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Effetti dei terremoti sugli impianti industriali

Nel documento UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PADOVA (pagine 59-62)

LA CLASSIFICAZIONE SISMICA ATTUALE

3.3. Effetti dei terremoti sugli impianti industriali

In questo capitolo è riportata una panoramica dei danni tipici da sisma per i serbatoi petroliferi in acciaio. Sono stati esaminati danni a serbatoi con età di costruzione e finalità di utilizzo anche molto diverse, ma la forte standardizzazione di questo tipo di struttura rende significativi i risultati in termini generali; molti dei dati riportati nel seguito provengono dal report del NIST (1997). Anche se l’inizio dell’ingegneria sismica si fa usualmente coincidere con il terremoto di Tokio nel 1923, gli effetti sui serbatoi non sono divenuti d’interesse dell’ingegneria sismica e generale fino al terremoto dell’Alaska nel 1964. La documentazione dei danni a serbatoi petroliferi a pressione atmosferica è cominciata dalle rilevazioni dei danni a partire dal terremoto di Long Beach del 1933. Ovviamente la qualità delle informazioni è migliore per terremoti più recenti quali Imperial Valley e successivi, con informazioni più dettagliate riguardanti le caratteristiche fondamentali (altezza, diametro, spessore del mantello ed il livello dei fluidi contenuti al momento del terremoto) in aggiunta alle maggiori informazioni sugli aspetti geologici e sismologici. Hanno contribuito a classificare i danni da azione sismica anche i serbatoi idrici in quanto sono molto simili per tecnologie di progetto e costruzione come descritto nel precedente capitolo.

L’effetto dei sismi sugli impianti industriali Quando si considerano i serbatoi sottoposti a sisma, questi possono considerarsi inservibili se si verifica il collasso della struttura stessa o dei tubi di collegamento come mostrato in figura 3.1. In generale, un serbatoio, si considera collassato quando si hanno danni al mantello e/o alle

giunzioni tra le parti (saldature, bulloni, rivetti) che provocano la perdita totale del contenuto. Se si riportano danni strutturali, ma non si verifica rilascio di contenuto, il comportamento è considerato soddisfacente anche se per le analisi di rischio industriale la perdita parziale di contenuto può causare incidenti rilevanti. Già dal terremoto di Long Beach (magnitudo 6.5) si è potuto evincere che le parti maggiormente a rischio di danno in un serbatoio sono le giunzioni: mantello-tetto, mentello-piastra di base, mantello-tubi di I/O. Infatti durante questo terremoto si sono avuti rovesciamenti nel caso di tetto flottante per danneggiamento delle guarnizioni. Si è notato un solo caso di elephant foot buckling (instabilità del mantello;figura 3.2).

Fig.3.1-Distacco delle tuazioni da un serbatoio a causa dell’azione sismica

L’elephant foot è un fenomeno comune nei serbatoi sottoposti ad azione sismica e rappresenta il danno tipico del mantello. Esso rappresenta l’instabilità del mantello nelle virole collegate alla piastra di base, da un lato, ed il sollevamento del serbatoio (se non ancorato) o la probabile rottura della giunzione mantello-piastra di base nel lato opposto rispetto all’instabilità. Questo tipo di danno deriva dalle forti sollecitazioni dovute all’oscillazione del liquido all’interno del serbatoio (fenomeno dello sloshing), per cui è molto probabile osservare che tutti i serbatoi danneggiati siano pieni o quasi pieni (percentuale di riempimento tra il 90 ed il 100% o comunque superiore al 50%); come è infatti avvenuto per il terremoto di Long Beach. Le osservazioni in occasione di questo evento hanno anche permesso di evidenziare come, durante il sisma, non sia più garantita la tenuta stagna dei collegamenti fissi o mobili, quali rivetti o bulloni, e che un dei parametri fondamentali, per prevedere il comportamento sismico dei serbatoi, è il rapporto altezza/diametro oltre che al già citato livello di riempimento. Oltre all’instabilità degli ordini inferiori, il mantello può fondamentalmente subire solo un altro tipo canonico di danno: lo strappo in prossimità di connessioni con le tubazioni o le valvole di servizio. Questo danno è molto frequente nel caso di connessioni frangiate rigide ed infatti sono ormai sconsigliate dalle normative internazionali nel caso di zona sismica. Rotture di questo tipo si sono osservati in molti eventi a partire dal terremoto di Kern (1952) e sono dovuti agli spostamenti differenziali tra le tubazioni ed i serbatoi con un alto livello di riempimento. Il forte terremoto dell’Alaska (1964, magnitudo 8.54) ha definitivamente confermato l’ipotesi dell’influenza del rapporto H/D sul comportamento sismico del serbatoio per cui serbatoi molto grandi sono passati indenni attraverso un evento di rara intensità. Come abbiamo anticipato in precedenza, anche il tetto è un punto delicato per i serbatoi ed anzi va notato che questi danni sono più frequenti rispetto ai danni al mantello, poiché i tetti rigidamente collegati al mantello che quelli flottanti possono danneggiarsi. Per i tetti conici

L’effetto dei sismi sugli impianti industriali portanti, il danno più frequente è il collasso della saldatura di giunzione col mantello, i serbatoi più grandi spesso hanno il tetto conico sorretto da una serie di colonne che posso instabilizzarsi. Tetti flottanti o conici con pannello flottante interno possono subire la rotazione del pannello con conseguente instabilizzazione. Molto frequente è il danneggiamento delle guarnizioni di bordo dei pannelli flottanti che fa si che ci sia fuoriuscita di contenuto durante le oscillazioni provocate dal sisma. Il piegamento di pannelli flottanti può essere causa di danno per il mantello nelle virole superiori. Alcuni terremoti hanno provocato pochi danni casi del genere possono attribuirsi alla bassa magnitudo, alla distanza dei serbatoi dall’epicentro, alla bontà del suolo in molte zone in cui si trovavano i serbatoi ed al fatto che la maggior parte dei serbatoi non era piena al momento del terremoto. Per quanto riguarda le condizioni di fondazione bisogna dire che i serbatoi semplicemente poggiati a terra su ghiaia sono sensibili a cedimenti del terreno o liquefazione, quelli poggiati su un anello in C.A. possono ruotare e sollevarsi, provocando la rottura dei pannelli flottanti e la fuoriuscita di liquido; in terremoti che producono grandi accelerazioni, grossi serbatoi sollevano la piastra di base con un fenomeno noto come uplifting (vedi Figura 3.3.).

L’ancoraggio alla fondazione con viti sembra la soluzione migliore in zona sismica, infatti dalle osservazioni susseguitesi nel tempo è facilmente ipotizzabile:

che gli ancoraggi abbiano evitato molti collassi;

che i serbatoi bullonati piccoli con piccolo valore del rapporto d/H. sono più vulnerabili;

che i grandi serbatoi sono meno vulnerabili all’elephant foot dei piccoli.

Si è infine notato che la distanza dall’epicentro non è necessariamente un buon indicatore di danno probabile mentre la distanza dalla faglia può essere più significativa.

Nel documento UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PADOVA (pagine 59-62)