• Non ci sono risultati.

NP SV OB GDM p-value

3.4 Effetto dell’IMC paterno sui Figl

Stratificando la prole nei 3 gruppi che rispecchiano l’IMC paterno, abbiamo potuto osservare che figli di padri obesi tendono ad avere peso e indice ponderale (PI) alla nascita maggiori rispetto a quelli di padri normopeso o sovrappeso anche se i valori non risultano statisticamente significativi.

Per quanto riguarda i valori di glicemia [Tabella 12], essi tendono ad essere inferiori nel sangue cordonale del gruppo degli obesi, mentre a 2 ore dalla nascita risultano maggiori nello stesso gruppo rispetto agli altri 2.

Un dato significativo è stato ottenuto confrontando i trigliceridi dei figli [Figura 15], che risultano significativamente maggiori in quelli aventi padri obesi rispetti a quelli che hanno padri sovrappeso o normopeso.

62 Figura 15: Trigliceridi misurati nella prole di padri normopeso, sovrappeso e obesi.

Tabella 12. Stratificazione dei figli in base all’IMC paterno.

NP SV OB p-value Peso nascita (kg) 3,4±0,1 3,3±0,1 3,4±0,1 n.s. IMC (kg/m2) 13,3±0,3 13,0±0,3 13,7±0,4 n.s. PI (kg/m3) 26,6±0,6 25,8±0,5 27,5±0,9 n.s. TG (mg/dl) 12,5±4,2* 27,9±4,7# 60,7±16,9 *0,007 vs.OB #0,0014 vs.OB Colesterolo (mg/dl) 69,8±15,6 72,9±16,9 88,6±24,3 n.s. HDL (mg/dl) 63,6±9,4 51,3±2,3 50,7±2,1 n.s. LDL (mg/dl) 38,5±16,3 29,9±1,9 48,4±17,5 n.s. Glicemia Cordone (mg/dl) 76,4±20,9 59,6±6,8 41,5±8,1 n.s. Insulina Cordone (mg/dl) 4,5±0,9 4,3±1,1 3,4±0,9 n.s. Glicemia 2h (mg/dl) 61,6±3,2 62,6±3,7 69.7±4,1 n.s. TL 1,16±0,06 1,20±0,05 1,14±0,07 n.s.

63

4. DISCUSSIONE

Obesità e diabete sono importanti fattori di rischio per lo sviluppo di malattie cardiovascolari, che a loro volta costituiscono una causa prevalente di mortalità a livello mondiale [84]. L’identificazione dei meccanismi che regolano l’insorgenza di obesità e diabete è dunque necessaria per prevenire la diffusione epidemica di tali patologie e lo sviluppo delle complicanze cardiovascolari ad esse connesse.

Sovrappeso e obesità materni sono stati associati allo sviluppo di malattie metaboliche e cardiovascolari nella prole [38]. La gravidanza di per sé, costituisce una condizione associata a profondi cambiamenti nel metabolismo sistemico e della funzione cardiaca della donna [10]. Alcune delle frequenti alterazioni metaboliche e cardiovascolari caratteristiche della gravidanza sono infatti la comparsa di insulino-resistenza e l’ipertrofia del ventricolo sinistro a causa della maggiore richiesta d’ossigeno [57]. Nel caso di donne obese le alterazioni normalmente osservate in gravidanza si amplificano [58]. Infatti in queste pazienti aumenta la concentrazione di insulina e si riduce l’insulino-sensibilità, mentre aumenta l’incidenza di ipertensione gestazionale rispetto alle donne normopeso [58]. Catalano [44], Vickers [123] e altri autori ipotizzano che l’insulino resistenza, l’iperinsulinemia e l’abbondanza di nutrienti nell’ambiente uterino, potrebbero essere responsabili di modifiche antropometriche e metaboliche durante lo sviluppo fetale che, proprio per la criticità della fase in cui avvengono, potrebbero avere effetti a lungo termine nella prole di donne diabetiche o obese. Tale ipotesi è nota con il nome di fetal programming [41, 124].

I meccanismi che, in caso di obesità materna durante la gravidanza, porterebbero e allo sviluppo di malattie cardiovascolari nella vita adulta secondo la teoria del fetal programming non sono ancora chiari.

Questo progetto di tesi è volto a comprendere se, e attraverso quali meccanismi, le alterazioni dell’ambiente uterino materno in caso di obesità o diabete gestazionale possano influenzare sviluppo fetale e neonatale, con particolare attenzione al profilo metabolico e ai parametri cardiaci.

A tale scopo sono state reclutate donne in gravidanza con i rispettivi partner e la prole. La prima fase ha previsto la caratterizzazione delle funzioni antropometriche, metaboliche e cardiache dei genitori, con particolare attenzione a quelli materni, nella fase successiva si è proceduto alla caratterizzazione della prole.

Dai risultati ottenuti stratificando le madri in quattro gruppi in base al rispettivo IMC, in accordo con ciò che viene riportato in letteratura [58], l’obesità durante la gravidanza è associata ad

64

alterazioni del metabolismo sistemico e a variazioni nella struttura e funzione cardiaca [125, 126, 127].

Le donne obese durante la gravidanza tendono ad avere un aumento ponderale inferiore rispetto alle donne normopeso. Inoltre, coerentemente con quanto atteso [128], la loro pressione arteriosa, sia sistolica che diastolica, è maggiore rispetto a quelle delle donne con IMC inferiore.

Il profilo metabolico sistemico mostra che le pazienti obese hanno livelli di enzimi epatici più elevati durante tutto il corso della gravidanza e un profilo lipidico caratterizzato da maggiori livelli di trigliceridi e minore concentrazione di colesterolo HDL rispetto a tutti gli altri gruppi.

Le differenze metaboliche e trend osservati costituiscono dei fattori prognostici negativi per lo sviluppo delle malattie cardiovascolari [128]. Inoltre, secondo la letteratura, in donne obese in gravidanza, aumenta la concentrazione ematica di acidi grassi. Questo aumento si traduce, a livello cardiaco, con un incremento del metabolismo lipidico e alterazione della contrattilità miocardica [58, 129].

Per quanto riguarda il metabolismo glucidico, come atteso, abbiamo osservato valori di glicemia significativamente più elevati nelle pazienti con diabete gestazionale rispetto agli altri gruppi sia a digiuno, sia dopo 1 e 2 ore dall’inizio della curva da carico di glucosio effettuata nel secondo trimestre di gravidanza. E’ interessante osservare che le pazienti che sviluppano diabete gestazionale non mostravano tuttavia alterazioni glicemiche nel primo trimestre. In generale questi dati confermano che la gravidanza è di per sé una condizione che predispone allo sviluppo di iperglicemia [10].

I livelli di insulina e peptide C durante lo svolgimento della curva da carico di glucosio risultano significativamente maggiori nelle madri obese rispetto agli altri gruppi. Nelle donne obese infatti l’insulinemia aumenta rapidamente dopo la somministrazione di glucosio e si mantiene elevata fino all’inizio della seconda ora della curva. Nella seconda parte della curva essa tende a diminuire, e a stabilizzarsi continuando tuttavia a mantenersi a valori più alti rispetto a quella misurata nelle donne normopeso ed in sovrappeso. Quest’ultimo gruppo inoltre segue un profilo del tutto parallelo a quello delle donne obese, mantenendosi a livelli di concentrazione più bassi e intermedi rispetto alle donne normopeso e quelle obese. Tale risultato suggerisce una relazione tra indice di massa corporea e aumento dell’insulinemia in risposta ad un carico glucidico [44]. Questo è confermato dalle correlazioni osservate fra IMC ed insulinemia, che raggiungono la significatività nella condizione basale ed in diverse fasi (15, 30 minuti) dello stimolo glucidico. Un andamento simile a quello dell’insulinemia è stato osservato per la concentrazione di peptide

65

C, proteina derivante dalla degradazione della proinsulina, e che riflette in una maniera più soddisfacente il reale stato della secrezione delle cellule β del pancreas rispetto alla solo misura della concentrazione di insulina. I risultati indicano che il pancreas delle donne obese risponde al carico di glucosio aumentando rapidamente la produzione dei livelli di peptide C entro i primi 60 minuti, dopo i quali la concentrazione diminuisce raggiungendo livelli simili a quella delle donne con GDM. Al contrario, nelle donne che sviluppano diabete gestazionale durante la gravidanza, i valori di insulina e peptide C rimangono sovrapponibili a quelli delle donne sane normopeso e sovrappeso durante la prima ora, per poi crescere durante la seconda. I risultati suggeriscono che nelle donne che entrano in gravidanza con una condizione di obesità pre-esistente, il pancreas ha avuto modo di adattarsi ad una situazione cronica di insulino-resistenza. Pertanto l’organo risponde al glucosio con una ipersecrezione di insulina che compensa la mancata azione ipoglicemizzante dell’ormone prevenendo il diabete [57, 61]. Diversamente, la maggior parte di donne con GDM nel nostro studio presentava un IMC normale. I nostri dati suggeriscono che in alcune di queste lo stress acuto della gravidanza ha indotto un grado di insulino-resistenza simile a quello riscontrato nelle donne obese [10]. Tuttavia, la acutezza del fenomeno si è tradotta in una insufficiente compensazione pancreatica. Pertanto queste donne non riescono a produrre quantità di insulina sufficienti per mantenere la glicemia a livelli fisiologici e sviluppano diabete gestazionale. L’iperglicemia non deriva da una riduzione assoluta della produzione di insulina, che risulta sovrapponibile a quella delle donne sane normopeso nella prima parte della curva, ma piuttosto da un’inappropriata e tardiva risposta pancreatica all’iperglicemia [61, 62]. Questa interpretazione è suggerita anche dall’indice HOMA che risulta elevato a causa della glicemia e non dell’insulinemia, o di entrambe, come sarebbe atteso nell’insulino-resistenza.

I dati dell’analisi ecocardiografica evidenziano un’associazione tra l’obesità e l’aumento delle dimensioni cardiache e l’alterazione della funzione [127, 130]. Le donne obese, infatti, sono caratterizzate da valori significativamente maggiori dello spessore della parete posteriore del ventricolo sinistro, del setto interventricolare e del diametro e volume del ventricolo sinistro a fine diastole rispetto alle donne normopeso. Inoltre un’iniziale alterazione della funzione diastolica potrebbe essere suggerita da un maggiore valore del rapporto tra velocità del flusso ematico e velocità di contrazione del muscolo cardiaco nella fase precoce della diastole (E/E’), mentre un principio di disfunzione sistolica del ventricolo sinistro potrebbe essere suggerito da una riduzione della velocità di contrazione sistolica S’ che tende a diminuire all’aumentare dell’IMC materno. A contribuire al quadro sfavorevole nelle donne obese, si aggiunge anche un significativo aumento del volume di grasso epicardico misurato rispetto a quello osservato nelle donne normopeso.

66

È stato indagato anche il potenziale ruolo del padre sullo sviluppo cardio-metabolico dei figli [108]. I padri reclutati sono stati stratificati in 3 gruppi, in base al proprio IMC (Normopeso, Sovrappeso, Obesi). Per definizione pertanto i valori di IMC sono significativamente maggiori in padri obesi in confronto a sovrappeso e normopeso (p<0,001) e si osserva una parallela differenza nell’indice di insulino-resistenza (p<0,05). Questi due parametri sembrano inoltre correlare rispettivamente con IMC e HOMA materni, verosimilmente ad indicare la condivisione ambientale e delle abitudini alimentari. Anche per quanto riguarda il profilo lipidico è possibile notare un aumento di TG, colesterolo totale e colesterolo-LDL nel gruppo dei padri obesi rispetto ai sovrappeso, e un aumento significativo degli enzimi epatici rispetto al gruppo normopeso [109].

Per quanto riguarda la caratterizzazione della prole, si osserva che i figli di madri obese tendono ad avere un indice ponderale alla nascita e a 3 mesi maggiore rispetto a quello dei figli di madri normopeso o sovrappeso. La stessa tendenza è stata osservata anche considerando l’IMC, il peso alla nascita e la circonferenza cranica. Tali trend osservati concordano con quando espresso in letteratura [133, 134, 135]. Tuttavia le differenze osservate nella popolazione in studio non sono al momento statisticamente significative, verosimilmente a causa della numerosità del campione. In accordo con alcuni dati della letteratura che riportano l’associazione tra obesità materna e insulino-resistenza della prole [41, 59], i nostri risultati mostrano che la glicemia dei neonati misurata a 2 ore dalla nascita è significativamente più alta nella prole di donne obese anche se, l’indice di insulino-resistenza rimane tendenzialmente inferiore rispetto a quello misurato nella prole di madri normopeso poiché i livelli di insulina risultano tendenzialmente diminuiti nei casi esaminati fino ad ora. Una numerosità più elevata sarà necessaria per stabilire se vi sia una ridotta secrezione insulinica basale alla base di tale aumento di glicemia nei figli di madri obese. I dati ecocardiografici mostrano una maggiore frazione di eiezione nei figli di donne obese rispetto agli altri [155] e in modo significativo rispetto a figli di madri con GDM. Inoltre la prole delle donne obese presenta un maggiore spessore della parete posteriore del ventricolo sinistro, il cui ispessimento era stato osservato anche nelle madri. Questi dati potrebbero riflettere l’aumentato apporto di substrato da parte della madre durante la vita fetale e quindi uno stimolo alla crescita tissutale e/o, sulla base della frazione di eiezione, uno sforzo maggiore da parte del cuore in figli di individui obesi rispetto agli altri, con una conseguente tendenza all’ipertrofia cardiaca [136, 149, 150, 155].

Oltre ai classici fattori di rischio cardiovascolare come dislipidemia e diabete, l’accorciamento dei telomeri è stato associato allo sviluppo di malattie cardiovascolari. L’accorciamento dei

67

telomeri e lo sviluppo di malattie cardiovascolari sono entrambi associati all’aumento di stress ossidativo e infiammazione [102, 110, 153].

Di nuovo facendo riferimento all’ipotesi del fetal programming, secondo cui l’alterato ambiente nutrizionale durante la vita fetale potrebbe contribuire alle origini fetali delle malattie, abbiamo cercato di valutare se un alterato profilo lipidico materno durante la gravidanza sia o meno associato ad un accorciamento dei telomeri nei neonati [7]. Alcuni studi, come quello condotto da Tzanetakou et al [104], suggerisco una proporzionalità tra velocità di accorciamento dei telomeri e IMC, ipotizzando quindi una associazione tra dislipidemia, che caratterizza la condizione di obesità, e un maggiore accorciamento dei telomeri.

Analizzando perciò i parametri materni sulla base della lunghezza dei telomeri della prole (stratificati in terzili), si osserva che le madri di bambini del terzile inferiore (telomeri più corti) hanno una tendenza ad avere livelli maggiori di trigliceridi e colesterolo totale ed LDL, e livelli tendenzialmente minori di colesterolo HDL durante la gravidanza rispetto alle madri dei bambini del secondo e terzo terzile.

Uno studio condotto da Frias et al [46] su placente di madri che avevano seguito una dieta ad alto contenuto di grassi durante la gravidanza mostra un aumento dell’infiammazione a livello della placenta, una diminuzione del flusso ematico uterino oltre ad un accumulo di trigliceridi. Abbiamo effettuato il dosaggio dei trigliceridi anche nella placenta di un sottogruppo di pazienti. Dall’analisi dei tessuti abbiamo ottenuto valori del contenuto di trigliceridi significativamente maggiori nelle placente dei neonati con i telomeri più corti (p=0,018 vs. Lunghi), anche se la dimensione del campione è al momento troppo piccola per trarre conclusioni definitive. In accordo con il profilo materno ed il dato placentare, la caratterizzazione dei parametri metabolici misurati nel sangue del cordone ombelicale mostra concentrazioni tendenzialmente più elevate di glucosio, colesterolo LDL e trigliceridi (p=0,01) nei neonati del primo terzile (corto) rispetto agli altri due. Poiché lo studio di Frias et al [46] suggerisce una relazione fra accumulo lipidico ed infiammazione e poiché quest’ultima è potenziale causa di danno telomerico [64, 104, 153, 154], ci aspettiamo di poter dimostrare in futuro tale associazione attraverso l’analisi della placenta e degli indici di infiammazione nel sangue fetale [45].

68

Cawton e colleghi [113] hanno mostrato che l’accorciamento della lunghezza dei telomeri è associato alla comparsa di malattie cardiovascolari in un campione di 143 soggetti; trovando che individui con telomeri corti avevano un rischio tre volte maggiore di morte per malattie cardiovascolari. Epel nel suo studio su 236 soggetti adulti[119], ha notato l’associazione tra il tasso di accorciamento dei telomeri e morte dovuta a malattie cardiovascolari. In altri studi, sono stati misurati dimensione della parete posteriore del ventricolo sinistro, frazione di eiezione, massa cardiaca in relazione alla lunghezza dei telomeri, [6, 147].

Sulla base quindi dei dati in letteratura siamo andati a valutare se esista una associazione tra lunghezza dei telomeri, in questo caso alla nascita, e parametri cardiaci [110, 113, 142, 147]. I telomeri più corti alla nascita sembrano essere associati ad un aumentato rapporto E/A (rapporto tra le velocità di riempimento ventricolare iniziale e finale) alla nascita e ad un aumento dello spessore della parete posteriore del ventricolo sinistro e della massa cardiaca (p=0,02 primo vs secondo terzile).

Una maggiore massa cardiaca alla nascita nei bambini del primo terzile si mantiene anche a 3 (p=0,04 primo vs secondo terzile) e a 6 mesi; inoltre è stata riscontrata una correlazione inversa tra lunghezza dei telomeri e massa cardiaca a 6 mesi (r= - 0.32, p<0,001). Tuttavia i dati della letteratura[110, 147] non supportano questo risultato. Ramachandran et al ha infatti studiato nella popolazione di 850 adulti del Framingham Heart Study l’associazione tra la lunghezza telomerica dei leucociti e della massa del ventricolo sinistro, scoprendo, diversamente dal risultato ipotizzato, che ad una maggiore massa, corrispondeva una maggiore lunghezza telomerica. È quindi previsto di verificare nuovamente tale associazione all’aumento della numerosità del campione e nel successivo time point del follow-up a 12 mesi.

È stata misurata anche la lunghezza dei telomeri materni per un confronto con quella osservata nei figli, ma non è stata rilevata una correlazione diretta, sebbene si evidenzi che in madri con GDM i telomeri tendono ad essere più corti rispetto a quello osservati negli altri gruppi[7, 146]; come suggerito anche nello studio di Harville et al. in cui è stato valutato l’accorciamento dei telomeri in leucociti di madri con diabete gestazionale rispetto a donne senza GDM [145].

Analizzando i parametri dei neonati sulla base dell’IMC paterno, può essere osservata una tendenza all’aumento del peso e dell’indice ponderale alla nascita in figli di uomini obesi. Anche parametri come glicemia a 2 ore dalla nascita e i trigliceridi risultano maggiori nello stesso gruppo rispetto agli altri. Verosimilmente questa relazione è riconducibile alla correlazione esistente fra IMC e metabolismo del padre e della madre.

69

5. CONCLUSIONI

Il lavoro condotto durante questo studio di tesi ha avuto come obiettivo quello di capire se la condizione metabolica materna durante la gravidanza determini la comparsa nella prole, fin dalle prime fasi della vita, di marcatori precoci di un aumentato rischio di sviluppare malattie metaboliche e cardiovascolari. Abbiamo anche caratterizzato gli effetti cardio-metabolici della gravidanza sulla donna stessa in relazione ad obesità e diabete gestazionale. A questo scopo, il profilo metabolico e le dimensioni e funzione cardiache durante la gravidanza sono stati misurati e confrontati in un campione di donne magre, in sovrappeso, obese e con diabete gestazionale, nei loro partner e nella prole, alla nascita e durante un periodo di follow-up di 6 mesi.

Dall’osservazione dei dati è emerso che l’obesità in gravidanza si associa ad insulino-resistenza e aumento delle dimensioni cardiache. Inoltre nella popolazione esaminata. Le donne obese senza diabete gestazionale compensano l’insulino-resistenza con un aumento della secrezione insulinica. Al contrario le donne che sviluppano GDM sono prevalentemente magre e mostrano una secrezione insulinica non appropriata per i livelli di glicemia, indicando che il pancreas rappresenta l’organo responsabile dello sviluppo di diabete in queste donne.

I figli di madri obese non mostrano significative differenze antropometriche o metaboliche alla nascita rispetto ai figli di madri sane, in sovrappeso o con diabete gestazionale. Tuttavia, nella prole di donne obese durante la gravidanza è stato osservato un maggiore spessore della parte posteriore del ventricolo sinistro. Considerando una minore lunghezza dei telomeri nel sangue del cordone quale possibile meccanismo e marcatore di danno cellulare, abbiamo osservato che i bambini caratterizzati da una minore lunghezza dei telomeri hanno anche valori di glicemia e trigliceridemia tendenzialmente più elevati rispetto a quelli con telomeri più lunghi. Inoltre, i bambini con telomeri corti alla nascita sono caratterizzati da spessori e massa cardiaca tendenzialmente più elevati, non solo alla nascita ma fino ai 6 mesi di follow-up. Coerentemente con quanto osservato, sia le madri che le placente di questi bambini sono caratterizzate da più alti livelli di trigliceridi.

Questi dati preliminari suggeriscono che elevati livelli di trigliceridi e colesterolo durante la gravidanza possono contribuire all’instaurarsi di un ambiente metabolico uterino tale da predisporre ad un aumento di massa cardiaca nelle prime fasi di vita. Si può ipotizzare inoltre che il cuore della prole degli individui obesi sia sottoposto ad un maggiore carico emodinamico che potrebbe peggiorare la condizione. Il progetto prevede un sostanziale aumento della numerosità del campione e l’aggiunta di analisi molecolari e istologiche atte a caratterizzare il

70

profilo infiammatorio e i livelli di espressione di marcatori chiave del metabolismo glucidico e lipidico nei campioni tissutali di placenta e cordone prelevati al parto. Sarà importante inoltre stabilire quali sono i fattori che, nelle prime fasi di vita successive al parto determinano lo sviluppo e la salute cardio-metabolici del bambino.

71

6. BIBILIOGRAFIA

1. Berry A, Cirulli F. The p66(Shc) gene paves the way for healthspan: evolutionary and

mechanistic perspectives.Neurosci Biobehav Rev. 2013; 37(5):790-802.

2. WHO Consultation on Obesity (1997: Geneva, Switzerland) Obesity: preventing and

managing the global epidemic: report of a WHO consultation. WHO technical report series; 894.

3. Cole TJ, Bellizzi MC, Flegal KM, Dietz WH. Establishing a standard definition for child

overweight and obesity worldwide: international survey. BMJ. 2000 May

6;320(7244):1240-3.

4. Daubenmier J., Blackburn J.E., Hecht F.M., Kristeller J., Maninger N, Kuwata M., Bacchetti P., Havel P.J., Epel E. Changes in stress, eating, and metabolic factors are

related to changes in telomerase activity in a randomized mindfulness intervention pilot study (2012) Psychoneuroendocrinology 37, 917—928

5. Buxton J.L., Walters R.G., Visvikis-Siest S., Froguel D.M., and Blakemore A.I. Childhood

Obesity Is Associated with Shorter Leukocyte Telomere Length (2011) J Clin Endocrinol

Metab 96: 1500–1505.

6. Ye S., Shaffer J.A, Kang M.S., Harlapur M., Muntner P, Epel E., Guernsey D., Schwartz J.E., Davidson K.W.,Kirkland S., Honig L.S. and Shimbo D. Relation Between Leukocyte

Telomere Length and Incident Coronary Heart Disease Events (1995) Canadian Nova

ScotiaHealth Survey

7. Cross J.A, Temple R.C., Hughes J.C., Dozio N.C., Brennan C., Stanley k., Murphy H.R, Fowler D., Hughes D.A. and Sampson M.J. Cord blood telomere length, telomerase

activity and inflammatory markers in pregnancies in women with diabetes or gestational diabetes. Diabetic Medicine 2010, Diabetes UK July 2010: 1270.

8. Keats S. and Wiggins S. Future diets. Implications for agriculture and food prices. Jan2014 ODI project ISSN: 2052-7209

9. Rui L, Aguirre V, Kim JK, Shulman GF, Lee A, Corbould A, Dunaif A, White MF (2001)

Insulin/IGF-1 and TNF- stimulate phosphorylation of IRS-1 at inhibitory SER307 via distinct pathways. J Clin Invest 107:181–189

10. Catalano PM, Tyzbir ED, Roman NM, Amini SB, Sims EAH Longitudinal changes in

insulin release and insulin resistance in non-obese pregnant women. (1991) Am J Obstet

Documenti correlati