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III. RAPPORTO TRA ILLECITO CONCORRENZIALE ED ILLECITO

10. Prescrizione ››

Affrontare il tema della relazione tra le fattispecie dell’illecito concorrenziale ex art. 2598 c.c. e dell’illecito civile ex art. 2043 c.c. ha un’importanza pratica oltre che dogmatica, particolarmente sotto il profilo della prescrizione.

L’art. 2947 c.c. prevede, per l’azione di risarcimento del danno da fatto illecito, il termine di cinque anni.

Ciò significa che un inquadramento dell’atto di concorrenza sleale come illecito civile avrà quale conseguenza l’applicazione di questo termine breve. Diversamente e in assenza di un termine particolare, l’azione si prescriverà nel termine ordinario di dieci anni.

Ma la prima domanda da porsi è, anzitutto, se l’azione contro la pratica anticoncorrenziale sia veramente prescrittibile.

                                                                                                               

54 P. AUTERI, G. FLORIDIA, V.M. MANGINI, G. OLIVIERI, M. RICOLFI, P. SPADA,

Diritto industriale. Proprietà intellettuale e concorrenza, Torino, 2012, P. 353, cit.

55 G. GHIDINI, M. LIBERTINI, G. VOLPE PUTZOLU, La concorrenza e i consorzi, Padova, 1981; E. BONASI BENUCCI, op. cit., P. 567 ss.

A riguardo, pare il caso di richiamare il ragionamento condotto da Jaeger , il quale prende le mosse dal disposto dell’art. 2934, II c, c.c.: “Non sono soggetti alla prescrizione i diritti indisponibili e gli altri diritti indicati dalla legge”.56

Ora, si definiscono “indisponibili”, quei diritti relativamente ai quali il titolare non può compiere atti di disposizione. Vi si riconducono i diritti al nome, all’immagine, alla vita e all’integrità fisica, all’onore e alla riservatezza, ossia quelli comunemente ricondotti alla categoria dei “diritti della personalità”. Abbiamo visto quanto seguito abbia avuto quella dottrina che ravvisa nelle norme sulla concorrenza sleale la tutela di un diritto della personalità dell’imprenditore.57

Parrebbe quindi logico ritenere che l’accoglimento di questa ricostruzione debba comportare l’asserzione dell’imprescrittibilità dei diritti che spettano a colui cui l’atto di concorrenza sleale era rivolto.

Ma, afferma Jaeger, una tale dichiarazione sarebbe errata.

Occorre infatti distinguere fra il “diritto soggettivo dell’imprenditore all’astensione da parte di imprenditori concorrenti dagli atti di concorrenza sleale”58 ed il diritto al risarcimento del danno concorrenziale: infatti, “riconoscere al primo le caratteristiche del diritto indisponibile non fa affatto discendere come conseguenza che gli stessi caratteri si debbano rinvenire nel secondo”59.

L’imprenditore non può rinunciare, tramite un atto negoziale che allora sarà nullo, alla tutela che gli artt. 2598 gli offrono; ma conserverà il potere di scegliere di non esercitare l’azione di risarcimento che gli viene concessa, o di porre in essere una transazione relativamente alla lite.

                                                                                                               

56 P.G. JAEGER, La concorrenza sleale come atto illecito e la prescrizione delle azioni

relative, op. cit., P. 138 ss.

57 T. ASCARELLI, Teoria della concorrenza e interesse del consumatore, Riv. Trim. Dir. Proc. Civ. 1954; T. ASCARELLI, Teoria della concorrenza e dei beni immateriali, Milano, 1960, P. 165.

58 T. ASCARELLI, op. cit., cit., P. 165 59 P.G. JAEGER, op. cit., cit., P. 139.

Allora, il diritto al risarcimento del danno ex art. 2600 c.c. è disponibile ed è, di conseguenza, soggetto a prescrizione.

Risolto questo primo quesito, si pone quello di quale sia il termine da applicare, ovvero di quale sia la norma cui si deve ricorrere per l’azione contro la concorrenza sleale.

Ghidini-Libertini-Volpe Putzolu si associano alla tesi di Jaeger, secondo cui possono attribuirsi ai vari rimedi esperibili contro le pratiche concorrenziali termini prescrizionali diversi.60

Una soluzione praticabile sarebbe quindi quella di applicare dei termini espressamente previsti dal dettato legislativo nelle ipotesi in cui ciò sia possibile: ad esempio ricorrere al 2947 c.c. per l’azione risarcitoria ex art. 2600, I c c.c.

A tal fine però dobbiamo ipotizzare di aver già dimostrato la possibilità di includere gli atti di concorrenza sleale nel genus degli atti illeciti, in quanto il 2947 c.c. parla di “risarcimento del danno derivante da fatto illecito”. Ma per questo rinviamo al paragrafo che segue.

Tale asserzione trova comunque riscontro nella pronuncia della Corte di Cassazione n. 1930, 9 agosto 196161, nella cui massima si dispone che “il diritto al risarcimento del danno prodotto da concorrenza sleale si prescrive in cinque anni” e nel cui dispositivo si decreta che la responsabilità da concorrenza sleale extracontrattuale costituisce un’ipotesi di responsabilità per fatto illecito, “nella quale l’ultima può sussumersi come specie a genere”.

                                                                                                               

60 G. GHIDINI, M.LIBERTINI, G. VOLPE PUTZOLU, La concorrenza e i consorzi, Padova, 1981, P. 268; P.G. JAEGER, op. cit., P. 148 ss.

È questa invece l’impostazione di Cass. 9 agosto 1961, n. 1930 in Foro. It 1961 I, P. 1863 che muove dall’assunto secondo cui la sanzione risarcitoria avrebbe carattere principale e le altre carattere accessorio, sicché la prescrizione di queste altre sarebbe assorbita dal termine quinquennale dell’azione di risarcimento. Vd. M. PINNARÒ, Profili soggettivi della

concorrenza sleale, Milano, 1976, P. 124.

61 Foro. It 1961, P. 1865 ss., con commento di A. TORRENTE La prescrizione dell’azione

Invece, per l’azione di accertamento e per quella inibitoria, non vi sarebbe alcun limite temporale ma solo quello dell’interesse ad agire: esse richiedono la sola attualità del pericolo di ripetizione o continuazione, venuta meno la quale cadrebbe la condizione dell’azione ex art. 100 c.p.c. (“per proporre una domanda o per contraddire alla stessa, è necessario averne interesse”), senza che nemmeno arrivi a porsi il problema della prescrizione.62

Per i rimedi accessori, quali la rimozione, distruzione ma anche la pubblicazione della sentenza si deve far riferimento alla qualificazione degli stessi come forme particolari di reintegrazione in forma specifica (art. 2058 c.c.).63 Si dovrebbe quindi applicare la prescrizione quinquennale ex art. 2947 c.c., la quale colpisce sia il risarcimento per equivalente che quello in forma specifica, essendo quest’ultimo inserito nel Titolo IX del Libro IV del c.c. come uno dei mezzi di riparazione del fatto illecito.

Torrente si discosta parzialmente da questa soluzione. Egli ricomprende sia l’inibitoria, che tutti gli altri strumenti di tutela offerti dagli artt. 2598 ss. nella categoria delle forme di reintegrazione in forma specifica; e giunge ad una conclusione opposta rispetto a quella di Jaeger, Ghidini-Libertini-Volpe Putzolu, ossia che a tutti le azioni derivanti da illecito concorrenziale sia applicabile il termine breve ex art. 2947.64

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