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1 La scelta come via d’uscita

2.6 Il cammino come risposta a bisogni complessi

2.6.1 Gli elementi strutturali individuati

In questo paragrafo si mostreranno quelli che sono ritenuti gli elementi indispensabili ai fini della riuscita dell’esperienza stessa. Questi sono il frutto di considerazioni teoriche, di spunti di Seuil, nonché di un’osservazione diretta sul campo, con l’esperienza del progetto Pedalando Faticando, che sarà presa in esame nel capitolo seguente.

Innanzitutto il primo passo è quello della presentazione del progetto nelle sue linee generali: modalità, tempistiche, regole. Questo dovrà inizialmente essere svolto dal servizio sociale di riferimento nei confronti di quegli individui per i quali, viste le loro caratteristiche, si ritiene utile una simile esperienza.

Per quanto riguarda le tempistiche, l’unico appunto che è necessario fare, è che queste siano definite nei loro limiti, indicando cioè una data di inizio e una data limite di fine. La scansione temporale è lasciata alla libertà dei singoli progetti attuati. In generale il limite massimo fissato potrebbe essere di tre mesi, quello minimo, seppure sia determinato dalla qualità del cammino, si potrebbe aggirare intorno alle tre settimane-un mese.

In accordo con quanto portato avanti dall’associazione francese, si ritiene che sia necessaria un’adesione volontaria. Questa infatti consente di cominciare, sin dagli inizi,

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ad esercitare quella capacità decisionale, nonché un agire responsabile, che dovranno essere centrali per tutta la durata del percorso. Inoltre, in questo modo il partecipante eserciterà già una partecipazione attiva, senza essere mero fruitore/osservatore di un servizio.

Non si prevedono forme prestabilite di adesione, ovvero questa potrà essere espressa sia oralmente che in maniera scritta, in ogni caso dovrà essere motivata, in maniera che il servizio che intende utilizzare lo strumento, nel momento della decisione, si basi su elementi “concreti” e che siano compatibili con il progetto.

Questa adesione al progetto dovrebbe essere seguita da un contratto, che altro non sarebbe che la stesura del progetto stesso, con le specifiche dei tempi e delle regole alle quali si è deciso di aderire. Apportare una firma sarebbe ulteriore agito di responsabilità. Inoltre è un utile mezzo dal quale cominciare considerazioni e valutazioni dell’esperienza, in maniera congiunta con la Persona che ne ha preso parte.

In questa sede, diversamente da Seuil, si fa leva sul gruppo, come elemento imprescindibile del cambiamento, e dell’esperienza stessa. Questa importanza all’elemento gruppale deriva da un principio fatto proprio da chi scrive, ovvero che “vivere significa camminare insieme”, in quanto da soli non si giunge mai da nessuna parte, in quanto nella vita di ognuno gravitano altri esseri umani, non si è mai completamente soli. Imparare a vivere con l’Altro riporta sempre ad un aspetto di sé, si ricollega al bisogno universale di riconoscimento e di accettazione, al bisogno umano di sentirsi parte di una totalità. La sola presenza fisica dell’altro, con il quale si sceglie di entrare o meno in relazione, permette un’apertura in questo senso. Inoltre l’essere gruppo permette di esperire, oltre alla dimensione della responsabilità e del rispetto, la dimensione della cura e dell’attenzione. Questo comporta non solo uno sguardo rivolto all’esterno, ma anche rivolto alla propria interiorità, ai propri bisogni e sentiti. Si ritiene perciò ideale la costruzione di un gruppo di 3 persone, al di là della presenza dell’educatore, o cinque/sei se vi è la possibilità di più figure educative.

La presenza di un accompagnatore è di fondamentale importanza. Diversamente da Seuil, che ritiene che questa carica possa essere ricoperta da un adulto responsabile, al termine di un corso di formazione in preparazione al viaggio, si ipotizza invece che questa figura debba essere ricercata tra professionisti del lavoro educativo, in quanto questa presenza

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diviene fulcro centrale dell’esperienza, poiché funge da mediazione tra il dentro e il fuori, in una riflessione che lega dimensione intrapersonale e interpersonale, attraverso un dialogo continuo. Così come le soste, che divengono momenti centrali dell’esperienza per assaporare la bellezza che circonda, l’educatore ha il compito di mostrare e poi dare avvio a considerazioni nei confronti dei vissuti che suscitano determinati paesaggi, nel caso arrivino alla persona. Si aprono due possibilità: scegliere un educatore già conosciuto oppure esterno al contesto di appartenenza dell’individuo che prenderà parte al progetto. Questo soprattutto in ragione di due differenti punti di vista. Il primo è che la conoscenza e un rapporto di fiducia preesistente possano permettere fin da subito un lavoro di riflessione e introspezione, mentre il secondo prende in considerazione il concetto di desiderabilità sociale, e quindi il comportarsi in una maniera differente e più adeguata rispetto al contesto nel quale si è inseriti, in presenza di persone sconosciute, può mostrare all’individuo, seppur in una fase iniziale, un’alternativa di sé stesso, mostrando anche al corpo educativo possibilità sulle quali ipotizzare passi in direzione degli obiettivi preposti.

Riutilizzo e ripensamento dei dispositivi tecnologici. Concorde con il pensiero dei telefoni cellulari come estranianti ed alienanti, si ritiene comunque utile un loro utilizzo, seppur regolato. La riflessione ha come dato di base che questi siano parte integrante della vita di ogni individuo, e come tale, più che una loro completa messa da parte, seppur si voglia creare una rottura con la quotidianità, si immagina un loro utilizzo differente, in modo da fungere, in questa esperienza, come sostegno e rinforzo. In particolare la riflessione prende spunto dall’idea che, condividendo la propria impresa sui social, le risposte positive ricevute fungano da rinforzo per il senso di autoefficacia180. Questo infatti potrebbe giocare un’influenza positiva per l’individuo per quanto riguarda la continuità dell’impegno, la perseveranza di fronte alle difficoltà dello sforzo e delle scelte effettuate. Diventa, in questa maniera, uno scaffolding positivo che incentiva, nei momenti di

180 Si prende come definizione del concetto quella di Bandura, secondo cui è definita come l’insieme di

“convinzioni circa le proprie capacità di organizzare e realizzare il corso di azioni necessario a gestire adeguatamente le situazioni in modo da raggiungere i risultati prefissati. Le convinzioni di efficacia influenzano il modo in cui le persone pensano, si sentono, trovano le motivazioni personali e agiscono”. Cfr. https://www.robertabracci.it/autoefficacia-approfondimenti-e-curiosita-psicoloco- viterbo-vasanello.asp

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difficoltà, a continuare il percorso. Inoltre il telefono, diviene un mezzo per fare memoria, ma non dovrà sostituire in alcun modo il rapporto con l’educatore e gli altri partecipanti. Sempre come elemento di memoria, nonché di conoscenza, sarà il diario di viaggio. Inizialmente pensato per tenere traccia della giornata e dei vissuti, in modo da essere di sostegno alle riunioni serali, potrebbe essere eletto a vero e proprio strumento indipendente. Infatti l’approccio narrativo sostiene l’idea che la narrazione aiuti l’individuo a recuperare sensi e significati, “attraverso la narrazione l’uomo conferisce senso e significato al proprio esperire e delinea coordinate interpretative e prefigurative di eventi, azioni, situazioni, e su queste costruisce forme di conoscenza che lo orientano nel suo agire”181. Lo strumento del diario potrà poi essere strutturato, semi strutturato o

non strutturato, in base alle caratteristiche dei partecipanti.

Le riunioni serali saranno spazio protetto di confronto. Ogni partecipante sarà chiamato a partecipare e a riportare i propri vissuti rispetto alla giornata appena trascorsa, nonché le riflessioni nate e quant’altro abbia voglia di condividere con il gruppo. Sarà uno spazio non giudicante, in cui è chiesto a ciascuno una partecipazione attiva e rispettosa dell’altro. Tramite l’ascolto dell’esperienza intima di ciascuno, gli individui si renderanno via via consapevoli che gli stessi eventi, le stesse situazioni, saranno esperite in maniera differente da ciascuno. Questo permette, anche grazie all’aiuto dell’educatore presente, di vedere diverse prospettive, nonché cominciare a riflettere sulle motivazioni che spingono verso determinati sentiti, consentendo una graduale conoscenza più approfondita di sé stessi.

I partecipanti dovranno allora aderire a queste modalità, oltre che ascoltare la figura educativa che li accompagna, per quanto riguarda le indicazioni che potrà impartire. Inoltre ai partecipanti verrà data una quota di soldi quotidiana, pocket money182, coi quali dovranno pagare vitto e alloggio. Questo consente loro di ascoltare il proprio corpo, i propri bisogni, nonché scegliere in base a determinati valori che ritengono importanti. Per quanto riguarda invece l’ospitalità, saranno i partecipanti stessi a chiamare ed informarsi sul tipo di struttura e sulla disponibilità all’accoglienza, per incrementare le

181 Striano M., La razionalità riflessiva nell’agire educativo, Liguori, Napoli, 2002

182 L’ammontare del pocket money dipenderà dalla strada che si deciderà di percorrere, in base alle

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proprie abilità sociali. Questo sarà influenzato anche dalla scelta del gruppo rispetto al chilometraggio da coprire durante la giornata.

Ogni giorno uno dei partecipanti ricoprirà il ruolo di guida del gruppo, scegliendo i chilometri e la strada da percorrere, informandosi poi per quanto riguarda l’ospitalità. Questa attività permette di incrementare la dimensione della scelta e della responsabilità, verso di sé e verso gli altri.

Sono incentivate le soste lungo il tragitto. Attraversare luoghi e tempi, permette di allargare i propri orizzonti, nonché aumentare la propria conoscenza e incrementare la curiosità, la capacità di stupirsi e di meravigliarsi ancora. E come rammenta Pasteur “meravigliarsi di tutto è il primo passo della ragione verso la scoperta”. So-stare, supporta l’idea di un tempo liberato, la capacità di esser-ci nel presente, in modo pieno e consapevole. So-stare aiuta a risignificare la temporaneità, a viverla non come istante strumentale, ma come istante eterno, presente a sé stesso. Da questa riflessione deriva un ulteriore elemento, la macchina fotografica istantanea, da consegnare giorno per giorno, per un one shot, per ricordare che la vita è fatta di attimi che racchiudono contemporaneamente passato, presente e futuro.

Le figure educative adibite all’accompagnamento dovranno seguire le regole e le modalità dell’esperienza, in modo tale da viverla e da essere il più vicino possibile ai partecipanti. Ad esse spetterà, inoltre, il compito di intenzionalizzare, attraverso la relazione e la strutturazione di momenti ad hoc, come le riunioni serali o i momenti di sosta, lo stabilizzarsi dei significati profondi. Secondo la filosofia di Dewey183, infatti, il fare esperienza non è sufficiente affinché un’esperienza depositi i valori all’interno dei soggetti, ma si rende necessaria un’azione riflessiva che permetta appunto il consolidamento di questi significati.

Questo processo favorisce l’ancoraggio dei personali significati in modo da rinforzare la ricerca della propria vocazione esistenziale.

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3 Un viaggio di un giorno alla volta.

L’esperienza di Pedalando Faticando.

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