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Gli effetti della trasformazione digitale sul mercato del lavoro

4. STATO DELL’ARTE IN EUROPA, ITALIA E TOSCANA

4.2 Gli effetti della trasformazione digitale sul mercato del lavoro

L’impatto del digitale è molto forte anche nel mercato del lavoro. Da un lato - come sottolinea la Commissione Europea (2016) - quelle digitali sono ormai

competenze fondamentali che si stima saranno necessarie per l’85-90% di tutti i lavori nel 2020. Dall’altro, il digitale è stato negli ultimi anni uno dei più potenti veicoli di creazione di posti di lavoro in Europa, contribuendo peraltro al rinnovamento di molte competenze tradizionalmente associate alle professioni della old economy.

Non solo: esiste uno stretto rapporto tra la diffusione del digitale e l’occupazione giovanile. Il rapporto “Crescita Digitale”, realizzato da Marco Simoni della London School of Economics (2006), evidenzia che un aumento del 10% dell’uso attivo di internet potrebbe portare a un incremento di 1,47 punti percentuali dell’occupazione giovanile. Inoltre, i dati del Sistema Informativo Excelsior (promosso da Unioncamere e dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, 2015) relativi alla domanda di lavoro delle imprese per il 2014 indicano che un giovane “under 30” su 10 trova lavoro nel campo dei servizi tecnologici, evidenziando così il ruolo della componente giovanile quale potente veicolo dell’innovazione nel mondo delle imprese e nel mercato del lavoro. Secondo uno studio di Technical Hunters (un’azienda che si occupa di ricerca e selezione del personale altamente specializzato), nel 2014 sono aumentate le opportunità̀ di lavoro (+15%, con previsioni in crescita ulteriore per il 2015) e i salari nel settore dei nuovi media e dei social network, grazie alla crescente digitalizzazione delle attività̀ aziendali, all’affermarsi dei social media e all’e-commerce (lentepubblica.it 2015). Le figure in particolare ascesa sono l’E-commerce manager e il Web reputation manager, cioè̀ colui che analizza e gestisce l’immagine aziendale sui social e sul web: una figura ancora poco conosciuta, di cui le aziende si doteranno sempre più in futuro. Seguono il Datawarehouse manager (che si occupa dello

sviluppo e dell’evoluzione dei sistemi informatici atti a raccogliere e modellare tutti i dati disponibili di un’azienda), il Social media manager e il Chief technology manager (esperto di tecnologie che sa identificare le possibili applicazioni tecnologiche nei prodotti aziendali): figure che hanno tutte in comune una retribuzione minima di 50.000 euro e che, tuttavia, in Italia si fatica ancora a reperire.

Una difficoltà che non riguarda, tuttavia, soltanto l’Italia. Saranno, infatti, 900 mila i posti di lavoro negli ambiti legati all’economia digitale che l’Unione Europea prevede rimarranno vacanti entro il 2020 (Ordine dei Consulenti del lavoro, 2015). La spiegazione sarebbe la mancanza da parte degli studenti delle competenze professionali richieste dalle aziende in cerca di personale. In Italia, secondo il libro bianco di Modis (agenzia specializzata di Adecco, 2013), il rapporto tra i neolaureati e la domanda di figure professionali specializzate è in alcuni casi di 1/20. Questo vuol dire che i laureati in discipline ICT nel nostro Paese sono ancora pochi, e spesso non raggiungono il livello di competenze richiesto dalle imprese. In effetti, la richiesta di queste figure professionali in Italia è sempre più alta: i professionisti di Informatica, IT e telecomunicazioni, secondo i dati forniti dal portale Infojobs (2014), sono cresciuti ancora lo scorso anno, registrando l’8,8% delle offerte. Sono preceduti solo dagli addetti alla produzione e al controllo qualità (20,8%) e dagli addetti alle vendite (17,1%). Così come visto in precedenza a proposito dell’impatto sull’organizzazione aziendale e sulla proiezione all’estero del nostro made in Italy, la diffusione di internet non è in contrapposizione all’economia “tradizionale”.

Meno rilevanti sono le differenze tra territori. Ad esempio, la tabella 4.2 tratta dal rapporto di Unioncamere già prima citato (2015), mostra che la propensione ad assumere da parte delle PMI che utilizzano internet varia molto poco con il variare dell’area geografica, andando dal 19% di Centro e Nord Ovest al 22% delle regioni del Nord Est (22%).

La Trasformazione Digitale: Aspetti Generali ed Esperienze Locali

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Tabella 4.2 - Propensione ad assumere da parte delle PMI che utilizzano internet

Analizzando invece le classi dimensionali d’impresa, oltre alla maggiore propensione all’assunzione delle imprese più grandi, che non sorprende, va messo in luce il differenziale tra micro-imprese (1-9 dipendenti) online e offline, con le

innalzamento della competitività, attraverso la definizione di una nuova offerta di prodotti e servizi (24,4%), e che operano stabilmente all’estero (26,1%). A questi orientamenti si aggiunge anche la maggiore propensione a effettuare as- sunzioni alle dipendenze da parte delle PMI che utilizzano la Rete per aumentare la possibilità di fare affari: si tratta, in questo caso, di una propensione che ri- guarda il 20% del totale, a fronte del solo 10% rilevato tra gli imprenditori che ritengono Internet ininfluente per lo sviluppo della propria azienda.

Le piccole e medie imprese dell’industria attive sul web presentano una pro- pensione ad assumere nel 2015 anche superiore a quella rilevata nei servizi: 24% le prime, 19% le seconde. Entrando nel merito dei singoli comparti di attività dei due macro-settori è però possibile individuare una scala di valori molto ampia, e anche qualche elemento di novità.

Occupazione e competenze digitali

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Piccole e medie imprese (1-249 dipendenti) che hanno programmato assunzioni di personale nel 2015, secondo l'utilizzo di Internet per aumentare la possibilità di fare affari - Quota % sul totale

PMI che assumono

Tra quelle che

utilizzano internet non utilizzano internet Tra quelle che

TOTALE 20 10

Industria manifatturiera 24 13

- di cui (settori con valori superiori alla media)

Industrie chimiche, farmaceutiche e petrolifere 38 20

Industrie alimentari, delle bevande e del tabacco 34 12

Industrie della gomma e delle materie plastiche 29 17

Industrie elettriche, elettroniche, ottiche e medicali 26 11

Industrie tessili, dell'abbigliamento e calzature 25 15

Ind. fabbric. macchin. e attrezzature e dei mezzi di trasporto 24 15

Servizi 19 9

- di cui (settori con valori superiori alla media)

Servizi di alloggio e ristorazione; servizi turistici 29 13

Servizi di trasporto, logistica e magazzinaggio 27 14

Sanità, assistenza sociale e servizi sanitari privati 26 14

Istruzione e servizi formativi privati 25 13

Servizi informatici e delle telecomunicazioni 22 16

Servizi avanzati di supporto alle imprese 20 10

Servizi dei media e della comunicazione 20 12

Ripartizione territoriale Nord Ovest 19 10 Nord Est 22 11 Centro 19 10 Sud e Isole 20 10 Classe dimensionale 1-9 dipendenti 15 8 10-49 dipendenti 29 23 50-249 dipendenti 65 59

Fonte: Unioncamere - Ministero del Lavoro, Sistema Informativo Excelsior, 2015

prime che riescono a far rilevare un’incidenza leggermente superiore a quella media dell’intero tessuto di PMI (15% contro 14%).

In questo paragrafo si è voluta evidenziare la correlazione sempre più diretta fra competenze digitali e opportunità di lavoro, utilizzando i dati del London School of Economics (2006), il raporto di Unioncamere (2015) e i dati sulla richiesta sul mercato di nuove figure specializzate nei vari ambiti del settore digitale. La domanda è se queste competenze digitali siano sviluppate nel territorio e se quindi la Toscana sia pronta ad affrontare le nuove sfide del mercato del lavoro. Il tema che viene affrontato nel prossimo paragrafo riguarda quindi il livello di competenze digitali nel territorio toscano.

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