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3. ANALISI DEI PROFILI DI GRAVITÀ, PERICOLOSITÀ E RISCHIO NELLE REGIONI

3.3. Analisi del rischio d’incendio

3.3.2. Elaborazione cartografica

L’utilizzo del sistema su piattaforma GIS ha semplificato le procedure di sovrapposizione di tematismi cartografici diversi, per cui dalle carte tematiche di base è stato possibile ottenere automaticamente carte di sintesi di tipo numerico. Mediante questa tecnica, le classi di intensità sono state fatte corrispondere a intervalli di valori numerici, a loro volta risultanti dall’integrazione degli attributi conferiti per i vari tematismi alle singole celle della matrice. Le basi di dati utilizzati per le elaborazioni, costituite da cartografie in formato vettoriale, sono state rasterizzate con pixel di 250 metri di lato. Anche il Modello Digitale del Terreno, con passo originario a 75 metri, è stato ricampionato per renderlo omogeneo con gli altri strati informativi.

I layer ottenuti per ciascun fattore di rischio sono stati incrociati tra loro utilizzando il grado di rischio attribuito ad ogni classe, ottenendo così un indice finale per ogni pixel che è stato successivamente riclassificato da 0 a 100.

Per la fase di sovrapposizione (overlay), è stato utilizzato il modulo di ArcView, ModelBuilder, che permette di realizzare sovrapposizioni pesate di dati in formato raster.

Le immagini ottenute dalle funzioni di overlay estiva e invernale (Figure 26-37) presentano ogni pixel caratterizzato da un valore che corrisponde al grado di rischio di incendio (maggiore il valore, più alto il rischio). I valori di rischio variano da un minimo di 0 ad un massimo di 100 sia per il rischio invernale che per il rischio estivo. Per ciascuna stagione, il grado di rischio è stato quindi ripartito in 5 classi di pari ampiezza (1-25; 26-50; 51-75; 76-100), ottenendo gli elaborati finali di seguito presentati (carta del rischio invernale, carta del rischio estivo).

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Figura 26 - Carta del rischio invernale (sinistra) e carta del rischio estivo (destra) di incendi boschivi.

Indice di Rischio Invernale

Figura 27 - Distribuzione delle classi del rischio invernale (sinistra), estivo (centro) e distribuzione delle superfici delle classi del rischio (destra).

Indice superficie in km2 % di sup. superficie in km2 % di sup.

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Figura 28 - Carta del rischio invernale (sinistra) e carta del rischio estivo (destra) di incendi boschivi.

Indice di Rischio Invernale

Figura 29 - Distribuzione delle classi del rischio invernale (sinistra), estivo (centro) e distribuzione delle superfici delle classi del rischio (destra).

Indice superficie in km2 % di sup. superficie in km2 % di sup.

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Figura 30 - Carta del rischio invernale (sinistra) e carta del rischio estivo (destra) di incendi boschivi.

Indice di rischio invernale

Figura 31 - Distribuzione delle classi del rischio invernale (sinistra), estivo (centro) e distribuzione delle superfici delle classi del rischio (destra).

Indice superficie in km2 % di sup. superficie in km2 % di sup.

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Figura 32 - Carta del rischio invernale (sinistra) e carta del rischio estivo (destra) di incendi boschivi.

Indice di Rischio Invernale

Figura 33 - Distribuzione delle classi del rischio invernale (sinistra), estivo (centro) e distribuzione delle superfici delle classi del rischio (destra).

Indice superficie in km2 % di sup. superficie in km2 % di sup.

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Figura 34 - Carta del rischio invernale (sinistra) e carta del rischio estivo (destra) di incendi boschivi.

Indice di Rischio Invernale

Figura 35 - Distribuzione delle classi del rischio invernale (sinistra), estivo (centro) e distribuzione delle superfici delle classi del rischio (destra).

Indice superficie in km2 % di sup. superficie in km2 % di sup.

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Figura 36 - Carta del rischio invernale (sinistra) e carta del rischio estivo (destra) di incendi boschivi.

Indice di Rischio Invernale

Figura 37 - Distribuzione delle classi del rischio invernale (sinistra), estivo (centro) e distribuzione delle superfici delle classi del rischio (destra).

Indice superficie in km2 % di sup. superficie in km2 % di sup.

49 3.3.3. Analisi della distribuzione delle classi di rischio nelle aree protette

Per ogni Regione è stata valutata la distribuzione del rischio dei fattori predisponenti nelle aree protette. In particolare, le informazioni sono state estrapolate per i Parchi Nazionali, i Parchi Naturali Regionali, le Riserve Naturali Statali, le Riserve Naturali Regionali, i Siti di Importanza Comunitaria, le Zone di Protezione Speciale.

Le aree protette considerate sono quelle riportate nell’Elenco Ufficiale del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio. Nelle tabelle, dalla 16 alla 21, che seguono sono riportati i valori, in percentuale di superficie, della distribuzione delle classi di rischio sia invernale che estivo, a livello regionale.

Tabella 16 - Distribuzione percentuale del rischio di incendio estivo ed invernale nelle aree protette della Basilicata.

M o l to b a s s o 4 3 , 6 0 3 8 , 4 7 1 7 , 2 1 3 6 , 5 2 3 5 , 9 1 3 4 , 3 3

Tabella 17 - Distribuzione percentuale del rischio di incendio estivo ed invernale nelle aree protette della Campania.

M o l to b a s s o 3 3 , 9 3 3 9 , 2 9 3 2 , 9 2 4 5 , 9 3 3 6 , 3 9 3 3 , 7 5

Tabella 18 - Distribuzione percentuale del rischio di incendio estivo ed invernale nelle aree protette della Puglia.

Tabella 19 - Distribuzione percentuale del rischio di incendio estivo ed invernale nelle aree protette della Calabria.

M o l to b a s s o 2 6 , 9 7 0 3 0 , 5 9 6 3 , 2 4 3 3 , 5 6 2 5 , 9 7

Tabella 20 - Distribuzione percentuale del rischio di incendio estivo ed invernale nelle aree protette della Sicilia.

M o l to b a s s o 0 3 8 , 2 9 0 3 5 , 8 9 3 7 , 9 1 3 5 , 3 6

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Tabella 21 - Distribuzione percentuale del rischio di incendio estivo ed invernale nelle aree protette della Sardegna.

M o l t o b a s s o 2 8 , 9 0 2 3 , 9 3 0 0 3 0 , 1 5 4 7 , 1 5 inverno, nelle aree protette rispetto al rischio osservato a livello di intera Regione. In particolare, nella Regione Campania, caratterizzata quasi uniformemente da un indice di rischio invernale molto basso, le aree protette sono classificabili come appartenenti alle classi di rischio basso, medio e alto. Il fenomeno è ancor più accentuato per la stagione estiva quando al generalizzato aumento del rischio sull’intero territorio regionale corrisponde la presenza nelle aree protette di classi di rischio alto e molto alto. La stessa distribuzione stagionale si osserva in Puglia, Basilicata e Sicilia.

Alla situazione sopra descritta si contrappongono i risultati ottenuti per la Sardegna e la Calabria dove il rischio invernale è per lo più molto basso sia sull’intera superficie regionale che nelle aree protette. Per la stagione estiva si osserva un innalzamento del rischio di incendio sia sull’intera superficie regionale sia nelle aree protette. In particolare, si evidenzia un rischio molto alto per i Parchi Naturali Regionali in Sardegna.

La distribuzione comparata delle classi di rischio invernale ed estivo per le varie tipologie di aree protette (Figure 38 e 39) evidenziano come Parchi, Riserve Naturali Regionali, SIC e ZPS sono caratterizzati da classi di rischio invernale molto basso, basso e medio, con un picco nelle Riserve Naturali Regionali del 27% a rischio elevato e 12% a rischio molto elevato. In riferimento al periodo estivo, le superfici a rischio elevato e molto elevato aumentano considerevolmente in tutte le tipologie di aree protette, e in particolare nelle Riserve Naturali Regionali.

I Parchi Nazionali e le Riserve Naturali Statali sono classificabili a rischio per lo più molto basso nel periodo invernale e da molto basso a medio nel periodo estivo e le superfici di classe di rischio elevata e molto elevata si innalzano poco, raggiungendo rispettivamente l’11% e il 2%.

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Figura 38 – Distribuzione per classi di rischio invernale delle aree protette e SIC-ZPS delle Regioni Ob. 1.

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Figura 39 – Distribuzione per classi di rischio estivo delle aree protette e SIC-ZPS delle Regioni Ob. 1.

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4. TELERILEVAMENTO SATELLITARE NEL MONITORAGGIO DELLA RICOSTITUZIONE DELLA VEGETAZIONE NATURALE IN AREE PERCORSE DAL FUOCO

Il monitoraggio delle superfici boschive percorse dal fuoco ha lo scopo primario di (CHIRICI e CORONA, 2005):

- individuare e perimetrare tali aree, in particolare ai fini dell’accatastamento come previsto dalla Legge quadro 353/200 con georeferenziazione in ambiente GIS;

- valutare i livelli di danno subìto dai soprassuoli forestali;

- descrivere la capacità e la velocità di recupero della vegetazione autoctona a seguito del passaggio del fuoco;

- verificare la dinamica di recupero tenendo presente la vegetazione naturale potenziale e l’eventuale presenza di specie esotiche invasive.

Al fine di verificare il livello di danno e la velocità di ricostituzione, il monitoraggio avviene in modalità multitemporale tramite telerilevamento e/o aree campione permanenti a terra.

Il telerilevamento si basa sulla possibilità di differenziare gli elementi che compongono il paesaggio (suolo, vegetazione, acqua, urbano, ecc.) in base alla diversa intensità di riflessione mostrata da ciascuna superficie, in funzione della lunghezza d'onda della radiazione incidente. La sua importanza nell’ambito del monitoraggio di incendi forestali, soprattutto se di vaste dimensioni, è in continua crescita grazie all'avanzamento di tecnologie a costi sempre più ridotti, in termini relativi (CHIRICI e CORONA,2005).

In particolare, negli ultimi anni, è rapidamente cresciuto soprattutto l'impiego del telerilevamento da satellite, per la possibilità di ottenere una restituzione multitemporale sufficientemente affidabile dell’attività fotosintetica, e quindi delle capacità di produzione di biomassa e delle connesse potenzialità di ricostituzione degli ecosistemi forestali percorsi dal fuoco (ZHANG et al., 2004). Numerosi algoritmi sono stati sviluppati per l’individuazione degli incendi attivi e, più recentemente, delle aree percorse dal fuoco.

Mentre i dati telerilevati a bassa risoluzione (risoluzione spaziale nell'ordine dei chilometri) sono prevalentemente destinati alla comunità scientifica coinvolta nello studio delle emissioni atmosferiche (KORONTZI et al., 2004), i dati a media e alta risoluzione spaziale (dalle decine di metri al metro) possono essere utilizzati come ausilio nella gestione del territorio. Un aspetto rilevante è la caratterizzazione degli effetti del fuoco sulla vegetazione naturale all'interno delle singole aree bruciate (BOSCHETTI et al., 2005).

Tradizionalmente, questa caratterizzazione è ottenuta con osservazioni dirette di campo o mediante fotointerpretazione di immagini ad alta risoluzione (KEY e BENSON, 2006; ROY e LANDMANN, 2006). Uno degli

indicatori utilizzati per quantificare gli effetti del fuoco sulla vegetazione è la cosiddetta severità dell’incendio (fire severity): ne esistono svariate definizioni, ma in generale essa è collegata alla misura con cui un ecosistema è modificato dal fuoco o al tipo di risposta dell'ecosistema in seguito all’'incendio (COCKE et al., 2005; KEY e BENSON, 2006; ROY e LANDMANN, 2006).

Vi sono differenze in letteratura su quanto tempo debba passare tra l'incendio e l'acquisizione delle misure di severità: da giorni ad anni di distanza (è necessario un certo lasso temporale se si vuole osservare il tipo di evoluzione dell'ecosistema successivamente all'evento). I parametri utilizzati per la stima della severità sul terreno includono la condizione e il colore del suolo, la quantità di combustibile consumato, l'eventuale presenza di germogli dopo l'incendio, lo stato della corteccia degli alberi, la profondità dello strato di suolo in cui si è verificato un elevato innalzamento di temperatura e i cambiamenti nell'umidità della biomassa. Nel caso di alcuni di questi parametri, non è evidente alcun legame con cambiamenti osservabili nelle misure di riflettanza dei dati telerilevati (BOSCHETTI et al., 2005). Tuttavia, svariati studi hanno recentemente proposto l'utilizzo di indici spettrali per ottenere mappe di severità degli incendi, utilizzando sia tecniche multitemporali, sia tecniche basate su una sola immagine (VAN WAGTENDONK et al., 2004; EPTING et al., 2006; KEY e BENSON, 2006).

Per ciò che riguarda le proprietà spettrali che caratterizzano i terreni percorsi dal fuoco, MARCHETTI e RICOTTA (2004) osservano che il passaggio del fuoco produce due effetti principali sul paesaggio vegetale: la produzione e l’accumulo di materiale combusto e l’alterazione della struttura e della tessitura della vegetazione.

Le ceneri rappresentano il segnale inconfondibile dell'azione del fuoco, ma permangono al suolo per un breve periodo e tendono a essere rimosse da vento e pioggia nel giro di poche settimane o mesi dopo l'incendio.

Un’area incendiata è soggetta a cambiamenti notevoli sia in termini di alterazione della struttura e tessitura della vegetazione (fire scar) che di contenuto idrico. Ciò è dovuto essenzialmente alla maggiore evaporazione indotta dalla mancanza di copertura vegetale e alla produzione e l’accumulo di materiale combusto (char), il quale, per il suo colore scuro assorbe maggiore energia dall’irraggiamento solare con la conseguenza che la superficie bruciata presenta una temperatura media superiore a quella vicina non bruciata e quindi è caratterizzata da un minor tenore di umidità.

L’alterazione della struttura della vegetazione rappresenta un indicatore più stabile del passaggio del fuoco, ma comunque anche questa è un carattere che è possibile osservare per al massimo pochi mesi, prima che un nuovo strato vegetale (anche erbaceo) torni a comparire sull’area incendiata (MARCHETTI e RICOTTA, 2004).

Inoltre, essa non può essere associata al fuoco in maniera inequivocabile: la parziale o totale distruzione della copertura forestale può essere la conseguenza di azioni diverse, come a esempio la

55 presenza di tagliate, il pascolo o l'azione di agenti patogeni. Questa distinzione è fondamentale per utilizzare correttamente le tecniche del telerilevamento nel determinare l'ubicazione e l'estensione delle aree bruciate.

Per riconoscere le proprietà spettrali delle aree incendiate, è inoltre importante distinguere tra cenere (white ash) e carbone (black ash) come descritto da CHANDLER et al. (1983): la cenere è costituita da residui minerali di colore chiaro, prodotta dalla completa combustione di materiale vegetale, risultato di un incendio molto intenso; al contrario, il carbone indica una combustione incompleta della biomassa provocata da incendi meno severi: spesso, questi due prodotti della combustione vengono definiti in maniera generica cenere, complicando la lettura delle informazioni spettrali rilevate proprie delle superfici bruciate (MARCHETTI e RICOTTA, 2004).

Esperienze recenti hanno provato ad investigare non sono le qualità spettrali del materiale combusto (ash) ma anche la possibilità di rilevare tramite immagini satellitari la presenza o meno di materiale ancora potenzialmente infiammabile (SMITH et al., 2005).

Sebbene per identificare gli intervalli spettrali più adatti al telerilevamento multispettrale delle aree bruciate occorra indagare non solo le proprietà delle superfici incendiate, ma anche quelle della vegetazione circostante non interessata dal passaggio del fuoco, la letteratura scientifica è generalmente concorde nell'indicare quali siano le regioni dello spettro elettromagnetico più adatte per lo studio delle aree incendiate.

La regione dell'infrarosso vicino (NIR, 0.7-1.3 µm) è considerata la più utile per individuare le superfici incendiate, dato che in questo intervallo spettrale la vegetazione sana mostra una forte riflettività distinguendosi nettamente dalle superfici incendiate interessate dalla presenza di materiale combusto che, al contrario, assorbono fortemente in questa porzione dello spettro elettromagnetico e appaiono scure nelle immagini telerilevate. In pratica, le aree percorse dal fuoco mostrano nella regione dell'infrarosso vicino valori medi inferiori a qualsiasi altro tipo di copertura del suolo, esclusa l'acqua, in contrasto con quanto è stato osservato nella regione del visibile dove le superfici incendiate appaiono simili ai terreni agricoli e ad alcuni tipi di formazioni vegetali (MARCHETTI e RICOTTA, 2004).

La riduzione della riflettanza nella regione del NIR tende a essere proporzionale all’intensità con cui il fuoco agisce sul territorio: questa relazione è considerata sufficientemente affidabile per classificare le diverse aree colpite dal fuoco secondo classi di severità con l’ausilio di immagini telerilevate a media risoluzione, quali quelle Landsat. Nella regione del NIR l’accumulo di materiale combusto appare sempre più scuro di tutti gli altri tipi di copertura del suolo, con l’esclusione di fiumi, laghi e corpi idrici (MARCHETTI e RICOTTA, 2004). Nella regione del visibile invece, i pigmenti della foglia assorbono la maggior parte della radiazione che ricevono, mostrando pertanto una bassa riflettività. Per questa ragione un forte contrasto spettrale tra la bassa riflettività della banda rossa e l’alta dell’infrarosso vicino dello spettro facilitano la differenziazione della copertura vegetale da un altro tipo di copertura. Secondo SILVA e PEREIRA (1999), per la discriminazione e la

localizzazione delle aree incendiate, sarebbe da utilizzare la combinazione bispettrale NIR – SWIR, anziché il classico visibile – NIR.

Gli indici di vegetazione (Vegetation Indices) sfruttano queste peculiarità spettrali della vegetazione combinando diverse bande tra di loro. Vengono utilizzati prevalentemente per: migliorare la discriminazione tra coperture con comportamento spettrale differente; ridurre l’effetto dei rilievi (pendenze ed esposizione), dell’illuminazione e dell’atmosfera quando si vuole caratterizzare una determinata copertura. Inoltre, nel monitoraggio della vegetazione è possibile utilizzarli per determinare parametri quali: indice di area fogliare (LAI); contenuto di acqua nella foglia, determinata attraverso la correlazione tra lo stress idrico e il LAI; flusso netto di CO2; produttività netta della vegetazione; contenuto di clorofilla nella foglia; dinamica fenologica;

evapotraspirazione potenziale.

4.1. Spazializzazione di dati rilevati a terra mediante analisi correlative sulla base di immagini telerilevate

Dati rilevati a terra a livello puntuale possono essere spazializzati con l’ausilio di immagini telerilevate, in modo da poter produrre una mappatura dei fenomeni di interesse, utilizzando tecniche correlative. Queste tecniche si basano sulla regressione statistica tra i valori dell’attributo oggetto di interesse rilevato in punti di sondaggio a terra e variabili ausiliarie determinate su immagini telerilevate in corrispondenza dei suddetti punti di sondaggio.

Si tratta di istituire una regressione tra l’attributo oggetto di interesse (Y) rilevata nei punti di sondaggio a terra e i corrispondenti valori delle/a variabili/e ausiliaria/e, rappresentate/a dalla riflettanza (quantificata in termini di digital number, DN) nelle singole bande spettrali di immagini digitali telerilevate, o da singoli indici derivati dalla combinazione tra bande. Nel caso di una singola variabile ausiliaria (a esempio, un indice normalizzato di vegetazione, NDVI), si otterrà una regressione semplice: a esempio, Y = a + b ln NDVI.

Nel caso di più variabili ausiliarie (ad esempio, valori di riflettanza in più bande), si otterrà una regressione multipla: a esempio, Y = a + bRx + cRz, dove Rx e Rz sono le riflettanze nelle bande x e z, rispettivamente.

Sulla base della regressione istituita, è poi possibile stimare un valore predetto di massa legnosa per ciascun pixel dell’unità territoriale considerata, e quindi alla rappresentazione cartografica in continuo dell’attributo considerato.

Per ottenere risultati sufficientemente precisi, l’applicazione di questa procedura presuppone una correlazione sufficientemente stretta (coefficiente di correlazione di Pearson > 0.7 per campioni di numerosità

57 superiore a 20-30) tra i valori dell’attributo considerato e la/e variabile/i ausiliaria/e determinata/e sulle immagini, nonché un adeguato numero di punti di sondaggio a terra.

Un esempio di impiego di una tecnica correlativa parametrica si riporta uno studio sull’andamento della rinnovazione naturale post-incendio nella pineta di Castel Fusano presso Roma. In questo caso, si è proceduto alla correlazione dei dati di un indice di rinnovazione gamica delle latifoglie rilevati nell’estate 2003, quale monitoraggio puntuale della successione secondaria e dell’evoluzione naturale dell’intera pineta incendiata, con immagini telerilevate dal satellite ad altissima risoluzione QuickBird (CHIRICI e CORONA, 2005).

Il territorio è stato discretizzato in segmenti di ampiezza pari all’ampiezza dei transect rilevati a terra (20 m2) in cui è stato rilevato l’indice. Per ciascun segmento è stato determinato il valore medio, la deviazione standard, il valore minimo, il valore massimo della riflettanza (espressa in termini di DN) per ciascuna banda QuickBird. Inoltre, sono stati calcolati due noti indici di vegetazione (NDVI e SAVI) derivati dal rapporto normalizzato delle riflettanze nelle bande del rosso e dell’infrarosso vicino.

Il modello di stima di IRGl, ottenuto mediante regressione lineare multipla con procedura a passi (stepwise regression), risulta caratterizzato in funzione di SAVI e della banda 4 (=NIR), ed è servito per predire, e quindi mappare, i valori di IRGl per tutti i segmenti in corrispondenza dei quali non erano stati effettuati rilievi a terra (Figura 40).

Figura 40 - Valori spazializzati dell’indice di rinnovazione gamica delle latifoglie nelle aree percorse dal incendio nel 2000 nella pineta di Castel Fusano (Roma), sulla base dell’immagine Quick Bird (composizione RGB 432) acquisita nell’estate del 2003.

Un miglioramento dell’efficienza della stima può essere ottenuto previa suddivisione dell’unità territoriale da inventariare mediante tecniche automatiche di segmentazione. Esse prevedono la discretizzazione del territorio non in pixel, ma in cosidetti segmenti, costituiti da porzioni di territorio relativamente omogenee al loro interno per riflettanza e tessitura dell’immagine, evidenziato da eventuali variazioni tessiturali dell’immagine. A fini estimativi, i dati raccolti a terra su ciascun segmento vengono correlati con la risposta spettrale del segmento stesso, secondo la procedura di regressione sopra illustrata, e possono poi essere opportunamente commassati per fornire le informazioni di sintesi a livello dell’intera unità territoriale considerata. Nella pratica, le tecniche di segmentazione risultano molto utili soprattutto quando, come quasi sempre avviene in ambito forestale, si hanno immagini telerilevate ad alta risoluzione geometrica caratterizzate da un’elevata variabilità spettrale degli oggetti al suolo.

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5. CASO DI STUDIO: SELEZIONE E CARATTERIZZAZIONE PIROLOGICA

Nel presente lavoro è stato selezionato come area di studio per la valutazione del recupero della vegetazione a seguito del passaggio del fuoco il Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano (Figura 41), in quanto:

- rientrante nel gruppo di pericolosità estiva territorialmente più esteso nelle Regioni Ob. 1 (Gruppo 1, vd. § 3.2);

- fortemente soggetto al rischio di incendi boschivi estivi (rischio alto e medio-alto, vd. § 3.3.2); nel capitolo relativo alla distribuzione del rischio (§ 3.3.3) è stato evidenziato un significativo maggiore rischio di incendi boschivi, sia in estate che in inverno, nelle aree protette rispetto al rischio osservato a livello di intera Regione; in particolare, nella Regione Campania, caratterizzata quasi uniformemente da un indice di rischio invernale molto basso, le aree protette sono classificabili come appartenenti anche alle classi di rischio medio e alto; il fenomeno è ancor più accentuato per la stagione estiva, quando il rischio nelle aree protette è sempre alto e molto alto;

- diffusa presenza di incendi di alta intensità (> 6.000 kWm-1);

- caratterizzato da elevata variabilità ambientale, all’interno di un contesto socio-economico relativamente omogeneo.

Il territorio del Cilento rappresenta un’area di grande interesse naturalistico, sia per l’elevata diversità fisica, climatica e biologica, sia per il valore biogeografico e del paesaggio (ABBATE et al., 1996; LA VALVA e MOGGI, 1996; BLASI et al., 2001).

Figura 41 – Inquadramento dell’area di studio.

Il Parco Nazionale del Cilento e del Vallo di Diano è uno dei pochi Parchi dotati del Piano per la programmazione delle attività di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi approvato dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio. In tale documento si evidenzia come “il numero di incendi relativi al periodo Novembre 1999 all’Ottobre 2000 collocano tale territorio tra le aree più a rischio su tutto il

Il Parco Nazionale del Cilento e del Vallo di Diano è uno dei pochi Parchi dotati del Piano per la programmazione delle attività di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi approvato dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio. In tale documento si evidenzia come “il numero di incendi relativi al periodo Novembre 1999 all’Ottobre 2000 collocano tale territorio tra le aree più a rischio su tutto il