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NOTA AL TESTO

II. N OTA AL TESTO

II. 4 L E EDIZIONI A STAMPA

Il testo del De Canaria è rimasto all'ombra della stampa per circa cinque secoli, data la constatazione dell’assenza di incunaboli e cinquecentine dell’opera nelle biblioteche nazionali e non. In età recente la fortuna del testo è stata piuttosto esigua. Un primo tentativo di edizione avvenne nell’Ottocento da parte di Sebastiano Ciampi, il quale riscoprì l’opera e la diede alle stampe. Possiamo invece considerare la prima vera e

propria edizione integrale quella effettuata da Manlio Pastore Stocchi nel 1992. Sul

piano eminentemente filologico, tuttavia, il testo del De Canaria di Boccaccio non è ancora stato oggetto di un’edizione critica completa. Le edizioni finora condotte risultano non sufficientemente esaustive, registrando in apparato solo informazioni essenziali sul testo, senza il corredo di un commento testuale né alcun riferimento alle fonti. La tradizione a stampa di questo testo geografico, dunque, gode di sole due edizioni, realizzate tra la fine dell’Ottocento e il corso del Novecento.

Il De Canaria è tramandato dalle due seguenti edizioni a stampa moderne:

C S. CIAMPI De Canaria et de insulis reliquis ultra Hispaniam in Oceano noviter

repertis , in «Monumenti di un manoscritto autografo e lettere inedite», Milano, 1827-

30.

126

M. MAZZETTI, Boccaccio disegnatore. Per un’idea di arte mobile, in «Letteratura & Arte» rivista annuale 10.2012, Pisa-Roma Fabrizio Serra Editore MMXII, pp.15-16.

L’editio princeps viene stampata da Sebastiano Ciampi a Firenze per Giuseppe Galletti nel 1827, ed è seguita da una sua nuova edizione «coi tipi di Paolo Andrea Molina, contrada dei Bossi, numero 1756» a Milano nel 1830, «rivista e accresciuta». Entrambe le edizioni condividono un comune dedicatario, il marchese Gian-Giacomo Trivulzio. L’edizione del ’27, dopo un sintetico Prospetto delle materie contenute, si apre in

medias res: il Ciampi spiega le circostanze che hanno portato al rinvenimento del codice

Magliabechiano, descrive il manoscritto in tutti i suoi aspetti e, infine, esegue un’attenta analisi filologica alla ricerca di quell’«uomo di molto sapere» scrittore del Memoriale ritrovato. È Sebastiano Ciampi il primo ad attibuire la paternità del manoscritto a Giovanni Boccaccio: ciò si riscontra, a sua detta, nella scrittura - come il bibliotecario «Sign. Follini congetturò» - ai piedi della guardia del codice, recante il nome di Fiammetta «lux divina» e, inoltre, negli ornamenti e miniature che arricchiscono le pagine bianche e non dello zibaldone. A suggellare l’autografia è la firma del possessore del codice che chiude un Computo della vita di Gesù Cristo alla c. 98v. Il testo del De Canaria è relegato alle cc. 52-59 dell’edizione (pp. 55-63 dell’edizione del ’30), con relativa traduzione e note di commento di carattere storico-culturale. L’editore pone in chiusura un’osservazione al lettore: «sin qui arriva la relazione; ma sembra non fosse trascritta per intiero, essendovi la pagina di dietro bianca, come per continuare la scrittura». Ciampi offre poi la prima traduzione italiana dell’opera, arricchita da due note aggiuntive che spiegano alcuni punti fondamentali del testo: la presenza dell’aggiunta sul margine sinistro della prima carta «…il fiorentino che fu capitano in queste navi è chiamato Angelino del Tegghia de’ Corbizzi consobrino de’ figliuoli di Gherardino Gianni» e la descrizione. Da un confronto dettagliato con l’autografo si nota come la facies testuale sia stata fedelmente riprodotta, fatta eccezione per alcuni tratti

distintivi, prettamente ortografici127. Completa l’edizione la sezione Annotazioni ai

monumenti, un insieme di note al testo ove Ciampi espone le proprie osservazioni critiche. In merito al De Canaria, le note a e b descrivono la storia delle Isole Canarie, tramandata fino a quei tempi attraverso portolani di naviganti e scritti letterari di autori antichi e contemporanei. A tal proposito, Ciampi dichiara esplicitamente di non voler tentare una corrispondenza tra le varie descrizioni delle isole, eccetto la Canaria, ben identificata e descritta; inoltre, sottolinea l’avanguardia italiana (e non spagnola), più precisamente genovese, in materia di navigazione. Nella seconda nota egli dichiara i

criteri editoriali impiegati: offre una traduzione dell’opera in volgare e pubblica il testo col suo colore antico, «perché uno stile tinto d’antico sarà più in armonia con l’andamento e i pensieri di quella narrazione», nel rispetto dello stile dell’autore. Infine, lo studioso non effettua alcun lavoro di emendazione al testo.

PS G.BOCCACCIO, De Canaria et insulis reliquis in Oceano noviter repertis, a cura di M.PASTORE STOCCHI, in G.BOCCACCIO, Tutte le opere, a cura di V. BRANCA, Milano, Mondadori, 1992, vol. V.1, pp. 963-986.

Al 1992 si ascrive l’edizione più recente del De Canaria, curata da Manlio Pastore

Stocchi per la collana GIOVANNI BOCCACCIO, Tutte le opere, a cura di V. BRANCA.Ben

più ricca e completa della precedente edizione Ciampi, essa è caratterizzata da un’introduzione all’opera ed esigue ma preziose note di commento. Nell’Introduzione il curatore, dopo un breve excursus storico-letterario, indaga sinteticamente sulla conoscenza delle Isole Fortunate nella cultura medievale, sottolineando l’importanza della narrazione boccacciana in quanto «fonte poziore per la nostra conoscenza dell’episodio», sebbene fruibile ad uno stadio provvisorio di stesura. Lo studioso, basandosi sulla precedente edizione Ciampi, ha riproposto il testo latino secondo la lezione dell’unico testimone che lo tramanda, aggiungendo una nuova traduzione italiana a fronte, secondo le linee della suddetta collana. Quanto al lavoro filologico svolto sul testo, l’edizione Pastore Stocchi concorda per la maggior parte con le lezioni proposte da Ciampi, eccezion fatta per l’introduzione di alcuni emendamenti migliorativi al testo. Le Note di commento, che seguono il testo stesso, presentano i suoi nodi principali e più spinosi, già esaustivamente affrontati nell’articolo Il De Canaria

boccaccesco e un locus deperditus nel De Insulis di Domenico Silvestri, cui lo stesso

Pastore Stocchi rimanda nella Nota al testo finale. Sul piano ecdotico, Pastore Stocchi apporta «minimi ritocchi» ortografici, senza tradire la grafia dell’autografo.

Questa edizione registra i seguenti emendamenti128:

1 continentur / continetur 5 ortos / ortus 8 tecti / tectis 11 resumpsere / resupsere 15 que / qui.