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1 La scelta come via d’uscita

3.2 Pedalando Faticando: il progetto

3.2.3 L’edizione di agosto e l’edizione integrata

Una menzione speciale e particolare meritano l’edizione di agosto e l’edizione di settembre, in quanto hanno rappresentato un lieve scostamento da quelli che erano i principi e i requisiti di accesso al progetto, soprattutto in riferimento a quel che concerne i partecipanti.

In particolare nell’edizione di agosto erano presenti solamente due ragazzi che non avevano ancora aderito e partecipato al progetto, poiché il motivo principale della partenza è stata l’adesione della comunità ad un laboratorio di video partecipativo206,

sopra menzionato, promosso all’interno di una serie di progetti per le comunità all’interno dei progetti SPRAR. Questo ha comportato una suddivisione e una

pluridirezionalità delle attenzioni, per cui, nonostante il progetto si sia dispiegato nelle azioni previste, il focus è stato rivolto anche alla raccolta di materiale da incorporare all’interno del video.

206 ll video partecipativo è una pratica di produzione audiovisiva condivisa fondata sull’autonarrazione.

Come tipologia di azione sociale riconosciuta dall’UNESCO, offre strumenti di espressione a gruppi marginalizzati e normalmente esclusi dai mezzi di comunicazione di massa. Si realizza attraverso laboratori di formazione informale, che si focalizzano sia sul processo di trasformazione sociale che sul prodotto audiovisivo. http://www.zalab.org/teoria-sul-video-partecipativo-2/

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Questa edizione ha comunque permesso di portare avanti riflessioni rispetto alla validità del progetto, ma allo stesso tempo ha permesso di fare considerazione rispetto alla validità di questo viaggio per ragazzi che lo avevano già intrapreso precedentemente. Allora scegliere diviene “tutto quello che è bello, mi piace”207, intervista n.17, ovvero questo ragazzo sceglie in base a quello che lo fa sentire bene e lo fa sentire felice. Il viaggio diviene un vero viaggio solo se si dorme fuori casa almeno una notte, altrimenti non viene considerato tale. E per quanto funzioni per alcuni ragazzi, che imparano a conoscersi in maniera sempre più consapevole, per altri diviene solo una rottura della quotidianità “torno perché mi sono divertito e ora conosco la strada”, un viaggio per poter tornare a fotografare Roma, che non è comunque l’obiettivo e la meta di questo viaggio, non a caso il disappunto e il dispiacere di essere rientrati a casa senza essere arrivati a Roma, causa la salute di uno dei partecipanti e nonostante fosse stata una decisione condivisa, sono stati elevati e preponderanti.

In questo modo si perde un piccolo pezzo di quello che vuole essere il progetto, in quanto partendo con questo “pre-giudizio” avvallano da soli la possibilità di potersi stupire e meravigliare della strada, sempre nuova, perché al di là delle stagioni e del tempo che la rendono diversa, diverso è l’individuo che torna su tracciati già percorsi, in virtù delle esperienze vissute, ma anche della propria carica emotiva del momento e delle persone che lo accompagnano.

Inoltre si è reso possibile osservare come sia diventata una corsa contro il tempo e contro le edizioni precedenti. In uno stralcio di video, infatti, si sentono i ragazzi continuare a ripetere “avanti, non c’è tempo, non c’è tempo”208.

L’ultima edizione, Settembre 2018, ha presentato un’ulteriore occasione di crescita e sviluppo del progetto. Infatti, tramite un’attenta valutazione, nonché un confronto con il Servizio Sociale, e gli altri responsabili delle comunità ospitanti MSNA presenti nel territorio cremonese, si è deciso di aprire il progetto alle altre cooperative.

Oltre ad un confronto in presenza, è stata consegnata loro un breve sunto schematico di quelle che sono le finalità, gli obiettivi, i bisogni e le azioni previste, nonché una breve

207 Intervista n.17 - Agosto 2018 208 Analisi del video partecipativo

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presentazione degli strumenti utilizzati. Inoltre è stata consegnata una griglia209 con indicatori per facilitare l’individuazione dei ragazzi idonei alla partecipazione, nonché un supporto per osservare eventuali cambiamenti al rientro dall’esperienza.

I criteri di partecipazione sono stati così consegnati e spiegati ai responsabili delle strutture, i quali, dopo un’attenta valutazione, hanno indicato quali tra i loro ospiti avrebbero potuto prendere parte all’esperienza. Ne è seguita una presentazione del progetto da parte dell’ideatore ai ragazzi individuati e la scelta è stata lasciata a loro, in modo che l’adesione fosse completamente volontaria. Questo ha permesso di iniziare fin da subito ad alimentare il circolo virtuoso di scelta, responsabilità e consapevolezza. Essendo la prima edizione integrata, è stato ritenuto più idoneo che il gruppo fosse formato da tre ragazzi “nuovi” e due, appartenenti alla comunità, che avessero già percorso la Via Francigena precedentemente, in modo da fungere da sostegno e da mediazione con i pari, nel caso ce ne fosse stata necessità. Questo ha permesso di fare un ulteriore lavoro, infatti in questo modo si è concesso ai veterani, non solo di notare come cambiasse la strada ogni volta che si percorreva (colori, odori, profumi..), o di riflettere anche sulla disponibilità a vedere particolari che non erano stati notati

precedentemente o erano cambiati, ma anche di investire e consegnare loro un ulteriore grado di responsabilità.

Una volta raccolte le adesioni e individuati i partecipanti, il progetto ha preso avvio esattamente come le volte precedenti, e quindi tramite tre incontri, nel quale conoscersi, trovare punti di incontro e spiegare la funzionalità della bicicletta, nonché rispondere ad eventuali dubbi o perplessità.

Inoltre è stato chiesto ai ragazzi che avevano già preso parte al progetto di non svelare nulla rispetto alla strada, alla difficoltà, e quindi non rispondere ad eventuali domande inerenti al viaggio che venivano poste. Da una parte perché si sarebbe continuato ad alimentare la sete di controllo di quello che ci attende, pensando al futuro, e non

riuscendo a vivere pienamente il presente, dall’altro perché ognuno di noi vive in modo personale strada e i vissuti sono individuali, non possono essere oggettivi e trascendere la persona che li vive.

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Questa edizione ha permesso di cominciare ad analizzare e valutare se il progetto possa avere una qualche validità anche esterna alla comunità, fuori cioè da rapporti e relazioni significative e già consolidate, come possono essere appunto quelle che si creano tra i ragazzi ospitati nella comunità e gli educatori che ci lavorano, nonché osservare quali meccanismi si creano all’interno del gruppo dei pari, tra ragazzi che non si conoscono tra di loro.

I primi giorni tre giorni, come è possibile estrapolare dai diari degli educatori, sono serviti ad una conoscenza reciproca, si sono prese le distanze, ci si è avvicinati, si sono raccontati pezzi di sé, e chi aveva già partecipato ha raccontato aneddoti successi nelle località attraversate. Sono state giornate importanti anche per gli educatori, nel cercare di comprendere l’Altro, le sue modalità e i suoi moti, in modo da sostenerlo e cercare di personalizzare il più possibile il viaggio, i suoi strumenti, così da permettere di creare comunque quelle situazioni in cui incrementare le dimensioni di scelta, di responsabilità e consapevolezza210,diario educatori n.12.

Man mano che i giorni trascorrevano, sempre dall’analisi del materiale raccolto dagli educatori, si è potuto riscontrare un crescente senso di appartenenza da una parte, dettato da un aumento di momenti trascorsi insieme, come possono essere quelli della convivialità, ma anche una certa nostalgia dall’altra, soprattutto nei confronti di una quotidianità rassicurante e lineare, nonché totalmente differente “mi mancano i miei amici che vedevo ogni giorno”211, diario dell’educatore n.11. Allo stesso tempo però si è iniziato ad osservare una certa apertura, pur sempre graduale, soprattutto per due dei tre ragazzi nuovi, non solamente rispetto ai racconti della giornata, ma anche ai propri vissuti e ai propri sentimenti. Rispetto a questo una sera, durante la riunione, uno di loro ha espresso la sua rabbia e la sua tristezza nei confronti di un altro partecipante poiché “non mi è piaciuto quando sono caduto e ti sei messo a ridere, senza neanche chiedermi come stavo”212, diario educatori n.12.

Quello che si è potuto osservare tramite il materiale analizzato derivante da questa esperienza è in linea con i risultati ottenuti nell’analisi dati. In particolare si è notata la

210 Cfr, diario n.12-condiviso Settembre 2018 211 Diario n.11-Settembre 2018

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necessità di modificare i criteri di inserimento nel caso in cui il soggetto sia alla sua seconda partecipazione, ipotizzando di prendere in esame anche altri aspetti, quali il comportamento che tiene all’interno della comunità, con il gruppo dei pari, con il gruppo educativo, ma soprattutto cercare di comprendere la motivazione che lo spinge ad affrontare per la seconda questo genere di viaggio. Quanto appena esposto deriva dalla lettura del diario degli operatori in cui lamentano il fatto che uno dei ragazzi “anche oggi ha sforato il pocket money. E sa benissimo che non possiamo lasciarlo dormire per strada per cui non baderà a spese”213, diario dell’educatore n.6,

non aderendo ad uno dei suoi aspetti cruciali e sfidando apertamente gli educatori, tanto da ritenere necessario porre fine al suo viaggio e predisporre il rientro in comunità.

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