solo di cultura ma anche di argomenti politici e sociali, di attualità e notizie dall’estero, e frequentemente questi ambienti anticipavano le mode e le tendenze che poi si sarebbero diffuse. La possibilità di affrontare temi vasti e di discutere su questioni così variegate dipendeva dall’altrettanta varietà di persone che frequentavano questi circoli; si potevano incontrare

persone potenti, ragguardevoli, famose e alla moda; sono diplomatici, politici, intellettuali, che si scambiano notizie e opinioni, che allacciano rapporti tra loro, che predispongono il terreno per decisioni anche importanti. Si discute

89

Ivi, p. 324.

90

38 degli ultimi fatti culturali, mondani e di cronaca, si fanno resoconti di viaggi, si tessono le fila di avvenimenti, si conducono giochi di potere[…].91

Per le aristocratiche salottiere questo era dunque un ottimo modo per conoscere personaggi influenti e intellettualmente stimolanti, inseriti nella società contemporanea e quindi ottimi contatti con il mondo esterno.

La realtà quotidiana, fuori dalle mura domestiche, solitamente preclusa alle donne, veniva qui invece raccontata e analizzata permettendo alle frequentatrici dei salotti di venire a conoscenza di fatti di comune interesse e di formarsi su questi una propria opinione, restando comunque “al sicuro” in uno spazio chiuso di loro conoscenza.

Il salotto aveva proprio in questo la sua forza, esso era un luogo intermedio: “spazio privato, in quanto fa parte della casa, e non tutti vi possono aver accesso; ma spazio pubblico in quanto diventa luogo di incontro fra uomini pubblici”92.

La pratica più importante all’interno del salotto era la conversazione, rigidamente regolamentata e cardine portante dei rapporti in questo ambiente.

Le ragazze dei ceti alti venivano istruite fin dall’infanzia alle norme per sostenere una degna e nobile conversazione con i loro ospiti, si trattava di “un lungo e paziente lavorio educativo”93 che mirava a formare delle dame intellettualmente acute e in grado di spaziare negli ambiti argomentativi più svariati, a seconda dei gusti dell’interlocutore.

Le nobili salottiere dovevano padroneggiare lo “studio della storia, della letteratura e delle belle arti, e soprattutto la corretta e disinvolta conoscenza delle lingue, in particolare della lingua francese”94 per poter conversare in modo disinvolto anche con gli stranieri.

Le dame imparavano anche le buone maniere, la gentilezza e il rispetto erano infatti alla base dei rapporti nei salotti, e riuscivano perfettamente a pacificare le situazioni d’attrito tra gli ospiti, magari derivati da differenti opinioni politiche; esse sapevano

91 L. RICALDONE, op. cit., p. 29. 92

D. GODINEAU, Sulle due sponde dell’Atlantico: pratiche rivoluzionarie femminili, cit., p. 21.

93

M.I. PALAZZOLO, Educazione alla conversazione/ educazione nella conversazione, cit., p. 321.

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muoversi in modo elegante e disinvolto, prestavano molta attenzione all’aspetto e ai gesti, come prescritto dalle norme educative che venivano loro impartite.

La formazione personale della donna avveniva però soprattutto nell’ambiente stesso del salotto, grazie alle numerose possibilità di accesso alla cultura e di incontro con personalità rilevanti del tempo; la dama per questo “attivava tutte le sue potenze intellettive in vista di una crescita individuale”, imparava ad ascoltare con attenzione i discorsi degli intellettuali, voleva “imparare da tutti sulla base delle specializzazioni di ciascuno, cosciente che dalla conversazione con i dotti si apprendeva molto di più che dalla fredda lettura”95.

L’usanza dei salotti vedrà la sua conclusione con l’Unità d’Italia; lo sviluppo nei decenni successivi di un’idea di donna ancora più vincolata all’immagine materna e familiare ed al ruolo domestico assegnatole dalla società non permetterà più, nemmeno alle dame aristocratiche, di avere un posto attivo nei dibattiti correnti poiché “anche la conversazione, in questo quadro, si chiude all’interno delle mura domestiche, per diventare corollario accessorio della vita familiare”96.