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Sviluppo di un modello di analisi e valutazione parametrica degli impatti energetico-ambientali degli edifici | Federica Gallina e Benedetta Quaglio

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Sviluppo di un modello di analisi e valutazione parametrica degli impatti energetico-ambientali degli edifici | Federica Gallina e Benedetta Quaglio

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Veicoli elettrici e ibridi

L’impiego di veicoli elettrici o ibridi non viene considerato fra i casi presenti nella normativa e quindi non sono presenti né valori di consumo specifico di mezzi, né valori tabellari per la conversione del consumo in fabbisogno energetico e impatti ambientali. Questi infatti variano (e anche di molto) in base al tipo di mix energetico che viene utilizzato nei diversi paesi dell’Unione Europea per produrre l’energia elettrica: una percentuale più elevata di elettricità prodotta da fonti fossili tradizionali provoca emissioni di gas serra più elevate, così come una percentuale più elevata di energia prodotta da fonti rinnovabili produce emissioni più basse. Tuttavia, rispetto alle considerazioni fatte nei paragrafi precedenti e in un’ottica di un sempre maggiore impiego di questo tipo di mezzi per il trasporto merci, si è ritenuto necessario, in questa sede, costruire, sulla base di quella della UNI 16258, una metodologia per stimare gli impatti legati all’impiego di veicoli a propulsione elettrica.

VEICOLO ELEttRICO

Per il calcolo dell’EE e dell’EC di un veicolo elettrico, è stato utilizzato lo stesso algoritmo descritto nel paragrafo precedente, ma è stato necessario capire quali fattori utilizzare, poiché la norma, per le ragioni sopra citate non li fornisce.

EMBODIED ENERGy

Innanzitutto, è stato necessario trovare il consumo di un veicolo elettrico me-dio per il trasporto di merci attualmente sul mercato. Una delle case produttrici di furgoni completamente elettrici è la Nissan®, la quale dichiara un valore di consumo elettrico pari a 165 Wh/km = 0,165 kWh/km. Tale valore può essere assimilato al corrispondente E nelle equazioni (1) e (2), (consumo specifico del mezzo). Per ottenere il valore corrispondente ad F (consumo effettivo dell’auto-carro), questo viene moltiplicato per la distanza percorsa dal mezzo, ottenendo il consumo totale in kWh. A questo punto, per ottenere il valore di EE diretta, ossia

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la quantità di energia necessaria al mezzo per percorrere la distanza stabilita nel progetto, basterà moltiplicare il valore ricavato per il suo fattore di conversione pari a 3,6 MJ119, ottenendo così il fabbisogno energetico [MJ].

EEdir [MJ] = F [kWh] * 3,6 [MJ/kWh] (5)

L’EE totale è comprensiva della quota diretta sopra calcolata, più la quota indi-retta, dovuta alla produzione di energia elettrica: questo valore viene calcolato come la quota diretta di EE moltiplicata per 2,17 MJ kWh, ossia la quantità di energia necessaria per produrre 1kWh di energia elettrica.

EEtot [MJ] = EEdir [MJ]+ EEind (6)

Dove:

EEind = F [kWh] * 2,17 [MJ/kWh] (6.a)

Il passo successivo è stato quello di valutare la porzione di EE prodotta da fon-te rinnovabile. Nel caso del carburanfon-te tradizionale (benzina, diesel, biodiesel) questo valore è approssimabile allo 0%. Per quanto riguarda invece la produzione di energia elettrica, consultando il sito dell’Eurostat120 è stato possibile calcolare la percentuale media europea (EU-28) di energia elettrica prodotta da fonti rinno-vabili (nucleare, idrica, eolica, solare, geotermica) per l’anno 2017, che equivale al 51.7% sul totale dell’energia elettrica prodotta.

119 Fattore di equivalenza da kWh a MJ: 1 kWh = 1.000 J/s x 3.600 s

= 3.600 J = 3.6 MJ.

120 https://ec.europa.eu/eurostat/

statistics-explained/index.php?tit- le=Electricity_generation_stati- stics_%E2%80%93_first_result-s#Production_of_electricity

Tabella 7 Produzione energia elettrica - media Europea. Fonte:

EUROSTAT

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Applicando la proporzione (EEtot x 26.1%) / 100 è stato ricavato il dato ricercato di porzione di EE prodotta da fonte rinnovabile è stato ricavando applicando la seguente equazione:

EEFR [MJ] = (EEtot [MJ] x 26,1 %) / 100 (7)

EMBODIED CARBON

Per la quantificazione delle emissioni di gas a effetto serra, dovute al trasporto con mezzi elettrici è stata calcolata la porzione di EC diretta e quella totale. L’EC diretta si è semplicemente assunta approssimabile a 0 kgCO2 equivalente, poi-ché il principale vantaggio dell’utilizzo di un motore elettrico è proprio l’assenza di emissioni dirette durante l’utilizzo. Pertanto, le emissioni di gas a effetto serra dell’energia elettrica sono dovute interamente alla produzione di quella stessa energia elettrica, che dipende dal mix energetico adottato da Paese a Paese. In questo caso, come già accaduto precedentemente, è stato necessario trovare il valore medio europeo di emissione di gas a effetto serra [kgCO2 eq] per la

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produzione di energia elettrica: questo valore si attesta, per l’anno 2017, a 0,578 kgCO2eq/kWh 121. Pertanto, per calcolare l’EC totale, il fattore di emissione appe-na citato andrà moltiplicato alla quota di EE indiretta, dovuta alla produzione di energia elettrica necessaria per percorrere la distanza stabilita:

ECtot [kgCO2equivalente] = EEind * 0.578 [kgCO2eq/kWh] (8)

VEICOLO IBRIDO: 50% ELEttRICO, 50% DIESEL

Per calcolare gli impatti dovuti all’utilizzo di un mezzo ibrido, si è effettuata una semplificazione, assumendo che, in media, l’utilizzo del motore elettrico av-venga per il 50% del tragitto e il restante 50% sia coperto dall’uso del motore alimentato a diesel.

Per concludere, si può dire che calcolare gli impatti energetico-ambientali e prendere coscienza dell’impatto dei trasporti è sicuramente il primo passo verso un impiego più responsabile degli stessi, il che comporta ad esempio di riflettere con più attenzione sulla provenienza dei materiali che si impiegano nel progetto.

Tuttavia, il solo misurare gli impatti ambientali non contribuisce a farli diminuire, ma può essere utile per prendere coscienza dello stato di fatto, per poi cercare di migliorare gradualmente la situazione.

121 http://publications.jrc.

ec.europa.eu/repository/handle/

JRC90402

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Fase di fine

vita

L’obiettivo di questo capitolo è descrivere in

maniera chiara e completa la metodologia che è stata sviluppata per effettuare il calcolo degli impatti energetico-ambientali nella fase di fine vita di un edificio all’interno dello strumento di calcolo EURECA. A partire da un’indagine dello stato dell’arte nel panorama attuale, si è riscontrato che a livello europeo gli strumenti più utili ai fini della ricerca sono stati sviluppati nel contesto britannico (il primo da un’as-sociazione britannica, WRAP, fondata con lo scopo di promuovere una gestione responsabile dei rifiuti, il secondo da DEFRA, un reparto esecutivo del governo britannico). Tuttavia, dall’analisi approfondita di questi strumenti si sono riscon-trate limitazioni che hanno portato alla decisione di sviluppare una metodologia propria sulla base delle indicazioni del Green House Gas Protocol, della norma UNI EN 15978:2011 e dei valori forniti dall’Environmental Protection Agency (EPA).

I confini del sistema di un LCA di un edificio raramente si spingono oltre la fase d’uso per arrivare a comprendere anche quella del fine vita. Relativamente a quanto descritto dalla norma UNI EN 15978 – 2011122 la fase del fine vita dell’e-dificio è composta da quattro momenti diversi: decostruzione, trasporto, tratta-mento dei rifiuti e messa in discarica. Per ciascuno di essi è possibile stimare dei fattori di emissione legati o al rilascio di carbonio e altri gas serra in atmosfera oppure al fabbisogno energetico.

Includere in una LCA anche gli impatti della fase del fine vita di un edificio, al-largando quindi i confini di calcolo più diffusamente adottati, oltre a permettere di ottenere un calcolo più completo, che fornisca risultati più vicini agli effettivi impatti dell’intero ciclo di vita dell’edificio, consente anche di avere una visione completa degli impatti relativi alle scelte progettuali che si compiono. Infatti, considerare una singola fase del ciclo di vita di un edificio potrebbe mascherare

122 UNI EN 15978 – 2011: Sus-tainability of construction works - Assessment of environmental per-formance of buildings - Calculation method.

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possibili danni o vantaggi ambientali che si potrebbero verificare in altre fasi del ciclo di vita123.

Tuttavia, stimare i fattori di emissione in questa fase del ciclo di vita è partico-larmente complesso, poiché essi dipendono da moltissime variabili, quali ad esempio:

disponibilità di dati relativi all’edificio sufficientemente dettagliati: è infatti ne-cessario stimare le tonnellate di rifiuti da C&D prodotte durante il processo di demolizione e suddividerli per tipo di materiale;

disponibilità di fattori di emissione, aggiornati e differenziati secondo i vari sce-nari di smaltimento possibili e secondo i diversi tipi di materiali di cui si com-pongono i rifiuti;

disponibilità di informazioni circa le modalità di smaltimento possibili dei tipi di rifiuto identificati a fine demolizione. Queste dipendono dalla disponibilità di impianti, dalla loro efficienza e dalla quantità di rifiuti.

Al giorno d’oggi in Italia non esiste una metodologia generalmente riconosciuta e condivisa per quanto riguarda il calcolo degli impatti di un edificio nella sua fase di fine vita; al più si dispone di alcune linee guida redatte da enti e organiz-zazioni che sviluppano e propongono una propria metodologia124. Sviluppare una metodologia, oltre alla ricerca e/o quantificazione di fattori di emissione specifici per lo smaltimento dei materiali da costruzione, comporta di prendere decisioni rispetto a questioni metodologiche sulle quali, in assenza di direttive specifiche nazionali ed internazionali, il dibattito è sempre aperto, e la scelta di adottare un metodo rispetto ad un altro resta relativamente arbitraria. Una fra le questioni è ad esempio, l’allocazione degli impatti (o guadagni) ambientali che si verificano in questa fase, rispetto al ciclo di vita.

L’

ALLOCAZIONE DEGLI IMpAttI

Si consideri il caso dello smaltimento del materiale A, che è stato separato dal resto dei rifiuti da C&D a seguito della demolizione dell’edificio; esso va incontro

123 Thiebat, Francesca. Life Cycle Design. Springer Nature, 2019.

124 Tra le tante vale la pena ci-tare le linee guida pubblicate an-nualmente dall’IPCC (Internatio-nal Panel on Climate Change), la metodologia sviluppata dall’EPA (Enviromental Protection Agency) che trova applicazione nel software WARM e quella sviluppata dal team WRAP applicata nel software Desi-gn Out Waste.

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a diverse possibilità di smaltimento: tra le più comuni riuso, riciclo, incenerimen-to con recupero di energia e dismissione in discarica. Nel caso della dismissione in discarica gli impatti si verificano a causa del trasporto del materiale dal sito di demolizione al centro di smaltimento ed eventualmente, se il materiale non è classificato come inerte, a causa del rilascio di gas serra in atmosfera; invece, per gli altri scenari di smaltimento la questione è più complessa. Infatti, nel caso di riuso o riciclo il materiale A è soggetto a delle lavorazioni di trasformazione in materia prima secondaria, che chiameremo B. In questo caso, gli impatti legati allo smaltimento dal materiale A si compongono del trasporto fino al centro di riciclaggio e delle emissioni del processo di lavorazione a cui è soggetto per trasformarsi nel materiale B. Se è vero che il materiale A per essere smalti-to viene sotsmalti-topossmalti-to nella fase di fine vita a delle lavorazioni, è anche vero che quelle stesse lavorazioni non sono altro che le emissioni legate alla produzione del materiale B. È questa la questione della allocazione degli impatti: è meglio assegnare l’impatto al fine vita di A o alla produzione di B?

Inoltre, va anche considerato il fatto che, se il materiale A non venisse ricicla-to, e quindi non fosse possibile la produzione del materiale B, questo verrebbe sostituito da materiale nuovo, la cui produzione, nella maggior parte dei casi comporterebbe valori di impatto molto maggiori: in questo caso quindi più che di impatti ambientali si può parlare di guadagni o risparmi ambientali. Si tratta di una seconda questione metodologica, che riguarda la stima dei guadagni am-bientali e che sarà approfondita nel paragrafo seguente.

G

LI IMpAttI EVItAtI

IL DOppIO CONtEGGIO

Qualora lo scenario di smaltimento preveda un recupero di materiale o di ener-gia, gli impatti saranno costituiti in parte da emissioni effettive, legate al proces-so di rilavorazione del materiale (vettore positivo) e in parte da emissioni evitate perché nel caso del riciclo si è evitata la produzione di nuovo materiale da zero o, nel caso della termovalorizzazione si è evitata la produzione di energia in modo

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tradizionale (vettore negativo).

Assegnare nella fase di fine vita un valore di impatto negativo ad un certo ma-teriale A, significa andare a ridurre, a saldo finale, quello che è l’impatto del suo intero ciclo di vita. Ciò è corretto a patto che le valutazioni del materiale A si concludano in questa fase. Qualora invece il materiale A, dopo essere stato trasformato nel materiale B, venga immesso in un nuovo ciclo di vita, è giusto non considerare di nuovo i vantaggi ambientali legati all’impiego di una materia prima secondaria rispetto ad un materiale vergine. Sarebbe infatti sbagliato poi-ché comporterebbe un doppio conteggio dei benefici del suo riciclo.

Anche rispetto a questo tema non esiste una metodologia unificata e condivisa.

Quelle che vengono riportate di seguito sono tre metodologie di allocazione de-gli impatti da riciclo di un materiale125 che sono maggiormente conosciute:

- Approccio del contenuto di riciclato – metodo 100:0 (Recycled content ap-proach)

- Metodo della sostituzione - metodo 0:100 (Substitution method) - Metodo 50:50 (50:50)

Ciascuno dei seguenti metodi presenta vantaggi e svantaggi e la sua applicazio-ne è preferibile all’interno di precisi confini di sistema, ma la scelta del metodo da adottare resta ancora arbitraria.