I GIUDIZI DI RATING SULLE SOCIETÀ EMITTENTI:
2. ELABORAZIONE DEL GIUDIZIO DI RATING E INADEMPIMENTO CONTRATTUALE
2. ELABORAZIONE DEL GIUDIZIO DI RATING E INADEMPIMENTO CONTRATTUALE. La sentenza in commento è incentrata sull’analisi dei procedimenti operativi che sono alla base dell’elaborazione dei rating destinati agli operatori presenti sul mercato; all’uopo il Tribunale focalizza il suo accertamento sui canoni di <<professionalità>> e di <<diligenza>> che devono contraddistinguere la con‐ dotta delle società specializzate in tale forma d’attività. Più in particolare, nella fattispecie il Giudice ha ravvisato l’inadempimento contrattuale dell’agenzia Standard & Poor’s per una erronea formulazione dei giudizi relativi alla colloca‐ zione dei titoli Parmalat sul mercato finanziario. A fronte della condanna di detta Agenzia alla restituzione del compenso corrisposto da Parmalat s.p.a., il Tribunale ha rigettato la domanda di risarcimento (avanzata dalla società emit‐ tente), ritenendo l’inesistenza di uno specifico nesso tra le valutazioni effettuate dall’Agenzia e la grave situazione di dissesto che, come è noto, ha riguardato l’impresa in parola. La costruzione seguita in sede processuale fa perno sull’individuazione di una responsabilità in capo alle società di rating, all’uopo rappresentando la difficoltà della verifica relativa in considerazione del fatto che la complessità tecnica dell’attività di queste ultime è spesso di ostacolo nella de‐ terminazione della prova, oltre che in sede di quantificazione del danno7. relativa alla cartolarizzazione dei crediti. Successivamente, con il Testo unico della finanza (e, più in particolare, in virtù del disposto dell’art. 100‐bis), l’attribuzione del rating ha assunto un ruolo fondamentale nella regolazione dell’emissione dei titoli di stato dei paesi aderenti all’OCSE.
7 Al tal riguardo, l’ordinamento statunitense ha compiuto enormi passi avanti mediante l’emanazione del Dodd‐Frank Wall Street Reform and Consumer Protection Act (più comune‐ mente conosciuto come Dodd‐Frank Act) del 2010; più in particolare, il Subtitle C del Title IX (rubricato come Improvements to the Regulation of Credit Rating Agencies) è volto a riformare il sistema delle agenzie di rating, prevedendo, tra le varie novità, un alleggerimento dell’onere della prova in capo alla società emittente che chiede di essere risarcita a fronte di una erronea valutazione del proprio merito creditizio.
Giurisprudenza
A ben considerare, la dichiarazione di inadempimento che il Giudice esprime nei confronti dell’agenzia di rating presuppone la riferibilità ai processi adottati da quest’ultima nello studio dei dati <<qualitativi, quantitativi e legali>> stru‐ mentali all’emissione dei rating previsti dall’accordo contrattuale. In tale logica si inquadra l’orientamento dell’indagine del Tribunale, volta ad attestare il gra‐ do di perizia professionale della convenuta, all’uopo avendo riguardo al rigore che caratterizza l’operatività degli analisti nella valutazione dello standing credi‐ tizio (vale a dire nella disamina della situazione patrimoniale, economica e finanziaria dei soggetti esaminati, nonché delle prospettive di crescita e di rin‐ novamento strategico di questi ultimi).
Si procede ad individuare le ragioni dei <<continui disallineamenti delle ela‐ borazioni (realizzate da S&P) rispetto alle regole tecniche>>8 incluse nell’elenco dei Rating Criteria predisposto dall’Agenzia stessa9; da qui, la ravvisata situazio‐ ne di inadempimento riconducibile al significativo grado di negligenza nella condotta seguita dall’agenzia di rating durante l’intero arco temporale di durata del contratto. Più in particolare, si fa riferimento alle inefficienze dell’attività di certificazione della solvibilità del cliente; e ciò mettendo in evidenza le <<ma‐ croscopiche carenze informative>> riscontrabili nell’operatività degli analisti, cui è riconducibile l’esclusione dei dati necessari alla corretta valutazione della si‐ tuazione economica della società emittente10. A ciò aggiungasi il riscontro di una mancata coerenza temporale tra gli indici utilizzati, calcolati ogni anno sulla ba‐ se di metodologie diverse, donde la presenza di significative differenze (con 8 Ed infatti, il Tribunale asserisce che la valutazione effettuata da S&P denota <<rilevanti caren‐ ze informative>> che ha dato luogo ad una <<macroscopica e consapevole violazione>> delle regole tecniche e procedurali, violazione che non ha trovato adeguata giustificazione da parte della convenuta agenzia di rating. 9 Consultabili su www.standarandpoors.com, ove si reca un quadro generale dei criteri adottati per l’attività di valutazione del merito creditizio. 10 Si ha riguardo, in particolare, alla misurazione del financial risk e all’assenza di talune notizie di dettaglio concernenti le posizioni di debito e credito, nonché le operazioni di cartolarizzazio‐
Tribunale Di Milano, Vi Sezione Civile Sentenza 1 Luglio 2011, N. 8790
riguardo alle misurazioni effettuate) nell’identificazione dei valori espressi dai rating11.
Da qui, l’imperfetta rispondenza dei contenuti dei giudizi di S&P con l’effettivo merito creditizio di Parmalat s.p.a, vale a dire con la reale capacità di quest’ultima di onorare puntualmente a scadenza i propri impegni finanziari12. Da ultimo, va fatto presente che il Tribunale esclude dalla competenza degli analisti la verifica dell’esattezza delle informazioni fornite dalla società emitten‐ te, donde una sostanziale limitazione della responsabilità dell’Agenzia che viene circoscritta alla <<completa acquisizione dei dati>>, alla <<corretta elaborazione del rating>>, nonché alla <<trasparente comunicazione del giudizio>>. La dottri‐ na conferma detto orientamento, soffermandosi, peraltro, sulla riflessione dell’impossibilità di considerare le società di rating alla stregua di <<certificatori di informazioni>>13; ciò in quanto l’attività di queste ultime, ancorché supporta‐ ta da approfondite conoscenze tecniche e professionali, non appare idonea a garantire la veridicità dei dati aziendali forniti dalle società emittenti. Tesi che trova conforto nell’ulteriore considerazione secondo cui la configurabilità in ca‐ po alle Agenzie di una funzione di controllo potrebbe indurre gli esponenti della governance del soggetto richiedente ad assumere comportamenti fraudolenti, rischiando così di dar spazio ad un logica di moral hazard volta ad alterare – an‐ cor prima che il titolo venga negoziato sul mercato – la trasparenza e la corretta 11 Ci si riferisce al discordante utilizzo che negli anni è stato attuato relativamente alle rettifi‐ che su varie tipologie di debito, quali, a titolo semplificativo, i debiti per i ratei passivi e quelli rivenienti dalle locazioni operative. 12 L’analisi condotta dal Tribunale, infatti, evidenzia che la decisione di S&P di attribuire a Par‐ malat s.p.a. il livello di investment‐grade non risultava in linea con le evidenze della reale situazione patrimoniale e finanziaria della società. Dalle valutazioni effettuate dai consulenti tecnici d’ufficio, infatti, il merito creditizio dell’emittente poteva corrispondere solo al livello di speculative‐grade.
13 Cfr. GIUDICI, L’agenzia di rating danneggia l’emittente con i propri rating eccessivamente fa‐ vorevoli?, in Le Società, 2011, n. 12, p. 1452. In particolare, l’A. fornisce un primo commento alla sentenza del Tribunale di Milano, evidenziando gli aspetti critici dell’individuazione dei profili di responsabilità civile in capo a S&P e le relative analogie con la responsabilità verso la società del revisore legale dei conti. Si riflette, infine, sulla responsabilità della società di rating nei confronti degli investitori che hanno acquistato le obbligazioni di Parmalat s.p.a.
Giurisprudenza informazione che sono alla base di un corretto svolgimento del sistema finanzia‐ rio14. 3. LA REGOLAMENTAZIONE DEL SERVIZIO DI CREDIT RATING: