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EDUCAZIONE E CULTURA NELL'IMPERO DI NICEA

I tre gradi fondamentali dell'istruzione a Bisanzio: breve cenno introduttivo

Il sistema educativo bizantino, che affondava le proprie radici nell'Ellenismo222 e restò sostanzialmente uniforme dal principio alla fine dell’Impero, constava, essenzialmente, di tre tappe. La prima era denominata propaideiva, grammatikhv o iJera; gravmmata, cominciava all’età di sei od otto anni e terminava intorno agli undici. Era aperta a tutti, senza distinzione sociale. Tuttavia, poiché le scuole erano per lo più gestite privatamente ed i maestri venivano direttamente pagati dai genitori degli allievi, molte famiglie non potevano permettersi nemmeno questo grado di istruzione elementare. Va altresì segnalato che, in generale, coloro che frequentavano qualsiasi tipo di scuola erano di sesso maschile. Il livello scolastico successivo, che svolgeva la funzione di “istruzione secondaria”, era conosciuto con il nome di ejgkuvklio" paideiva223, iniziava intorno ai dodici-quattordici anni e ne durava altri tre o quattro. Era, di norma, accessibile agli abitanti delle grandi città ed alle famiglie più agiate. Infine, al vertice della piramide, si trovava l’educazione superiore, per la quale conosciamo nomi diversi: ejpisth'mai, meivzone" ajkroavsei", to; th'" ejpisthvmh" ejntelev". L’istruzione superiore era dispensata esclusivamente nella Capitale ed era rivolta ad un’élite di privilegiati: figli di alti funzionari, nipoti o “protetti” dei metropoliti, membri di grandi famiglie. Si trattava di una classe sociale che aspirava al potere pubblico o ecclesiastico, e per la quale la cultura - secondo un’ottica tipicamente e peculiarmente bizantina - costituiva un presupposto indispensabile per l’ascesa sociale. La formazione della futura classe dirigente era spesso associata ad iniziative individuali di singoli imperatori, patriarchi o alti funzionari; non vi fu mai, a Bisanzio, un’istituzione “universitaria” duratura e diffusa in modo omogeneo nei grandi centri dell’Impero, ma piuttosto troviamo una serie di scuole superiori dalla durata relativamente breve224.

Un impero in esilio

L’anno in cui Costantinopoli, nel corso della Quarta Crociata, fu devastata dal fuoco e ricoperta di fuliggine, presa e svuotata di ogni ricchezza, di quella che era pubblica e privata e di quella che era consacrata a Dio, per mano dei popoli che sono sparsi in Occidente

222 Sull'influenza che esercitò la cultura ellenistica su quella bizantina, cfr. Jenkins 1963, pagg. 39-52.

223 Sull'evoluzione del significato del termine ejgkuvklio" paideiva dall'antichità al Medioevo, cfr. Fuchs 1926, pagg. 41-45.

(1204)225, segnò non soltanto il collasso di un Impero che aveva ormai nove secoli di storia, ma anche la perdita irrimediabile di una parte cospicua del patrimonio letterario dell’Antichità. Infatti, benché nessun commentatore dell’epoca ci abbia lasciato una lista dei manoscritti andati perduti226, sappiamo che, fino a pochi anni prima del sacco di Costantinopoli, si potevano ancora reperire alcune opere di cui, in seguito, si perse ogni traccia227. La devastazione perpetrata dai Lati'noi e l’occupazione militare che ne seguì determinarono, inoltre, la scomparsa di quelle strutture scolastiche e “accademiche” preposte all’educazione superiore (tra cui segnaliamo per importanza la Scuola Patriarcale228 e l'Università imperiale229), sulle quali Stato e Chiesa ortodossa avevano fatto affidamento per garantire la propria continuità230. Quando l'Imperatore e il Patriarca abbandonarono la capitale, il sistema scolastico superiore, trovandosi privo dei suoi “patroni” e garanti, crollò sulle sue stesse fondamenta e questo determinò la fuga di gran parte degli intellettuali che avevano animato la vita culturale della Povli"231.

225 Choniates, Historia, pagg. 585-586 van Dieten, ll. 21-25; 1-7: «Ei\ce me;n dh; ou{tw tau'ta, kai; hJ Kwnstantivnou kallivpoli", to; koino;n aJpavntwn ejqnw'n ejntruvfhmav te kai; perilavlhma, h/jqavlwtai puri; kai; hjmauvrwtai, eJavlw te kai; tou' plouvtou panto;" kekevnwtai, o{so" te dhmovsio" h\n kai; toi'" lew/'" ejpw/keivwto kai; o{so" qew/' ajfwsivwto, para; genw'n eJsperivwn sporadikw'n, ajfaurw'n ta; plei'sta kai; ajnwnuvmwn, eij" lh/striko;n me;n e[kploun sugkrothqevntwn, ojrgavnw/ de; crhsamevnwn kai; proswpeivw/ eujtupwvtw/ th'" kaqæ hJmw'n kinhvsew" tw/' krouvsasqai pruvmnan eij" a[munan ∆Isaakivou tou' ejx ∆Aggevlwn kai; o}n ejkei'no" ejfuvteusen, wJ" mh; w[felen, ejpæ ajpwleiva/ th'" patrivdo", o}n kai; kalw'n kavlliston kai; sfivsin ejpevraston ajgwvgimon ejpefevronto: hJ ga;r uJptiovth" kai; oijkourovth" tw'n ta; JJRwmaivwn ceirizovntwn pravgmata dikasta;" hJmw'n kai; kolasta;" tou;" lh/sta;" ejpeishvnegken».

226 Cfr. Fryde 2000, pag. 66.

227 Ibidem, pag. 66-67; Wilson 1983a, pag 218.

228Browning (1962, pagg. 167-168) afferma che le origini della Scuola Patriarcale di Costantinopoli risalgono probabilmente al V secolo, se non addirittura ai tempi di Costantino. Lo studioso tedesco H. G. Beck, invece, nega l'esistenza di un'Accademia Patriarcale prima del XII secolo come centro stabilmente organizzato e sovvenzionato dalle supreme autorità ecclesiastiche (Cfr. Beck 1966, pagg. 133-164; Pontani 1995, pagg. 318- 321). La Scuola provvedeva a fornire una solida preparazione nell'ambito delle scienze profane; inoltre, almeno per quel che riguarda il periodo del suo massimo splendore (XII secolo), troviamo attivi tre didavskaloi in teologia: il didavskalo" tou' eujaggelivou (o oijkoumeniko;" didavskalo"), preposto all'interpretazione dei quattro Vangeli; il didavskalo" tou' ajpostovlou, che si occupava dell'esegesi delle Lettere di San Paolo, e il didavskalo" tou' yalth'ro", che commentava i salmi davidici. Cfr. anche Gregoras, Historia byzantina, I, pag. 84, ll. 20-24, pag. 185, ll. 1-3: «provteron ga;r ejx ajrcaiotevrwn tw'n crovnwn pareilhfui'a meta; tw'n a[llwn hujtuvcei kai; didaskavlwn hJ ejkklhsiva: oi} kata; diafovrou" hJmevra" kai; tovpou" th'" Kwnstantinoupovlew" ejdivdaskon, oJ me;n ta; tou' profhvtou Dabi;d a/[smata, oJ de; ta;" tou' megavlou Pauvlou ejpistola;", oJ de; tou;" eujaggelikou;" tou' swth'ro" novmou". kai; kaqæ e{kasta pavlin o{soi peri; iJeratiko;n h\san ajxivwma perikeivmenoi kata; diadoch;n ejkei'qen katæ oi[kou" kai; patria;" eijpei'n kai; sunauliva" tw'n paroikouvntwn to;n qei'on ejkhvrutton lovgon». Sulle sedi della Scuola, cfr. ad. es. Browning 1962, pagg. 170-178.

229 L'Università imperiale è un titolo convenzionale che - e questo vale soprattutto per i secoli XI e XII - vuole indicare un tipo di istituzione superiore, sovvenzionata dallo stato e responsabile della formazione di alti funzionari laici, in alternativa, dunque, alla Scuola Patriarcale (termine altrettanto convenzionale) che si occupava prevalentemente dell'istruzione di coloro che aspiravano a cariche ecclesiastiche di rilievo. Anche nel caso dell'Università di Costantinopoli c'è stato chi, come lo studioso P. Speck, è giunto a negare l'esistenza, lungo tutto il corso del millennio bizantino, di centri scolastici stabilmente organizzati e gestiti dalle supreme autorità civili. Cfr. Pontani 1995, pagg. 318-321.

230 Constantinides 1982, pag. 5; Pontani 2005b, pag 200. 231 Constantinides 1982, pag. 5.

Dalle rovine di Bisanzio, ossia da quelle regioni dell’Impero non soggette alla dominazione straniera, emersero tre Stati, a capo dei quali si insediarono alcuni esponenti delle famiglie che avevano rapporti di parentela con le ultime dinastie regnanti a Costantinopoli. Lungo la costa nord-orientale dell’Asia Minore nacque l’Impero di Trebisonda232, governato da due nipoti dell’imperatore Andronico I (1183-85), Alessio I Comneno e Davide Comneno233. Nell’area nord-occidentale della Grecia un membro illegittimo della famiglia degli Angeli, Michele Angelo (1205-1215), fondò il Despotato d’Epiro, che ben presto estese i propri confini ad est, in Tessaglia. Ma lo Stato che si considerò fin da subito l’unico e legittimo depositario dell’eredità politica, religiosa e culturale di Bisanzio e che contribuì in maniera decisiva alla riconquista di Costantinopoli (1261) fu l’Impero di Nicea234. Teodoro I Laskaris, il primo dei quattro sovrani che regnarono nella città del famoso Concilio (325), riuscì, nell’arco degli anni immediatamente successivi alla catastrofe del 1204, ad avere il controllo delle regioni occidentali dell’Asia Minore: si trattava di un’area non particolarmente estesa, tuttavia era la più fertile, prospera e densamente popolata della Penisola Anatolica235. In molti abbandonarono l'antica capitale per la nuova, «chi apertamente, chi di nascosto, tra quanti erano i cittadini più in vista236». Tra loro si trovava anche Niceta Coniata, il quale dedica alcune pagine della sua Cronikh; Dihvghsi" alla narrazione del lungo viaggio che intrapresero lui, la sua famiglia ed altri rifugiati237: a piedi, scortati da pochi servi, dovettero subire umiliazioni e soprusi, prima di giungere finalmente a Nicea, dove nel frattempo Teodoro Laskaris andava radunando le forze per resistere ai crociati238.

Molti altri intellettuali e uomini facoltosi trovarono rifugio presso la corte di Teodoro I Laskaris, provvedendo così a rifornire Nicea di comandanti dell’esercito, ufficiali ed alti prelati. Sebbene l’affluenza di notabili da tutto l’Impero (o meglio, da ciò che di esso restava) contribuisse a ricreare, parzialmente, l’atmosfera culturale di Costantinopoli, la nuova capitale fu incapace, almeno in un primo momento, di rifondare quelle istituzioni che avevano il compito di formare le nuove leve di ufficiali dello Stato o della Chiesa: mancavano infatti gli

232 L'Impero di Trebisonda, a differenza del Despotato d'Epiro (cfr. soprattutto Ostrogorsky 1968, pagg. 434- 444), sopravvisse per qualche tempo addirittura all'Impero bizantino e cadde sotto il dominio ottomano nel 1461. Verso la fine del XIV secolo Trebisonda fu uno dei più grandi centri commerciali e culturali del Mediterraneo. Cfr. ibidem, pagg. 425-434; pag. 571.

233 Ostrogorsky 1968, pagg. 425-426. 234 Ibidem, pag. 5; Fryde 2000, pagg 71-72.

235 Fryde 2000, pag. 73. Per un approfondimento storico cfr. ancora Ostrogorsky 1968, pagg. 418-434.

236 Acropolites, I, pag. 10, 13-14 Heisemberg: «ejxhvrconto toivnun oiJ me;n fanerw'" oiJ de; kai; kruvfa, o{soi tw'n perifanestevrwn ejtuvgcanon».

237 Choniates, Historia, pagg. 589-593. 238 Cfr. Kazhdan-Pontani 2001, pag. XIV.

edifici scolastici, le biblioteche e i libri di testo indispensabili per la preparazione degli studenti ad una carriera amministrativa di successo239.

È assai probabile, dunque, che il governo di Nicea cercasse, innanzitutto, di garantire il mantenimento dell’istruzione secondaria, poiché sappiamo che esistevano scuole di questo tipo in tutti i maggiori centri dell'Impero, ivi compresa la Costantinopoli occupata dai Latini240. Per avere un’idea di quale fosse il “percorso di studi”, nell’ambito dell’istruzione elementare e dell’ ejgkuvklio" paideiva di epoca nicena, possiamo avvalerci di un documento - per l’esattezza un’autobiografia - di estremo interesse. L’autore è Niceforo Blemmide (1197- 1272), definito da N. Wilson “la figura letteraria più nota dell’Impero di Nicea241”, e conosciuto soprattutto per essere l’autore di testi di logica e fisica242. Egli compì proprio a Nicea i suoi primi studi:

Paidikh;n ou\n hJlikivan a[gwn e[ti, th;n grammatikh;n ejkpepaivdeumai tevcnhn, ejpi; tevssarsin e[tesin ejscolakw;" tauvth/ mikrou' tino" devonto": ou[te ga;r ajpesklhkw;" h\n ej" tevleon, ou[tæ eujfui?a" mevtoco" peritth'", ajllæ o{mw" filomavqeia kai; spoudh; to; th'" fuvsew" ajneplhvroun uJstevrhma243.

[…] Meta; grammatikhvn, oJmhrikai'" bivbloi" kai; loipai'" poihtikai'" proswmilhkwv", kai; progumnasivai" ∆Afqonivou kai; th/' ÔErmogevnou" rJhtorikh/', th'" ejn filosofiva/ logikh'" hJyavmhn paideiva", e}x ejpi; devka dielhluqovtwn ejniautw'n ejx ou|per ejgegovnein, h] gou'n wJ" e[ggista, fwna;" kai; kathgoriva" kai; peri; eJrmhneiva" ejkpaideuovmeno". Meivzono" dæ ejpi; lovgou" ejfievmeno" ejpidovsew", oujk ei\con to;n hJghsovmenon244.

Quand’ero ancora fanciullo, fui educato alla Grammatica, alla quale mi consacrai per poco meno di quattro anni. Infatti non ero né particolarmente refrattario all’insegnamento né partecipe di uno straordinario talento, ma la voglia di imparare e lo zelo colmavano le naturali lacune.

[…] Dopo gli studi di Grammatica, presi confidenza con i libri omerici ed altre opere poetiche, così come con i

Progymnasmata di Aftonio e la Retorica di Ermogene245. Poi iniziai gli studi logici in filosofia: erano trascorsi all’incirca sedici anni dalla mia nascita e mi dedicavo ai predicabili, alle categorie e all’ermeneutica. Ma quando volli cimentarmi nella teoria di livello superiore, non trovai nessuno in grado di guidarmi.

239 Cfr. Constantinides 1982, pagg. 6-7.

240 Angold 1975, pag. 178; Costantinides 1982, pag. 7. Sulla presenza di scuole secondarie a Costantinopoli durante il dominio dei Latini, cfr. Akropolites, I, pag. 46, ll. 12-15.

241 Wilson 1983a, pag. 221.

242 Ibidem, pag. 221. Per approfondimenti, cfr. Munitiz 1988, pagg. 1-37. 243 Blemmydes, Curriculum vitae, 3, 1-5 Munitiz.

244 Ibidem, 4, 1-5.

245 I tre autori citati dal Blemmide rientrano nel tradizionale curriculum studiorum dell’ejgkuvklio" paideiva, che includeva il trivium di grammatica, retorica e filosofia, e il quadrivium di aritmetica, musica, geometria ed astronomia. I testi letterari principalmente adottati per la formazione dei giovani erano l’Iliade e, in minor misura, l’Odissea. (Markopoulos 2008, pag. 788) L'Ars rhetorica di Ermogene e i Progymnasmata di Aftonio furono in assoluto i libri di testo più adottati lungo il corso millenario dell'Impero e addirittura dopo la sua caduta nel 1453 (Constantinides, Rhetoric in Byzantium, pag. 41).

Sulla base di quanto riportato dal Blemmide, si potrebbe anche dedurre che a Nicea l’istruzione superiore fosse appannaggio di pochi e di bassa qualità246, tanto da costringere il Nostro ad abbandonare, all’età di ventitré anni circa, la Capitale per recarsi da un insegnante privato nella Troade occupata dai Latini247. Che il livello di preparazione dei maestri di Nicea, ancora nell’ultimo decennio dell’Esilio, fosse piuttosto scadente lo asserisce, inoltre, Gregorio di Cipro, patriarca di Costantinopoli dal 1283 al 1289. Egli, attirato dalla fama di Nicea, vi si recò intorno al 1258, ma ne rimase profondamente sconfortato248:

Kai; ga;r plh;n grammatikh'" te kai; poihtikh'", ejpipolaivwn kai; touvtwn, eu|re" a]n tou;" ejkei'se sofou;" e{teron didavskein eijdovta" oujdevn, favskein de; rJhtorikh'" kai; filosofiva" kai; tw'n a[llwn o{sa maqhvmata diaferovntw" metievnai kai; eijdevnai ajnqrwvpw/ proshvkei, klevo" oi\\on ajkouvein249, ginwvskein

mevntoi aujtou;" o{ tiv potev eijsin eij a[ra kai; eijsivn, oujdamw'". {{Wste kai; dusqumivai dia; tau'ta ei\con aujto;n kai; metavmeloi250.

E infatti, ad eccezione della grammatica e della poetica (sebbene anch’esse ad un livello superficiale), troveresti i dotti di questa città che non sanno insegnare nient'altro, e dicono che della retorica, della filosofia e di tutte le altre scienze che per un uomo è conveniente ricercare e possedere, hanno solo udito la fama; essi stessi non sanno né in cosa consistano, se pure esistano. A causa di ciò, era colto da sentimenti di disgusto e di rimorso.

Tuttavia non bisogna trascurare, a proposito delle due testimonianze appena citate, che «allontanarsi dalla patria alla ricerca di un grande maestro, sottoporsi a spese e fatiche di ogni genere per raggiungere un centro famoso per la sua cultura, restarne poi delusi e affidarsi infine solo a se stessi costituisce un topos letterario»251. È soprattutto il giudizio negativo di Gregorio di Cipro che deve essere trattato con cautela: infatti il dotto patriarca di Costantinopoli ricevette la sua educazione proprio a Nicea (forse nella scuola di San Trifone), dove negli stessi anni era attivo uno dei futuri promotori della rinascita culturale paleologa, Giorgio Acropolita252. L’atteggiamento critico nei confronti della cultura nicena risulta, d’altra

parte, in sintonia con l’operazione propagandistica di damnatio memoriae voluta da Michele VIII ai danni della dinastia del Lascaridi253.

Numerose, poi, sono le fonti che affermano o, per lo meno, lasciano intravedere l’esatto opposto. Sappiamo, ad esempio, che l’imperatore Giovanni III Vatatze (1222-1254) affidò a

246 Cfr. Angold 1975, pag. 178; Wilson 1983a, 223. 247 Blemmydes, Curriculum vitae, 6, 1-8 Munitiz. 248 Prato 1981, pag. 147.

249Cfr. Il., B 486.

250 Gregorius II Patriarcha, De vita sua, pag. 183, ll. 8-13.

251 Prato 1981, pag. 147. Cfr. anche H.G. Beck, Das Byzantinische Jahrtausend, München 1978, pag. 135. 252 È noto soprattutto per la sua Cronikh; Suggrafhv, che è l’unica opera storiografica sull’Esilio di Nicea scritta da un autore coevo. Cfr. Macrides 2007, pag. 5.

Niceforo Blemmide il compito di recarsi in Tracia, in Macedonia, in Tessaglia, sul monte Athos e altrove alla ricerca di antichi manoscritti, sacri o profani, per acquistarli e, ove non fosse possibile, per leggerli e riassumerli254. Ma fu soprattutto durante il breve regno di Teodoro II Laskaris (1254-1258) che le attività culturali e artistiche raggiunsero a Nicea il massimo sviluppo. Allievo di Niceforo Blemmide e di Giorgio Acropolita, studiò a fondo la letteratura greca sia sacra che profana e fu autore egli stesso di lettere, orazioni, elogi e dissertazioni di carattere filosofico e religioso255. Particolare cura rivolse all’istruzione pubblica: fondò nuove biblioteche, sovvenzionò intellettuali256, «collezionò tanti libri delle più svariate arti e scienze, quanti nemmeno Tolomeo, che per questa ragione era celebrato, e distribuendoli nelle città ordinò che fossero messi a disposizione di chi volesse leggerli o sviluppare le dottrine in essi contenute257». Certo, potrebbe essere sollevato qualche dubbio riguardo la veridicità di tali affermazioni, se pensiamo chen neppure un codice ci è rimasto di sicura origine nicena258. Eppure, i rapporti di corrispondenza che l’Imperatore intrattenne con alti funzionari e uomini di fede ci mostrano come egli si preoccupasse costantemente dell’educazione e della cultura dei propri funzionari, chiamando a svolgere mansioni di ambasceria, tra gli altri, il suo stesso maestro Giorgio Acropolita259

La scuola di San Trifone e il suo maestro di retorica: Michele Kakòs Senacherim

La misura più significativa che Teodoro II prese per promuovere e rivitalizzare la cultura e l'educazione a Nicea fu la ricostruzione della chiesa di San Trifone a Nicea, dove «istituì una scuola di grammatica e retorica […], vi prepose dei maestri e reclutò degli studenti,

254 Prato 1981, pag. 142. Cfr. Blemmydes, Curriculum, 63-64.

255 Cfr. J. Dräseke, Theodoros Laskaris, 498-515; Hunger 1959, pagg. 125-155.

256 Ibidem, pag. 178. Cfr. Scutariotes, Additamenta, pag. 291, ll. 6-11; pag. 297, ll. 18-22; Blemmydes, Curriculum, pag 33-34, 36-37.

257 Scutariotes, pag. 297, ll. 18-22: «kai; bivblou" de; sunhgavgeto, oujdæ o{sa" oJ ejpi; touvtw/ megalunovmeno" Ptolemai'o", pantoivwn tecnw'n te kai; ejpisthmw'n, kai; tauvta" tai'" povlesin ejnapotiqei;" toi'" boulomevnoi" eij" ajnavgnwsin kai; tw'n ejn aujtai'" spoudasmavtwn ajnavptuxin ejqevspise metadivdosqai». Teodoro Scutariota, metropolita di Cizico negli anni ’70 del XIII secolo, è ritenuto l’autore di una Suvnoyi" Cronikhv (una cronaca che, prendendo le mosse dall’origine del mondo, termina nell’anno 1261). Cfr. Macrides 2007, pag. 65. Nella sua edizione della Storia di Acropolite, Heisenberg pubblicò excerpta del testo di Scutariota in appendice, con il titolo: Theodori Scutariotae Additamenta ad Georgii Acropolitae Historiam (pagg. 277-302). 258 A Nicea, probabilmente, non esisteva un centro di produzione libraria, e le fonti lo confermano indirettamente. Vero è che se la nuova Capitale, in alcuni encomi (cfr. ad es. l' ejgkwvmion eij" th;n megalovpolin Nivkaian di Teodoro II Laskaris, o l'orazione “Nikaeu;"” di Teodoro Metochita), viene esaltata, paragonata addirittura all’antica Atene per il gran numero di dotti in essa presenti, tuttavia si parla anche degli sforzi che i sovrani fecero per organizzare la cultura in una città che evidentemente ne era priva.

decretando generosamente che essi ricevessero le sovvenzioni dalle casse imperiali260». Da una lettera scritta dall'imperatore in persona, apprendiamo che tra gli anni 1254 e 1258 fu insegnante di poesia e retorica presso quella scuola Michele Kakòs Senacherim, appartenente ad una famiglia di origini armene passate al servizio di Bisanzio all'inizio del XI secolo261. Sebbene il suo nome sia poco conosciuto e non esistano molte testimonianze sul suo conto, egli – come avremo modo di vedere in seguito – ricoprirà un ruolo di prim'ordine nell'ambito di questa dissertazione. Le (poche) notizie biografiche si trovano principalmente nell'opera storiografica di Giorgio Pachimere (1242 - 1310 circa). In un passo in cui vengono riportate le promesse fatte dal neo-incoronato imperatore Michele VIII Paleologo, ad esempio, veniamo a sapere che:

ª...º ajxivai" te megivstai" tou;" ajxivou" tw'n ejn tevlei probibavzein kai; krivsei" uJperapodevcesqai dikaiva" kai; tou;" ajrrepw'" krinou'nta" ejgkaqista'n, w|n kai; mavla kai; prwvtiston to;n Kako;n Micah;l, to;n kai; Senachrei;m ejpikeklhmevnon, eu\ tw'n lovgwn kai; tw'n novmwn e[conta, ejn tw'/ dou'naiv oiJ kai; prwtoashkrh'ti" pavlai sbesqe;n ajxivwma kai; oiJ qevlein ajshkrh'ti" uJpotavxai, ejfæ w| ajdekavstw" kai; ajneriqeuvtw" krivnoien262 ª...º

[…] egli avrebbe innalzato ai più grandi onori coloro che ne erano degni, avrebbe accettato i giudizi equilibrati e insediato degli uomini capaci di giudicare con fermezza: il primo di costoro era Michele Kakòs, detto Senacherim, uomo ben istruito nel campo delle lettere e della legge. A tal proposito gli avrebbe conferito la carica di prwtoashkrh'ti"263, anticamente soppressa, decidendo di subordinargli dei segretari, perché potessero giudicare con integrità ed imparzialità.

Sul finire dell'anno 1259264, inoltre, Pachimere ci informa che Michele VIII diede in moglie «a Michele Kakòs, che aveva promosso a protasekretis, una giovane fanciulla nobile della famiglia dei Filantropeni265». Lo storico racconta, infine, che Senacherim, nel luglio del 1261, mentre si trovava a Nicomedia, accolse la notizia della riconquista di Costantinopoli come una disgrazia che avrebbe portato l'Impero alla sua caduta definitiva.

Tornando indietro di qualche anno, alla scuola di San Trifone voluta dall'ultimo imperatore dei Lascaridi, è possibile ricavare qualche informazione relativa al funzionamento di questa istituzione dalla già menzionata lettera scritta da Teodoro II e destinata a Senacherim (quando

260 Scutariotes, pag. 291, ll. 8-11: «kai; scolei'a grammatikw'n kai; rJhtovrwn e[taxen ª...º, didaskavlou" ejpisthvsa" kai; maqhta;" ajpotavxa", ejk basilikw'n qhsaurw'n ta; sithrevsia touvtou" e[cein diorisavmeno" filotivmw"».

261 Guilland 1967, pagg. 506-507

262 Pachymeres, II, 1, pag 131, ll. 12-17, Failler.

263 Con il medesimo titolo di prwtoashkrh'ti", il nome di Senacherim compare anche in un atto patriarcale del

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