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Subcomandante Marcos, NEI NOSTRI SOGNI ESI-STE UN ALTRO MONDO, ed. orig. 2001, trad. dallo spagnolo di Michele Piumini, pp. 303, € 8,40, Mondadori, Milano 2003

La lotta neozapatìsta del Chiapas sembra rappresentare uno degli ultimi bagliori d'epi-cità del Novecento. Il suo stesso muoversi per flussi e riflussi possiede i tratti eroici delle grandi lotte di liberazione. Il subcomandante Marcos, alla guida dei guerriglieri, ha in più casi formulato programmi di lotta, strategie precise, critiche circostanziate: con un ampio uso di tecniche retoriche, un tocco di poesia (non mancano citazioni da Shakespeare e da Bradbury) e slogan che ritroviamo nel movi-mento di Porto Alegre ("un altro mondo è pos-sibile, diverso da questo supermercato violen-to che ci vende il neoliberismo"). Ma è anche riscontrabile un marcato senso della memoria storica. L'Esercito zapatista di liberazione na-zionale, "prodotto di cinquecento anni di lot-ta", attivo dal gennaio 1994 nel Sudest del Messico, un'area ricca di risorse spillate dalla "bestia" della finanza, intende riaffermare la Costituzione del 1917, tenendo fede ai motto di Emiliano Zapata secondo cui "la distruzio-ne di tutti i cattivi governi è opera insieme del-l'idea e della spada". Gli obbiettivi sono però di ampio respiro. Marcos cerca anche la solu-zione della più generale questione nazionale messicana, perché si affermi una nuova clas-se politica che sottragga il Messico al Nafta e restauri la dignità popolare. "Resteremo fin-ché chi comanda non lo farà obbedendo", di-ce. Oggi il Messico aspetta la rinascita, men-tre l'Ezin è ancora pronto a colpire.

DANIELE ROCCA

Ariel Dorfman, L'AUTUNNO DEL GENERALE. L A STORIA INFINITA DEL CASO PLNOCHET, ed. orig. 2002, trad. dall'inglese di Piero Pudinich, pp. 219, € 13, Tropea, Milano 2003

Ex consigliere di Fernando Flores (il capo di stato maggiore di Allende) e autore in se-guito di vari libri, fra cui La morte e la

fan-ciulla, un dramma teatrale di forte pregnanza

metaforica da cui Polanski trasse un film, Ariel Dorfman è oggi attivo nel World Social Forum. Il titolo originale di questo suo volu-me, Exorcising Terror, conteneva uno spunto utile per comprendere quella che sembra ta-lora una vera - e motivatissima - ossessione pinochetista, presente nell'autore come in molti altri cileni (L'autunno del patriarca, fon-te del titolo italiano, è invece il gran libro spe-rimentale di Garcia Marquez sul declino d'un dittatore). Ricorrendo anche ad alcuni accor-gimenti tipografici, Dorfman fonde tre distinti piani.per rievocare la complessa vicenda di Pinochet, intoccabile capo dell'esercito fino ai 1998, ma sotto accusa dal luglio 1996: la dimensione del ricordo, per raccontare le ef-feratezze del regime (in corsivo), le parti re-lative al processo (corpo normale) e le testi-monianze (corpo ridotto). Scotland Yard e il giudice Garzón hanno accusato il vecchio ufficiale di genocidio e crimini contro l'uma-nità, sennonché la "scandalosa riluttanza" degli Stati Uniti a premere per l'estradizione e alcune perizie cliniche molto discutibili ne hanno infine consentito il rilascio. Peraltro, se è vero che nél luglio 2002 Pinochet è stato in-fine ritenuto non sottoponibile a giudizio (per Dorfman, una "vergognosa capitolazione del sistema giudiziario"), è anche vero che per i cileni "Pinochet è uno specchio. Siamo dav-vero pronti a giudicarlo?".

( D . R . )

Tzvetan Todorov, IL NUOVO DISORDINE MONDIA-LE. LE RIFLESSIONI DI UN CITTADINO EUROPEO, ed.

orig. 2003, trad. dal francese di Roberto Rossi, pp. 83, € 10, Garzanti, Milano 2003

Ecco giunto l'anti-Kagan (autore di

Paradi-so e potere, cfr. "L'indice", 2003, n. 9). li

me-rito è di un europeo a tutto tondo, che unisce nella propria personale esperienza esistenzia-le e culturaesistenzia-le quell'Est e quell'Ovest europei a lungo separati dal Muro di Berlino. La lunga e positiva frequentazione con gli Stati Uniti met-te del resto Todorov al riparo da un facile an-tiamericanismo che tutto sospetta e niente di-mostra, ma fornisce al tempo stesso elementi seri di conoscenza. Todorov smonta così l'i-nesattezza e l'ipocrisia di chi definisce "neo-conservatrice" l'attuale politica americana: di conservatore non c'è un bel nulla, semmai le radici sono da ricercarsi in una politica inter-nazionale che rimodula e fonde in un amalga-ma inedito ed esplosivo i concetti di "rivolu-zione permanente", "democrazia liberale" e "interesse nazionale". Non a caso molti espo-nenti dell'amministrazione Bush sono di origi-naria formazione trozkista o maoista, osserva Todorov, il quale propone di ribattezzarli più propriamente "neofondamentalisti": "fonda-mentalisti perché si richiamano a un Bene as-soluto che vogliono imporre a tutti; neo- per-ché questo Bene è costituito non più da Dio, ma dai valori della democrazia liberale". Cosa contrapporre alla iperinterventista politica estera americana? Un'Unione europea, "forza tranquilla", capace di dotarsi finalmente di un proprio esercito autonomo usato per assecon-dare una politica dettata sia dal realismo che dall'idealismo. Si deve insomma sapere che "non si è condannati alla scelta tra imperiali-smo e impotenza". Un "uso calmo della po-tenza" può ridare all'Europa autonomia ed ef-ficacia nelle proprie iniziative di politica este-ra, e agli Stati Uniti coscienza di quei limiti che loro stessi ci insegnarono a suo tempo essere ii fondamento della civiltà liberaldemocratica. DANILO BRESCHI

Michael Mandelbaum, PACE, DEMOCRAZIA E LIBE-RO MERCATO. TRE IDEE PER IL VENTUNESIMO SE-COLO, ed. orig. 2002, trad. dall'inglese di Corradino Corradi, pp. 575, € 34, Carocci, Roma 2003

The Ideas that Conquered the World

(que-sto il titolo originale del libro pone al centro d'una vasta analisi storica la triade di valori promossa nel primo quarto del Novecento da Woodrow Wilson: pace, democrazia, libero mercato. Se ne indaga l'evoluzione in riferi-mento sia al rapporto fra Stati Uniti e resto del mondo sia a quello, più generale, fra centro e periferia. Con uno spiccato occidentalismo di fondo: per Mandelbaum, dalla fine della guer-ra fredda il "centro dei mondo" è più pacifico, la "gran parte della periferia" più violenta; fin dal 1865 gli Stati Uniti hanno sempre pro-mosso la libertà politica ed economica; le idee di Gandhi sono occidentali (ma allora ne andrà espunta la dottrina della non violenza, di provenienza giainica); agli accordi di Kyo-to, respinti dagli americani, non han parteci-pato i "paesi della periferia" (molti dei quali furono invece i più solerti a ratificarli, dalla Bolivia all'Uzbekistan, dal Messico al Le-sotho). Avverso al socialismo reale, anche in ciò che ebbe di effettivamente socialìstico -per l'autore le "reti di sicurezza sociale" dei paesi dell'Est furono allestite al solo fine di guadagnarsi la "tolleranza della popolazione" - , contrario all'espansione Nato, destinata a scontentare i russi e a destabilizzare l'Euro-pa, certo che la storia si muova "in una

dire-zione liberale", Mandelbaum costruisce in ogni caso un saggio capace di provocare il dibattito su questioni importanti, alla luce di valori della più nobile ascendenza.

( D . R . )

Michael Walzer, LA LIBERTÀ E I SUOI NEMICI NEL-L'ETÀ DELLA GUERRA AL TERRORISMO, a cura di Maurizio Molinari, pp. 113, €9,50, Laterza, Roma-Pari 2003

In altri tempi Walzer sarebbe stato definito un intellettuale impegnato. Studioso di pro-blemi politici e sociali, non manca di interve-nire sulle questioni di attualità. Il suo impegno non è però rivolto a fissare una posizione me-ramente antagonista, bensì a prefigurare una prospettiva di governo delle nostre società complesse. Un analista capace di capire le ragioni degli avversari, e soprattutto disposto a formulare proposte praticabili. Doti di dia-gnosi acuta e di giudizio pacato che si ap-prezzano anche in questo libro-intervista rea-lizzato da un giornalista italiano. Certo, qual-che volta la forma discorsiva dell'intervista impone un andamento troppo sintetico al ra-gionamento. Questo apparente difetto è però anche un implicito invito ad accostarsi ad al-tri, e più sistematici, scritti dello studioso newyorkese. Se i temi toccati sono molti, converrà richiamare l'attenzione su due aspetti particolarmente attuali. Sul problema degli immigrati, Walzer propone il modello del libero associazionismo americano, ispirato al congrezionalismo protestante. Una proposta, insomma, che non rincorre le pericolose chi-mere di un multiculturalismo dagli incerti con-fini, ma che propone un metodo liberale di seria assimilazione. Ancora più interessanti, se possibile, le riflessioni sulla guerra e il ter-rorismo. Walzer suggerisce l'uso del concet-to di "guerra giusta" come metro di giudizio per valutare con cognizione di causa l'atteg-giamento dei militari e dei governi. Inoltre si dichiara a favore di interventi militari umani-tari se servono a colpire regimi oppressivi e tirannici.

MAURIZIO GRIFFO

Luca Fanelli, L A SCELTA DELLA TERRA. STUDIO DI UN INSEDIAMENTO RURALE DEL MOVIMENTO SEM TERRA IN BRASILE, pp. 159, € 20, Zamorani, Tori-no 2003

Un insediamento rurale: Santa Maria, stato del Paranà, Brasile. Trenta persone. Il raccon-to delle loro sraccon-torie, drammatiche, in bilico tra disperazione e speranza, difficoltà materiali e sogno di una vita diversa, occupazione della terra e urbanizzazione. Nata da una ricerca sui campo, nonché da un'osservazione "qua-si partecipante", quest'indagine, che adotta gli strumenti analitici delia microstoria inseren-done le diverse acquisizioni in una dimensio-ne multidisciplinare, pur scontando qualche incertezza formale e farraginosità espressiva, fa della ricostruzione di un caso specifico, e per molti versi estremo, il punto di partenza (e di arrivo) di un percorso interpretativo "forte", che segue e si intreccia, a volte in maniera in-distinguibile, con la parabola del Movimento Sem Terra e della sua antiepopea sociale e politica. Dell'esperienza paranense la ricerca di Fanelli sottolinea non solo il carattere inno-vativo delle forme di lotta proposte e la ric-chezza di spunti, ma soprattutto l'originalità di una pratica che ha se non altro il merito di le-vare al processo di inurbamento quel marchio di inevitabilità e naturalità che tutte le culture contemporanee assegnano, stancamente, al passaggio dalla campagna alla città. Con la nascita dell'insediamento di Santa Maria la terra, perduta, venduta, affittata, occupata, abbandonata, desiderata, "si fa territorio", si carica di storia e diventa luogo di cooperazio-ne, relaziocooperazio-ne, invenzione e identità, un altrove contraddittorio, un universo sociale e produtti-vo che mescola, più o meno felicemente, pub-blico e privato, ufficiale e personale, capitali-smo e socialicapitali-smo.

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FUORI NORMA. SCRITTRICI ITALIANE DEL NO-VECENTO. VITTORIA AGANOOR, PAOLA DRI-GO, ROSA ROSA, LINA PIETRA VALLE, a cura di

Barbara Marola, Maria Teresa Munini, Rosa Regio e Barbara Ricci, pp. 260, € 13, Luciana

Tufani, Ferrara 2003

Dalla fine degli anni settanta è in corso un sistematico repechage, per lo più a opera di studiose che si riconoscono nei

women's studies, di figure e libri

dimenti-cati o sottovalutati; e certa editoria, come la stessa Tufani si è attivata per Marchesa Colombi, ha ripubblicato testi di donne da tempo introvabili sul

mer-cato. Opportuno che i ri-sultati di lavori di risco-perta, rivalutazione e ri-considerazione critica nuova di autrici del pas-sato remoto o più recen-te siano destinati alla di-vulgazione. Come que-sta antologia, che si col-loca nella tradizione con-solidata da più di un ven-tennio delle antologie al

femminile, e che prende in considerazio-ne quattro personalità letterarie di non grande rinomanza nate tra il 1855 (Aga-noor) e il 1887 (Pietravalle). Nel 2000, le stesse curatrici (delle quali ci sarebbe piaciuto leggere al fondo del volume qual-che notizia), auspice già allora il Comitato pari opportunità della Provincia di Bolza-no, avevano portato a termine un'opera-zione analoga allestendo un volume su al-trettante e più note scrittrici del primo No-vecento (Amalia Guglielminetti, Maria Messina, Neera, Ada Negri). Fra quelle proposte ora (e scelte, credo, per relativa concomitanza cronologica, certo non per contiguità geografica, essendo nate le prime due in Veneto, l'ultima in provincia di Brindisi e Rosa Rosà, pseudonimo di Edith von Haynau, a Vienna), alcune non passarono inosservate alla critica coeva, e anche successivamente non furono del tutto dimenticate e attrassero l'attenzione di critici di prima grandezza. Di Aganoor si occupò Benedetto Croce; di Lina Pie-travalle scrissero Emilio Cecchi e France-sco Flora; in tempi più recenti Maria Corti recensì la nuova edizione del romanzo

Maria Zef di Paola Drigo, le cui novelle

avevano suscitato nel 1913 l'interesse di Bontempelli. Ad arricchire opportunamen-te la scarna bibliografia della futurista na-turalizzata romana Rosa Rosà vanno vice-versa segnalazioni di testi degli anni no-vanta sul sesso estremo e sul cyborg. Uti-le l'apparato di introduzione alla Uti-lettura dei testi; essenziali, anche per oggettiva carenza di notizie, le biografie.

L U I S A R I C A L D O N E

LE ECCENTRICHE. SCRITTRICI DEL NOVECEN-TO, a cura di Anna Botta. Monica Farnetti c Giorgio Rimondi, pp. 239, € 20, Tre Lune,

Mantova 2003

Mentre la filosofia e la politica possono annoverare studi sull'eccentrico, la lette-ratura, soprattutto in Italia, ne era sguarni-ta. Fino alla pubblicazione di questo volu-me, che raccoglie i ventisei interventi del convegno "Scrittrici eccentriche del No-vecento", tenutosi a Firenze nel maggio 2000; un anno prima era uscito Soggetti

eccentrici (Feltrinelli) di Teresa De

Laure-tis, libro che sta sullo sfondo e dialoga con i saggi relativi alle scrittrici novecen-tesche. Alla base campeggia l'idea che il progressivo definirsi del "soggetto femmi-nile come Altro" ha liberato energie in gra-do di fare del "dislocamento e dell'eccen-tricità le chiavi di volta di un'inedita condi-zione filosofica ed esistenziale". Alle filo-sofe e alle letterate eccentriche appartie-ne l'erranza, tra i saperi e appartie-nei geappartie-neri lette-rari. Esse hanno sviluppato la figura della nomade (che mette instancabilmente in discussione la propria stabilità e

apparte-nenza e che si appropria di saperi vari e insoliti), della meteca ("viaggiatrice in let-tura", che cerca di incrociare chi scrìve nello spazio di chi legge), figure che sfug-gono alle "certezze ingessate", che sono critiche e autocritiche, che stanno dentro e fuori (il margine, il potere, il canone), che non si fanno "trovare dove la norma prevede che si trovino". Essere fuori dal centro è un altro modo di esserci, non ne-cessariamente impoverito: si è mai pen-sato al deterioramento dei testi che vice-versa si trovano nel canone? Le testimo-nianze di quattro scrittrici, i tre saggi teo-rici, l'introduzione e le conclusioni unitamente ai restanti lavori monografici affrontano momenti del Novecento letterario non solo europeo usando la norma di ricercare chi si è sottratta, in modi diversi ma sempre ponendosi da punti di vista decentra-ti, all'ordine normativo. Facciamo qualche nome senza cadere nell'elenco: le collaboratrici-amiche-amanti di Bre-cht, Woolf, Else Lasker-Schuler, Yource-nar, Cvetaeva; fra le italiane Amelia Ros-selli, Paola Masino, la futurista Benedet-ta, e ancora Alba de Céspedes, Anna Banti, Margherita Guidacci; e fra le at-tuali autrici di bestseller, Antonia Byatt. Sono nomi, questi accanto ad altri, intor-no ai quali si elaboraintor-no percorsi che consentono riflessioni sul rapporto tra scrittura femminile, tradizione dei testi ed eredità culturale.

( L . R . )

tempo - di assumere e condividere le nor-me di rispetto delle differenze, la pratica dialogica e il pensiero critico. Ottima scuola per le nuove generazioni.

( L . R . )

Clotilde Barbarulli e Liana Borghi, VISIONI IN/SOSTENIBILI. GENERE E INTERCULTURA,

pp. 262, € 14, Cooperativa Universitaria Ca-gliaritana, Cagliari 2003

Insostenibili sono le testimonianze di conflitto, guerra, violenza; sostenibili le forme di rispetto, solidarietà, forza, creati-vità. La tensione fra i due estremi ha ca-ratterizzato le discussioni tra le parteci-panti, studiose e studenti, al secondo La-boratorio di mediazione interculturale del-la Società italiana delle letterate (Prato, Villa Fioreili), di cui il volume raccoglie la parte più cospicua dei lavori dell'estate 2002. Si attende la pubblicazione del suc-cessivo, dedicato alla complessità. Tutta la cultura è intercultura, e l'interazione tra culture diverse è anche pratica di supera-mento degli etnocentrismi, "esercizi di tra-sversalità e glocalizzazione": questo so-stengono le autrici (native, migranti, attivi-ste, intellettuali, letterate, storiche) che con i loro saggi propongono esempi e for-me di intercultura al femminile. I percorsi si radunano intorno a cinque nuclei: teori-co-metodologico il primo; conflitti; storia e storie; erranza delle parole; raccontare l'emigrazione. Continuamente affiora il di-scorso sulla guerra e sul conflitto, con mo-dalità e da punti di vista diversi. Come rappresentano le donne lo sradicamento, l'assimilazione, la costruzione di identità, le loro storie d'infanzia; come (e quando) è avvenuto il passaggio dall'essere rac-contate al raccontar(si); come si costitui-sce il proprio sé nelle (auto)biografie; quale il ruolo delle ascoltatrici e delle let-trici nello scrivere di sé. Tra letteratura e narrazione orale, tra lingua delle origini e lingua appresa, tra scrittura, riscrittura e traduzione, tra sradicamento e assimila-zione, la parola chiave pare essere pro-prio tra, la semplice preposizione che co-struisce ponti e istituisce relazioni perché - come scrive in apertura Liana Borghi, responsabile del laboratorio - "sulla diffe-renza possiamo costruire affinità". Tra le finalità del laboratorio, che ha cadenza annuale e il titolo generale di "Raccon-tarsi)", vi è l'intento pedagogico - leggo nel pieghevole illustrativo distribuito a suo

LA PERTURBANTE. "DAS UNHEIMLICHE" NEL-LA SCRITTURA DELLE DONNE, a cura di

Eleo-nora Chiti, Monica Farnetti e Uta Treder, pp.

376, € 16,50, Morlacchi, Perugina 2003

Messi a punto dal gruppo fiorentino del-la Società italiana delle letterate che abi-tualmente si riunisce allo storico caffè Giubbe rosse, i quindici saggi che com-pongono il volume perlustrano un terreno finora inesplorato, e nel loro insieme forni-scono un efficace modello di interrogazio-ne del reale da parte del soggetto femmi-nile. Nel gioco linguistico interno al termi-ne freudiano tra heimlich (familiare, ma anche segreto) e Heim (casa), si può de-scrivere il perturbante come qualcosa di familiare che si nasconde in casa e che, venendo alla luce, causa turbamenti. Mol-to spesso l'inquietante zona oscura, che coincide psicoanaliticamente con l'ango-scia di morte, risiede per gli uomini nei "continente nero" della sessualità femmi-nile. Ma quando è una donna a incontrare il perturbante, poiché non può essere vit-tima del complesso di castrazione, che cosa accade? Come reagisce letteraria-mente la custode canonica dello spazio domestico quando la tranquillità della sua casa viene turbata dall'irruzione dello strano, dell'insolito, dell'irrazionale, quan-do nella nursery si apre un varco - come recita il felice titolo di un saggio - il fanta-sma? Se è una donna a scrivere, deve ne-cessariamente configurare il perturbante in altro modo. Attraverso la lettura di testi tratti dalla letteratura francese, inglese, spagnola, tedesca, russa e italiana tra se-condo Settecento e Novecento, la ricca raccolta propone alcune possibili devia-zioni dalla definizione classica del pertur-bante: la rappresentazione di una relazio-ne empatica in luogo del conflitto tra don-ne e animali, demoni, spiritelli (Anna Ma-ria Ortese); la risposta angosciante ma utile di eroine che escono dal turbine del-l'angoscia potenziate nella loro consape-volezza (Annette von Drostè-Hòlshoff); lie-vi e ironiche interpretazioni del reale (Mary Shelley, Anne Radcliffe); spazi do-mestici come luoghi dell'utopia e della li-bertà, dove ii perturbante assume il ruolo di occasione insperata per sperimentare forme nuove di rappresentazione del pro-prio desiderio (Marina Cvetaeva, Emily Dickinson, Paola Masino). Il percorso le-gittima la declinazione al femminile del termine neutro Unheimliches, secondo il pertinente neologismo scelto per il titolo.

( L . R . )

Rossella Vezzoli, NEGLI OCCHI DELL'ALTRO,

pp. 103, e 12, Seb 27, Torino 2003

Per il suo primo romanzo Rossella Vez-zoli ha costruito una struttura complicata, con molta letterarietà e un certo intellet-tualismo. A fondamento della laboriosa fabbrica e'è l'aggancio a una realtà plau-sibile nella professione di Francesca, psi-coanalista. Fra psicoanalisi e narrazione, si sa, lo scambio è previsto e program-mato. Ma qual è il tramite per cui i pazienti producono racconti, dov'è che si vedono riflessi (e riletti), se non negli occhi dell'a-nalista, gli occhi dell'altro? E quest'altro non avrà a sua volta (dietro lo specchio degli occhi) i suoi fantasmi personali? E

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