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Liquido stoccato FE

Nel documento UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PADOVA (pagine 177-183)

instabilità euleriana

7. MODELLO AGLI ELEMENTI FINITI DEL SERBATOIO

7.1.2. Liquido stoccato FE

Come anticipato nell’introduzione di questo capitolo il software utilizzato per la realizzazione di questo modello agli elementi finiti è stato straus7 ed in particolare l’ultima release 2.4.4. nella quale uno degli aggiornamenti effettuati è stato quello per la realizzazione di elementi brick Hexa20 schematizzanti il comportamento di un fluido grazie alla nuova proprietà del materiale. Questa nuova proprietà è stata inserita per permettere di studiare e modellare l’interazione tra

Modello agli elementi finiti del serbatoio struttura e liquido, gli elementi così caratterizzati tengo automaticamente conto della perdita di energia attraverso la superficie libera del fluido (tensione superficiale) attraverso l’introduzione di un termine relativo alla superficie libera (un integrale nel dominio del tempo della densità del fluido).

In aggiunta per ridurre (ed in molti casi eliminare) i molti modi circonferenziali che si troverebbero normalmente con una analisi delle frequenze naturali, sono stati inseriti nuovi termini addizionali alla matrice dell’elemento in modo da inibire questi modi.

Una volta realizzato l’elemento schematizzante il liquido contenuto all’interno del serbatoio, è stato necessario andare a collegare i due elementi che, come si vede anche dalla fig. 7.6, presentano un spazio vuoto di interfaccia tra loro.

Il collegamento fra le due mesh a vista incompatibili per dimensione e disposizione degli elementi costitutivi, è stato reso possibile attraverso un procedimento che è partito con la creazione di elementi di attachement flessibili costituiti da elementi beam di costruzione (proprietà 99) su tutte le facce non libere del fluido.

In seguito il collegamento è stato reso effettivo attraverso la trasformazione degli attachement appena realizzati in link, ed in particolare in Master/Slave link.

Questi elementi definiscono una relazione “capo/schiavo” tra due nodi (nel mio caso tra un nodo,

quello del fluido ed un plate, quello del mantello). Il nodo “slave” deve seguire le componenti di spostamento del nodo “master”, per qualsiasi spostamento si voglia nello spazio x,y,z.

Nel mio caso avendo un sistema di riferimento cilindrico ho creato dei collegamenti master/slave per quanto riguarda gli spostamenti in DR per i nodi lungo la superficie verticale di tutto il cilindro di interfaccia, mentre altri per spostamenti in DZ, per i nodi di interfaccia sul piano orizzontale della base.

In questo modo i punti del fluido a “contatto” con il mantello erano costretti a spostarsi radialmente insieme ai punti del mantello ma nel contempo presentavano libertà di movimento in tutte le altre direzioni.

Ugualmente i punto della base del fluido erano costretti a muoversi in direzione DZ in modo completamente uguale ai punti della base del serbatoio, ma presentavano invece completa libertà nelle altre direzioni.

Fig. 7.7 – Liquido con link modello FE utilizzato

Modello agli elementi finiti del serbatoio Per quanto riguarda le proprietà da assegnare a questi elementi, in modo tale da poter schematizzare il comportamento del fluido contenuto, sono da inserire il bulk modulus (modulo di comprimibilità) e la densità. Per il nostro caso vista la presenza di olio combustibile all’interno del serbatoio, si è impostata una densità ρ = 1000 Kg/m3

ed un modulo di comprimibilità pari a 1550 MPa.

7.1.3. Vincolamento

7.1.3.1. Serbatoio appoggiato

Poiché l’analisi numerica del serbatoio in esame mira a valutare il comportamento della struttura a seguito del sisma di progetto, è di fondamentale importanza cogliere l’aspetto del sollevamento del fondo, che conduce a ridistribuzioni delle tensioni, le quali portano in crisi il mantello.

Per ottenere questo risultato non è possibile utilizzare vincoli bidirezionali (come ad esempio i classici carrelli in corrispondenza dei nodi della virola di base), poiché sarebbe come analizzare un serbatoio ancorato al suolo. Il serbatoio di nostro interesse è di tipo non ancorato, per cui serve un vincolo che consenta di opporsi agli abbassamenti, ma che lasci liberi gli innalzamenti. Un vincolo che svolge questo compito è quello del tipo “suolo alla Winkler”, definito dal software come “face support”, tramite il quale si dispone un letto di molle al di sotto delle lastre di fondo, specificandone la unidirezionalità; a queste si assegna una rigidezza molto elevata (dell’ordine dei 10000MPa) poiché non interessa cogliere l’abbassamento del fondo, bensì il suo sollevamento.

Resta infine da vincolare la traslazione orizzontale, che è nulla per le condizioni idrostatiche (a causa della disposizione assialsimmetrica del carico), ma è da vincolare per quanto riguarda le sovrappressioni sismiche. Le possibilità per impedire tale traslazione rigida sono:

Carrelli che impediscono le traslazioni radiali

Supporti continui lungo il bordo del fondo (edge support)

Il secondo tipo di vincolo è più raffinato, poiché tutto il contorno del fondo risulta vincolato, mentre nel primo caso il contatto sarebbe puntuale. Tuttavia, conducendo i modelli prima con uno poi con l’altro vincolo, si è notato che questi non influenzano particolarmente la soluzione, che differisce soltanto nei primi centimetri di mantello, dove le condizioni locali portano a risultati non attendibili. Al di sopra dei primi 10 cm le soluzioni sono già pressoché coincidenti; questa considerazione, unita al minor costo computazionale di un modello con carrelli rispetto ad uno con edge support, ha portato la scelta sulla prima soluzione, pertanto lo schema strutturale definitivo adottato è il seguente:

7.1.3.2. Serbatoio ancorato

In questa seconda configurazione del modello si vuole invece andare a cogliere il comportamento del serbatoio, nel caso questo (come risulta dai disegni delle tavole prese come riferimento) sia vincolato alla fondazione attraverso un collegamento bullonato distribuito lungo la lunghezza della circonferenza esterna della base del serbatoio.

Per rappresentare nel software questa condizione si sono andati a fissare rigidamente in tutte le direzioni i nodi del bordo del fondo.

Per quanto riguarda la parte interna della base, la quale nella realtà è poggiante su un magrone di fondazione in ghia, il suo vincolamento è stato realizzato attraverso elementi beam di tipo Spring/Damper per ogni nodo della mesh.

Questi elementi presentano un doppio comportamento realizzato attraverso il collegamento in parallelo di una molla e di uno smorzatore viscoso. Per ogni componente è possibile assegnare una rigidezza differente (componente assiale, laterale e torsionale), per quanto riguarda il comportamento elastico, ed ugualmente un differente valore dello smorzamento viscoso per quanto riguarda il comportamento dello smorzatore.

Nel caso in cui sia necessario definire esclusivamente un comportamento di molla elastica (come nel mio caso), è possibile andare ad impostare un valore nullo per tutti i parametri riferiti allo smorzamento viscoso. Ovviamente nell’eventualità che sia necessario avere un elemento che

Modello agli elementi finiti del serbatoio lavori esclusivamente come smorzatore viscoso, il software lo permette, semplicemente inserendo parametri nulli nella definizione delle rigidezze elastiche.

Come detto quindi nel mio modello FE per il comportamento del serbatoio bullonato sono andato ad impostare il comportamento degli spring/damper, esclusivamente come spring, e poiché l’unica componente della rigidezza che mi interessava era quella assiale sono andato ad impostare le altre due componenti con un valore molto elevato (1*1020 N/m).

La rigidezza assiale è stata calcolata invece partendo da una rigidezza del terreno pari a 0,8Kg/cm3, che ben schematizza la situazione presente al di sotto del serbatoio.

Il modello ottenuto è il seguente:

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