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L’efficacia degli accordi sulla giurisdizione nei confronti delle parti e dei terzi

1. Gli accordi ex art. 4 l. n. 218/1995. L’efficacia di un accordo sulla giurisdizione rispetto alle parti è subordinata al fatto che queste si affermino titolari dei rapporti che costituiscono oggetto dell’accordo

Tema di questo capitolo è l’efficacia degli accordi sulla giurisdizione nei confronti delle parti e dei terzi: per cui, da una parte, si stabiliranno quali siano le condizioni perché tali patti producano effetti rispetto a coloro che li hanno conclusi e, dall’altra, si esaminerà se e in quali ipotesi essi possono aver efficacia anche nei confronti dei terzi, ossia – in base a quanto acquisito nel precedente capitolo – di soggetti che non ne siano autori in senso

giuri-dico.

Il tema è stato trattato in un ampio studio sull’efficacia ultra partes degli accordi arbitrali1 – sulla scia di Enrico Redenti2 – sub specie di legittimazione delle parti a compromettere, intesa quale titolarità del potere di concludere un accordo compromissorio avente effetti nella propria o (anche) nell’altrui sfera giuridica. Si è così fatto uso di una nozione che risulta assai controversa nell’ambito della teoria generale del negozio giuridico3. Ed è proprio la non 1 Ci si riferisce a e. zuCConi Galli FonseCa, La convenzione cit., pp. 244 ss.

2 Cfr. reDenti, voce «Compromesso cit., pp. 793, 801 s. L’Autore parla della legittimazione solo come condizione di efficacia dell’accordo compromissorio nei confronti delle parti che l’hanno concluso. È invece e. zuCConi Galli FonseCa, La convenzione cit., in part. 277 ss., che – utilizzando una terminologia di chiara ascendenza processualistica – pone accanto alla legittimazione ordinaria a compromettere pure una legittimazione straordinaria, consistente nel potere di concludere un accordo compromissorio efficace nell’altrui sfera giuridica. 3 La nozione di legittimazione è stata “importata” dal campo degli studi processualistici, ove è stata elaborata, a quello della teoria generale del negozio ad opera di Francesco Carnelutti, che l’ha configurata come una species del genus qualificazione dei rapporti giuridici, la quale consisterebbe nella «combinazione tra due rapporti dei quali uno (prius) si chiama rapporto

pacificità di tale categoria dogmatica, che sconsiglia di impostare il discorso sull’efficacia degli accordi sulla giurisdizione nei confronti delle parti e dei terzi in termini di legittimazione. Ciò, del resto, non avrà riflessi sugli esiti dell’indagine, che coincideranno in gran parte con quelli attinti nel recen-te studio sopra ricordato. Esiti che, peraltro, potranno essere agevolmenrecen-te “tradotti” in termini di legittimazione perché, ogni qualvolta si riconoscerà agli accordi sulla giurisdizione efficacia rispetto alle parti e ai terzi, si do-vrà necessariamente affermare la titolarità in capo alle parti del potere di concluderli (dato che il potere altro non è che l’attitudine di un soggetto a compiere efficacemente un atto) e con ciò la loro legittimazione.

Per maggior chiarezza espositiva è opportuno procedere a una trattazio-ne separata delle due getrattazio-nerali tipologie di accordi che il nostro ordinamento conosce. Nel presente e nei successivi paragrafi si prenderanno pertanto in considerazione i patti riconosciuti dall’art. 4 l. n. 218/1995, mentre le que-stioni in parte differenti che pongono gli accordi ex art. 23/25 Reg. saranno esaminate a partire dal nono paragrafo.

qualificante e il secondo (posterius) rapporto qualificato» (Carnelutti, Teoria generale del

di-ritto, Roma, 1951, pp. 182 ss.; v. anche iD., Sistema del diritto processuale civile, II, cit., p. 142; iD., Legittimazione a comprare, in Riv. dir. comm., 1935, I, pp. 502 ss.). Tale categoria dogma-tica ha poi trovato una importante sistemazione quale presupposto soggettivo-oggettivo del negozio ad opera di Emilio Betti (betti, Teoria generale del negozio cit., pp. 149 ss.). L’illustre Maestro definisce la legittimazione come competenza della parte negoziale a ottenere o a risentire gli effetti giuridici del regolamento d’interessi avuto di mira, competenza che risulta da una specifica posizione del soggetto rispetto agli interessi che si tratta di regolare. Tale nozione ha avuto da principio ampio accoglimento in dottrina (v., ad es., Falzea, Il soggetto cit., pp. 184 ss.; Cariota-Ferrara, Il negozio cit., pp. 641 ss.; Gorla, L’atto di disposizione

dei diritti, Perugia, 1936, pp. 18 ss.; più di recente, bianCa, Diritto civile, III, Il contratto, cit., pp. 64 ss.). Successivamente si sono però levate varie voci critiche rispetto alla configu-razione della legittimazione quale autonoma categoria nell’ambito della teoria generale del negozio giuridico. Si è rilevato anzitutto che tale nozione manca di univocità, dato che la dottrina vi ha ricondotto ipotesi eterogenee e non riconducibili ad unità (cfr. resCiGno, voce «Legittimazione (diritto sostanziale)», in Noviss. dig. it., IX, Torino, 1963, pp. 718, 720; iD., voce «Legittimazione», in Dig. disc. priv., sez. civ., X, Torino, 1993, p. 523; Di maJo, voce «Legittimazione negli atti giuridici», in Enc. dir., XXIV, Milano, 1974, p. 60). Si sottolinea, poi, che quand’anche si usasse il termine “legittimazione” soltanto per indicare che i privati sono, in linea di principio, abilitati a regolare e a disporre dei propri interessi, non si farebbe altro che definire il concetto di autonomia privata (v. Di maJo, voce «Legittimazione cit., p. 56) e la relativa nozione si rivelerebbe allora un inutile “doppione”, privo di reale autonomia dogmatica. Per un recente e più ampio panorama del dibattito dottrinale su questo tema v. e. zuCConi Galli FonseCa, La convenzione cit., pp. 246 ss.; eaD., Note sulla legittimazione a

Sarà chiaramente la legge italiana, nella sua veste di legge regolatrice dei patti riconosciuti dal nostro sistema di diritto processuale civile internazio-nale, a disciplinarne l’efficacia nei confronti delle parti e dei terzi.

Occupiamoci anzitutto dell’efficacia rispetto alle parti e, più in partico-lare, delle condizioni che debbono sussistere perché questa si produca. Non essendovi alcuna norma che si occupi specificatamente della questione si dovrà ricorrere all’analogia, facendo così riferimento al principio di relativi-tà dei contratti – consacrato all’art. 1372 c.c. – secondo il quale essi di regola esplicano i loro effetti nella sfera giuridica delle sole parti. Ciò implica che, affinchè un negozio possa produrre effetti, le posizioni giuridiche che ne costituiscono l’oggetto debbono appartenere alla sfera giuridica delle parti del negozio medesimo.

Si può allora dire che un accordo sulla giurisdizione avrà effetti nei con-fronti delle parti solo se queste sono titolari (attualmente o anche solo po-tenzialmente) dell’azione e della Gerichtspflichtigkeit, che ne costituiscono l’oggetto. Titolare dell’azione è, anzitutto, chi ha la legittimazione ordinaria e dunque chi si afferma soggetto (attivo o passivo) del rapporto giuridico cui l’azione medesima attiene4. Titolare della Gerichtspflichitgkeit è colui al quale è riconosciuta la legitimatio ad causam passiva, ossia colui che, nella prospettazione di chi agisce in giudizio, è la controparte nel rapporto giuri-dico ivi fatto valere5.

Questa regola generale dovrà adattarsi alle differenti species di accordi sulla giurisdizione. Così, un patto relativo a una azione determinata sarà efficace solo ove il futuro attore (almeno implicitamente) da una parte si affermi soggetto del rapporto (risultando così titolare dell’azione oggetto del negozio), dall’altro prospetti il futuro convenuto come sua controparte nel medesimo rapporto (sì che quest’ultimo sia soggetto al doveroso esercizio del potere giurisdizionale del giudice italiano)6.

Un accordo sulla giurisdizione relativo ad azioni determinabili, concer-nenti un rapporto giuridico non contrattuale, produrrà effetti nei confronti 4 V., per tutti, Consolo, Spiegazioni di diritto processuale civile, 8a ed., II, cit., p. 191; attarDi,

L’interesse cit., p. 219; iD., Diritto cit., pp. 316 s.; luiso, Diritto processuale civile, 6a ed., I, cit., p. 214; balena, Istituzioni di diritto processuale civile, 2a ed., I, cit., p. 57.

5 Cfr. per ogni altro Consolo, Spiegazioni di diritto processuale civile, 8a ed., II, cit., p. 191; attarDi, Diritto cit., pp. 316 s.; balena, Istituzioni di diritto processuale civile, 2a ed., I, cit., p. 58.

6 Cfr., nel medesimo senso, rispetto al compromesso, e. zuCConi Galli FonseCa, La

conven-zione cit., pp. 268 s., la quale ritiene che legittimati ordinari siano coloro che si affermano

delle parti se queste si affermino (e si riconoscano reciprocamente) come le titolari (attive o passive) del rapporto stesso.

Infine, una clausola sulla giurisdizione relativa a un contratto, potrà espli-care i suoi effetti solo ove conclusa dalle parti (intese come autrici in senso giuridico) del contratto stesso7. Queste infatti, sia pur implicitamente, si af-fermano e (si prospettano vicendevolmente) come titolari (attivi o passivi) dei rapporti giuridici nascenti dal contratto, attesa la normale correlazione tra i soggetti dell’atto e i soggetti investiti dai relativi effetti.

Qualora però tale correlazione eccezionalmente non si dia e, dunque, si abbia a che fare con un contratto volto a produrre effetti (anche) nei con-fronti di un terzo, la clausola sulla giurisdizione conclusa dalle parti contrat-tuali e relativa a tutte le controversie attinenti al contratto non potrà sic et

simpliciter ritenersi efficace in ordine alle azioni (e alle correlative soggezioni

alla giurisdizione) relative alle posizioni giuridiche che al terzo derivano dal contratto. Si tratta infatti di azioni che non pertengono alla sfera delle parti, perché relative a rapporti che esse stesse configurano in capo a terzi. Per-tanto delle due l’una: o si individua nel nostro ordinamento una specifica norma che, in deroga al principio di relatività dei negozi, ammetta eccezio-nalmente l’efficacia di una clausola siffatta anche rispetto alle azioni (e

Ge-richtspflichtigkeiten) relative agli effetti contrattuali che investono il terzo8;

oppure si dovrà affermare che in simili casi la clausola sulla giurisdizione avrà un ambito di efficacia rigorosamente limitato alle azioni (e alle correla-tive soggezioni alla giurisdizione) relacorrela-tive a quei soli effetti contrattuali di cui le parti si attribuiscono, per implicito, la titolarità9.

7 Rispetto alla clausola compromissoria è la stessa interpretazione dell’art. 808 c.p.c. che conduce a questa conclusione. La norma stabilisce infatti che «[L]e parti, nel contratto che stipulano o in un atto separato, possono stabilire che le controversie nascenti dal contratto medesimo siano decise da arbitri» e col termine «parti» sembra riferirsi proprio agli autori (in senso giuridico) delle dichiarazioni contrattuali. Cfr., in tal senso, e. zuCConi Galli FonseCa,

La convenzione cit., p. 270, che mostra come questa non sia altro che la trasposizione, nello

specifico campo delle clausole compromissorie, della regola generale sulla legittimazione or-dinaria a compromettere.

8 Come si vedrà infra, § 4, tale norma dovrebbe essere individuata nell’art. 808, c. 2, ultima parte, c.p.c., dettato in ordine alle clausole compromissorie, ma suscettibile di applicazione analogica alle clausole sulla giurisdizione.

9 È appena il caso di sottolineare che un accordo sulla giurisdizione efficace nei confronti delle parti vincolerà anche coloro che agiscano in giudizio quali rappresentanti processuali di queste ultime. Questa non è però una ipotesi di efficacia ultra partes degli accordi sulla giurisdizione, poiché – come si è già considerato supra nel cap. III, § 1 – il

rappresentan-2. L’inefficacia dell’accordo sulla giurisdizione concluso dal solo sostituto processuale e l’efficacia dell’accordo pattuito dal legittimato ordinario nei confronti di quello straordinario

Abbiamo dunque concluso che un accordo sulla giurisdizione è efficace tra le parti se queste abbiano la legitimatio ad causam attiva o passiva con riguardo alle controversie cui l’accordo si riferisce. Bisogna ora chiedersi se eguale efficacia si possa riconoscere quando una delle parti dell’accordo sia un legittimato straordinario ad agire o, detto altrimenti, un sostituto proces-suale e abbia dunque, per espressa previsione di legge (ex art. 81 c.p.c.)10, te (sostanziale o processuale) compie un’attività che deve essere imputata giuridicamente al rappresentato.

10 La sussistenza in capo a un soggetto della legittimazione straordinaria ad agire, secondo una parte della dottrina, deve essere vagliata alla stregua della lex fori: in tal senso cfr. allorio,

Per la chiarezza di idee in tema di legittimazione ad agire, in Giur. it., 1953, I, 1, c. 968; iD.,

Diatriba breve sulla legittimazione ad agire, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1955, pp. 133 s.; mi

-CHeli, Considerazioni sulla legittimazione ad agire, in Riv. dir. proc., 1960, pp. 581 s.; attarDi, voce «Legittimazione ad agire», in Dig. disc. priv., sez. civ., X, Torino, 1993, p. 532, i quali, partendo dall’esatta premessa che la legitimatio ad causam è una questione di rito, deducono l’applicabilità della lex fori quale legge regolatrice del processo. Sul presupposto, invece, che la legittimazione costituisca una questione preliminare di merito, altra parte della dottrina conclude per l’operatività della lex causae (così satta, Interesse ad agire e legittimazione, in

Foro it., 1954, IV, c. 177; betti, Legittimazione ad agire e rapporto sostanziale, in Giur. it., 1949, I, 1, c. 766; baratta, in Commentario cit., in Le nuove leg. civ. comm., 1996, sub art. 12, p. 1010; ruFFini, Sulla legge regolatrice della legitimatio ad causam, in Riv. dir. proc., 2005, pp. 1178 ss.). Si veda poi la recente peculiare posizione di B. ubertazzi, La capacità cit., p. 381; eaD., La capacità processuale cit., p. 145, secondo la quale la legittimazione ad agire dovreb-be essere annoverata tra le capacità speciali contemplate dagli artt. 20, c. 2 e 21, c. 2, l. n. 218/1995 e sarebbe perciò soggetta alla lex substantiae actus. L’Autrice non individua quale sia in concreto questa legge, tuttavia si dovrebbe trattare pur sempre della lex fori, poiché questa è la legge regolatrice della “sostanza” dell’actus che qui viene in rilievo, ossia della domanda giudiziale.

Vi è da chiedersi se, una volta ritenuta la legittimazione ad agire una questione di rito, si debba necessariamente concludere per l’indiscriminato imperio della lex fori, o si debbano invece fare delle debite distinzioni. Come rilevato nel primo volume, cap. II, § 1, l’operatività della lex fori rispetto alle questioni di natura processuale costituisce soltanto la regola, sog-getta a eccezioni, esplicite nel caso di espresso richiamo di una legge straniera, o implicite, ove vengano in rilievo istituti processuali caratterizzati da forti nessi col diritto sostanziale. Nel caso della legittimazione straordinaria ad agire ci troviamo proprio all’interno di questa seconda categoria di ipotesi, tutte le volte in cui essa sia attribuita per tutelare un interesse sostanziale del legittimato straordinario (si pensi, nel diritto italiano, all’azione surrogatoria

ex art. 2900 c.c., conferita al creditore a tutela della garanzia patrimoniale generica del suo

credito, o alla confessoria e negatoria servitutis riconosciute dall’art. 1012, c. 2, c.c. all’usufrut-tario allo scopo di assicurargli il pieno godimento del bene oggetto del suo diritto). Pertanto,

il potere di dedurre in giudizio una posizione giuridica soggettiva (che egli stesso afferma essere) altrui.

Di primo acchito, sembrerebbe potersi rispondere in senso positivo. Si è già veduto che un accordo sulla giurisdizione ha efficacia nei confronti delle parti, solo se queste sono titolari delle azioni che ne costituiscono l’oggetto. Il legittimato straordinario è titolare di un proprio potere d’azione, autono-mo e distinto rispetto a quello che sta in capo al legittimato ordinario, per cui egli dovrebbe aver la possibilità di concludere un accordo sulla giurisdi-zione che esplichi effetti sulla propria agiurisdi-zione.

Si deve però considerare che nel nostro ordinamento vige una (implicita) regola che, nel caso di sostituzione processuale, impone il litisconsorzio ne-cessario con il sostituito11. Pertanto, qualora il legittimato straordinario de-in tutti i casi di legittimazione straordde-inaria ad agire dettata da ragioni di diritto sostanziale, la sussistenza della medesima andrà vagliata non già alla stregua della lex fori, ma della legge individuata sulla base delle norme di conflitto del foro (nel medesimo senso, nella dottrina tedesca, riezler, Internationales cit., p. 427; Geimer, Internationales cit., p. 786; sCHütze,

Deutsches cit., pp. 115 s.; sCHaCk, Internationales cit., pp. 213 s.; naGel, GottWalD,

Inter-nationales cit., p. 248; FraGistas, Die Prozesstandschaft im internationalen Prozessrecht, in

Festschrift Hans Lewald, Basel, 1953, p. 481; birk, Die Einklang fremder Rechte (action

obli-que, azione surrogatoria, acción subrogatoria) im internationalen Privat- und Prozeßrecht, in ZZP, 1969, p. 84; moCk, Die actio pro socio im Internationalen Privat- und Verfahrensrecht, in

RabelsZ, 2008, p. 293). Diversamente si dovrà concludere nei casi di sostituzione processuale

giustificata da ragioni di diritto processuale (si pensi, in Italia, alle ipotesi previste dall’art. 108 e 111 c.p.c., su cui v. infra, note 11 e 14): qui viene meno l’eccezione, riprendendo così a vigere la regola della normale operatività della lex fori (Geimer, Internationales cit., p. 789; sCHütze, Deutsches cit., pp. 114 s.; sCHaCk, Internationales cit., p. 214; naGel, GottWalD,

Internationales cit., p. 248).

11 V., per tutti, proto pisani, Opposizione di terzo ordinaria, Napoli, 1965, pp. 100 ss., 634 s.; iD., Dell’esercizio dell’azione, in allorio (diretto da), Commentario cit., Libro I, Tomo II, cit., sub art. 102, pp. 1111 s.; Consolo, Spiegazioni di diritto processuale civile, 8a ed., II, cit., pp. 409, 417 s.; attarDi, Diritto cit., pp. 323, 356. A tale regola generale si può derogare solo per espressa previsione di legge e così nell’ipotesi dell’art. 108 c.p.c., ove si stabilisce che, a seguito dell’estromissione del garantito dal giudizio che lo oppone al molestante, il garante diviene suo sostituto processuale; e in quella dell’art. 111, cc. 1 e 2, c.p.c., in cui si prevede la sostituzione processuale del dante causa o dell’erede rispetto al successore a titolo particolare rispettivamente inter vivos o mortis causa, stabilendo soltanto che questi possano intervenire nel processo. In questo caso, tuttavia, si potrà parlare di sostituzione processuale solo a patto che il dante causa o l’erede modifichi la domanda originariamente proposta deducendo così in giudizio il rapporto facente ora capo all’avente causa (cfr. Consolo, Spiegazioni di diritto

processuale civile, 8a ed., II, cit., p. 445, 455). Tutto ciò chiaramente implica l’accoglimento della teoria della rilevanza – su cui v. qualche cenno infra, Cap. V, § 7, pp. 239 s., testo e nota 59 – altrimenti si potrebbe ravvisare un caso di sostituzione processuale solo nel terzo comma dell’art. 111, nella parte in cui prevede la possibilità di estromettere il dante causa o l’erede: così attarDi, Diritto cit., p. 339).

duca in giudizio una posizione giuridica altrui, dovrà convenire in giudizio pure il legittimato ordinario e, in mancanza, il giudice dovrà ordinare l’inte-grazione del contraddittorio, secondo quanto dispone l’art. 102 c.p.c. Se ne deduce che l’azione attribuita al sostituto processuale deve necessariamente essere esercitata nei confronti, non solo della (prospettata) controparte del rapporto dedotto in giudizio, ma anche del legittimato ordinario ad agire e che dunque titolare della correlativa Gerichtspflichtigkeit è altresì quest’ul-timo soggetto12. Un accordo sulla giurisdizione avente ad oggetto l’azione del sostituto processuale dovrà allora essere concluso da tutti i titolari della correlativa Gerichtspflichtigkeit, per cui qualora vi partecipi il solo sostituto e non invece il sostituito, non potrà avere alcuna efficacia, neppure nei con-fronti del solo legittimato straordinario1314.

La norma processuale che prescrive il litisconsorzio necessario del sostituito opererà quand’anche il potere d’azione del sostituto trovi fondamento in una legge diversa da quella italiana. Il che è ben possibile ove si accolga quanto rilevato alla nota precedente in ordine all’operare non già della lex fori, bensì della legge applicabile alla stregua delle norme di conflitto del foro, con riguardo alla legittimazione straordinaria giustificata da ragioni di di-ritto sostanziale). Infatti la legge straniera richiamata si limiterà a stabilire se in casu sussista o meno il potere di azione del sostituto processuale, mentre spetterà comunque alla legge italiana stabilire se il sostituito debba o meno partecipare necessariamente al processo. Tale partecipazione è infatti giustificata da ragioni eminentemente processuali di tutela (nel massi-mo grado) del diritto di difesa del sostituito a fronte della decisione della legge di vincolarlo al giudicato che concluderà il processo, a sua volta ispirata all’esigenza di evitare che chi è stato convenuto dal sostituto possa poi affrontare un nuovo processo de eadem re instaurato dal legittimato ordinario, evidentemente insoddisfatto dall’esito del primo giudizio (sulla ratio della previsione del litisconsorzio necessario del sostituto, con particolare riguardo all’ipotesi di azione surrogatoria ex art. 2900 c.c., cfr. Consolo, Spiegazioni di diritto processuale civile, 8a ed., II, cit., p. 211) .

12 Si potrebbe affermare che l’azione del sostituto processuale è plurisoggettiva, poichè deve necessariamente essere esercitata nei confronti di una pluralità di soggetti: per una tale nozio-ne v. Fabbrini, Contributo alla dottrina dell’intervento adesivo, Milano, 1964, pp. 183 ss., che tuttavia non annovera l’ipotesi di cui si discorre nel testo nell’ambito di questa categoria. 13 Nel medesimo senso, rispetto alle convenzioni arbitrali, ma con argomenti differenti da quelli qui utilizzati, cfr. Carleo, Le vicende cit., p. 105. L’Autore, trattando dell’azione surro-gatoria rileva che il creditor creditoris non può compiere alcun atto di disposizione in ordine ai diritti nei quali intende surrogarsi ed è perciò privo della necessaria capacità di compro-mettere richiesta dall’allora vigente art. 807 c.p.c.

14 Vien fatto di chiedersi cosa accada nelle eccezionali ipotesi (v. supra, nota 11) in cui la nostra legge non ritiene necessaria la partecipazione al giudizio del sostituito e non si possa

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