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Elena Pagliarino* e Letizia Montalbano**

Just keep me still Don’t let me disappear

Ben Harper 2020

È tempo di capire di più in modo da temere di meno

Marie Curie

Effetti della pandemia sull’infanzia: diritti e bisogni ignorati

Secondo l’Unesco, un miliardo e seicentomila studenti in tutto il mondo (il 90% della po-polazione studentesca mondiale) sono stati interessati dalla chiusura delle scuole a causa del Covid-19 e centonovantuno paesi hanno deciso di chiudere le scuole su tutto il territo-rio nazionale (dati Unesco al 22/4/2020). Tutto ciò ha avuto delle conseguenze pesantis-sime su bambini e ragazzi, soprattutto l’inter-ruzione dell’apprendimento cui la didattica a distanza (DaD) non ha posto rimedio in modo adeguato. In Italia, molte analisi hanno eviden-ziato le criticità della DaD: l’eterogeneità di si-tuazioni, le carenze tecnologiche in termini di attrezzature e formazione degli insegnanti, la mancanza di coordinamento, l’improvvisazio-ne, la lentezza e veri e propri errori educativi. Per Chiara Saraceno (in Niri, 2020) è stata un potente fattore di disugualizzazione che ha alimentato fenomeni come la povertà edu-cativa e la dispersione scolastica.La chiusura delle scuole ha fatto emergere anche delle conseguenze indirette. Ci si è accorti che a scuola i bambini potevano accedere, tutti, a un’alimentazione corretta (per molti bambini provenienti da famiglie povere quello della mensa era l’unico pasto sano e sicuro della giornata), all’esercizio fisico, al gioco, alla so-cialità, al confronto con i pari, a moltissime attività culturali e ricreative.

Il lockdown, poi, ha negato questi bisogni dei bambini in modo definitivo. È vero che anche i bisogni degli adulti sono stati limitati, ma l’analisi di Vanessa Niri (2020) evidenzia le differenze che ci sono state nei gradi di con-finamento. Malgrado uno dei principi fonda-mentali dei diritti dell’infanzia sia quello del superiore interesse (art. 3 della Convenzione dell’Onu del 1989): “in ogni situazione proble-matica l’interesse del bambino/adolescente deve avere la priorità”, nessun bisogno

dell’in-i gessettdell’in-i coloratdell’in-i sulle strade dell’in-intorno a casa, lasciando tracce della presenza dei bambini. Secondo la LUnGi, bisognava farlo per gli al-tri bambini, affinché si sentissero meno soli, e per gli adulti, per dire loro: «non siamo scom-parsi, siamo ancora qui e vogliamo fare senti-re la nostra voce».

Berlino: strade temporanee per il gioco

Per decongestionare i parchi giochi, il quartie-re Friedrichshain-Kquartie-reuzberg ha implementato diciannove Temporäre Spielstraßen ovvero strade chiuse al traffico durante precise fasce orarie e/o giorni per permettere ai bambini di giocarci.Questi spazi liberi gratuiti autogestiti dal vicinato, principalmente dai genitori, ma anche da educatori locali e giovani, si sono rivelati spazi di gioco, ma anche di incontro e resilienza, non solo per i più piccoli, ma an-che per gli adulti. (Dickmans 2020)

Parigi: la città del quarto d’ora

L’obiettivo della sindaca di Parigi Anne Hidal-go è di trasformare la città in modo che tutti i servizi e i bisogni dei cittadini siano soddisfat-ti in un raggio di quindici minusoddisfat-ti. Un modello di città realizzabile attraverso l’integrazio-ne di misure di mobilità (promoziol’integrazio-ne della mobilità sostenibile, riduzione della velocità delle auto, chiusura al traffico delle strade, ecc.) con una pianificazione “di prossimità” di uffici, scuole, negozi, parchi pubblici.An-che se il piano non è pensato espressamente per bambini e ragazzi, incide su loro in modo rilevante, ad esempio attraverso una mobilità sicura, una migliore qualità dell’aria, una mi-gliore conciliazione dei tempi di vita dei loro genitori.

Genova: un hub di quartiere

Nel centro storico di Genova, attorno alla direttrice Via del Campo – Via Prè, territorio ricco di contrasti, fragilità e umanità, dove le famiglie vivono in case piccole, spesso fatiscenti e scollegate dalla rete, durante il

lockdown sono nate due iniziative – “Hub di

Quartiere” e “Progetto Liberi Tutti Insieme” promosse da un insieme di associazioni del Terzo Settore per rispondere al bisogno edu-cativo di bambini e ragazzi già ai margini del sistema educativo. “Hub di Quartiere” è un punto di raccolta e consegna sul territorio di prassi e strumenti educativi: non solo tablet, ma anche risorse web aperte e collaborative sulle quali educatori, volontari e studenti pos-sono interagire sia in presenza sia a distanza. L’obiettivo principale dell’iniziativa è quello di mantenere una relazione educativa con bambini e ragazzi che partivano svantaggiati nella pandemia, favorendo la loro

connessio-ne digitale e umana, in un processo che crea consapevolezza e solidarietà.

Napoli: Lib(e)ri per crescere cambia nel segno di Rodari

In un’altra “periferia” proprio al centro della città, quella dei Quartieri Spagnoli di Napoli, il progetto “Lib(e)ri per crescere” delle coope-rative La Locomotiva e Progetto Uomo, con il sostegno del Comune di Napoli, da tre anni ha creato uno spazio per favorire la lettura di bambini e ragazzi, in particolare rafforzando il legame tra genitori e figli. Durante il lockdown i coordinatori del progetto hanno avvertito la consapevolezza di dover cambiare il modo di fare le cose e l’ispirazione è arrivata da Rodari per cui “un bel pianeta davvero… se non esiste, esisterà”. Con fiducia, concretezza e allegria le attività sono continuate a distanza attraverso il racconto di una storia al giorno sulla pagi-na Facebook, le storie raccontate al telefono (come Rodari) o anche solo quattro chiacchie-re e un po’ di compagnia. Con la riapertura, è stata attivata anche la “Biblioape”, un Apecar piena di libri che si sposta per la città e crea dei punti di lettura. A ispirarla è ancora una volta Rodari con “la scuola grande come il mondo”(Roghi, 2020). Intorno alle storie rac-contate, nascono incontri e amicizie, in una sorta di focolare urbano itinerante.

Emilia-Romagna: Protocollo Bimbi Libera Tutti: Valori in corso

Il Comitato “Educhiamo” è stata una delle esperienze di cittadinanza attiva e senso ci-vico sviluppatosi durante l’isolamento del

lockdown tra diverse realtà educative private

di tutto il territorio italiano, in diretta comu-nicazione con i tavoli di lavoro del governo. In Emilia Romagna si è impegnato nella di-scussione tra una settantina di esperti dell’e-ducazione, delle università, gestori di nidi, educatori e poi sociologi, pediatri, virologi, musicologi e registi. Il risultato si è espresso in un protocollo di cura condivisa dell’infan-zia e di diffusione del concetto di un passo verso un nuovo modo di pensare la città, la società e l’individuo. È un esempio di recupe-ro di quella dialettica collettiva che secondo Giuseppe De Rita (2020) è venuta meno per il carattere molecolare e soggettivistico della società, ma anche per la riduzione quasi spa-smodica dei contatti fisici e la proliferazione di quelli virtuali che rischia di creare una cul-tura narcotizzante.

Misure storiche, ma attuali

In Between-Parchi gioco negli spazi interstiziali: da Amsterdam a Saragozza

Gli spazi di risulta tra un palazzo e l’altro

hanno giocato un ruolo importante durante il confinamento pandemico. Possiamo con-tinuare a recuperarli ampliando il loro ruolo sull’esempio dei playground di Aldo van Eyck che ad Amsterdam riuscì a colmare i vuoti fi-sici e sociali lasciati dalla guerra, inaugurando un nuovo modo di concepire non solo il gioco dei bambini, ma anche la città. L’idea era quella di recuperare gli spazi interstiziali, compresi quelli nati sulle rovine dei bombardamenti, e di connettere i punti di gioco in una rete ludica diffusa nella città. Recupero creativo percor-so da “Esto no és un percor-solar” a Saragozza. Terreni abbandonati, spesso inutilizzati da anni e in rovina nel centro della città sono stati trasfor-mati in spazi pubblici dotati di infrastrutture, la maggior parte delle quali destinate ai bam-bini. La prima e più importante operazione re-alizzata è stata quella di rimuovere le barriere che spesso rendevano inaccessibili i terreni, sgomberandoli da macerie, detriti e spazzatura. Poi, il recupero è stato realizzato con materiali semplici, colori e dettagli costruttivi comuni. L’uso della grafica applicata ai muri e al suo-lo è diventata un elemento fondamentale per caratterizzare e rendere riconoscibili i luoghi restituiti ai cittadini.

Spielplätze, i Parchi gioco di Berlino

I parchi gioco sono ambienti di crescita per i bambini, specialmente in mancanza di luoghi naturali (prati, boschi, torrenti) (Apel 1985) Possono essere meravigliosi laboratori dove i bambini sviluppano il proprio potenziale, sia fisico che intellettuale. Difficilmente assimi-labili a quelli italiani, per differenze culturali, strutturali e filosofiche, gli Spielplätze, hanno anche una diversa origine giuridica e politica. A Berlino, infatti, una legge del ’79 istituisce e regola la quantità di parchi gioco in

relazio-ne al numero di abitanti (1m2 per abitante) e

ne definisce le funzioni: sociali, pedagogiche e addirittura sanitarie. Sono concepiti come “palestre” per lo sviluppo fisico, psichico e relazionale dei bambini e sono molto diffusi. Una categoria particolare, gli Abenteuer

Spielplatz, permette a bambini e ragazzi di

sperimentare le loro capacità e di misurarsi con i loro limiti“rischiando”, in una comples-sità che cresce al crescere dell’età dei bambini. Sono spazi “selvaggi” e “naturali” dentro la città che rispondono al bisogno di natura, ma anche a quello del gioco libero, non guidato. (Pierini; 2018)

Bologna, Il Giardino del Guasto

Proprio dall’osservazione del gioco libero dei ragazzi sulle rovine del preesistente Hortus

Conclusus della Domus Aurea dei Bentivoglio, è

cen-tro storico di Bologna .Progettato negli anni ’70 dall’arch.Filippini su incarico del Comu-ne, viene presto abbandonato ma poi salvato dal degrado alla fine degli anni ’90 dall’as-sociazione omonima . Un giardino pensile, frutto dall’esperienza dei giardini naturali di William Robinson , dalle grandi strutture in cemento (serpenti e dinosauri che coprono le rovine precedenti e assecondano l’andamento del terreno). Per la sua forma il giardino favo-risce naturalmente il distanziamento, ma non la separazione, e accresce nei bambini l’auto-stima per le conquiste spaziali sperimentate E’ stato ancora una volta scenario, durante la fase due e tre, del gioco libero dei bambini at-traverso orari diversificati ed eventi dedicati insieme a genitori ed educatori.

Pievebovigliana (MC): progettazione partecipata e autocostruzione

Alle pendici dei Monti Sibillini, in un piccolo suggestivo borgo confluito nell’unione di due comuni duramente colpiti dal sisma del 2016, un percorso di progettazione partecipata e autocostruzione (Sciame - Spazio Costruito

Insieme Aperto a Molteplici Esperienze) ha coinvolto i bambini dai 3 ai 14 anni, per un intero anno scolastico (2017/18). Alla pro-gettazione dello spazio esterno della scuola temporanea, in una struttura prefabbricata, è seguito il cantiere di autocostruzione degli interventi e degli arredi previsti.

L’associazione culturale Les Friches, insieme alla Città bambina di Firenze e grazie al finan-ziamento di un privato, hanno lavorato su desideri e bisogni dei bambini per ripensare il giardino. Famiglie e tecnici comunali sono sta-ti coinvolsta-ti in tutte le fasi del progetto: la scuola non è un’isola né un edificio a sé stante che non dialoga con il territorio nel quale è inserito, ma è parte della comunità e di un progetto educa-tivo condiviso. La progettazione partecipata e l’autocostruzione come elementi chiave di un percorso di riappropriazione degli spazi pub-blici, specialmente in un contesto post-trauma come quello successivo al terremoto

Scuole all’aperto

La pandemia è l’occasione per una grande sperimentazione pedagogica di outdoor

edu-cation che in Italia ha una lunga storia. Non

è la prima volta che nel mondo della scuola affiorano la voglia e la necessità di uscire dalle aule scolastiche e far vivere ai bambini un’in-terazione profonda con la natura, in maniera non episodica, ma costante. Nel 2018, Mirella D’Ascenzo, docente di storia dell’educazione all’università di Bologna, ricostruiva in una mostra e un libro (Per una storia delle scuole all’aperto in Italia, Edizioni ETS, Pisa) le tappe fondamentali del rapporto tra educazione e natura dal ‘700 a oggi. Raccontava la nascita e lo sviluppo delle idee pedagogiche innovative che, insieme a motivazioni di tipo igienico-sa-nitario (le scuole all’aperto erano pensate per i bambini gracili bisognosi di vita all’aperto, a contatto con la natura), portarono alla cre-azione in tutta Europa, inclusa l’Italia, delle scuole all’aperto nei primi decenni del 900. Affinché il modello delle scuole all’aperto (oggi riunite in una rete nazionale fondata su una teoria pedagogica consolidata ) si diffon-da, serve la riflessione e la pianificazione di tutti gli attori, dalle scuole che portano avanti una filosofia di apprendimento “fuori

e diffuso con le istituzioni territoriali, na-zionali e internana-zionali su questi temi in modo da diffondere e condividere veloce-mente buone pratiche.

Perché pianificatori e politici sognano città intelli-genti? Sicuramente abbiamo bisogno di città con-viviali” è una delle considerazioni finali

emer-se durante il recente Webinar internazionale di Child in the City.

L’evento, il cui tema era “Creare Connessioni”, ha rilevato i pericoli del mancato coinvolgi-mento di bambini e adolescenti derivanti da una messaggistica divisiva sulla salute pub-blica (come ad es. quella inglese): Il nostro compito è di rassicurarli e rimanere in contat-to , ascoltando le loro paure e le loro speranze, accettando che è questo il nuovo mondo con cui dobbiamo fare i conti , ma mantenendo e creando canali aperti .

Partendo dal presupposto che la città è l’e-spressione fisica e sociale di un dialogo co-stante e continuo fra territorio e abitanti che può trovare nella “città aperta “ dai confini “porosi”la possibilità di mettere in gioco atti-vamente le proprie differenze creando un’in-terazione virtuosa dei cittadini con le forme urbane(Sennet 2018), abbiamo provato a indagare la relazione tra conservazione e tra-sformazione della dimensione spaziale urba-na nel momento in cui avviene uurba-na destruttu-razione improvvisa e imprevista della visione e fruizione dei luoghi deputati al dipanarsi della vita quotidiana in tutte le sue forme. Come più volte e da più parti asserito, la pan-demia, come qualunque evento catastrofico, ha in sé i semi di nuove opportunità di cam-biamento Per riconsiderare il mondo da un punto di vista ecosistemico (Albrecht 2020), è anche attraverso le idee di appartenenza ai luoghi e alle comunità che li abitano che diviene necessario alimentare le capacità evolutive dello spazio di prossimità. Le trac-ce impresse da chi usa e percorre tale spazio possono produrre nuove immagini proattive, e non solamente restrittive, della città che re-siste e si trasforma per accogliere ancora una volta i suoi abitanti (Jacobs 2000).

Conclusioni

L’Arte di ridisegnare la città che cambia

La pandemia, pur nella sua tragicità, offre delle opportunità di riflessione e azione sulle possibilità di rigenerazione urbana in un’otti-ca di rispetto e promozione dei diritti fonda-mentali e dei bisogni primari dell’infanzia, ma anche di valorizzazione della cultura so-cio-ambientale. In questo paper tali possibilità sono esplorate attraverso la disamina di espe-rienze storiche condotte prima del Covid-19 ziali e collegandosi al resto della città in una

“rete ecologica. Dai parchi, la riflessione po-trebbe contagiare l’intera città che andrebbe ripensata “a misura di bambino” perché “una città migliore per i bambini è migliore per tut-ti” come ci ha insegnato Francesco Tonucci. Quello che vogliamo sottolineare è l’impor-tanza di soffermarsi sull’idea che l’educazione è un processo in fieri in cui la relazione con gli altri e con lo spazio è centrale, in cui l’em-patia, le emozioni, i corpi e i luoghi contano (Lorenzoni, 2020). Le persone, e tanto meno i bambini, non possono essere rigettate in casa come fossero esse stesse virtuali, pronte ad ac-quisire fisicità solo per lavorare o consumare (Klein 2007, Baumann 2008).

Le esperienze descritte mettono in evidenza una serie di percorsi possibili:

• La possibilità di creare sinergie tra politi-che e interventi. Il distanziamento pande-mico e la riforma del codice della strada, ad esempio, sembrano aver trovato una forma di sinergia nella realizzazione di interventi strutturali o temporanei nelle aree in prossimità delle scuole.

• L’opportunità di creare collaborazioni tra attori del territorio. L’integrazione tra la pianificazione degli spazi scolatici e di quelli esterni prevede che le scuole abbia-no rivisto le vie di accesso, gli ingressi e i percorsi all’interno della scuola mentre il Comune abbia pianificato i percorsi fuori dalla scuola, in continuità con la panifica-zione scolastica, ad es. attraverso pedibus, piste ciclabili, “zone scolastiche”.

• La possibilità di integrazione di interventi: pianificazione degli spazi e della mobilità sostenibile (pedoni e bici), monitoraggio della qualità dell’aria, valutazione dell’im-patto ambientale, monitoraggio dell’ac-cesso nel rispetto del distanziamento. • L’interconnessione fra spazi pubblici e

luoghi domestici che è di particolare at-tualità – in questo momento di distanzia-mento sociale.

• Il superamento del concetto di settorializ-zazione della città e uso predefinito dello spazio pubblico.

• La partecipazione nella progettazione de-gli spazi da parte dede-gli stessi bambini e ragazzi, di cui però c’è poca traccia nelle esperienze raccontate.

• La possibilità reti di condivisione di que-ste esperienze sia a livello nazionale che internazionale per arricchire e diffondere pratiche, teorie e dinamiche di incontro/ riflessione .

• La necessità di creare un dialogo costante le aule” (le scuole all’aperto, le scuole senza

zaino, gli asili nel bosco solo per citare qual-che esempio) alle associazioni ambientaliste, passando per i parchi, le fattorie didattiche, le tante associazioni di educazione ambientale che hanno sempre privilegiato l’educazione in natura… Forse è l’occasione giusta per dare seguito all’educazione ambientale nelle scuo-le, come proposto nell’autunno 2019.

Discussione

Ripartire dai nostri quartieri per re-immaginare il mondo

“Storicamente le calamità hanno sempre costretto gli esseri umani a rompere con il passato e re-im-maginare il mondo" (Arundhaty Roy) Il nostro

è un rientro nel mondo nel quale, pur deside-rando i corpi liberi da ogni vincolo prossemi-co (Hall,1968)) ci ritroviamo spiazzati e non senza interrogativi. Durante la pandemia, che ha messo alla prova la percezione stessa dell’abitare, abbiamo riscoperto la casa e la famiglia (anche quando ci mancava perché lontana) come luoghi fondamentali e prezio-si per decodificare la realtà che ci circonda. Anche se vivere, lavorare, studiare e giocare in un solo quartiere era spesso considerato ideale per città ben pianificate, finora questo obiettivo si era dimostrato aleatorio. Abbia-mo sperimentato in prima persona i limiti e le possibilità dell’abitare, e condividere lo spa-zio privato ci ha mostrato il vero valore dello spazio pubblico.Le scuole chiuse e il divieto di accesso ai parchi gioco sono state tra le pri-me misure di prevenzione attuate nel nostro Paese durante la pandemia. Invece è proprio nei parchi cittadini e nelle aree verdi che un nuovo modo di intendere il ruolo educativo della città può trovare l’ambiente più adatto: la progettazione del processo richiede una ri-flessione su questi spazi e non la loro chiusu-ra. È necessario attuare una ricerca in questo senso, affidandosi a esperti e ispirandosi alle realtà urbane più innovative anche alimenta-te da cittadini ed associazioni. “Chi progetta spazi, progetta comportamenti”, come osser-vava Vittorio Gregotti, recentemente scom-parso a causa del virus.

La Biennale dello Spazio Pubblico ha volu-to dedicare la prossima edizione, quella del 2021, al tema “I bambini e lo spazio pubblico” e ha lanciato una riflessione condivisa sullo spazio pubblico e sul futuro delle città, aperta a tutti, dal titolo “A 1 metro di distanza” e un’a-zione di sensibilizzaun’a-zione “Lasciateci giocare in sicurezza”. Strade e piazze, cortili e giardini, pubblici e privati, portici… potrebbero essere aperti al movimento e al gioco dei bambini. Le aree di gioco e movimento potrebbero moltiplicarsi, riempiendo gli spazi

intersti-e altrintersti-e rintersti-ealizzatintersti-e durantintersti-e l’intersti-emintersti-ergintersti-enza dintersti-ella pandemia.

Tali esperienze si concentrano sulla conce-zione di scuola fuori dalla scuola (le scuole all’aperto) e sulle potenzialità educative de-gli spazi pubblici, in primis i parchi gioco. Le due tipologie esperenziali trovano una sintesi nella città-scuola: una città che ripensa la sua struttura e la sua funzione in un continuum educativo, diffuso, adatto ed adattabile ai luo-ghi della città, che cerca e trova opportunità di espressione negli spazi interstiziali, nella continuità tra spazi pubblici e privati.