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LA RINASCITA LETTERARIA NELLA PRIMA ETÀ PALEOLOGA

La riconquista di Costantinopoli (1261)

La politica degli imperatori di Nicea (nelle figure, in particolare, di Giovanni Vatatze e Teodoro II Laskaris) non si limitò soltanto a promuovere la cultura e le lettere nella nuova capitale, ma si preoccupò altresì di riconquistare e consolidare il controllo su tutti i territori precedentemente occupati dai Lati'noi284. Per Michele VIII Paleologo (incoronato imperatore agli inizi del 1259285) fu, dunque, relativamente semplice riappropriarsi della Povli": «la grande roccaforte fu presa un giorno insigne, nella festa di Anna, la madre della madre di Dio, nel mese di luglio286, quasi senza sforzi e come se quelli che furono presi non se lo fossero mai aspettati287».

L’evento, che i Bizantini attendevano da due generazioni e per il quale la diplomazia e la politica militare avevano lentamente preparato il terreno, avvenne effettivamente in maniera rapida e “indolore”. Il comandante imperiale Alessio Strategopulo, di stanza con un piccolo esercito per controllare il confine bulgaro, stava facendo una ricognizione nelle vicinanze di Costantinopoli, quando si accorse che la Città era virtualmente priva di difese. Nell’agosto del 1260 era stato firmato un armistizio, ancora in vigore, e la flotta veneziana, assieme a buona parte della guarnigione franca, era impegnata ad assediare il forte Dafnusio, che dominava l'accesso al Bosforo dal Mar Nero. Strategopulo provvide immediatamente ad attaccare la città priva di difese e la prese, quasi senza incontrare resistenza, all’alba del 25 luglio 1261. Baldovino II (imperatore latino dal 1228 al 1261) e i suoi sostenitori si volsero in fuga: ebbe così fine il dominio latino di Costantinopoli288. L’imperatore greco, entrando solennemente nella città di Costantino il 15 agosto 1261289, dovette verosimilmente constatare lo stato di degrado in cui versava la capitale a seguito delle distruzioni perpetrate nei decenni

284 Cfr. Ostrogorsky 1968, pag. 451. 285 Failler 1980, pagg. 40-41.

286 Per indicare i mesi, lo storico impiega i nomi attici, ma con un significato diverso da quello che hanno nel calendario attico. Infatti egli chiama il mese di luglio ajnqesthriw;n, mentre nel calendario attico ajnqesthriw;n si trovava a cavallo tra febbraio e marzo. Sul calendario di Pachimere, cfr. Arnakis, The names of the months in the

History of Georgios Pachymeres, in BNJ 18, 1945-1949, pagg. 144-153.

287 Pachymeres, II, 27, pag. 203, ll. 22-29: «Alla; tau'ta me;n ou{tw" kata; th;n povlin ejpravcqhsan: ejpei; dæ ejcrh'n pantacou' fhmivzesqai ta; pracqevnta, kai; ma'llon o{son to; qaumasiwvteron ei\con, wJ" ejk parovdou aJlw'nai toiauvthn povlin toi'" ge mh; ejpi; touvtw/ th;n ajrch;n ajfigmevnoi", tine;" tw'n tacudromouvntwn ejpi; sugcarivai" e[qeon pantacou' gh'", wJ" aJlw/vh ajggelou'nte" to; mevga a[stu, hJmevra" ejpishvmou, ejfæ eJorth/' th'" qeomhvtoro" “Annh", mhno;" ajnqesthriw'no", ajkoniti; scedo;n kai; wJ" oujk h[lpisavn pote oiJ aJlovnte": shmei'on dæ ajlhqeiva" tw'n legomevnwn ejkeivnoi" h\n kokkobafh;" savrissa deiknumevnh».

L’attacco avvenne la notte tra il 24 e il 25 luglio, cfr. Failler 1980, pag. 55. 288 Cfr. Ostrogorsky 1968, pag. 449.

precedenti290. Scrive Niceforo Gregora: «Si poteva vedere la Regina delle città ridotta ad una piana desolata, piena di cumuli di macerie; alcune case erano rase al suolo, delle altre, invece, il grande incendio aveva lasciato pochi resti. Il fuoco rabbioso, infatti, aveva spesso offuscato la sua bellezza e il suo ornamento, nei primi tempi in cui i Latini tentavano di soggiogarla quando primamente stava per diventare schiava dei Latini291». I grandi incendi degli anni 1203-4 avevano lasciato circa un terzo degli abitanti senza casa, provocando, come conseguenza diretta, lo spopolamento della città292.

Per riportare Costantinopoli al suo antico splendore occorrevano dunque misure politiche volte alla ricostruzione e al ripopolamento della capitale293: in effetti, molti furono i retori e i cronisti dell’epoca che elogiarono Michele VIII per avere restaurato ogni genere di edificio294. Manuele Olobolo295, ad esempio, gli attribuisce, in una sua orazione, la ricostruzione e l’abbellimento di svariate opere pubbliche:

ª...º iJppovdromoi, qau'ma ijdei'n: ajgora; plhvqousa: qevatra: dikasthvria: stenwpoiv: kavllh stow'n: ajfqoniva loutrw'n: drovmoi ejn bavqei, e{teroi ejn tevlei, oiJ me;n katavstegoi, oiJ dæ u{paiqroi: ghrotrofei'a pantacou'296: ª...º

Ippodromi, una meraviglia a vedersi, l’agorà affollata, teatri, corti di giustizia, vicoli, splendidi porticati, numerosi bagni, passeggiate nella parte bassa e alta [della città], alcune coperte da tetti, altre a cielo aperto; ospizi di carità dovunque [...]

Come possiamo notare, il retore non fa riferimento a nessun monumento specifico, ma utilizza termini vaghi ed espressioni ridondanti, che riecheggiano, tra l’altro, un passo dello Smurnai>ko;" politiko;" di Elio Aristide297. La maggior parte delle opere declamatorie e

290 Cfr. Talbot 1993, pag. 243.

291 Gregoras, Historiae, I, 87.23-88.5, Bekker: «h\n me;n ou\n ijdei'n th;n basileuvousan tw'n povlewn pedivon ajfanismou', mesth;n ejreipivwn kai; kolwnw'n, oijkiva" ta;" me;n kateskammevna", ta;" de; purkai>a'" megavlh" mikra; leivyana. ajphmauvrwse me;n ga;r kai; pollavki" provteron to; kavllo" aujth'" kai; to;n kravtiston kovsmon qumo;" puro;", oJpovte Lativnoi" to; prw'ton douleuvsein e[mellen”».

292 Talbot 1993, pag. 246. 293 Ibidem, pag. 249. 294 Ibidem, pag. 253.

295 Monaco, retore ed insegnante la cui attività si colloca durante il regno di Michele VIII e Andronico II. Cfr. PLP n° 21047.

296 Holobolus, Oratio II, pag. 58, ll. 32-35, Treu.

297 Cfr. Aristides, Smurnai>ko;" politikov", pag. 232, ll. 5-16, Dindorf: «pavnta ga;r h[dh mevcri th'" paraliva" katalavmpetai gumnasivoi", ajgorai'", qeavtroi", peribovloi", limevsi, kavllesin aujtofuevsi kai; ceiropoihvtoi" aJmillwmevnoi". ajrgo;n de; oujdevn ejsti qeavmato" oujde; creiva". loutra; mevn ge tosau'ta w{ste ajporhvsai" a]n ou| louvsaio, drovmoi de; aJpavsh" ijdeva", oiJ me;n ejn bavqei th'" povlew", oiJ dæ ejpi; tevrmasin, a[llo" a[llon kwluvwn to;n kavlliston ei\nai, krh'nai de; kai; phgai; katæ oijkiva" te kai; pleivou" h] katæ oijkivan, kai; stenwpoi; ajntæ ajgorw'n kai; stenwpoi; tevtraca scivzonte" ajllhvlou" eij" uJpodoch;n tou' hJlivou, mikrou' devw levgein o} provsqen hjrnouvmhn, polla;" povlei" poiou'nte" th/' perigrafh/', mivmhma th'" pavsh" eJkavsthn».

storiografiche coeve si esprimono in termini non meno generici, rendendo così difficile stabilire con precisione il numero degli edifici pubblici e privati effettivamente restaurati dall’imperatore298. D’altro canto, possediamo alcune testimonianze che lasciano pochi dubbi sulla qualità e l’efficacia degli interventi urbanistici operati da Michele VIII. Lo storico Giorgio Pachimere scrive che il basileuv", in vista della sua incoronazione, dunque entro l’autunno del 1261299, «riportò interamente alle condizioni d’un tempo il Tempio Sacro [la basilica di Hagia Sophia], che era stato privato dagli Italiani di molti suoi elementi300», facendo riparare e abbellire le parti principali della basilica. Iniziative altrettanto degne di nota furono, poi, la ricostruzione ed il rafforzamento delle mura di difesa della Capitale301 e l’edificazione di una nuova moschea, in sostituzione delle due distrutte negli incendi del 1201 e del 1203302.

Con la riconquista della città imperiale sul Bosforo, dunque, l'impero d'Oriente si trovava di nuovo ad essere una delle grandi potenze del Mediterraneo. Tuttavia il mantenimento della sua nuova posizione richiedeva una quantità di risorse di cui non poteva disporre: le spese aumentavano ed era necessario potenziare l’esercito e la flotta. La stessa ricostruzione e ristrutturazione della capitale, cui abbiamo fatto cenno sopra, fu possibile soltanto incrementando a dismisura le tasse nelle province dell’Impero303. Si può affermare, con un

paradosso, che la presa di Costantinopoli da parte dei Bizantini fu, in ultima analisi, la causa stessa della caduta dell’Impero: a tal riguardo, Pachimere riporta un aneddoto particolarmente significativo, che si rivelerà sinistramente profetico:

Peri; tou' prwtashkrh'ti" Senachreivm, tiv e[praxen dia; th;n th'" povlew" a{lwsin.

∆Epei; de; kai; eij" Nikomhvdeian e[fqasan, ejnestwvsh" th'" panhguvrew" tou' ejn mavrtusi megivstou Pantelehvmono", e[tuce dæ ejkei'se kai; oJ Kako;" Senachreivm, ejn prwtashkrh'ti" ojffikivw/ megalunovmeno", kai; to; fhmizovmenon h[koue, prw'ton me;n dihpivstei kai; wJ" plavsma to;n lovgon ajpevpempen: wJ" dæ ejxelqw;n h[kouse kai; ejpivsteuen, eijselqw;n a{ma kai; tw'n sfetevrwn geneivwn ajpri;x tai'" cersi; draxavmeno", ÔW oi|on, ei\pen, ajkouvw. Tou'to tai'" hJmetevrai" hJmevrai" ejtamieuveto: tiv ge aJmartou'sin, wJ" ejpizh'n kai; blevpein tosau'ta deinav… Tou' loipou' kalovn ti" mh; ejlpizevtw, ejpei; ÔRwmai'oi kai; au\qi" patou'si th;n povlin.Tau'tæ e[legen ejkei'no" kai; dh'lo" h\n dusceraivnwn ta; para; polloi'" qaumazovmena. ”Opou de; kathvnthsan tau'ta, oJ lovgo" kata; tovpon ejrei'304.

298 Talbot 1993, pag. 253.

299 Ibidem, pag. 251; Failler 1980, pag 232, nota 3.

300 Pachymeres, III, 2, pag. 233, ll. 8-9, Failler: «Kai; to; me;n iJero;n a{pan metepoivei pro;" th;n protevran katavstasin, ejktrape;n ejpi; polloi'" para; tw'n ∆Italw'n».

301 Talbot 1993, pag. 249. 302 Ibidem, pag. 252.

303 Ostrogorsky 1968, pag. 451.

Del protasecretis Senacherim; di cosa fece a causa della presa della Città.

Quando [i corrieri] giunsero a Nicomedia, mentre si svolgeva la festa del sommo martire Pantelemone305, si trovava colà anche Kakos Senacherim, onorato della carica di protasecretis, e ascoltò ciò che veniva annunciato; dapprima non volle crederci e liquidò la notizia come un’invenzione, ma, quando uscì, la ascoltò e si convinse. Non appena rientrato, tirandosi a viva forza la barba con le mani, disse: «Oh! Che cosa sento? Questo era riservato ai nostri giorni! Che peccati abbiamo commesso per sopravvivere e vedere così grandi disgrazie? Nessuno si aspetti dal futuro alcunché di buono, poiché i Romani calcano di nuovo il suolo della Città». Queste furono le sue parole ed era evidente che egli mal sopportasse ciò che era visto con ammirazione dai più. A dove portò tutto questo, la narrazione lo dirà nel luogo opportuno.

Non è un caso se questo capitolo si trova subito dopo quello dedicato alla narrazione della presa della capitale da parte del generale Strategopulo. Pachimere, infatti, velando con una nota d’inquietudine un avvenimento di per sé straordinario, vuole fin da subito tracciare le linee direttrici di una politica che, nonostante i successi iniziali e la promettente rinascita nazionale, si rivelò infine fallimentare. Lo storico individua la decadenza del regno di Michele VIII nel progressivo abbandono delle frontiere orientali e di quello che era stato il cuore dell’Impero per molti decenni306.

L’impero dei Lascaridi, il cui centro si trovava, come già detto, nell’Asia Minore occidentale, era uno stato piccolo ma ben organizzato, che si fondava su una popolazione greca ed ortodossa. Michele VIII, da una parte sedotto dall’ambizione di riportare i territori greci e balcanici sotto il proprio controllo per rendere Bisanzio di nuovo una grande potenza universale, dall’altra impegnato a contrastare i numerosi oppositori tra le file del clero e a sancire l’unione con la Chiesa Latina307, trascurò i territori dell’Asia Minore, le cui frontiere diventarono presto facilmente vulnerabili308.

305 Gli emissari giunsero a Nicomedia, distante da Costantinopoli un centinaio di chilometri, due giorni dopo la presa della città, il 27 luglio. Cfr. Failler 1980, pag. 57.

306 Cfr. Failler 1980, pag. 7.

307 L’atto di unione tra le due Chiese fu sancito dal celebre Concilio di Lione del 1274. La riconciliazione, tuttavia, durò finché visse il suo protagonista principale: l’imperatore Michele VIII cercò di imporre con la forza delle persecuzioni una fede che nessun suo suddito poteva accettare, in quanto le sue dottrine ecclesiologiche erano state elaborate esclusivamente in Occidente; accusato da Roma di non saper imporre l’unione, venne scomunicato per eresia e scisma. Dopo la sua morte (1282), il figlio e successore Andronico, antiunionista, sconfessò subito la professione di fede del padre e ogni contatto con l’occidente; e l’atto di Lione, che doveva ricostruire l’unità, finì invece per approfondire il solco, politico e religioso, tra oriente ed occidente cristiano. Cfr. Ostrogorsky 1968, pagg. 461-462. Per una panoramica essenziale sugli intellettuali che parteciparono fisicamente o ideologicamente all'Unione, cfr. C. N. Constantinides, Byzantine Scholars and the Union of Lyons

(1274), in R. Beaton - C. Roueché , The Making of Byzantine History, Aldershot 1993, 86-93. 308 Cfr. Fryde 2000, pag. 82.

L'educazione e le istituzioni scolastiche durante il regno di Michele VIII Paleologo (1261-1282)

Sebbene il periodo di massima gloria dell’epoca Paleologa, nell’ambito delle lettere e dell’educazione, coincida con l’avvento di Andronico II nel 1282, fu Michele VIII a dare l’avvio alla rinascita culturale della Povli", rifondando scuole ed affidando ai dotti più illustri dell’epoca la formazione dei futuri quadri dirigenti.

Come prima misura per ristabilire l'istruzione superiore nella capitale, l'imperatore si avvalse dell'aiuto di Giorgio Acropolita, considerato il più grande intellettuale della sua epoca.

Kai; tou' ∆Akropolivtou thnikau'ta, plevon tw'n a[llwn ta; ej" lovgou" o[nto" sofou', uJpe;r tw'n lovgwn o{ti dh; polu;" aujtw'n aujcmo;" ejn tai'" tw'n ajnqrwvpwn ejkravtei yucai'", dusceraivnonto", thvn te yuch;n pavsconto" kai; bohqei'n eij" duvnamin qevlonto", aijsqovmeno" basileu;" ajnivhsi tw'n dhmosivwn frontivdwn kai; bohqei'n sugcwrei'. Kai; o{", provqumon eJauto;n toi'" boulomevnoi" ajkroa'sqai kaqivzei didavskalon, ejxhghth;n me;n tw'n laburivnqwn ∆Aristotevlou" - ou{tw ga;r ejgw; kalw' ta;" ejkeivnou strofa;" kai; ploka;" ai|" ta; eJautou' peribavllwn ejrgwvdh katanoei'n ajpergavzetai - ejxhghth;n de; kai; tw'n Eujkleivdou kai; Nikomavcou, o{sa teqewrhvkasin ou|toi, oJ me;n gewmevtra", Nikovmaco" de; ajriqmhtikouv", ejkdidavskonte". Sunevrreon pro;" aujto;n oujk ojlivgoi, e[rwti paideiva" eJlkovmenoi: hjpeivgeto kai; o{de, newvtato" me;n tou' corou', pleonektei'n de; aujtou' ejn th/' tou' maqhvmato" katalhvyei oujde; tw'n presbutevrwn paracwrw'n oujdeniv. Th'" toivnun sullogistikh'" kai; ajnalutikh'" kalw'" tw/' didaskavlw/ safhnisqeivsh", wJ" ejph'lqen aujtw/' kai; eij" ta; th'" rJhtorikh'" tou;" oJmilhta;" ejmbibavzein privn tina deuvteron tw'n ajristotelikw'n baqmw'n ejpiceirei'n ajnabaivnein, ejntau'qa toujnantivon h] provteron peri; to;n ejn ejkeivnoi" a[riston toutoni; uJph'rcen oJra'n309.

In quel tempo Giorgio Acropolita, che era tra i dotti di gran lunga il più sapiente, si lamentava e si affliggeva nell’animo per la grave povertà dei logoi che si era impadronita delle menti degli uomini, e desiderava porvi rimedio secondo le sue forze. L’Imperatore, quando lo seppe, lo destituì dai suoi incarichi pubblici e gli permise di contribuire con il suo aiuto. Egli si fece maestro solerte per coloro che desideravano ascoltarlo, esegeta dei labirinti aristotelici - così infatti chiamo le sue vie tortuose e gli intrecci per mezzo dei quali egli, avviluppando i suoi discorsi, li rende difficili da capire -, esegeta anche di Euclide, Nicomaco e delle loro teorie: il primo forma i geometri, Nicomaco i matematici. In molti affluivano da lui, spinti dall’amore per il sapere: vi si recava anche Gregorio, il più giovane del gruppo310, anche se non lasciava che nessuno dei più grandi lo superasse e apprendesse più di lui. Una volta, dunque, spiegata a meraviglia dal maestro la sillogistica e l’analitica, si mise ad iniziare gli allievi agli elementi della retorica, prima di cercare di far loro intraprendere un secondo grado della scienza aristotelica: e allora si poté constatare il contrario di prima riguardo a colui che eccelleva in quelle discipline.

309 Gregorius II Patriarcha, De vita sua, pag. 185, ll. 7-24.

310 Quando Gregorio iniziò a frequentare le lezioni dell’Acropolita aveva già ventisei anni. È possibile, dunque, che l’aggettivo newvtato" non si riferisca all’età dei giovani, ma agli anni di studi sotto Acropolita. Cfr. Constantinides 1982, pag. 33.

Giorgio Acropolita, dunque, iniziava i suoi discepoli al pensiero d’Aristotele seguendo un determinato ordine: la sillogistica e l’analitica, che corrispondevano all’ [Organon, costituivano il primo grado della scienza aristotelica311. Tuttavia, prima di avanzare ad un grado successivo della filosofia dello Stagirita, il maestro riteneva più opportuno passare all’insegnamento della retorica, attraverso esercizi di composizione detti gumnasivai, che, come possiamo leggere nel passo immediatamente successivo a quello qui presentato, crearono non pochi problemi al giovane Gregorio312.

Malgrado queste informazioni preziose sui metodi d’insegnamento dell’Acropolita, rimangono ancora alcuni interrogativi: non si sa, ad esempio, dove la scuola fosse situata e se fossero richiesti corsi preliminari per accedere a questo livello d’istruzione313. Più in generale, si può affermare che non esiste alcuna fonte, relativa all’educazione superiore negli anni dopo il 1261, che ci dia notizie esatte su quante scuole fossero presenti nella capitale o sul numero degli studenti ad esse iscritti314. Nessun dubbio, tuttavia, sul fatto che l’Acropolita fu un insegnante di successo ed ebbe un ruolo di primissimo piano nella rinascita del sapere durante la prima età paleologa315. Non è chiaro quando abbandonò la cattedra della scuola, ma è verosimile che si tratti dell’anno 1274, allorché gli fu affidato l’incarico di viaggiare in occidente in rappresentanza dell’imperatore al concilio di Lione316.

Se, da un lato - come abbiamo già detto -, non possediamo elenchi dettagliati delle scuole presenti a Costantinopoli nei primi anni della riconquista, dall'altro, grazie ancora alla testimonianza di Pachimere, sappiamo che, in seguito alle pressioni esercitate dal patriarca Germano III (1265-1266) sull'imperatore, fu presto rifondata la tradizionale Scuola Patriarcale, sotto la direzione del monaco Manuele Olobolo. Inoltre, nell'ambito dell'ejgkuvklio" paideiva, il basileu;" stesso provvide a riaprire i battenti della Scuola di San Paolo dell'Orfanotrofio, la cui storia risaliva all'XI secolo. Il capitolo che lo storico dedica al re-establishment delle due scuole merita di essere interamente trascritto e brevemente commentato.

311 Cfr. Mergiali 1996, pag. 16 nota 5.

312 Gregorius II Patriarcha, De vita sua, pag. 185, ll. 24-34 Lameere: «∆En ga;r tai'" gumnasivai" kaqæ a}" e[dei gravfonta" ejpideivknusqai th;n peri; tovde th'" yuch'" ejpithdeiovthta pavnte" me;n aujtou' kreivttou" h\san, aujto;" dæ uJpevrtero" oujdenov". To; dæ i[sw" ai[tion o{ti th'" peripathtikh'" filosofiva" a[gan ejrw'n kai; tauvth/ eJauto;n ejpineivma", ∆Aristotevlhn te wJ" oujdevna filosovfwn ejkqeiavzwn tw'n a[llwn, h|tton th;n rJhtorikh;n dexio;" kai; logogravfo" ajkouvein ejfrovntize: kaiv ge aujtw/' dia; tau'ta kekomyeumevna ejxaggevllein kai; rJhtoreuvein oujk e[melen. ∆Allæ oujk e[melen e{w" kai; ta; tw'n sumfoithtw'n hjrevmei kai; ou[pw platevw" aujto;n skwvptein kai; diasuvrein wJ" ajfuh' peri; ta; toiau'ta ejxhvgonto».

313 Constantinides 1982, pagg. 32-33. 314 Cfr. Macrides 2007, pag. 14. 315 Constantinides 1982, pag. 34.

316 Ibidem, pag. 35. Acropolita morì otto anni più tardi, dopo il ritorno da un’altra missione a Trebisonda nel 1282: non esiste alcuna prova che nel frattempo abbia continuato ad insegnare. Cfr. Mergiali 1996, pag. 16.

”Opw" to;n ÔOlovbwlon metagagw;n oJ patriarceuvwn eij" th;n tou' Qeou' ejkklhsivan ojffikivw/ rJhvtoro" ejtivma kai; didavskalon kaqivsta.

To; de; mei'zon o{ti kai; filolovgo" w]n ej" ta; mavlista, tw/' ïOlobwvlw/, eujfuei' ge o[nti kai; plhvrei lovgwn, kai; prosetethvkei, w{stæ ajpocrw'n kata; to; paresto;" hJgouvmeno", tou'to me;n eij" th;n ejkeivnou paramuqivan, paqovnto" oi|a pepovnqei, tou'to de; kai; eij" tw'n ejkklhsiastikw'n ajgwgh;n eij" paivdeusin logikhvn, to; ejkei'non ejk th'" tou' Prodrovmou monh'" ejxelqei'n kai; prosokei'lai th/' ejkklhsiva/, e[rgon pavsh" ajscoliva" ejpevkeina tivqetai to; uJpe;r touvtou presbeu'sai tw/' basilei' kai; to; th'" presbeiva" ejpagwgo;n probalevsqai, wJ": [[Hdh me;n oJ ∆Akropolivth" kai; mevga" logoqevth" Gewvrgio", ejfæ iJkano;n ejk prostavxew" sh'", basileu', ejnidrwvsa" paradidou;" ta; maqhvmata, h[dh kai; ajpokekamhvkei, kai; creiva ejsti;n a[llou" ajnavgesqai, kai; tw'n a[llwn oujc h|tton tou;" th'" ejkklhsiva", paræ o{son kai; ajnavgkh probaivnein touvtou" tw/' lovgw/, tai'" ejkklhsiastikai'" creivai" wJ" mavlista crhsimeuvsonta". Katavneue toivnun hJmi'n ajxiou'sin, wJ" uJpe;r th'" ejkklhsiva" presbeuvousi, kai; ejxeumenivzou tw/' ÔOlobwvlw/, kai; devcomai tou'ton kai; kata; to; eijko;" timh'sai kai; eij" didavskalon katasth'sai toi'" prosfoitw'si th'" logikh'" paideuvsew".” Kai; tau'ta me;n to;n patriavrchn ejkei'non eijpei'n, kai; eijpovnto" eujqu;" kataneu'saito;n basileva kai; th/' ajxiwvsei kaqupokli'nai.

\\Hn ga;r tai'" ajlhqeivai" kajkei'no" pro;" ta; palaia; th'" Kwnstantivnou paraknizovmeno", wJ" katasth'sai me;n klhvrou", e{na me;n ejpi; tw/' periwnuvmw/ tw'n ∆Apostovlwn naw/', qavteron de; ejpi; tw/' tw'n Blacernw'n, kai; uJmnopovlou" ejrrovgou" tavxai toi'" klhvroi" tou;" ejk th'" povlew" iJerei'", susthvsasqai de; kai; kata; to;n tou' megavlou Pauvlou new;n ejn toi'" ajrcaivoi" ojrfanotrofeivoi" grammatikeuomevnwn scolh;n kai; rJovgai" ejthsivoi" ejpirrwnnuvein tovn te didavskalon kai; tou;" pai'da", wJ" ejfistavnein ejnivote th/' scolh/' kai; oJpoi'o" e{kasto" kai; o{ph/ lovgwn prokovptoi, e[sti dæ ou| kai; ta; eijkovta filotimei'sqai, eij dæ ou\n, ajllæ a[nesin toi'" paisi; didovnai th'" ajscoliva" katav ti pavtrion suvnhqe". Tovte dæ ou\n uJpokliqevnta tai'" tou' iJeravrcou aijthvsesi, prospaqh'saiv te aujtivka tw/' katadivkw/ kai; ejxelqei'n keleu'sai: o}n dh; kajkei'no" dexavmeno" polloi'" h\n ajgavllwn toi'" ajgaqoi'", prosepisfragivsa"

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