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L ’economia politica nella Bibbia (l9>

Narra una leggenda talmudica, che le parole pronunciate da Dio dal­ l’alto del Sinai si diffusero nel mondo come espresse nelle settanta lin­ gue, e cosi la Torah fu resa intelligibile ai settanta popoli costituenti l’uma­ nità, secondo il sistema etnografico presentato nella Genesi (Gen., X).

Nei secoli e nei millenni si è verificato appieno quello che la leggenda talmudica aveva immaginato. La Bibbia è stata tradotta in tutte le lingue parlate dalle più varie genti e resa nota a tutta l’umanità. Nessun libro ha avuto mai tanta diffusione, ha trovato mai altrettanta fortuna.

Questa fortuna non sta solo nelle innumerevoli versioni che, formate per tutti gli idiomi, hanno reso la Bibbia accessibile a tutti gli uomini. Sta ancor più nella varia frequentissima influenza che, attraverso i tempi, ha ognora esercitato in ogni ramo del pensiero umano, su ogni ordine di ma­ nifestazioni spirituali e intellettuali.

Di fronte a questa grande varietà di elementi che le genti hanno tratto dalla Sacra Scrittura, non paia profanazione se un cultore degli studi eco­ nomici ne sfoglia le pagine per ricercarvi dati attinenti alla vita della ric­ chezza.

(19) Il contenuto del presente studio ho fatto oggetto di una conferenza tenuta presso il Convegno di studi ebraici in Roma, il 26 marzo 1936.

Le citazioni bibliche sono fatte secondo la versione italiana di Giovanni Lu zzi, salvo alcuni rari ritocchi (La Bibbia, tradotta dai testi originali e annotata-, Firenze, 1927-30, volumi 1-10. I libri, capitoli e versetti citati sono indicati fra parentesi.

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V

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La seconda pagina della Bibbia si presenta tosto a doppio titolo assai notevole per la dottrina economica, poiché ci espone ad un tempo un esem­ pio di « economia isolata » e di « economia con assenza di costo ».

L’ Eden ci offre un ambiente in cui vive una sola coppia umana, una sola famiglia, in una vita che — se dobbiamo credere a Dante — è durata sette ore soltanto: è però una condizione così eccezionale che niuno mai vi ha fatto richiamo quale caso di economia assai semplice (20).

L’ Eden è ambiente in cui l’uomo può soddisfare i suoi gusti senza in­ contrare ostacoli, senza sopportare pene, senza trovare limitazioni, salvo una, la quale non è di natura economica. I frutti di ogni albero del giar­ dino si possono mangiare liberamente, così che essi sono beni, che — nella illimitatezza loro — potremmo dire « non economici ». Nell’Eden sembra essere assente per l’uomo la quotidiana servitù del lavoro, della pena, del costo: questa condizione beata, di perfetta letizia economica, sembra sussi­ stere, sebbene successivamente nella Genesi (II, 15), si accenni vagamente a un ufficio, a una funzione dell’uomo nel mistico giardino; Adamo vi era posto leovdah ulshomrah, per la coltivazione e la custodia; il primo fra questi vocaboli è quello tipico designante il lavoro; ma tuttavia l’esclusione del lavoro dal terrestre paradiso parrebbe arguirsi dalle espressioni ben di­ verse usate nel capitolo successivo (III, 18), dove la necessità quotidiana del lavoro è presentata quale perenne conseguenza del peccato; il suolo è ma­ ledetto e così ne cessa la spontanea formazione del reddito; la terra da sé produce solo le inutili spine e cardi; il vitto si conquista unicamente col lavoro, con la fatica, col sudore della fronte.

La breve pagina che nella Bibbia designa l’ambiente dove la gioia del godimento non ha per contropartita la sofferenza del costo, trova il suo ri­ scontro nelle mille leggende che presso i più vari popoli hanno posto agli albori dell’umanità l’età dell’oro, leggende che hanno talora fornito, in di­ verse letterature, spunto e materia ad opere di pregio artistico; leggende e scritti letterari che hanno trovato una bella analisi da parte di un economi­ sta italiano ingiustamente dimenticato, Salvatore Cognetti de Martiis (21). Comparso il lavoro sulla terra, la Bibbia, narrando in molte parti dei suoi ventiquattro libri, le vicende storiche del popolo di Israele, offre qua e

(20) Vedi tuttavia Cannan, Revìew of economie Tbeory, pag. 1.

là cenni e spunti sulla evoluzione delle forme economiche; sono cenni che spesso delineano, con la consueta stringatezza ed efficacia, i caratteri fon­ damentali, economici e sociologici, delle età primitive. Talora l’assetto eco­ nomico sia delle genti cananee che della popopolazione israelitica emerge, s’intuisce, attraverso elementi accidentali — più ancora che da notizie di carattere storico — da similitudini, da parabole, dalle invettive dei profeti, dalle analisi etiche contenute nei libri sapienzali. Traspare così dal testo biblico l’evoluzione subita dall’economia ebraica durante la quindicina di secoli cui all’incirca si estende per il popolo di Israele l’evo antico, in quanto la civiltà ha assunto forme definite storicamente note: evoluzione dal primitivo nomadismo (22), dal regime pastorale, all’agricoltura seden­

taria con l’insediamento nella Palestina (23), allo svolgimento di una civiltà urbana, allo sviluppo di un cospicuo movimento commerciale, di una qual­ che attività industriale ed infine di un assetto più evoluto e complesso nel­ l’orbita dei grandi Stati cui l’economia della Palestina si è trovata in con­ dizioni di soggezione o di coordinamento (24). L’evoluzione delle forze eco­ nomiche non ha seguito sempre uno schema cronologico definito; si ha ta­ lora la coesistenza di forme diverse contrastanti e il contrasto ha avuto tal­ volta importanti riflessi religiosi e morali. Presso il ceppo propriamente ebraico il regime pastorale si è proteso in qualche misura anche dopo la conquista della Palestina fino al primo tempo della monarchia; le popola­

zioni cananee erano invece già sedentarie con largo sviluppo di civiltà ur­ bana (25), di attività commerciale — talora l’appellativo di « cananeo » è sinonimo di commerciante — : nei primi secoli dell’età regia il contrasto fra le due forme di economia, e specialmente fra i due modi di vita e di pensiero, ha avuto parte non piccola nel sorgere del movimento profe­ tico (26).

£ assai frequente nella Bibbia il richiamo all’economia dello scambio, ma non vi compare la primitiva forma del baratto, tanto che al baratto non è fatto esplicito riferimento nella Legge ed è poi stata molto ristretta la considerazione di esso nel commento e regolazione talmudica (27). Gli esempi di scambi ricordati nella Bibbia sempre avvengono contro metalli

(22) Lods, Israël, des originel au milieu du VIII0 siiete, Paris, 1930; pagg. 216 segg. (23) Lods, Israel ecc. op. cit., pagg. 449 segg.

(24) Schwalm, La vie privée du peuple juif à l'époque de Jésus-Christ, Paris, 1910. (25) Lods, Israël ecc., pagg. 69 segg.; 451-53.

(26) Wallis, Sociological study of the Bible. Chicago, Univ. of Chicago Press, 1922:

specialmente Parte II-III. v

(27) V. 1'art. Barter nella Jewish Encyclopedia, vol. II.

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preziosi; l’oro e l’argento appaiono sia come strumenti di compravendita che come mezzi di misura del valore; poiché è più frequente la citazione dell’argento che dell'oro, si direbbe che il metallo bianco fosse il più co­ mune mezzo di scambio; forse la posizione comparativa dei due metalli mutò transitoriamente al tempo di Salomone, col vasto afflusso di oro, du­ rante la breve ora di floridezza economica, la sola narrata dalla storia di Israele; ma gli elementi offerti dal Libro dei Re (I Reg. X, 14-27) sono troppo incerti per giustificare l'affermazione, da taluno avanzata, di una esclusione dell'argento dalla funzione monetaria (28).

La coniazione dei metalli è avvenuta tardivamente; ancora dopo l’esi­ lio si hanno riferimenti alla pesatura dei metalli; sono ripetutamente citati sia nella Torah che nei libri storici e profetici gli strumenti ponderali re­ cati abitualmente in una borsa dai commercianti per la pesatura dei metalli negli scambi. E significativo il fatto che la Torah ingiunge l’esattezza della bilancia e del peso, ma non prevede comminatoria alcuna riguardo alla re­ golarità del titolo delle verghe metalliche cedute, sebbene le segnalazioni bibliche di « oro buono », di « oro fino » mostrino non ignoti i diversi gradi di pregio del metallo. Si direbbe che in Palestina non circolasse dell’« oro basso » e che non avvenissero fenomeni corrispondenti a quelle alterazioni sul titolo dei metalli monetari di cui la numismatica antica offre tanti esempi. L’invettiva di Amos (V ili, 5) che accusa i mercanti ingordi di rim­ picciolire la misura dell’efah e di ingrandire il siclo, non si riferisce a una frode monetaria, ma a una frode ponderale; il mercante disonesto rimpic­ ciolisce l’efah che misura la merce ceduta (grano) e ingrandisce il peso del siclo che misura il metallo che il compratore deve corrispondere. Come presso molti altri popoli anche in Israele la primitiva moneta coniata ha serbato nella sua denominazione ponderale — il shekel — un ricordo dell’anteriore metodo della pesatura.

Attraverso le età le denominazioni, i pesi e i rapporti fra le monete circolanti della Palestina hanno variamente risentito delle vicissitudini po­ litiche del paese. L’obbligo stabilito dalla Torah (Ex. XXX, 12 segg.) di un tributo da parte degli adulti, di un mezzo siclo, da corrispondersi al Tempio per le spese dei servizi religiosi ha dato luogo alla formazione nel Talmud del trattato Shekalim intorno alle modalità dei pagamenti, alle

(28) «Ed il re distribuì l'argento in Gerusalemme come se fossero state pietre» (27). Le notizie sulla floridezza economica durante il regno di Salomone sono molto esagerate nella narrazione biblica e nelle posteriori leggende. (Renan, Hist. du peuple d’Israel, voi. II, capi­ toli X, XIV).

monete all’uopo valide, alle modalità della gestione e controllo di questo gran movimento di denaro, al cambio fra le monete; è un trattato che costituisce una singolarità nella letteratura monetaria. Le limitazioni tradi­ zionalmente poste a questo movimento sacro di danaro e la gran varietà topografica delle correnti di fedeli che accorrevano al santo edificio, spie­ gano 1’esistenza di cambiavalute nei paraggi del Tempio, esistenza che ha dato luogo all’episodio famoso. E probabile che la necessità di usare monete di tali tipi soltanto, per pagamenti che raggiungevano talora una entità molto considerevole, determinasse per esse una certa sopravaluta- zione in confronto col contenuto metallico (29).

Taluno dei libri sapienzali offre delle norme intorno alla fruttifera gestione della ricchezza. Nell’ Ecclesiaste compare un’affermazione che di­

remmo fisiocratica: « La terra è più profittevole di tutte le altre cose; il re stesso è sottoposto al campo » (V, 9). Nelle scettiche pagine del piccolo libro risuonano frequenti le esclamazioni sulla vanità della ricchezza, sulla tenuità dei godimenti che da essa provengono, i moniti sui patemi d’animo che ne importa la conservazione, risuona l’elogio della vita semplice, del dolce sonno del lavoratore; ma tuttavia viene stimolata la coraggiosa spe­ culazione commerciale e, ad un tempo, il prudente equilibrio degli inve­ stimenti, l’attenuazione dei rischi nella varietà loro: «lancia arditamente la tua fortuna nell’alto mare; col succedersi dei giorni la ritroverai accre­ sciuta; fanne sette parti od anche otto, poiché non sai quale disgrazia può rovesciarsi sulla terra » (XI, 1-2) (30). I moniti di economia domestica dati nella chiusa del Libro dei Proverbi (XXXI, 10-31) sono così noti che non occorre un particolare richiamo; alludo all’elevato ed elegante poema 'eshet

chajl, limpido profilo della « donna saggia » che lungo i secoli ha segnato

il piogramma di vita della sposa ebrea.

Anche nella considerazione comune delle cose della ricchezza, le an- goscie, le pene, emergono ognora dinanzi alla mente dell’uomo, assai più che le gioie e i godimenti. Nella Bibbia, in materia di economia, prevale la nozione dei cataclismi, dei periodi di depressione. Nel duplice sogno

fa-(29) Schwalm, La vie privée du peuple juif ecc., dt. pag. 337-51; Schürer, Geschichte des Jüdischen Volkes im Zeitalter Jesu Christi, 3* ed., Lipsia, 1898, vol. II, pagg. 51-55; Klausner, Jesus of Nazareth, bis life, limes, and teaching, tr. ingl., London 1925, pag. 314; una ampia analisi sull'economia monetaria è presentata in Krauss Talmudische Archeologie; Francoforte s. M., 1911; vol. II, pagg. 404-16: a pag. 413 i illustrata la formazione del­ l’aggio per il cambio del sido sacro.

(30) Renan, L’Ecclisiaste traduit de l’hibreu, avec une étude sur l’âge et le caractère du livre, Paris, 1890, pagg. 28, 140-41. , \

raonico delle vacche grasse e delle vacche magre, delle spiche pingui e di quelle striminzite (Gen. XLI) si è voluto ravvisare la prima figurazione sto­ rica delle alternative cicliche nel movimento economico. Nel sogno, le vac­ che magre e misere divorano quelle floride senza che la loro magrezza sva­ nisca; la gravità della depressione sembra ognora soverchiare la copia dei rac­ colti degli anni lieti; la sofferenza emerge anche nel ricordo biblico: « quel­ l’abbondanza — prevede Giuseppe nella sua interpretazione del sogno — non sarà conosciuta nel paese in confronto della posteriore fame, poiché questa sarà molto grave ». La Bibbia traccia un nitido schema di politica annonaria, basato sullo spostamento nel tempo dell’offerta di vettovaglie mediante la formazione di ammassi collettivi in pubblici granai, sotto la egida di un « commissario agli approvvigionamenti ». Lo schema è mira­ bile per la sua razionalità, in quanto poggia su una contrazione del con­ sumo negli anni pingui e non prevede il pericoloso congegno di prezzi illu- soriamente miti nel tempo della scarsità. Giuseppe non ha previsto un prezzo politico del pane; e la Bibbia, descrivendo la situazione degli anni di penuria, trova negli alti prezzi delle vettovaglie lo strumento di una profonda trasformazione nella costituzione economica dello Stato egi­

ziano (31). Di fronte alla razionalità della politica annonaria di Giuseppe, basata sulla prudente regolazione degli ammassi, può destare qualche me­ raviglia l’affermazione ingenua e superficiale contenuta nel Libro dei Pro­ verbi : « Il popolo maledirà chi serra il grano e la benedizione sarà sul capo di chi lo vende » (XI, 26).

Le guerre tengono un grande posto nella storia del popolo d’Israele. Nelle pagine dei profeti appare talora lo sgomento per i conflitti armati e ritorna più volte l’esclamazione che i popoli si sono affaticati per il fuoco, e le nazioni si sono sacrificate per il nulla (Hab. II, 13) e ritorna pure più volte l’invocazione a una definitiva pace per cui le spade si trasformino in vomeri e le lancie in falci (Mie. IV, 3). Ma non manca neanche nei Profeti l’invocazione alla guerra santa contro gli oppressori, per la quale si do­ vranno fabbricare spade coi vomeri e lancie con le roncole (Joel, IV, 10).

(31) La Bibbia (Gen. XLVII, 13-26) descrive ingenuamente che Giuseppe, vendendo il grano alla popolazione, dapprima ritirò per conto del Faraone tutto il danaro circolante, poi acquistò il bestiame, poscia le terre, eccettuate quelle dei sacerdoti: indi gli abitanti rinunzia- rono alla libertà; attribuisce pertanto all'amministrazione di Giuseppe il regime terriero e fiscale egiziano. Il regime indicato nell'esposizione biblica presenta parziale corrispondenza con quello descritto da Diodoro Siculo (Vedi A. MoRET, Le N il et U civilisatìon egyptienne, Paris, 1926; pag. 331-32): corrisponde alla reale franchigia fiscale per le terre dei sacerdoti (e dei guerrieri). Vedi in proposito Mohamed Kamel Moursy, Evoluitoti bhtorique du droit de propriiti joncière en Egypte nel voi. Introducilott aux Sciences èconomiques et juri-

La narrazione biblica offre qualche raro spunto di economia bellica. E specialmente notevole la descrizione contenuta nel libro intitolato a Sa­ muele sulla situazione in cui si trovava Israele nel primordi del Regno di Saulle di fronte alla prepotenza dei Filistei. Riporto integralmente il testo biblico da cui risulta come la debolezza di Israele fosse accentuata dalla assenza di industrie militari, assenza abilmente favorita dai Filistei:

4 Or in tutto il paese d'Israel non si trovava un fabbro ; poiché i Filistei ave­ vano detto : « Vediamo che gli Ebrei non si facciano spade o lande ». E tutti gli Israeliti scendevano dai Filistei per farsi aguzzare chi il vomere, chi la vanga e per aggiustare i pungoli. Cosi avvenne che il dì della battaglia, tolto Saul e Jonatan suo figliuolo, non v’ebbe di tutta la gente che era con Saul e con Jonatan, chi avesse in mano una spada o una lancia ' (I Sam., XII, 19-22).

Era una situazione di disorganizzazione militare estrema, a dirittura ingenua. Il testo biblico non ritorna sull'argomento delle industrie militari; dipinge a vivi colori il regno eroico di Saulle, agitato dalle molte battaglie, e pone in evidenza parecchi grandi guerrieri da cui era circondato il valo­ roso re beniaminita: « E fu guerra accanita contro i Filistei per tutto il tempo di Saul; e, come Saul vedeva un uomo forte e valoroso lo prendeva seco » (I Sam. XIV, 52). Saul ha saputo dotare Israele di un esercito per­ manente, che fu vittorioso sul tradizionale nemico malgrado la sua caval­ leria e i molti carri armati (32).

Un vago richiamo di economia annonaria di guerra compare nel Libro dei Re, ove Eliseo, per profetare la fine della guerra mossa da Ben-hadad re di Siria contro il Regno di Israele, annunzia semplicemente che l’indo­ mani avverrebbe un improvviso forte ribasso nei prezzi della farina e del- l’oizo nel mercato di Samaria: fenomeno questo di un brusco rovesciamento della posizione annonaria che in verità non ha trovato riscontro, ai giorni nostri, alla fine della grande guerra (II Reg. VII).

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Mentre le nozioni bibliche sulla fenomenologia economica sono fram­ mentarie e non rivelano un sistema di pensiero, ben più rilevante ed orga­ nico traspare dalle sacre carte il programma di azione che, con vocabolo moderno, potremmo dire della politica economica.

La politica economica biblica non va certo intesa secondo la mentalità

(32) Renan, Hìst. rii., voi. I, pag. 402 segg.; R icciom , Storia d’Israele, Torino, 1932, voi. I, pag. 323-24.

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odierna. Essa non si propone di imprimere particolari indirizzi all’attività economica, di promuovere, di estendere la produzione della ricchezza; que­ sto intento non può forse neppure ravvisarsi rispetto alla complessa orga­ nizzazione di opere industriali e commerciali escogitata da Salomone e di cui il Libro dei Re dà qualche cenno, disgraziatamente assai fuggevole ed

incerto.

La politica economica biblica è rivolta unicamente a promuovere quel che — ancora con vocabolo moderno — diremmo la « redistribuzione dei redditi », la « redistribuzione della ricchezza » : il suo intento è quello di migliorare la sorte economica dei deboli, dei miseri, di rendere meno grave la condizione degli oppressi. La politica economica segnata dalla Bib­ bia è una manifestazione di quel senso di giustizia e di pietà, di quel senso di elevatezza morale che informa tutto il pensiero di Israele.

Questo sistema di azioni non s’impernia sullo Stato. Il Libro dei Salmi offre bensì (Salmo 72) il profilo del buon re, del re giusto e glorioso, ma in genere non può dirsi sia sull’opera dello Stato che si fondi il raggiungi­ mento di questi fini ideali. Il salmo che — forse erroneamente — si è vo­ luto riferire a Salomone, invoca da Dio per il re il diritto di esercitare la divina giustizia e soggiunge:

Fa ch’ei governi con dirittura il tuo popolo e gli afflitti tuoi con equità;

Rechino i monti e i colli

pace al popolo, in un regno di giustizia. Faccia egli ragione agli affitti del popolo.

Soccorra i figli del povero e schiacci l’oppressore.

Il salmo prevede la splendore del regno, la ricchezza delle messi, la floridezza delle città, ma piuttosto quale premio divino per l’instaurata giu­ stizia, che quale specifico frutto di un particolare regime di governo civile. In tutto quanto il pensiero profetico prevale quella diffidenza per l'opera dello Stato, di cui si ha la iniziale esplicita affermazione nel discorso di Samuele alla vigilia della costituzione della monarchia (I Sam. V ili) (33), prevale il timore che lo Stato costituisca un ostacolo per il raggiungimento dei fini morali e religiosi posti alla nazione (34). Del resto l’esclamazione

(33) R icciom , Storia, cit., voi. I, pagg. 320-21.

(34) La diffidenza verso l'azione dello Stato si palesa assai largamente nella letteratura profetica riguardo alla politica estera delle due monarchie e, naturalmente, riguardo a quella che potrebbe dirsi la « politica religiosa » : ma non mancano manifestazioni di politica economica, essenzialmente rispetto all’atteggiamento dei re rispetto agli ottimati. Vedi Luigi Salvatorelli, Lo Stato e la vita sociale nella coscienza religiosa d'Israele e del cristianesimo antico (in Studi storici, voli. XXMII).

ingenua con cui si chiude il quadro della primitiva vita disordinata e tur­

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