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L’effetto conformativo dell’attività amministrativa prodotto dalle decisioni cautelari – 3.2 La tecnica processuale del c.d.

LA DECLINAZIONE DELLA EFFETTIVITA’ DELLA

3.1. L’effetto conformativo dell’attività amministrativa prodotto dalle decisioni cautelari – 3.2 La tecnica processuale del c.d.

“remand”. – 3.3. Ancora sugli effetti dei provvedimenti cautelari

3.1 L’effetto conformativo dell’attività amministrativa prodotto

dalle decisioni cautelari

L’atipicità che ha caratterizzato, sempre più nel corso del tempo, le misure cautelari non poteva non avere conseguenze sul piano della dinamica del processo amministrativo e dei rapporti di quest’ultimo con la pubblica amministrazione, parte necessaria resistente nel giudizio, e allo stesso tempo parte cui compete, generalmente 161 , il procedimento amministrativo oggetto della vertenza. Già si è detto che proprio questo carattere ha mutato la fisionomia della tutela cautelare che da mezzo di conservazione della res adhuc integra è diventato, al fine di garantire una tutela effettiva, “mezzo di propulsione a carattere anticipatorio”.

Procedendo lungo questa linea, il privato può ottenere di più di quanto conseguirebbe con l’immediato accoglimento del ricorso, che, va ricordato, comporta l’annullamento dell’atto gravato162. Già si è parlato dei rischi legati ad una “cautelarizzazione” del processo amministrativo, in cui la fase cautelare finisce per assorbire tutto il processo, esaurendo nella stessa la risposta giudiziale predisposta e fornita dall’ordinamento163.

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Non rientra in questo caso, chiaramente, l’ipotesi in cui l’atto venga impugnato per incompetenza dell’amministrazione che lo ha emesso.

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R. LEONARDI, La tutela cautelare nel processo amministrativo, Milano, 2010, 148, in cui si evidenzia che «questo aspetto della tutela cautelare nel processo amministrativo è stato tollerato,

ma anche esplicitamente ammesso da parte della dottrina fin da prima della riforma del 2000».

Anzi, sul punto, in A. ROMANO, Tutela cautelare, op. cit, 2499, l’A. attribuisce al giudice amministrativo, in occasione della concessione della tutela cautelare, i poteri propri del giudice nel rito dell’ottemperanza.

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Questa tendenza deriva, innanzitutto, e certamente, dalla necessità di provvedere in tempi brevi ad un’istanza, qual è quella cautelare, che richiede indubbiamente prontezza; tuttavia si riscontra che essa sia andata a detrimento della cognizione piena che solo la trattazione della fase di merito può dare.

Il potere giurisdizionale se da un lato è stato l’artefice di tale situazione di fatto, dall’altro pare mantenere un approccio critico, consapevole dei risvolti negativi di questo cambiamento. Al riguardo, il giudice amministrativo, che dovrebbe ordinariamente assicurare una giustizia definitiva «“soffre” nel provvedere alla tutela cautelare, ma è

tuttavia ben consapevole che si tratta dell’unico peculiare strumento che l’ordinamento mette a disposizione per assicurare pronta ed efficace risposta agli interessi lesi»164. La cognizione piena di merito, in sostanza, viene sacrificata sull’altare della effettività e della prontezza165.

D’altronde il quadro normativo ha consentito questa espansione della portata della tutela cautelare. A fronte, infatti, della previsione contenuta nell’art. 21, c. 8, legge TAR, come modificato dalla riforma del 2000, che attribuisce e riconosce in capo al giudice il potere, di certo ampio, di adottare tutte le misure che appaiono secondo le circostanze più idonee ad assicurare interinalmente gli effetti della decisione sul ricorso, non corrisponde, nella norma, almeno una qualche minima indicazione dei limiti che lo stesso potere incontra. L’unico contrappeso è costituito dal prudente apprezzamento del giudice, e non è un caso, evidentemente, che nemmeno il Codice riporti un chiarimento sul punto.

Più in specifico né la legge n. 205 del 2000 né ora il Codice si sono occupati di definire la conciliabilità tra misure cautelari particolarmente incisive, soprattutto in rapporto ad interessi pretensivi, e i principi tradizionali della fase cautelare, innanzitutto quello di strumentalità, che è compresso se non svuotato di contenuto. Ancora di più gli interventi normativi summenzionati, in quanto tali occasioni in cui era possibile apportare quegli aggiustamenti necessari al sistema della tutela cautelare così come creato dalla giurisprudenza, non si sono preoccupati di evitare lo

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P. SALVATORE, Inaugurazione dell’anno giudiziario 2008, in www.giustizia-

amministrativa.it.

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In A. MONACILIUNI, Il procedimento monitorio e dintorni nel processo amministrativo, in

www.lexitalia.it, l’A. rileva: «Non può non annotarsi la frustrazione dello stesso giudice

amministrativo, che vede la sua funzione svilita, in qualche modo, dalla inutilità delle sue pronunce, a causa dell’innaturale protrarsi del tempo fra la proposizione del gravame e la (possibilità di) definizione della lite, dalla considerazione che al ricorrente spesso interessa solo ottenere risposta positiva alla domanda cautelare per poi porre “in sonno” la controversia, e, quindi, dalla amara consapevolezza di poter essere strumento di sostanziale ingiustizia.»

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sconfinamento dell’attività giurisdizionale in area riservata alla discrezionalità amministrativa166.

Come abbiamo visto l’atipicità parte da lontano e cioè dall’affermazione della tutela cautelare degli interessi pretensivi e quindi verso gli atti a contenuto negativo, innanzitutto a quelli c.d. “in senso

improprio”, sino a constatare che la tutela cautelare può generare effetti

irreversibili, dovuti proprio al carattere atipico ed anticipatorio della tutela. Come già esposto, la giurisprudenza al fine di ampliare la sfera applicativa del meccanismo sospensivo agli atti negativi, ha arricchito la gamma dei provvedimenti di diniego sospendibili, a tal punto che il risultato ottenuto è stato quello, talora, di anticipare i contenuti non solo della decisione definitiva, ma anche della successiva attività rinnovatoria della pubblica amministrazione o quelli dell’eventuale giudizio di ottemperanza167.

La sostituzione del giudice alla p.a. si dovrebbe avere solo con l’ottemperanza, e non certo prima: tuttavia, si è assistito ad un allargamento progressivo del potere cautelare, che ha anticipato alla fase cautelare questo momento sostitutivo. Ed in effetti una già risalente dottrina ritiene che al giudice amministrativo, in occasione della concessione della tutela cautelare, vadano riconosciuti i poteri propri del giudice nel procedimento di ottemperanza168.

L’atipicità trova, peraltro, terreno fertile innestandosi nel ruolo

conformativo da sempre assolto dal giudice amministrativo nei confronti

dell’attività della p.a., ruolo che è aumentato anche ed in particolare nella fase cautelare, producendo un parallelismo che accompagna di pari passo processo amministrativo e correzione dell’attività procedimentale, elemento questo che caratterizza il ruolo del giudice amministrativo rispetto a quello del giudice ordinario169.

Con la sentenza 8 febbraio 2010, n. 1658 il TAR Lazio-Roma riporta come dato acquisito da tempo in dottrina che anche le ordinanze cautelari, sebbene caratterizzate da minore stabilità rispetto alla decisione di merito,

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Su queste mancate occasioni di intervento del legislatore sulla possibile definizione dei limiti della misura cautelare atipica, si veda, in rapporto alla legge n. 205 del 2000 C.

CACCIAVILLANI, La tutela cautelare nei ricorsi avverso il diniego di provvedimento e l’inerzia della p.a., in Dir. proc. amm., 2002, 95, ed in rapporto al nuovo Codice R. LEONARDI, La tutela

cautelare, op. cit., 165 ss.

167

Si vedano R. GAROFOLI, La tutela cautelare degli interessi negativi. op. cit. e V. PARISIO (a cura di), Potere discrezionale e controllo giudiziario, Milano, 1998, 45.

168

A. ROMANO, Tutela cautelare, op. cit, 2499.

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C. CALABRÒ, Inaugurazione dell’anno giudiziario del TAR Lazio 2004, in www.giustizia-

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spiegano “effetti conformativi”, cosicché fino a quando le ordinanze medesime non siano revocate, modificate o sostituite da una pronuncia di merito, debbono essere compiutamente ottemperate dall’amministrazione, seguendo le indicazioni ivi contenute.

Il processo amministrativo, più in generale, non ha, infatti, solo efficacia demolitoria, ma anche definitoria della norma agendi produttiva dell'effetto conformativo per la successiva azione amministrativa170.

La contestualità tra processo amministrativo e correzione dell’attività procedimentale è peraltro favorita da un ampliamento dei poteri istruttori del giudice già nella fase cautelare (art. 55, c. 12, c.p.a.) e da meccanismi che conferiscono dinamicità al processo, come ad esempio quello dei motivi aggiunti (art. 43 c.p.a.), che consente, a processo pendente, di impugnare nuovi atti sopravvenuti in corso di causa, anche di quelli emanati dalla parte pubblica resistente in esecuzione di una pronuncia cautelare.

Allo stesso tempo, appare logico, e conferente con i parametri del giusto processo, che, a fronte di un giudizio sempre più completo come quello cautelare, ci sia un vaglio preliminare all’emissione di una misura cautelare della competenza territoriale e funzionale, oggi inderogabile ex artt. 13 e 14 c.p.a., per non discostarsi dalla regola del “giudice naturale” precostituito per legge.

L’estensione del potere cautelare arriva dunque a forme di tutela cautelare atipica che vanno dall’ammissione con riserva a procedure concorsuali ad interventi sostitutivi del giudice nei casi di diniego da parte della p.a. di un provvedimento invocato dal ricorrente o in caso di silenzio.