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Effettività e celerità del processo amministrativo

Nel documento Effettività della tutela e giurisdizione (pagine 147-152)

Nell'attuale momento storico, l'effettività della giustizia amministrativa è sentita come un'esigenza insopprimibile sia dal punto di vista del cittadino leso, sia sul piano generale dell'ordinamento processuale, talora usata come un strumento per forzare la disciplina vigente e per arricchirla di contenuti estranei al diritto amministrativo.

Un'importante chiave di lettura dei principi di effettività della tutela è stata rinvenuta, a livello comunitario, nella direttiva n. 66 del 2007, ove al considerando 36 viene posto l'accento sulla necessità di “garantire il pieno rispetto del diritto

ad un ricorso effettivo e ad un giudice imparziale, conformemente all'art. 47, primo e secondo comma, di detta Carta” (cioè della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione

europea). L'esigenza di immediatezza e rapidità della tutela ha diverse esplicazioni:

1) nei riti abbreviati introdotti dalla legge n. 205 del 2000;

2) nella garanzia di una tutela cautelare autonoma dal giudizio di merito (con il problema di estendere i principi affermati dalla direttiva n. 66 in merito al termine per portare ad esecuzione un provvedimento amministrativo ed all'effetto sospensivo automatico del ricorso);

3) nella concentrazione della controversia dinanzi ad un giudice unico, con l'ammissibilità dell'azione risarcitoria dinanzi al giudice amministrativo e l'estensione della giurisdizione esclusiva sulla sorte del contratto dopo

l'annullamento dell'aggiudicazione ai sensi della direttiva n. 66. L'esigenza della completezza della tutela interessa ogni aspetto del processo amministrativo come:

- l'ampiezza dei poteri istruttori;

- il sindacato relativo alla discrezionalità tecnica; - il diritto alla tutela caducatoria e risarcitoria;

- l'ampiezza della legittimazione a ricorrere ed appellare; - l'effettività dell'esecuzione e dell'ottemperanza;

- la coerenza dell'assorbimento dei motivi sostanziali e della decisione in forma semplificata.

Un ruolo importante per la garanzia del diritto di difesa spetta ai principi di indipendenza ed imparzialità del giudice, di parità delle parti e piena garanzia del contraddittorio

L'esigenza di effettività ben si coniuga con quella tesa a favorire la celerità del processo amministrativo, la cui definizione entro un tempo ragionevole è resa ancora più urgente dalla presenza di valori contrapposti rappresentati dalla parte privata e dalla parte pubblica del processo.

L'obiettivo di accelerare il giudizio amministrativo sta alla base delle recenti novità legislative apportate dalla Legge n. 133/08, di conversione del d.l. n. 112/08 “Disposizioni

urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria”.

Ci riferiamo, anzitutto, alla modifica apportata dall'art. 54 della citata legge all'organizzazione del Consiglio di Stato, ossia l'attribuzione al Presidente del potere di decidere annualmente l'attribuzione, in precedenza fissata ex lege, di funzioni giurisdizionali o consultive alle sei sezioni del

Consiglio che non si esclude possano svolgere tutte funzioni giurisdizionali così da smaltire il contenzioso pendente.

Altri elementi di novità, sulla cui utilità ai fini dell'accelerazione del processo già si è dubitato216, riguardano

il dimezzamento del termine della perenzione ultradecennale dei ricorsi avanti al giudice amministrativo introdotta dalla legge n. 205 del 2000 e confermato nell’art. 82 del c.p.a. ed il collegamento dell'esperibilità dell'azione di risarcimento per danni da eccessiva durata del processo alla condizione che nel giudizio, nell'ambito del quale si lamenta la violazione del principio della ragionevole durata del processo, sia stata presentata apposita istanza di prelievo, pena l'improcedibilità dell'azione risarcitoria.

In merito all'istanza di prelievo idonea a caratterizzare come urgente il giudizio, la Cassazione con pronuncia a S.U. n. 28507 del 2005 aveva aderito alla tesi di chi riteneva non dovessero essere mai addossati alle parti i ritardi da addebitare all'amministrazione della giustizia, disattendendo la tesi di chi riteneva che dovesse essere sanzionata la negligenza delle parti che non avevano utilizzato uno strumento a loro disposizione. Tale indirizzo giurisprudenziale è destinato ad essere rimesso in discussione a seguito dell'introduzione della norma in esame, la cui ratio è quella di andare a colpire le condotte delle parti processuali caratterizzate da un'eccessiva inerzia, ottenendo in questo modo anche il risultato di un taglio delle controversie pendenti.

Se si tiene conto, altresì, della rilevanza processualistica di disposizioni come quella contenuta nell'art. 21 octies della legge n. 241/90, che prevede la non annullabilità del provvedimento amministrativo per vizi sulla forma e sul procedimento217, ci dobbiamo chiedere se, con i richiamati

interventi normativi, non si sia in realtà mortificato il senso e la stessa specialità della giustizia amministrativa.

Possiamo discutere quale sia il miglior modo di gestire la domanda di giustizia, se ad esempio occorra individuare criteri di priorità nella trattazione dei ricorsi, o valorizzare l'attività del relatore della causa affinché la causa arrivi all'udienza di trattazione già istruita e con la presenza di tutte le parti, o ancora fissare un termine perentorio per la costituzione in giudizio dell'amministrazione resistente.

Certo è che non sempre la celerità del processo è garanzia di una tutela piena ed effettiva della richiesta di giustizia provenienti dal privato.

La discussione sui modi per garantire una giustizia celere, a ben vedere, passa attraverso la proposizione di una nuova configurazione del giudizio amministrativo e dei suoi istituti, alternativa a quella tradizionale.

Si è rafforzata la convinzione che, essendo il processo amministrativo uno strumento di tutela della pretesa sostanziale del cittadino, anziché di controllo dell'azione della P.A., la disciplina processuale non può essere fine a se stessa, ma deve essere funzionale alla migliore qualità della decisione di merito: si pensi ad esempio alla decisione di merito assunta

in sede cautelare e previa verifica della garanzia del contraddittorio nel rito previsto dall'art. 23 bis.

In conformità ad una lettura costituzionalmente orientata della disciplina della materia, il giusto processo è quello diretto a sfociare non in una decisione di mero rito, ma in una pronuncia di merito che decide chi abbia torto e chi abbia ragione; in base a questo principio le Sezioni Unite della Cassazione hanno riconosciuto ingresso nell'ordinamento processuale al principio della translatio iudicii dal giudice ordinario al giudice speciale e viceversa in caso di pronuncia sulla giurisdizione218, cui ha fatto seguito la pronuncia della

Corte Costituzionale n. 77/07, che ha dichiarato illegittimo l'art. 30 della legge n. 1034/71, nella parte in cui non prevede che gli effetti sostanziali e processuali prodotti dalla domanda proposta a giudice privo di giurisdizione si conservino a seguito di declinatoria di giurisdizione nel processo proseguito davanti al giudice munito di giurisdizione, statuendo che l'ordinamento riconosce l'esistenza di giudici, ma “la riconosce

affinché venga assicurata, sulla base di distinte competenze, una più adeguata risposta alla domanda di giustizia, e non già affinché sia compromessa la possibilità stessa che a tale domanda venga data risposta”219.

218 Corte Cass. SS.UU. n. 4109 del 2007.

219 Al principio enunciato dalla Corte Costituzionale ha dato attuazione il Consiglio di Stato

con sentenza n. 2231 del 13 maggio 2008, ribadendo la necessità di rimettere le parti avanti al Giudice ordinario affinché dia luogo al processo di merito e di fissare un termine entro cui la salvezza degli effetti sostanziali e processuali della domanda opera, mediante applicazione analogica dell'art. 50 c.p.c..

4.7 La rilevanza dell'interesse sostanziale

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