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Capitolo 3. La sostenibilità alimentare

3.4. Il green marketing nel cibo

3.4.2. L’Era Plastic-free

Nel 2017, più di 37 milioni di telespettatori in Gran Bretagna, pari al 62% della popolazione, ha assistito al programma della BBC “Blue Planet II” di David Attenboroughs, rimanendo colpiti e inorriditi di fronte alla tremenda difficoltà provata da una tartaruga nella lotta per la vita contro una busta di plastica, ma anche dalla crudeltà emersa nel modo di cibarsi con dei rifiuti di plastica da parte di alcuni piccoli albatros. Da quel momento la popolazione non ha più ignorato il problema derivante dalla plastica monouso. Anche i governi hanno iniziato a prestare più attenzione a questo tema e molte persone hanno modificato il loro stile di vita, spingendosi verso nuove e complesse scelte di consumo. I consumatori, oggi, non si accontentano più di portarsi da casa una shopper di stoffa o di boicottare le posate di materiale plastico, ma cercano in ogni situazione di non entrare in contatto con la plastica monouso. I millennials, soprattutto, si stanno rivelando molto attivi su questo campo, anche con campagne social “rifiuti zero”, “no plastic” e dichiarandosi continuamente “eco-friendly”. Grazie anche a loro, il problema della plastica sta avendo una risonanza trasversale, che unisce chiunque indipendentemente dalle regioni, classi e dalle fasce economiche e politiche. In questo problema mondiale, inoltre, l’industria alimentare è coinvolta direttamente in quanto è una delle maggiori cause di rifiuti di plastica (Hurst, 2018). In relazione ai temi ambientali, l’utilizzo della plastica come materiale, soprattutto in ambito alimentare, si sta rivelando anche uno dei principali problemi responsabile del riscaldamento globale (Codignola, 2019). Le maggiori preoccupazioni sul tema sorgono per l’utilizzo di imballaggi monouso in quanto, di tutta la plastica prodotta ogni giorno, più del 90% di essa non è mai stato riciclata. Secondo una ricerca effettuata da GreenPeace, un’organizzazione non governativa ambientalista e pacifista, famosa per la sua azione diretta e non violenta nella difesa del clima, delle balene, dell’interruzione dei test nucleari e dell’ambiente in generale, dagli anni Cinquanta ad oggi sono stati prodotti oltre 8 miliardi di tonnellate di plastica e, prendendo in considerazione solo le aziende di beverage, si contano ogni anno oltre i 500 milioni di bottiglie di plastica usa e getta prodotte. È stato stimato infatti che con tutta la plastica presente negli oceani si potrebbe fare 400 volte il giro della Terra (Greenpeace.it, 2019). Secondo uno studio condotto da J. Zheng e S. Suh, due ricercatori dell’Università della California (Santa Barbara, USA), la produzione globale di plastica, tra il 1950 ed il 2015, è passata da 2 a 380 megatonnellate, con un tasso di crescita annuale

pari all’8,4%. Nel 2015, l’intero ciclo produttivo ha emesso 1,8 tonnellate di CO2 e le stime prevedono che, se non si interverrà fortemente, nel 2050 le emissioni riconducibili alla plastica saranno pari al 17% del totale (Zheng and Suh, 2019). Anche l’Unione Europea è interessata a questa tematica. Recentemente, infatti, ha approvato una legge per vietare la vendita di alcuni prodotti di plastica usa e getta come posate, piatti da pic nic, cannucce monouso, cotton fioc e bastoncini di plastica per palloncini, a partire dal 2021. Il Consiglio dell’Unione Europea ha disposto anche che entro il 2029 dovrà essere raccolto il 90% delle bottiglie di plastica, entro il 2025 dovranno essere prodotte per il 25% da materiale riciclato e per il 30% entro il 2030 (Il Post, 2019). Oggigiorno, in Italia, la filosofia del “no plastic” e della sostenibilità in generale rientra in un trend fortemente in atto nel mercato. Ipsos, società leader in Italia nei servizi di ricerca di mercato, ha recentemente presentato una sua indagine sul tema della plastica, della CSR e della sostenibilità ambientale. Dall’indagine condotta è emerso che il tema del plastic-free è un’opportunità che le imprese odierne devono assolutamente cogliere. L’80% dei consumatori dichiara infatti di avere il timore di un imminente disastro ambientale ed il 74% degli stessi si dichiara responsabile delle isole di rifiuti presenti negli oceani. Il 50% degli italiani sostiene che il problema della plastica è estremamente serio, mentre il 46% è convinto che non lo si potrà mai risolvere. È rilevante osservare inoltre come solo l’1% degli intervistati considera il dibattito sulla plastica un allarmismo inutile ed il 2% non si dichiara preoccupato a riguardo. Secondo l’indagine, il ruolo delle imprese sul tema è fondamentale. Il 39% sostiene infatti che le aziende che producono e vendono prodotti di consumo sono le dirette responsabili nella ricerca di una soluzione per la riduzione del materiale utilizzato nelle confezioni di prodotti venduti. Di fatto, emerge anche che il rapporto consumatori-brand è molto forte ed il 52% sceglie marche che gli permettono di fare la differenza nel mondo. Il 77% degli italiani sostiene che le aziende devono assolutamente ridurre le emissioni ed il loro impatto ambientale. I consumatori sono disposti infatti a pagare di più se il prodotto proviene da un’azienda che attua politiche ambientali serie e rigorose. Il packaging, infine, è diventato il primo fattore di sostenibilità su cui viene valutato il brand. Di fatto, oggi un’azienda viene definita rispettosa dell’ambiente se utilizza materiali per l’imballaggio eco-sostenibili e se riduce al minimo gli scarti di produzione. Il nuovo cittadino-consumatore è pronto ad intervenire in prima persona quando i materiali utilizzati non sono eco-sostenibili (Petris, 2019). Dalla ricerca emerge quindi che utilizzare packaging sostenibili non è più solamente una scelta per i

brand, ma una vera e propria necessità aziendale. In un momento attuale in cui la crescita dei consumi è pari a zero, il packaging offre ai produttori la possibilità di azioni reali per distinguersi dalla concorrenza (Ipsos, 2019). Alcune aziende stanno già iniziando a muoversi in questa direzione. NaturaSì, brand di supermercati bio, è stata la prima ad eliminare l’acqua confezionata all’interno di bottiglie in PET sostituendola con erogatori in grado di depurare l’acqua, al fine di distribuirla al suo pubblico in contenitori in vetro o ricaricabili, ad un costo fino a 4 volte inferiore. Unilever, multinazionale olandese di prodotti alimentari, bevande, per l’igiene e la casa, invece, ha scelto di eliminare la plastica dalla sua linea produttiva a marchio Carte d’or, leader in Italia nel gelato in vaschetta, sostituendola con confezioni in carta compostabile e riciclabile (Imperatore, 2019).

Capitolo 4

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