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Energia elettrica da fonte solare Solare termodinamico

Nell’ambito dei sistemi di produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile, il solare termodinamico può dare, in una prospettiva di medio termine, un contributo significativo allo sviluppo di un sistema di produzione dell’energia elettrica sostenibile, sia attraverso l’impiego di impianti di diversa taglia nel sistema elettrico nazionale, sia per gli sviluppi previsti per questa tipologia di impianti in aree più favorevoli dal punto di vista della radiazione solare diretta, come il Nord Africa, con trasmissione in Europa dell’energia elettrica prodotta.

Questi impianti utilizzano opportuni sistemi ottici (concentratori), per raccogliere la radiazione solare e inviarla su un componente (ricevitore), dove viene assorbita e trasformata in calore ad alta temperatura, che, trasferito ad un fluido, può essere eventualmente accumulato o integrato con altra fonte esterna di energia (es. gas o biomassa), ed impiegato per la produzione di energia elettrica o come calore ad alta temperatura in processi industriali. A seconda della forma dei concentratori, possiamo distinguere tre diversi tipologie di impianti: a disco parabolico, a torre centrale e a collettore lineare parabolici o Fresnel.

Allo stato attuale la tecnologia più diffusa è quella dei collettori parabolici lineari. In questo ambito l’ENEA ha sviluppato una propria originale linea tecnologica ad alta temperatura caratterizzata dall’utilizzo di sali fusi come fluido di processo e come mezzo di accumulo termico. La collaborazione con l’industria nazionale ha permesso di sviluppare una filiera industriale, portando, tra l’altro, alla realizzazione, da parte di ENEL, dell’impianto “Archimede” 5 MW integrato con un ciclo combinato a gas in Sicilia (Priolo Gargallo SR).

La ricerca sul solare termodinamico ha come obiettivo principale la riduzione dei costi per rendere questi impianti sempre più competitivi rispetto alla produzione elettrica con i tradizionali combustibili fossili. Questo può essere realizzato sia attraverso il miglioramento dell’efficienza dei principali componenti e sistemi che con la semplificazione impiantistica ed il miglioramento delle procedure di gestione e manutenzione. L’attenzione deve essere posta, oltre che ai grossi impianti di produzione di energia elettrica, anche a sistemi di piccola e media taglia per la produzione combinata di energia elettrica e termica, eventualmente ibridizzati con un’altra fonte energetica meglio se rinnovabile.

DESCRIZIONE DELLATTIVITÀ

Nell’ambito del programma della Ricerca di Sistema per il triennio 2012-2014, l’attività è stata finalizzata al:  miglioramento delle prestazioni del tubo ricevitore con lo sviluppo di nuovi coating ad alta efficienza di

conversione foto-termica;

 studio, nell’ambito della tecnologia solare a collettori parabolici lineari, di differenti configurazioni impiantistiche per migliorare l’efficienza e produttività e per ridurre i costi di realizzazione e di esercizio. In particolare è stato preso in esame l’utilizzo di differenti fluidi termici e lo sviluppo di nuovi sistemi di accumulo termico;

 sviluppo di sistemi integrati per applicazioni in impianti di piccola taglia. Verrà progettato un sistema da realizzare nell’impianto sperimentale PCS dell’ENEA Casaccia.

Negli impianti solari termodinamici, con tecnologia a collettori parabolici lineari, il tubo ricevitore è l’elemento fondamentale che svolge la funzione di assorbimento della radiazione solare concentrata e di trasferimento del calore al fluido di processo. In particolare esso deve assorbire la maggiore quantità possibile di radiazione solare su di esso concentrata e, allo stesso tempo, deve disperdere verso l’ambiente esterno la minore quantità possibile del calore immagazzinato.

Nell’ottica di una ricerca volta ad ottenere prestazioni sempre più spinte del tubo ricevitore, grandi sforzi vengono condotti per ottenere un miglioramento dei parametri foto-termici del coating solare (incremento dell’assorbanza e diminuzione della emissività). Uno degli approcci più promettenti per il raggiungimento di questo importante risultato è rappresentato dall’impiego di coating solari a base di strati ceramici e metallici ad alta compattezza e densità, attraverso la sostituzione della consolidata tecnologia del coating a base di strati “cermet” (nano- compositi ceramico-metallici) del tipo “graded” (contenuto metallico a decrescere con lo spessore) con la più

innovativa tecnologia dei “filtri ottici di tipo interferenziale” a partire da stratificazioni di film sottili ceramici e metallici fabbricati con la attuale tecnica di deposizione di sputtering magnetron insieme alla tecnica IBAD (Ion Beam Assisted Deposition).

Le attività di ricerca e sviluppo nel corso dell’annualità oggetto del presente rapporto, hanno avuto come obiettivo quello di realizzare film metallici molto sottili, dell’ordine di qualche nanometro, da impiegare in filtri interferenziali multistrato ceramico-metallico utilizzando l’impianto prototipale di sputtering presente presso il C.R. ENEA di Portici realizzato nell’ambito del PAR 2012. Il compito della tecnica IBAD era quello di migliorare le proprietà metalliche di film sottili di tungsteno.

L’attività sperimentale ha permesso di evidenziare che, con la geometria di camera di processo attualmente disponibile e con le pressioni di processo consentite, per il tungsteno, come probabilmente per altri metalli di transizione ad alto numero atomico, energizzare il processo di sputtering tramite IBAD non consente di ottenere un miglioramento degli indici ottici. La futura sperimentazione dovrà quindi essere condotta con metalli a numero atomico più basso, quali il titanio, il niobio ed il molibdeno.

Utilizzando la stessa apparecchiatura sperimentale, sono state condotte inoltre prove di ossidazione e nitrurazione di strati sottili di alluminio mediante un processo del tipo MetaMode. Il processo MetaMode consiste nel depositare sul substrato, con tecnica magnetron sputtering in gas Argon, uno strato molto sottile di metallo nella “zona di deposizione” della camera di processo e, successivamente, nell’ossidare (ovvero nitrurare) questo strato mediante l’azione di una sorgente ionica installata nella “zona di reazione” della stessa camera ed alimentata da specie reattive quali O2 o N2. Alternando deposizione ed ossidazione (o nitrurazione) del metallo, possono essere

fabbricati strati di ossido (ovvero nitruro) dello spessore desiderato.

L’obiettivo è stato quello di verificare quanto la sorgente IBAD installata sull’impianto di sputtering si presti ad essere utilizzata anche in qualità di elettrodo.

Gli impianti solari termodinamici utilizzano come unica o prevalente fonte di energia la radiazione solare e quindi sono soggetti alla sua naturale variabilità. Per sopperire a questo problema è necessario l’utilizzo di un sistema di accumulo termico che consente di migliore il funzionamento dell’impianto, aumentare non solo la sua capacità operativa ma anche di dispacciamento con una migliore integrazione con la rete elettrica e quindi questo sistema rappresenta uno degli elementi base per ottenere una riduzione del costo di produzione dell’’energia.

Attualmente si utilizza un sistema di accumulo a calore sensibile utilizzando miscele di sali fusi stoccati in due serbatoi (caldo e freddo), a temperature che dipendono dai parametri operativi dell’impianto (campo solare e ciclo termico). Nel caso del sistema di accumulo termico dell’impianto Archimede, il serbatoio freddo è a 29 0°C mentre quello caldo a 55 °C. Nel caso degli impianti che utilizzano un olio come fluido termovettore, la temperatura massima del serbatoio caldo è limitata a 380 °C.

Per quanto riguarda il sistema di accumulo termico, l’attività di ricerca è stata orientata allo studio di soluzioni più compatte a calore sensibile e/o latente che utilizzano come mezzo di accumulo un materiale inerte (es. cementi o materiale ceramico) e/o un materiale a cambiamento di fase (PCM). Tale sistema dovrà ridurre i costi e gli ingombri dell’accumulo termico rendendolo particolarmente adatto negli impianti di piccola/media taglia. Il concetto può essere, inoltre, estrapolabile ad impianti solari di grande taglia e con alte temperature, oltre che al settore convenzionale (recupero di calore industriale, condizionamento solare, etc.).

Questo tipo di soluzione, che utilizza materiali a basso costo ed alta densità di energia, è però condizionata dalla loro ridotta capacità di trasporto del calore (diffusività termica).

I risultati dell’attività di ricerca del PAR 2012, ha evidenziato che l’uso di materiali a cambiamento di fase miscelati con opportune quantità di nano particelle sembrerebbe poter incrementare sia la capacità termica del mezzo che la sua diffusività. In particolare, per diverse temperature di riferimento, sono stati individuati e caratterizzati sia i PCM che le nanoparticelle, compatibili con essi e potenzialmente in grado di incrementarne le caratteristiche di capacità e diffusività termiche, studiate le caratteristiche delle miscele e valutata l’influenza delle nanoparticelle sulle loro proprietà.

Nell’ambito del PAR 2013 l’attività è stata orientata allo studio di un sistema di accumulo per impianti che utilizzano un gas come fluido termovettore, allo sviluppo, simulazione e caratterizzazione sperimentale di elementi base di accumulo sia in cementi speciali che in materiale nanoPCM per temperature operative intorno ai 250°C. L’obiettivo principale della sperimentazione è stato di verificare il comportamento termodinamico del sistema di accumulo e la congruenza dei tempi di carico e scarico dell’energia con le dinamiche proprie di impianto solare. Nell’ambito delle applicazioni del solare termodinamico a sistemi co-generativi di piccola e media taglia, l’ENEA ha sviluppato una tecnologia modulare TREBIOS (TRigenerazione con Energie rinnovabili: BIOmasse e Solare

termodinamico), con integrazione di biomasse e di altre componenti rinnovabili. Si tratta di un’evoluzione della tecnologia ENEA, in cui il classico sistema di accumulo termico a doppio serbatoio è sostituito da un unico serbatoio con il generatore di vapore integrato al suo interno. L’integrazione dei due componenti va nell’ottica della semplificazione impiantistica e della riduzione dei costi specialmente in applicazioni di piccola e media taglia. L’attività di ricerca prevede lo studio, la progettazione, la realizzazione e la sperimentazione di sistemi per generazione di energia elettrica di piccole dimensioni basati sull’uso esclusivo di energia termica da prelevare dal sistema di accumulo, utilizzando il serbatoio a sali fusi presente e disponibile nell’Impianto sperimentale PCS (Prova Componenti Solari) sito nell’area Capanna del Centro Ricerche Casaccia dell’ENEA.

Nell’ambito del PAR 2013 l’attività ha previsto il completamento della sperimentazione e caratterizzazione termica del serbatoio di accumulo e del generatore di vapore iniziata nella scorsa annualità e la progettazione di un impianto di cogenerazione con turbina a vapore da realizzare presso l’impianto PCS. Le attività del progetto sono state articolate in tre obiettivi intermedi, corrispondenti a diverse linee di ricerca, più un obiettivo specifico relativo ad attività di comunicazione e diffusione dei risultati:

a. Sviluppo di strati sottili ceramici e metallici ad alta compattezza e densità b. Studio di sistemi alternativi di accumulo termico

c. Sviluppo di sistemi integrati per applicazioni in impianti di piccola taglia

d. Comunicazione e diffusione dei risultati, supporto ai ministeri e collaborazioni internazionali.

RISULTATI DELLATTIVITÀ

a. Sviluppo di strati sottili ceramici e metallici ad alta compattezza e densità

Le attività espletate ricadono nel filone di studio e sviluppo di materiali, processi e tecniche di fabbricazione d’innovativi coating solari per tubi ricevitori utilizzando la tecnologia dei “filtri ottici di tipo interferenziale”. Nell’ambito delle attività già espletate assume particolare rilievo la realizzazione di un impianto prototipale di sputtering dell’ENEA sul quale è ora possibile condurre processi di deposizione di tipo IBAD. La nuova tecnologia dovrebbe consentire di migliorare non solo le prestazioni fototermiche del coating (alta assorbanza e bassa emissività), ma anche la durabilità ed affidabilità del componente.

a.1 Fabbricazione e caratterizzazione di strati sottili metallici e dielettrici per la realizzazione di filtri solari del tipo interferenziale

Le attività di ricerca e sviluppo avevano come obiettivo quello di realizzare film metallici molto sottili, dell’ordine di qualche nanometro, da impiegare in filtri interferenziali multistrato ceramico-metallico in modo da migliorare le prestazione fototermiche dei tubi ricevitori per impianti solari termodinamici a collettori parabolici lineari (Parabolic Trough).

La prima tecnica sperimentata per depositare film sottili metallici è stata quella del magnetron sputtering assistita da sorgente ionica (IBAD). Le deposizioni sono state condotte adoperando l’impianto prototipale di sputtering dell’ENEA presente presso il C.R. di Portici e che era stato modificato ed attrezzato, nell’ambito della precedente annualità, con un cannone ionico Kaufman & Robinson (KRI, mod. EH200/MHC1000) per poter condurre processi di deposizione di tipo IBAD. Ricordiamo, peraltro, che l’impianto di sputtering in questione poteva lavorare sia su substrati piani che su substrato (o porta-substrato) tubolare rotante. Nella Figura 161a è riportata un’immagine della sezione di deposizione (lato aria) dell’impianto con il sistema di movimentazione della sorgente IBAD e l’adduzione gas, mentre nella Figura 161b è mostrato un particolare (lato vuoto) del portello centrale della camera su cui è installato l’hardware IBAD (sulla sinistra la sorgente IBAD, ovvero il cannone ionico, e sulla destra il target di tungsteno “alimentato” dalla sorgente di sputtering costituita da un catodo standard magnetron).

L’utilizzo della tecnica IBAD era rivolto al miglioramento delle proprietà metalliche di film sottili di tungsteno. E’ stata sperimentata sia in modalità alternata (dove il processo di sputtering e quello del bombardamento ionico si susseguivano nel tempo), sia in modalità confocale (che prevedeva l’azione simultanea del processo di sputtering e del bombardamento del cannone ionico); peraltro alcune prove preliminari di deposizione in configurazione confocale erano state condotte già a partire dalle ultime settimane della precedente annualità.

Figura 161. (a) Sezione di deposizione dell’impianto di sputtering ENEA (b) Vista frontale lato vuoto del portello centrale della camera di processo su cui è installato l’hardware IBAD

L’attività sperimentale condotta in modalità alternata ha permesso di utilizzare il cannone ionico in maniera ottimale. In pratica sono state esplorate tutte le possibili condizioni di deposizione (da quella ad alta energia, in cui l’interazione degli ioni argon era talmente forte da causare prevalentemente l’etching del materiale depositato, a quella a più bassa energia, in cui l’interazione degli ioni era praticamente assente) e, nonostante ciò, non si sono ottenuti miglioramenti significativi delle proprietà ottiche del materiale. Questo risultato non ha lasciato nessun dubbio sul fatto che, per migliorare le proprietà ottiche di film sottili di tungsteno, l’unica strada da seguire è quella di rendere disponibile l’energia degli ioni del cannone in simultanea con la formazione della struttura del film metallico.

A titolo di esempio, nella Tabella 54 e nei grafici di Figura 162 si riportano i parametri di processo di alcune delle deposizioni “IBAD” di tungsteno effettuate in modalità alternata ed i parametri ottici (n e k) dei film prodotti.

Tabella 54. Velocità di deposizione dei film sottili di tungsteno in modalità alternata al variare del potenziale applicato al cannone ionico

Campione Potenziale del cannone ionico (V) Cicli Spessore (Å) Velocità di deposizione (Å/ciclo) W_255 0 4 74,4 18,6 WI_020 300 10 34,1 3,4 WI_022 250 10 50,6 5,1 WI_023 200 10 59,8 6,0 WI_024 150 8 88,3 11,0 WI_025 100 5 84,5 16,9 WI_026 225 12 69,4 5,8 WI_027 175 10 70,4 7,0

Figura 162. Indice di rifrazione (grafico a) e coefficiente di estinzione (grafico b) dei film di W realizzati a diversi potenziali del cannone ionico in modalità alternata a confronto con i parametri ottici del tungsteno di riferimento

Nel caso dell’attività sperimentale condotta in modalità confocale non è stato possibile valutare a pieno le potenzialità della tecnica IBAD a causa dei vincoli imposti dalle caratteristiche tecniche e geometriche del sistema di deposizione. Due motivi essenzialmente impedivano di sfruttare le potenzialità del cannone ionico. Il primo riguardava la geometria della camera di processo che non consentiva una disposizione del cannone ionico in confocale, tale da avere angoli e distanze adeguate ad ottenere urti efficaci al solo miglioramento delle proprietà ottiche del film sottile. Il secondo motivo era la non completa compatibilità della tecnica IBAD con la tecnica di deposizione del magnetron sputtering a causa della pressione di processo troppo alta della tecnica di sputtering, che non consentiva di fornire l’energia sufficiente agli ioni argon del cannone. In entrambi i casi, intervenire sull’impianto per apportare le modifiche necessarie risultava tecnicamente ed economicamente troppo oneroso. Tuttavia risulta abbastanza chiaro che, con la geometria di camera di processo attualmente disponibile e con le pressioni di processo consentite, per il tungsteno, come probabilmente per altri metalli di transizione di alto numero atomico, energizzare il processo di sputtering tramite IBAD non consente di ottenere la desiderata trasformazione da fase nucleativa del tipo “multi-islands” a quella del tipo “layer-by-layer” con conseguente miglioramento degli indici ottici. L’enorme mole di lavoro sperimentale condotto sul tungsteno prodotto con tecnica IBAD è stata utile ad indicarci che la futura sperimentazione, condotta sempre adoperando l’impianto di sputtering dell’ENEA dotato del cannone ionico KRI, dovrà essere condotta con metalli a numero atomico più basso, quali il titanio, il niobio ed il molibdeno.

A titolo di esempio, nella Tabella 55 e nei grafici di Figura 163, si riportano i parametri di processo di alcune delle deposizioni “IBAD” di tungsteno effettuate in modalità confocale ed i parametri ottici (n e k) dei film prodotti.

Tabella 55. Velocità di deposizione dei film sottili di tungsteno realizzati in modalità confocale con il cannone ionico montato ad una distanza di 10 cm dal substrato

Campione Potenziale del cannone ionico (V) Pressione (bar) Velocità di traslazione (mm/min) Cicli Spessore (Å) Velocità di deposizione (Å/ciclo) WI_035 211 0,4-0,5 1000 1 123,7 123,7 WI_036 300 0,4-0,5 1000 1 119,5 119,5 WI_037 300 0,4-0,5 8000 8 101,7 12,7

Figura 163 - Indice di rifrazione (grafico a) e coefficiente di estinzione (grafico b) dei film di W realizzati in modalità confocale (con distanza cannone/substrato di 10 cm) a confronto con i parametri ottici del tungsteno di riferimento Come valida alternativa alla deposizione “energizzata” del singolo metallo di transizione, si è scelto di procedere sperimentando nuovi tipi di materiali. L’attenzione è stata quindi focalizza sulla possibilità di combinare due metalli in modo da formare materiali compositi dalle proprietà metalliche adatte allo scopo di questo progetto. L’obiettivo era quello di realizzare film sottili di metallo costituiti da una matrice metallica in cui erano disperse particelle di un altro metallo. L’idea di base era di far prevalere nel NIR e nell’IR il comportamento metallico della matrice, che doveva pertanto essere un metallo alto riflettente in questa regione, mentre bisognava far prevalere nel visibile le proprietà ottiche delle dispersioni metalliche, che dovevano appartenere a un metallo basso riflettente in questo intervallo spettrale. I materiali scelti sono stati l’alluminio per matrice metallica e il tungsteno come metallo da disperdere nella matrice d’alluminio.

La tecnica di deposizione adoperata era il co-sputtering. La prima serie di campioni è stata realizzata con una percentuale volumetrica di alluminio pari al 65% e di tungsteno pari al 35%. Una volta fissate le potenze per ottenere queste percentuali volumetriche, le dimensioni delle dispersioni sono state variate modificando la velocità di traslazione e di rotazione del porta-substrato tubolare. In questo modo è stato possibile individuare il campione con le proprietà metalliche migliori per essere impiegato in un filtro interferenziale multistrato ceramico-metallico. La velocità di deposizione di questo campione era pari a circa 100 Å/ciclo. Il passo successivo dell’attività sperimentale è stato quello di variare le percentuali in volume dei due metalli al fine di migliorare ulteriormente le proprietà riflettenti del materiale composito.

I campioni realizzati mostravano un miglioramenti delle prestazioni ottiche quando diminuivano le percentuali volumetriche del tungsteno. Infatti, sia il campione al 3% sia quello al 20% di tungsteno, avevano un n più basso di quello del campione al 35% di tungsteno e un k migliore sia in valore assoluto sia nel modo di crescere in funzione della lunghezza d’onda.

Il campione al 20% di tungsteno è risultato il più adatto per la realizzazione di un filtro assorbitore solare a struttura multistrato ceramico-metallico. Infatti, il suo potere riflettente era ancora molto buono nella regione dell’IR, anche se inferiore a quello dell’alluminio puro, ma allo stesso tempo non era tanto alto quanto quello dell’alluminio puro nella regione del VIS. Il motivo che rendeva questo materiale inutilizzabile per la realizzazione dei filtri ottici interferenziali era la sua alta velocità di deposizione; infatti, si depositavano circa 200 Å a ogni singola passata davanti ai target dei metalli, spessore troppo grande per il primo strato di un filtro interferenziale multistrato ceramico-metallico.

Una caratteristica molto interessante mostrata dai materiali metallici compositi riguardava l’invarianza delle loro proprietà ottiche dallo spessore del materiale depositato a dimostrazione del fatto che la struttura cristallina si ripeteva nella stessa maniera ogni volta che si depositava un nuovo strato. Questa proprietà è molto utile nella fase di progettazione di un filtro interferenziale ceramico-metallico; infatti, anche se lo spessore degli strati metallici cambia in funzione della posizione occupata all’interno del filtro interferenziale, le loro proprietà ottiche non si modificano.

L’ultimo passo è stato di utilizzare il miglior materiale composito al 35% di tungsteno e al 65% di alluminio in volume per simulare la riflettanza spettrale di un filtro interferenziale multistrato ceramico-metallico. La struttura sviluppata aveva lo stesso numero di strati della struttura ENEA ottimizzata per la temperatura di 580 °C, descritta

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