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L’editio princeps della Corrispondenza a cura di Giovanni Iacopo Dionisi

DIONISI G.I. DIONISI, Serie di Aneddoti, IV, Verona, Merlo alla Stella, 1788

Giovanni Iacopo Dionisi, nato a Verona nel 1724 dal marchese Giovan Iacopo e Origa Stucchi, fu canonico della cattedrale della città e responsabile della biblioteca e dell’archivio di quel capitolo. Iniziò ad interessarsi a Dante, e in modo particolare alla Commedia, a partire dagli anni Settanta dell’Ottocento, periodo nel quale troviamo attivo nella stessa città di Verona un gruppo di studiosi che avevano intrapreso tentativi di critica su questa opera con nuovi criteri, come ad esempio Bartolomeo Perazzini, con il quale lo stesso Dionisi dal 1772 aveva avviato una corrispondenza. Sia il Perazzini che il Dionisi erano mossi dal comune desiderio di dare alla luce una nuova edizione della Commedia dantesca, ragionata e affidabile, priva di quelle imperfezioni e contraddizioni che i due imputavano all’edizione curata dall’Accademia della Crusca uscita in quegli anni.

Ma se l’impegno del Perazzini era volto principalmente al recupero del vero testo della Commedia basato sullo studio dei codici, le ricerche del Dionisi erano indirizzate piuttosto ad una corretta interpretazione storica, critica e allegorica del Poema. Per raggiungere tale scopo Dionisi ritenne di fondamentale importanza la conoscenza del tempo in cui Dante visse, delle circostanze in cui scrisse, degli episodi più irrilevanti della sua vita e di tutta la sua produzione letteraria. Perciò ricercò e si servì di qualsiasi strumento potesse rivelarsi utile a tale scopo: documenti rari, commenti, iscrizioni, topografie, stemmi, sculture, lapidi e molto altro.

I progressi dei suoi studi e delle sue ricerche confluirono in seguito in una serie di monografie, otto per la precisione, pubblicate a Verona tra il 1775 e il 1806 e che vanno sotto il titolo di Aneddoti. Il IV di questi Aneddoti, datato 1788, riporta al suo interno la Corrispondenza tra Dante e Giovanni del Virgilio e ne costituisce l’editio princeps, dal momento che è la prima edizione a stampa a presentare il carteggio completo dell’opera, includendo al suo interno anche l’epistola metrica di Giovanni

del Virgilio che non era presente nella edizione dei Carmina Illustrium Poetarum Italorum di Giovanni Gaetano Bottari, uscita nel 1719-1726.

La dedica del IV Aneddoto è indirizzata al nobile Signor Marchese Giuseppe di Sagramoso (ogni aneddoto prende avvio da uno spunto occasionale per poi concentrarsi su specifici questioni e problematiche dantesche) al quale il Dionisi offre l’opuscolo come dono per la celebrazione delle nozze, avvenute nell’anno precedente, tra suo nipote e una pronipote del Marchese e poi prosegue nel preambolo indicando la fonte dalla quale fa derivare il suo testo della Corrispondenza.

Così recita il preambolo:

«Da Monsignor Canonico Angelo Maria Bandini, dalla gentilezza sua, mi son finalmente venuti i componimenti poetici, che io sono per pubblicare, tratti dalla R. Biblioteca Laurenziana Plut. XXIX Cod. VIII colle annotazioni latine d’Anonimo contemporaneo, nel descrivere le quali manterrò, ad alcun servigio di Critica, l’ortografia stessa del Codice, non così ne’poemi, che darò alla moderna, per non infastidir troppo chi legge».

Si servì dunque del manoscritto vergato da Angelo Maria Bandini (oggi siglato Vr), bibliotecario della Biblioteca Medicea Laurenziana, che lo aveva esemplato sulla base del codice Laurenziano 29.8 di mano di Boccaccio e del quale il Veronese altro non è se non una fedele trascrizione, comprendente al suo interno anche le annotazioni latine attribuite ad un “Anonimo contemporaneo” che oggi sappiamo essere di mano dello stesso Boccaccio. Nel preambolo inoltre Dionisi ci informa di avere modificato la veste grafica dell’opera dantesca-delvirgiliana classicizzandola, così da “non infastidir di troppo chi legge”.

Il testo, non accompagnato da alcuna traduzione, è corredato da note. In esse Dionisi trascrive le glosse riportate da Bandini nel Veronese e presenti nel Laurenziano 29.8, lasciandole nella veste grafica del codice, ma escludendo quelle ritenute banali e proponendo solamente quelle da lui considerate utili per la comprensione del testo. Talvolta le glosse sono commentate e sono stati inseriti dei rimandi ad alcuni passi della Commedia. Inoltre sono stati registrati i casi nei quali Dionisi ha riportato a testo una lezione differente rispetto a quella attestata nel

Veronese e dunque nello Zibaldone Laurenziano. Si tratta di una correzione basata su una emendatio ope ingenii e non ope codicum, dal momento che Dionisi è intervenuto in prima persona sul testo, avvalendosi della sua conoscenza dei classici e di tutte le informazioni biografiche e letterarie, legate anche alle circostanze storiche in cui visse Dante, e non del confronto con altri codici della tradizione. Queste conoscenze non garantiscono però l’esattezza di una congettura. Sebbene infatti l’autore riesca talvolta a recuperare ope ingenii una lezione con buona probabilità autentica, come ad esempio in II 37 ove per ragioni metriche ed esegetiche Dionisi corregge giustamente l’insonem tradito da Bandini (e da L) con insomnem, è però anche vero che taluni suoi interventi si rivelano del tutto arbitrari e legati a soggettive preferenze. Si ha l’impressione infatti che il Dionisi cerchi di adeguare il testo all’interpretazione che ne fornisce piuttosto che subordinare l’esegesi alla prioritaria necessità di restare quanto più possibile fedele al testo: si veda ad esempio II 17, in cui il Canonico congettura eat in luogo di erat per motivi interpretativi, oppure III 34-35 dove cambia il si con sic aggiungendo l’est e modificando il tempo verbale del secondo liceat da presente a perfetto (licuit). Si tratta di operazioni che non sono giustificate dal desiderio di ricostruire l’originaria volontà dell’autore, ma piuttoste mirate a rendere i versi il più conformi possibile con il significato che l’editore trae da essi. Il testo risulta pertanto arbitrariamente e soggettivamente modellato e questo suo soggettivismo, assieme al mancato confronto con altri testimoni della tradizione, costituisce un limite per questa editio princeps.

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