I nostri lavori sono o r a compiuti, l'intiero programma dei quesiti sottoposti ai vostri studii è stato esaurito.
Ora prima di chiudere questo nostro Congresso vogliate permet-termi di dirvi alcune poche parole.
La nostra Camera di Commercio nello invitare le sue consorelle a Congresso, h a avuto in mira tre scopi, due dei quali io chia-merò di ordine m o r a l e , ed uno di ordine materiale.
II primo e r a quello di affermare il diritto che hanno le Camere di Commercio del Regno di riunirsi a Congresso p e r iniziativa delle Camere islesse; e ciò in forza della legge del 1 8 6 2 sulle Camere di Commercio. I varii Congressi che finora ebbero luogo prima di questo, erano tutti Congressi stati convocati dal Governo, il quale sottoponeva esso stesso i quesiti sui quali il Governo d e -siderava avere i responsi di tali Congressi.
Quando stava per chiudersi il Congresso delle Camere di C o m -mercio tenutosi qui in Genova nel 1 8 6 9 , e r a stata fatta u n a pro-posta nel senso di invitare il Governo a formare un regolamento per dare u n o stabile riordinamento ai futuri Congressi.
Io mi sono opposto all'accettazione di quella proposta, perchè sembravami che con quella si veniva in qualche modo ad infirmare
il diritto che p e r legge avevano pienissimo le Camere di Commercio di riunirsi a Congresso senza alcun bisogno di regolamenti appo-siti p e r parte del Governo, nè tanto meno dovesse questo stabilire il quando e il dove tali Congressi dovessero riunirsi.
155 Soggiunsi che ciò non toglieva che ii Governo potesse esso pure convocare a Congresso i rappresentanti di tutte le Camere di Com-mercio del Regno ogni qual volta avesse creduto di farlo, e che anzi riteneva per fermo che ogni qual volta il Governo avesse voluto farlo, le Camere di Commercio avrebbero sempre risposto volenterose al suo appello, e che per simili casi il Governo ¡stesso era quello che doveva fare apposito regolamento; ma non volere 10 far cosa che in qualche modo potesse menomare il diritto delle Camere, perchè io riteneva che in forza di questo, ogni e q u a lunque C a m e r a , quando si dovesse trattare di qualche grave q u e -stione di interesse generale, potesse in qualunque circostanza con-vocare le sue consorelle a Congresso in qualunque tempo, e c h e , questo caso avvenendo, la Camera istessa che convocava il Con-gresso era quella che doveva farne il regolamento.
Le mie osservazioni trovarono appoggio nei membri di quel Congresso, e la proposta, di cui ho parlato, venne ritirata.
Ora adunque la nostra Camera di Commercio ha creduto che era giunto il momento opportuno per invitare le sue onorevoli consorelle a Congresso, e lo ha fatto. — Essa ne ha in pari tempo redatto l'analogo regolamento. — Forse questo non è riuscito cosa al tutto perfetta, ma se in qualche punto, e nella forma vi è stata qualche deficienza, a questa v'ha largamente supplito l'arrendevo-lezza e la cortesia dei Delegati che mi resero sempre molto facile 11 compito che contro ogni mio merito mi si volle con tanta be-nevolenza affidare.
L a nostra Camera di Commercio ha potuto con piacere consta-tare che la massima parte delle Camere di Commercio ha mostrato col fatto di apprezzare l'importanza di sanzionare il principio di questo diritto corrispondendo al suo invito colf invio dei loro De-legati a questo Congresso; e di questo fatto, se a nome di questa Camera io debbo rinnovarvi le più sentite grazie dobbiamo però tutti rallegrarcene in comune.
Il secondo scopo che la nostra C a m e r a di Commercio si propo-neva nel chiamarvi a Congresso era quello del sembrarle che era tempo di chiamare l'attenzione del Governo e dei nostri legislatori
sulle quistioni, dalla risoluzione delle quali dipende tutto l'avvenire della vita economica del nostro Paese. Tulli quanti in Italia sen-tiamo il bisogno e il dovere di lavorare e di dare incremento a tutte quelle produzioni che formano la vera ricchezza degli Stati, ma se non si dà un assetto veramente stabile ai nostri ordinamenti interni, molti dei nostri sforzi rimarranno pur troppo sterili ed improduttivi.
Ben può dirsi che da ben oltre 18 anni queste questioni furono più volle agitate, ed ogni qualvolta che venivano risollevate sempre si rimandavano a nuovi studii; per cui mi azzarderei a dire che se si è sempre molto studiato, ben poco fu risoluto; e si m a n -tenne cosi sempre un continuo stato di agitazione e di incertezze.
Si trovava ogni volta che le questioni non erano ancora mature; e pur troppo avviene che quanto più si ritarda aumentano le dif-ficoltà, e gli ostacoli si fanno maggiori a poterle convenientemente risolvere nel vero interesse generale dello Stato.
A conseguire il terzo scopo molto gravi ed ardui furono i quesiti sottoposti ai vostri studii. Certo non tutti, forse, erano tali da poter essere risoluti nel breve periodo di tempo assegnato ai vostri lavori Ma non è men vero che molti studii, ed un grande e con-scienzioso lavoro fu fatto nelle Sezioni, lo dimostrano i verbali delle Sezioni, lo dimostrano le dotte ed accurate relazioni lette in Congresso, lo dimostrano le vostre severe e pacate discussioni.
Spero e mi auguro in unione con tutti voi, o Signori, che se non in tulto, almeno in qualche parte i vostri lavori e i vostri voti non rimaranno senza alcun frutto, poiché il Governo, lo avete udito dalla lettera del Ministro, lo avete udito dalla bocca dello Egregio nostro Prefetto, mostra attribuire non poca importanza a questo Congresso.
Ora, o egregi Signori, noi dobbiamo separarci. A questo punto io sento che la commozione dell'animo mio non mi permette di dirvi tutto quanto io vorrei ! Lo riassumo dicendovi che nel separarmi da voi io provo, lo provano i miei colleghi di questa Camera di Commercio, lo provano, lasciatemelo pur dire, tutti quanti i miei Concittadini, che ho veduto con grandissima mia
sod-157 disfazione e vostra, assistere in gran numero e per lunghe ore alle nostre discussioni, quel dispiacere che soltanto si prova quando dobbiamo dividerci dai nostri più cari e stretti parenti dopo lunghi anni di affettuosa convivenza. Or b e n e , e non siamo forse noi tutti fratelli ? Vi accompagnino adunque e per sempre tutte le nostre simpatie e il nostro cordiale affetto. Spero che ci rivedremo, e che in altre circostanze potremo nuovamente lavorare insieme, e m i auguro che nel rivederci potremo anche noi avere la soddi-sfazione di dire che noi pure abbiamo fatto qualche cosa per l'Italia, per questa Italia c h e , per virtù del nostro volere e del nostro la-voro, noi tutti vogliamo sia sempre libera, grande e fiorente, e sia dessa sempre il simbolo di pace tra le Nazioni. (Prolungati e ripetuti applausi).
PADOVANI. — Se la commozione non m i avesse invaso p e r le toccanti parole teste pronunciate dal nostro illustre Presidente potrei in modo migliore esprimere quello che io penso. Proverò alla meglio di comunicarvi il mio pensiero. È certo che la Camera di Commercio di Genova, che avea già tanti titoli di benemerenza n e ha acquistato un maggiore inaugurando u n sistema, che spero sarà continuato, quello di convocare le Camere consorelle per discutere grandi questioni economiche di opportunità riunendo in tal modo le classi ben pensanti, onde trattare argomenti d'interesse nazionale. Autorizzato dai miei egregi colleghi del lavoro e più specialmente dalla mia mandante la sventurata Firenze porgo grazie alla illustre Camera di Commercio e alla intera città di Genova p e r l'affettuosa e splendida accoglienza ricevuta.
Si, o Signori, Firenze che undici anni or sono vi ospitava festosa per scopo identico, oggi mesta ed angustiata d a sventure economiche locali, m a fidente e tranquilla nel sentimento di giustizia nazionale, farà sempre voto sincero assieme a noi tutti p e r la prosperità di Genova nostra illustre consorella. Propongo u n voto di plauso alla consorella, che spande il suo traffico nelle p i ù lontane regioni del mondo conosciuto. (Applausi unanimi).
Presidente. — Metto ai voti il seguente quesito, che fu presen-tato p e r essere discusso nel Congresso d a tenersi in Venezia: