• Non ci sono risultati.

La revoca e la modifica delle misure cautelar

L’ESECUZIONE DELLE DECISIONI CAUTELAR

4.3. La revoca e la modifica delle misure cautelar

Risponde sicuramente anch’essa all’esigenza da un lato di garantire una tutela effettiva e dall’altro di rispettare il carattere interinale, la previsione contenuta all’art. 58 c.p.a. della possibile modifica o revoca della misura cautelare disposta. Riprendendo pedissequamente la disciplina dei procedimenti cautelari innanzi al giudice civile di cui all’art. 669-decies c.p.c. le parti nel processo amministrativo (e quindi non solo il ricorrente) possono chiedere la revoca o la modifica del provvedimento cautelare,

139

come pure possono riproporre l’istanza cautelare se prima non accolta, nei casi in cui “si verificano mutamenti nelle circostanze o se allegano fatti

anteriori di cui si è acquisita conoscenza successivamente al provvedimento cautelare”. Lo stesso articolo 58 dispone poi che la revoca possa essere

richiesta anche nei casi di revocazione ex art. 395 c.p.c.

Partendo dall’analisi dell’istituto della revoca, è chiaro che solo una misura non rigida e statica, ma modulabile in relazione al mutamento della realtà dei fatti, può definirsi adeguata ad una tutela piena ed effettiva. La sua ratio è quella di tener conto del cambiamento degli interessi in gioco, di cui va fatto un nuovo contemperamento, con un assetto ridefinito da parte del giudice cautelare.

Prima del Codice tale istanza era legata solo a fatti sopravvenuti203, ora invece è ammessa anche nei casi in cui si alleghino fatti anteriori di cui si è avuta conoscenza solo successivamente al rilascio della misura cautelare. È comunque indispensabile, secondo quanto dispone lo stesso art. 58, che l’istante fornisca la prova “del momento in cui ne è venuto a

conoscenza” e quindi è necessario dimostrare che non si aveva conoscenza

di questi fatti anteriori.

Il mutamento “nelle circostanze”, legato sia a sopravvenienze in fatto che in diritto, deve essere tale da apportare una modifica significativa alla situazione precedentemente vagliata dall’organo giurisdizionale, di cui la misura interinale già disposta costituiva espressione. Al riguardo va osservato che la risposta cautelare nel processo amministrativo, soprattutto da quando atipica, è sempre più diversificata e si basa inevitabilmente su quanto viene prospettato dalla parte ricorrente, la quale, nel rispetto del principio dispositivo, deve indicare che tipo di tutela cautelare richieda al giudice adito.

Si sono viste le plurime e diverse tipologie di ordinanze che il giudice amministrativo può disporre, le quali non necessariamente si sostanziano nella sola sospensione dell’efficacia degli atti gravati, ma possono contenere anche altri effetti. È chiaro dunque, in tale cornice, quale possa essere l’utilità di un istituto come quello della revoca.

A differenza di quest’ultima l’istanza di modifica dell’ordinanza

203

L’art. 21 c. 13, legge TAR, prevedeva: “La domanda di revoca o modificazione delle

misure cautelari concesse e la riproposizione della domanda cautelare respinta sono ammissibili solo se motivate con riferimento a fatti sopravvenuti”. Si veda E. FOLLIERI, La fase cautelare, in F.

G. SCOCA (a cura di), Giustizia amministrativa, Torino 2009, 338, in cui l’A. ritiene che il riferimento ai soli fatti sopravvenuti implica una deminutio di tutela, sottolineando come nel processo amministrativo non di rado accada che le parti al momento della decisione cautelare, non siano a conoscenza di tutti i fatti e gli atti implicati nella controversia ed il concetto di sopravvenienza è da intendersi secondo un significato non già temporale, ma bensì gnoseologico.

140

cautelare lascia integro il provvedimento, ma lo sottopone ad una sopravvenienza soggettiva od oggettiva. La modifica può riguardare, ad esempio, sia il soggetto ritenuto erroneamente destinatario della misura o il soggetto che deve materialmente eseguire i precetti cautelari fissati, oppure ancora può riguardare il contenuto oggettivo e materiale.

Gli istituti in esame non possono tuttavia costituire l’occasione, per la parte istante, di utilizzare artatamente le evenienze successive all’emissione della misura cautelare, per proporre all’attenzione del giudice considerazioni giuridiche che avrebbero potuto essere dedotte nel corso del giudizio cautelare, ma che non sono state quindi formulate nel momento dovuto.

L’istanza di modifica o di revoca può essere proposta in momenti differenti, almeno fin quando la misura cautelare produce ancora i suoi effetti. È difficile che intervenga nel periodo in cui è ancora proponibile appello cautelare in quanto già tale gravame costituisce una possibile risposta ad un’esigenza di revoca204. Se infatti essa interviene in sede di appello innanzi Consiglio di Stato la competenza in ordine ad un’istanza di revoca o di modifica è di tale organo, in quanto come si afferma nell’ordinanza del Consiglio di Stato 13 novembre 2001, n. 6031 “In virtù

dell’effetto devolutivo dell’appello si ha trasferimento a tale giudice di ogni aspetto della tutela cautelare, salvo il caso di istanza di sospensione di nuovo provvedimento impugnato mediante proposizione di motivi aggiunti”. I giudici anzi potrebbero dare una lettura negativa del mancato

appello da parte dell’amministrazione perdente nella fase cautelare, laddove intenda poi avanzare istanza di revoca205.

La questione sull’organo competenete a modificare o revocare il provvedimento cautelare emesso in appello non è comunque pacifica, in quanto, prima di tutto, in effetti, l’art. 62 del Codice, che disciplina l’appello cautelare, non richiama nei rinvii normativi in esso contenuto l’art. 58.

204

Si veda al riguardo l’ordinanza TAR Campania-Salerno, 11 gennaio 2013, n. 16 con la quale si chiede il riesame, nonostante sia stata oggetto di riforma da parte del Consiglio di Stato:

“Ciò premesso, il Collegio ritiene che la presente domanda di riesame sia inammissibile, atteso che la stessa, sostanzialmente, ove accolta, modificherebbe provvedimenti cautelari emessi dal Consiglio di Stato; pertanto il Collegio è dell’avviso che, nel caso specifico, domande di riesame per fatti sopravvenuti vadano presentate al giudice d’appello, ultimo giudice che si è pronunciato sulla fase cautelare; ne consegue il rigetto dell’istanza.”

205

Si legga in tal senso, ad esempio, l’ordinanza TAR Emilia-Romagna Bologna, 15 maggio 2008, n. 349: “Considerato che l’ordinanza cautelare di questo T.A.R. del 29.11.2007, n.824, non

risulta essere stata impugnata ritualmente davanti al Consiglio di Stato; atteso che la reiterata istanza cautelare non risulta supportata da nuovi elementi di fatto sopravvenuti; respinge la suindicata domanda incidentale di sospensione.”

141

Se quindi vi è una interpretazione secondo cui «anche se il codice

nulla dispone a riguardo, la domanda, previa notificazione alle parti costituite, deve essere proposta allo stesso giudice che ha emesso il provvedimento»206, ve ne è un’altra che reputa invece che pur trattandosi di

«istituti in astratto compatibili e non logicamente in contrasto con il giudizio cautelare d’appello, purtuttavia sono ritenuti inapplicabili per ragioni pratiche: la sopravvenienza di fatti nuovi deve correttamente essere fatta valere in primo grado»207.

D’altronde la revoca si differenzia dall’appello in quanto se la prima è ricollegabile ad una modifica della situazione di fatto presa in considerazione originariamente, il secondo presuppone l’identità della situazione e l’inesattezza della valutazione dei fatti di causa data dal giudice di primo grado.

Una volta divenuta inappellabile, e quindi stabilizzatosi il comando cautelare, può certamente essere sentita, in attesa del giudizio di merito, l’esigenza di modificare l’assetto degli interessi in gioco, come contemperati nell’ordinanza cautelare. La revoca, a differenza della modifica, si pone in maniera più “impattante” su una decisione, che pur interinale e provvisoria, acquista sempre più stabilità per l’ordinamento. Al riguardo se si rilegge quanto detto sul c.d. “giudicato cautelare” si comprende perché l’istituto della revoca possa essere visto non favorevolmente in termini di certezza del diritto.

In realtà, se si guarda bene alla dinamica del processo amministrativo, e alla natura del giudizio cautelare, è proprio il carattere strumentale, provvisorio e atipico della decisione cautelare che comporta la possibile modificabilità o anche revocabilità al ricorrere di evenienze sopravvenute.

Questo discorso è ancora più confacente alla tutela cautelare monocratica. Infatti il decreto presidenziale, non essendo impugnabile, può essere però sempre revocabile o modificabile su istanza di parte, in forza dell’espressa previsione contenuta all’art. 56, c. 4, c.p.a. La norma non indica i presupposti per la presentazione dell’istanza, ma deve necessariamente ritenersi che siano i medesimi previsti all’art. 58, da valutare in relazione all’estrema celerità del procedimento cautelare monocratico che potrebbe non consentire all’amministrazione e ai controinteressati di intervenire utilmente nel giudizio prima dell’assunzione

206

M. A. SANDULLI, Procedimento cautelare, in A. QUARANTA – V. LOPILATO (a cura di), Il

processo amministrativo, Milano, 2011, 517.

207

142 del decreto.

Allo stesso tempo, però, va considerato che i tempi di efficacia delle misure monocratiche sono significativamente differenti da quelli delle misura collegiali208, le quali possono, come già visto, comportare effetti anche non brevi se non irreversibili209.

Infine va menzionata l’altra ipotesi contemplata dall’art. 58 c.p.a. ossia la facoltà di riproporre l’istanza cautelare, sempre al ricorrere delle stesse condizioni previste per la modifica e la revoca, e quindi nei casi di mutamenti nelle circostanze o di fatti anteriori conosciuti successivamente alla prima domanda cautelare proposta.

Con l’istanza in questione non possono essere proposti motivi di impugnazione della misura cautelare che costituirebbero invece le condizioni per l’appello cautelare. È necessario infatti che la riproposizione abbia ad oggetto la medesima istanza proposta in precedenza pur corredata dalla prova delle nuove circostanze intervenute.