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Effetti ambientali del riutilizzo delle acque reflue

3 IL RIUSO DELLE ACQUE REFLUE

3.3 Effetti ambientali del riutilizzo delle acque reflue

La sostenibilità della pratica del riutilizzo a scopo irriguo delle acque reflue depurate dipende dai potenziali impatti della distribuzione di tali acque sulle componenti di un

agroecosistema ovvero sul suolo, sulle colture e sull’ambiente nonché dai possibili impatti

sulla salute pubblica. Tali conseguenze sono strettamente correlate alle caratteristiche qualitative delle acque reflue e quindi alla tipologia di trattamento a cui sono state soggette, nonché alla modalità con cui queste vengono utilizzate dall’agricoltore nel rispetto di quelle pratiche agricole che tengano conto degli aspetti agronomici, economici, ambientali e sociali.

Le acque reflue sono una ricca fonte di nutrienti. In esse sono infatti disciolte tutti i macro-elementi essenziali alla crescita, al mantenimento, alla resa delle specie vegetali come l’azoto, il fosforo, il potassio, lo zolfo, il magnesio ed il calcio ossia quelle sostanze che normalmente (anche senza pratica di riutilizzo), a seguito di determinati piani di concimazione, l’agricoltore somministra periodicamente sul suolo per ristabilire le condizioni di abitabilità e nutrizione ottimali per sostenere l’attività fisiologica delle specie vegetali coltivate a fini paesaggistici, alimentari o energetici. Il ricorso irriguo alle acque reflue si traduce quindi nella somministrazione di elementi capaci di supportare il metabolismo della pianta coltivata sostenendone la crescita, le rese e la qualità dei raccolti. Il

beneficio agronomico è derivato dallo sfruttare quei nutrienti che, diversamente, dovrebbero essere somministrati attraverso le concimazioni o le fertilizzazioni. Condizione che si traduce in un beneficio economico notevole per le aziende agricole. Se ipotizzassimo di somministrare 5.000 m3/ha per un anno di acque reflue con caratteristiche qualitative simili a quelle imposte dalla legislazione italiana apporteremo circa 175 kg/ha anno di azoto totale e circa 60 kg/ha anno di fosforo.

Tuttavia, il ricorso alle acque reflue depurate può essere anche veicolo di eccessi di somministrazione di nutrienti (Lazarova et al., 2005) che possono comportare problemi agronomici, ambientali e impatti per la salute pubblica. Il problema maggiore comunque interessa soprattutto l’azoto in quanto elemento che non riesce ad essere trattenuto dai colloidi del terreno e presente nelle acque reflue in quantità maggiori rispetto ad altri. La somministrazione durante tutta la stagione di crescita di acque reflue depurate può tradursi nella distribuzione di una quantità notevole di sostanze azotate, a volte anche superiori rispetto alle necessità ed alle esportazioni delle specie vegetali, condizione che può favorire la perdita dei nutrienti per percolazione con potenziale inquinamento delle falde. L’eccessiva somministrazione di sostanze azotate si traduce, inoltre, nell’accumulo di nitrati nelle specie vegetali che può essere causa di problemi per la salute pubblica (Hussain et al., 2002). L’eccesso di disponibilità di azoto, rallenta lo sviluppo delle piante, provocando l’allungamento del ciclo biologico, aumenta il consumo idrico, riduce la resistenza dei fusti, favorendone la rottura e provocando fenomeni di allettamento (ad esempio nei cereali autunno-vernini), riduce la resistenza alle avversità climatiche e parassitarie (Giardini, 2002). Solitamente il contenuto in fosforo presente nelle acque reflue non è tale da comportare tossicità alle colture vegetali (Lazarova et al., 2005) nonché problemi di percolazione e inquinamento delle falde. Tuttavia, le applicazioni eccessive di fosfati possono causare carenze di rame e zinco mobili nel terreno, che sono micronutrienti importanti. Con alte concentrazioni di pH dei suoli, i fosfati precipitano, per lo più come fosfati di Ca e Mg (Lazarova et al., 2005).

Nelle acque reflue, oltre alla presenza di macro-elementi metallici o non metallici, sono presenti altre sostanze in piccolissime quantità (trace elements o oligoelementi) (Tabella 3.5) come ferro, alluminio, zinco, cadmio, boro, arsenico, berillio, cobalto, cromo, rame, fluoro, litio, manganese, piombo, nichel, mercurio e altri (Asano et al., 2007). Gli effetti di tali elementi sulle colture o sul suolo nonché sulle acque superficiali e sotterranee dipende dalla loro concentrazione, dalla durata del periodo di irrigazione (nel lungo periodo o nel breve periodo), dalle pratiche agronomiche utilizzate e dalle specie vegetali coltivate. Alcuni oligoelementi contenuti sono considerati da un punto di vista botanico come microelementi ossia quelle sostanze necessarie al sostegno dell’attività fisiologica delle piante in

piccolissime quantità. La somministrazione di acque contenenti livelli accettabili di microelementi si traduce in un supporto delle funzioni metaboliche ed un conseguente miglioramento della crescita e delle rese delle stesse anche da un punto di vista qualitativo. Al contrario, la somministrazione di acque reflue con alte concentrazioni di oligoelementi, tra cui i metalli pesanti, comporta notevoli rischi di tossicità per la pianta, con reazioni variabili in funzione dell’elemento in eccesso (Asano et al., 2007). Il riuso di acque depurate con elevate concentrazione di oligoelementi può quindi determinare impatti negativi sulla salute pubblica. Il consumo di cibi con una concentrazione elevata di tali elementi comporta l’entrata di questi nella catena alimentare che può tradursi in accumulo nelle specie superiori, come l’uomo, e generare così tossicità anche nel lungo periodo. Per quanto riguarda il suolo, la somministrazione nel lungo periodo di acque reflue depurate con una quantità eccessiva di oligoelementi può comportare accumuli in esso (Al-Nakshabandi, 1997; Khan, 2008; Chung et al., 2011) e provocare tossicità alle piante (Lorenzini et al., 2005) nonché la contaminazione delle falde acquifere, a causa dei fenomeni di percolazione (Asano et al., 2007).

Tabella 3.5 – Concentrazioni tipiche di oligoelementi nelle acque reflue depurate (adattato da Takashi Asano et al., 2007) e relativi limiti imposti dal DM 185/2003 (valori espressi in mg L-1)

Effluente secondario Livello raccomandato dall’EPA

Elementi Range Media Dopo il trattamento terziario Dopo l’osmosi inversa Lungo termine Breve termine Limiti D.M. 185/2003 Arsenico (As) <0,005-0,023 <0,005 <0,001 0,00045 0,1 10 0,02 Boro (B) <0,1-0,15 0,7 0,3 0,17 0,75 2 1 Cadmio (Cd) <0,005-0,15 <0,005 <0,0004 0,0001 0,01 0,05 0,005 Cromo (Cr) <0,005-1,2 0,02 <0,01 0,0003 0,1 20 0,1 Rame (Cu) <0,005-1,3 0,04 <0,01 0,015 0,2 5 1 Mercurio (Hg) <0,0002-0,001 0,0005 0,0001 - - - 0,001 Molibdeno (Mo) <0,001-0,018 0,007 - - 0,01 0,05 - Nichel (Ni) <0,003-0,6 0,004 <0,02 0,002 0,2 2 0,2 Piombo (Pb) <0,003-0,35 0,008 <0,002 0,002 5 20 0,1 Selenio (Se) <0,005-0,02 <0,005 <0,001 0,0007 0,02 0,05 0,01 Zinco (Zn) <0,004-1,2 0,004 0,05 0,05 2 10 0,5

La distribuzione di acque reflue sul suolo può influire sulle sue caratteristiche di abitabilità e nutrizione, generando impatti negativi sulla crescita e lo sviluppo delle specie vegetali. Il riuso delle acque reflue in maniera non sostenibile si può tradurre nel lungo periodo in un aumento della salinità, della sodicità e, come già precedentemente esposto, in accumuli di sostanze tossiche che possono interferire con la fauna terricola e le specie coltivate (Asano et al., 2007). La Salinità del terreno è influenzata dalla presenza dei solidi disciolti totali. Quindi, il potenziale di salinità delle acque reflue risulta direttamente proporzionale al contenuto di tali sostanze. Da un punto di vista agronomico l’aumento della salinità del suolo rappresenta un notevole inconveniente. L’eccesso di concentrazione salina, infatti, si traduce in una difficoltà di assorbimento idrico da parte dell’apparato ipogeo delle piante, a causa

dell’aumento della pressione osmotica ed un accumulo di elementi tossici che possono essere veicolo di deterioramento della struttura del terreno (Giardini, 2002).

Il contenuto in Sodio delle acque irrigue influenza, invece, la concentrazione di questo nel suolo modificando il SAR e incentivando la sodicità. La presenza del sodio nel terreno si rivela dannoso per le piante in quanto tossico, interferisce con l’assorbimento di altri ioni e deteriora la struttura del substrato diminuendo le caratteristiche di abitabilità (Giardini, 2002).

Inoltre, il riutilizzo delle acque reflue depurate può determinare impatti negativi sulla salute pubblica (Hussain et al., 2002), soprattutto se queste vengono utilizzate per l’irrigazione delle colture alimentari. Come già accennato in precedenza la somministrazione può comportare accumuli di metalli pesanti e di nitrati. Tuttavia, le principali problematiche che interessano la salute pubblica sono dovute alle caratteristiche microbiologiche della risorsa riutilizzata, ossia alla presenza di microrganismi potenzialmente patogeni per l’uomo. L’utilizzazione di acque non ottimamente depurate da un punto di vista igienico sanitario può essere veicolo di microrganismi che possono comportare un numero notevole di patologie (Tabella 3.6).

Il rischio reale di contrarre malattie però dipende da molti fattori quali: l’effettiva presenza di tali microorganismi (risultato della tipologia e grado di trattamento a cui l’acqua è stata sottoposta), la modalità d’uso e distribuzione nelle specie coltivate (il metodo d’irrigazione) e la destinazione finale dei prodotti. È norma, infatti, non utilizzare acque reflue con caratteristiche biologiche non sicure, da un punto di vista igienico sanitario, su colture orticole il cui prodotto della coltivazione deve essere consumato fresco. Rischi ridotti (Lazarova et al., 2005) si hanno:

ƒ per le colture arboree destinate al consumo umano e soggette a pratiche agricole che prevedano modalità di irrigazione tale da non determinare il contatto diretto con le acque reflue somministrate (micro-irrigazione);

ƒ colture destinate all’alimentazione normalmente consumati solo dopo la cottura (patate, melanzane, barbabietole);

ƒ colture destinate all’alimentazione previa asportazione della buccia (meloni, agrumi, frutta, banane, noci, arachidi);

ƒ tutte quelle colture che non sono irrigate attraverso il ricorso dell’irrigazione a pioggia.

Da quanto finora descritto, emerge che gli impatti agronomici e ambientali connessi al riutilizzo dipendono in maniera significativa dalle caratteristiche qualitative delle acque

reflue utilizzate, dalla modalità con cui queste vengono somministrate nonché dal rispetto dei limiti e delle buone norme agricole. L’utilizzazione di acque reflue che rispettino i vincoli di legge italiana garantiscono una riduzione notevole degli impatti negativi alle colture, al suolo e alle acque sotterranee e superficiali (Cirelli et al, 2010). Tale condizione, però, necessita di processi di depurazione adeguati allo scopo nonché una conoscenza ottimale e accurata delle acque che vengono riutilizzate. Il rispetto delle buone pratiche agricole, ossia, quelle azioni che tengano conto degli aspetti agronomici, economici, ambientali e sociali garantisce di un efficiente riutilizzo attraverso la salvaguardia delle risorse dell’agroecosistema così da essere un supporto alla resa, alla crescita e alla produzione agraria.

Tabella 3.6 - Agenti infettivi potenzialmente presenti nei reflui civili (adattato da Metcalf & Eddy, 1991)

Organismi Malattia Sintomi

Batteri:

Escherichia coli Gastroenteriti Diarrea

Salmonella tiphy Febbre tifoide Febbre alta, diarrea, ulcera all’intestino

Vibrio cholera Colera Diarrea acuta, disidratazione

Protozoi:

Balantidium coli Balantidiasi Diarrea, dissenteria

Cyclospora cayetanensis Ciclosporiasi Crampi allo stomaco e vomito

Elminti

Tenia saginata Teniasi Tenia del bue

Ascaris lumbricoides Ascariasi Infestazione da verme cilindrico

Virus:

Adenovirus Infezioni all’apparato respiratorio

Hepatitis A virus Epatite infettiva Ittero e febbre

Rotavirus Gastroenteriti

Non è da dimenticare, infine, che il ricorso al riutilizzo di acque reflue si concretizza in benefici sociali molto significativi. Il supporto all’irrigazione ed all’approvvigionamento idrico delle colture si traduce in una minore pressione e consumo di risorsa idrica fresca. Questa condizione rappresenta un grandissimo e notevole beneficio per tutte le comunità ed in particolare per quelle regioni del mondo dove le condizioni climatiche e le tecnologie non garantiscono un approvvigionamento idrico sostenibile, nell’ottica del continuo aumento di popolazione mondiale e quindi di domanda irrigua e civile.

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