• Non ci sono risultati.

III. RAPPORTO TRA ILLECITO CONCORRENZIALE ED ILLECITO

6. L’elemento soggettivo ››

concorrenziale tra il soggetto attivo e quello passivo i quali devono perciò essere imprenditori.34

Secondo Torrente, tale presupposto non è sufficiente ad escludere l’inquadramento dell’atto di concorrenza sleale – pur con le sue peculiarità – nella categoria generale dell’atto illecito.35

A supporto di tale posizione egli allega il caso delle fattispecie speciali agli artt. 2049 (Responsabilità dei padroni e dei committenti) e 2054 (Circolazione di veicoli). È noto che le prime due disposizioni citate pretendono che i convenuti rientrino rispettivamente nella categoria dei padroni o committenti o che siano conducente, padrone, usufruttuario o acquirente con patto di riservato dominio del veicolo.

Inoltre, si aggiunge, neppure mancano fattispecie di illecito civile, le quali postulano una relazione particolare tra vittima ed agente. In questo senso Torrente apporta il caso della responsabilità ex art. 2054 c.c. in rapporto alle persone trasportate, ormai esclusa da una giurisprudenza costante. Ciò si tradurrebbe nell’esigenza che pure in questa ipotesi il soggetto passivo si trovi in una posizione particolare rispetto a quello attivo, affinché si realizzi la fattispecie.

6. L’elemento soggettivo.                                                                                                                

34 P.G. JAEGER, op. cit., P. 128; R. ROVELLI, op. cit., P. 8, sottolinea che, in difetto di una situazione concorrenziale, il fatto può costituire fatto illecito e come tale essere fonte di responsabilità; ma occorre allora inquadrare il fatto nella fattispecie generale di cui all’art. 2043 c.c.

35 A. TORRENTE, La prescrizione dell’azione derivante dalla concorrenza sleale, Foro.it 1961, P. 1864. In questo senso si pone anche la giurisprudenza. È il caso di Cass. 25 luglio 1986, n. 4776 (N. Giur. Civ., 1987, I, 386), cit. “mentre con le norme repressive dell’illecito concorrenziale il legislatore protegge il diritto a determinati comportamenti negativi da parte di altri soggetti qualificati (precisamente il diritto di ottenere che ciascun imprenditore non si avvalga verso gli altri di mezzi scorretti nell’esercizio dell’attività economica), la norma generale sull’esercizio dell’illecito aquiliano tutela il diritto assoluto di ogni cittadino alla propria integrità patrimoniale, che viene lesa dallo stesso comportamento legittimo”.

La fattispecie sostanziale di concorrenza sleale non postula che l’atto dell’imprenditore, che sia idoneo a danneggiare un altro imprenditore, debba anche essere compiuto con dolo o colpa, i quali sono invece sempre richiesti ai fini del risarcimento del danno ex art. 2043, (“qualunque fatto doloso o colposo”).36

Innanzitutto, però, ripercorrendo la disciplina romanistica della responsabilità aquiliana (Lex Aquilia, D. 9, 2, 1 pr.), si vede come essa reprimesse il damnum iniuria datum senza alcun riferimento alla necessità di un comportamento colposo del danneggiante.37 Solo nel diritto giustinianeo fece la sua apparizione la colpa come condizione della responsabilità.38

È stato inoltre osservato che, sempre sotto il Titolo IX (dedicato ai “fatti illeciti”) del Libro IV c.c., sono annoverati e repressi atti nei quali esula l’elemento della colpa in senso lato.39

Ora, in riferimento a ciò, Torrente richiama di nuovo le ipotesi degli artt. 204940 e 2054 c.c. In esse, si dice, l’obbligo di risarcire il danno non discende da un comportamento volontario o negligente di un soggetto ma dalla semplice relazione causale fra un atto di quel soggetto e l’effetto dannoso.41 Guglielmetti ritiene invece che tali norme non rappresentino un esempio adeguato.42 Comunque in tali ipotesi la responsabilità ricade su soggetti                                                                                                                

36 T. ASCARELLI, Teoria della concorrenza e dei beni immateriali, Milano, 1960, P. 203; A. TORRENTE, op. cit., P. 1864-1865; G. MINERVINI, Concorrenza e consorzi, op. cit., P. 23, cit. “Si tenga presente che, perché un atto possa qualificarsi di concorrenza sleale, non occorre la sussistenza dell’elemento psicologico non solo in ordine alle note che lo caratterizzano appunto come sleale, ma neppure in ordine al compimento dlel’atto: non si esige cioè nemmeno la volontarietà dell’atto, essendo sufficienti la sua materiale riferibilità al dato soggetto.

37 G. GUGLIELMETTI, La concorrenza e i consorzi, op. cit., P. 40.

38 E. BONASI BENUCCI, Atto illecito e concorrenza sleale, Riv. Trim. Dir. Proc. Civ. 1957, P. 577.

39 G. GUGLIELMETTI, La concorrenza e i consorzi, op. cit., P. 40; A. TORRENTE, op. cit., P. 1865.

40 Richiamato in proposito pure da P.G. JAEGER, op. cit., P. 133 ss. 41 A. TORRENTE, op.cit., P. 1865.

diversi dall’agente, in quanto sarebbe in esse riscontrabile un comportamento colposo, anche se compiuto da un soggetto diverso da chi è tenuto a risponderne.

Questo autore desidera allora invece richiamarsi ad altre figure, quali il danno arrecato da un incapace di intendere e di volere e rispetto al quale non sia stato possibile ottenere il risarcimento dal soggetto tenuto alla sua sorveglianza (art. 2047 c.c.), il danno derivante dalla rovina di edifici (art. 2053) o da vizi di costruzione o difetti di manutenzione di autoveicolo (art. 2054, ultimo comma): queste costituirebbero, infatti, ipotesi in cui vi è una condotta antigiuridica che produce un danno il quale tuttavia può essersi realizzato indipendentemente da dolo o colpa del soggetto attivo.

Se poi si sceglie di adottare la prospettiva di Bonasi Benucci, per cui il 2043 non rappresenterebbe la norma di riferimento per la definizione dell’illiceità, ma piuttosto si limiterebbe a dettare le condizioni per il risarcimento del danno che è il risultato di tale illiceità ad un fatto, si dovrà valutare se l’affermazione di tale illiceità prescinda o meno dalla colpa.

Ma, a sostegno della sua tesi, egli riporta l’affermazione di Venezian43 secondo cui la responsabilità sorgerebbe dalla mera invasione della sfera giuridica altrui.

Il motivo per il quale la dominante dottrina intravede nella colpa un elemento costitutivo dell’illecito civile, rimarca Bonasi Benucci, va ricercato nel fatto che l’illecito si è sempre esaminato sotto l’angolo visuale della responsabilità per i danni ad esso conseguenti. L’illecito civile sarebbe infatti suscettibile di essere incluso nella più vasta categoria degli atti giuridici puramente esteriori (rein aüssere Handlungen) i cui effetti non dipendono da elementi di carattere psicologico.

Possiamo allora concludere che, per quanto le disposizioni in cui si ricorre all’istituto della responsabilità oggettiva restino un’eccezione rispetto alla                                                                                                                

43 G. VENEZIAN, Danno e risarcimento fuori dai contratti in E. BONASI BENUCCI, op.

regola dell’elemento soggettivo, in esse comunque sussiste il carattere dell’illiceità.

Documenti correlati