Σαλμακίδος γλυκερὸν νασσαμένη σκόπελον νύμφης ἱμερτὸν κατέχει δόμον, ἥ ποτε κοῦρον ἡμέτερον τερπναῖς δεξαμένη παλάμαις Ἑρμαφρόδιτον θρέψε πανέξοχον, ὃς γάμον εὗρεν ἀνδράσι καὶ λέχεα πρῶτος ἔδησε νόμωι αὐτή τε σταγόνων ἱεροῖς ὑπὸ νάμασιν ἄντρου πρηύνει φώτων ἀγριόεντα νόον·
La città, essendosi stabilita sull’alto promontorio Cantato dai beati, presso la dolce corrente di Salmacide,
Domina la dimora desiderata della ninfa. Questa Una volta avendo raccolto nei dolci palmi il nostro piccolo Ermafrodito, superiore a tutti i mali, lo nutrì; egli inventò il matrimonio
Per gli uomini e per primo stabilì una legge per le unioni di letto E Salmacide sotto le sacre correnti di gocce che stillano dalla caverna
Placò la selvaggia mente dei mortali.
Come già accennato nel commento in apparato, esistono molte versioni del mito di Ermafrodito, provenienti da due tradizioni differenti, entrambe note agli antichi, che per primi si
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chiesero da dove provenisse quest’ambivalenza335. Nel nostro testo è prediletta la proprietà benefica della dolce corrente di Salmacide che nutrì Ermafrodito e che placò la mente selvaggia dei mortali, in linea con la testimonianza di Vitruvio, il quale sembra ricalcare l’orma dell’elegia chiudendo così la descrizione della fonte Salmacide: Pertanto tale acqua conseguì tale fama non per il male di un
morbo impudico, ma per la dolcezza del vivere umano avendo ingentilito gli animi dei barbari336. Le domande sorgono spontanee: quali furono le motivazioni che addussero i committenti del testo a voler inserire tale mito con le conseguenti interpretazioni e per quale motivo la tradizione se ne discosta così diametralmente?
Le prime attestazioni che testimoniano la diffusione del culto di Ermafrodito in ambito greco risalgono al panorama attico del IV sec. a.C., a cui risale una piccola base inscritta proveniente da Vari (386/5 a.C.)337, posta forse nel santuario delle ninfe del demos attico di Anagyros, che reca impresso il testo:
[Φ]ανὼ Ἑρμαφρω[δί]τωι εὐξαμένη.
Contemporanea all’iscrizione di Vari è la testimonianza letteraria di Teofrasto (370-288 a.C.) a proposito delle superstizioni: il quarto giorno del mese, in accordo con la tradizione, era dedicato a Ermes e Afrodite e l’uomo superstizioso era solito a incoronare con corone d’aglio gli Ermafroditi per tenere lontana la cattiva sorte338. La descrizione di Teofrasto, più che attestare un culto, sembra alludere a un’erma con funzione apotropaica, tipica delle credenze tradizionali,
335 Strabo, XIV, 2, 16. Εἶθ’ Ἁλικαρνασός, τὸ βασίλειον τῶν τῆς Καρίας δυναστῶν, Ζεφυρία καλουμένη πρότερον. ἐνταῦθα δ’ἐστὶν ὅ τε τοῦ Μαυσώλου τάφος, [ἓν] τῶν ἑπτὰ θεαμάτων, ἔργον, ὅπερ Ἀρτεμισία τῷ ἀνδρὶ κατεσκεύασε, καὶ ἡ Σαλμακὶς κρήνη, διαβεβλημένη οὐκ οἶδ’ ὁπόθεν ὡς μαλακίζουσα τοὺς πιόντας ἀπ’ αὐτῆς. ἔοικε δ’ ἡ τρυφὴ τῶν ἀνθρώπων αἰτιᾶσθαι τοὺς ἀέρας ἢ τὰ ὕδατα• τρυφῆς δ’ αἴτια οὐ ταῦτα, ἀλλὰ πλοῦτος καὶ ἡ περὶ τὰς διαίτας ἀκολασία. Qui si trova la tomba di Mausolo, una delle sette meraviglie, fatta erigere da Artemisia in memoria del suo sposo, e la fonte Salmacide, che è accusata (da dove venga fuori l’accusa non so) di rendere effeminati coloro che bevono da essa. In tutta evidenza, però, è la sregolatezza degli uomini a far sì che si accusino il clima o l’acqua; e a causa della sregolatezza non sono né l’uno né l’altra, ma la ricchezza e l’intemperanza dello stile di vita. BIFFI 2001, p. 89.
336 Vitr. II, 8, 12. In cornu autem summo dextro Veneris et Mercurii fanum ad ipsum Salmacidis fontem. Is autem falsa opinione putatur venerio morbo inplicare eos qui ex eo biberint. Sed haec opinio quare per orbem terrae falso rumore sit pervagata non pigebit exponere. Non enim quod dicitur molles et inpudicos ex ea aqua fieri, id potest esse, sed est eius fontis potestas perlucida saporque egregius. […] Ergo ea aqua non inpudici morbi vitio sed humanitatis dulcedine mollitis animis barbarorum eam famam est adepta. E sul lato destro in altro vi è il Santuario di Venere e Mercurio proprio presso la fonte Salmacide. Questa fonte però è ritenuta da una falsa opinione contagiare con una malattia venerea coloro che ad essa si abbeverano. Ma non rincrescerà esporre per quale motivo quest’opinione abbia vagato per il mondo intero con false dicerie. Poiché non può essere vero quel che si dice, che con quest’acqua si diviene effeminati e impudichi, ma tale fonte ha la proprietà d’essere limpida e di un ottimo sapore. […] Pertanto tale acqua conseguì tale fama non per il male di un morbo impudico ma per la dolcezza del vivere umano avendo ingentilito gli animi dei barbari. CORSO-ROMANO 1997, p. 145.
337 IG II2 30 (SEG XL, 195bis). Cfr. KIRCHNER – DOW 1937, pp. 7-8, no. 5, pl. 4,3. AJOOTAN 1990, p. 270, ritiene che sia la base di un’erma.
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mentre Alcifrone ci riporta la presenza di un santuario di Ermafrodito presso il demo attico di Alopeke339.
Iconograficamente Ermafrodito appare per la prima volta in una tavoletta ateniese del IV secolo, dov’è rappresentato nella cosiddetta posa ἀνασυρόμενος340, ossia nell’atto di alzare la veste femminea per mostrare gli attributi maschili341. Questa posa gli conferì anche l’associazione con Afrodito, il compagno di Afrodite a Cipro, rappresentato con abiti femminili, attributi maschili e lunga barba, giunto come divinità ad Atene nel V secolo342.
Dal III secolo in poi vediamo la sua figura diffondersi per tutto il mondo greco, sia in Grecia continentale, sia Magna Grecia e in l’Asia Minore. Nel II secolo i ritrovamenti indicano una diffusione maggiore, che tocca territori sempre più lontani, come Delo, Cos, Antiochia e il sud dell’Italia343
. A proposito di Cos, è importante notare un gruppo di iscrizioni del III secolo a.C. che attestano un Gemeinschaftskultus di Ermafrodito: sui quattro lati di un altare domestico vi è iscritta una lista di divinità declinate in caso genitivo344. Tra i tanti nomi, nel lato b appaiono Ἁμέρα, Πρίαπος, Πάν, e Ἑρμαφροδίτης. Il lato a è dedicato ai grandi protettori della città; il lato d alle divinità protettrici delle glorie di famiglia, la fama di due antenati e gli dei nei cui agoni si erano conquistati questa fama. Nelle facce b e c vi sono collocate le divinità che proteggono la vita dell’individuo in seno alla famiglia. Ermafrodito si trova così associato ad altre divinità, ad Apollo, Asclepio, alle ninfe, al fratellastro Priapo, figlio anch’esso di Afrodite ma concepito con Dioniso e a Pan, altro membro del corteo dionisiaco.
Troviamo quindi la figura di Ermafrodito associata a diversi ambiti, sia come divinità protettrice dei legami umani, sia in contesto funerario, come offerte funebri. Compare così come immagine ornamentale di ginnasi, terme, teatri e ambienti privati, impresso in alcuni cammei345, nonché in tavolette votive.
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Alciphr. II, 35 Schepers. In realtà potrebbe esservi stata una mala interpretazione del testo di Alcifrone, che in realtà riferirebbe anch’esso a un’erma, come la testimonianza di Teofrasto.
340 Il termine proviene dal verbo ἀνασύρομαι, che significa ‘sollevare un abito’. Cfr. Hdt. II, 60; Plin., HN, VII, 34. 341
Atene, Agora, T 1808. Cfr. AJOOTAN 1990, n. 36. 342
Cfr. Macrob., Sat. III, 8. Paus. I, 19, 2. Cfr. Paione in FGrHist 757 F 1; Filocoro in FGrHist 328 F 184; Hesyc. s.v. Aphroditos; FGrHist III, F 1, 552-3; PIRENNE-DELFORGE 1994, pp. 68-9. Tuttavia la differenza tra Afrodito ed Ermafrodito era riconosciuta da parte dei Greci, il primo come compagno di Afrodite, aveva attributi maschili e lunga barba anche se rappresentato in abiti femminili, il secondo, figlio di due divinità olimpie, aveva entrambi i caratteri femminili e maschili, un’androginia completa.
343 Cfr. AJOOTAN 1990, pp. 268-84. 344 SEGRE 2007, EV n. 18, pp. 176-7.
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Dal I secolo a.C. sembra consolidarsi la discendenza di Ermafrodito dalle divinità olimpie da cui trasse il nome, Afrodite ed Ermes, come ci informa Diodoro Siculo346. Sembra chiaro come oramai questa divinità androgina abbia assunto tratti caratteristici e si sia definitivamente integrata nel pantheon greco, da qui la necessità di attribuirgli una discendenza olimpia.
Non bisogna tuttavia pensare che quella di Ermafrodito sia un’invenzione greca del IV secolo; essa fu frutto di un’importazione dal vicino mondo orientale, come possiamo vedere dalle rappresentazioni delle dee siriane della seconda metà del secondo millennio e, più recentemente, dal contesto cretese. In particolare vi sono alcune terracotte databili attorno al VII secolo provenienti da Axos, Kato Syme e Itea, di figure femminili nell’atto di sollevare la veste e mostrare gli attributi maschili347.
Vi è dunque uno scarto di tre secoli prima che Ermafrodito e la sua iconografia approdassero in Grecia e, visti i ritrovamenti concentrati prettamente ad Atene e in Attica, si potrebbe ipotizzare che sia stato un culto sorto proprio nell’entroterra ateniese, magari importato dapprima come pratica locale o circoscritta alle zone rurali e poi fatto entrare di diritto all’interno del pantheon greco.
Alla fine del V secolo, Atene importò molte divinità provenienti dalle zone limitrofe, quali il Vicino Oriente e l’Egitto, perché sfiduciata dall’operato degli dei Olimpi, viste le disastrose spedizioni di guerra, le pestilenze e i frequenti terremoti. Probabilmente il culto di Ermafrodito sorse parallelamente all’acquisizione della dea frigia Cibele, identificata come la Madre Terra, a cui i Greci provedettero immediatamente ad attribuire una discendenza olimpia348. Le figure divine a essa connesse, il suo parhedros eunuco Attis e la divinità frigia Agdistis, entrambe androgine, costituiscono un importante collegamento con Ermafrodito, un rapporto di dipendenza genetica
346 Diod. IV, 6, 5. Παραπλησίως δὲ τῷ Πριάπῳ τινὲς μυθολογοῦσι γεγενῆσθαι τὸν ὀνομαζόμενον Ἑρμαφρόδιτον, ὃν ἐξ Ἑρμοῦ καὶ Ἀφροδίτης γεννηθέντα τυχεῖν τῆς ἐξ ἀμφοτέρων τῶν γονέων συντεθείσης προσηγορίας. τοῦτον δ’ οἱ μέν φασιν εἶναι θεὸν καὶ κατά τινας χρόνους φαίνεσθαι παρ’ ἀνθρώποις, καὶ γεννᾶσθαι τὴν τοῦ σώματος φύσιν ἔχοντα μεμιγμένην ἐξ ἀνδρὸς καὶ γυναικός• καὶ τὴν μὲν εὐπρέπειαν καὶ μαλακότητα τοῦ σώματος ἔχειν γυναικὶ παρεμφερῆ, τὸ δ’ ἀρρενωπὸν καὶ δραστικὸν ἀνδρὸς ἔχειν [τὰ δὲ φυσικὰ μόρια συγγεννᾶσθαι τούτῳ καὶ γυναικὸς καὶ ἀνδρός]• ἔνιοι δὲ τὰ τοιαῦτα γένη ταῖς φύσεσιν ἀποφαίνονται τέρατα ὑπάρχειν, καὶ γεννώμενα σπανίως προσημαντικὰ γίνεσθαι ποτὲ μὲν κακῶν ποτὲ δ’ ἀγαθῶν. καὶ περὶ μὲν τῶν μὲν κακῶν ποτὲ δ’ ἀγαθῶν. “In modo simile a Priapo alcuni raccontano che sia nato il cosiddetto Ermafrodito: generato da Ermes e Afrodite ha ricevuto il nome composto da quelli di entrambi i genitori. Alcuni dicono che sia un dio e che in certi periodi appaia fra gli uomini, e che sia nato con una natura corporea promiscua di maschio e femmina; e che abbia la bellezza e la morbidezza del corpo quasi come una donna, e l’aspetto virile e il vigore di un uomo. Ma alcuni dichiarano che queste specie per le loro nature siano dei mostri e che vengono generati raramente, e portano presagi ora di mali ora di beni”. CANFORA 1986, p. 193. Il fatto che Ermafrodito sia associato a Priapo non è casuale, spesso è rappresentato con un tirso, ed è accompagnato da Bacco, un'altra figura sessualmente ambigua.
347 Per Axos cfr. RIZZA 1967, pp. 211-302; per Kato Syme cfr. LABESSI 2009, pp. 521-545. 348 Strabo, X, 3, 12; Paus. VII, 17, 8.
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imprescindibile349. Cibele, inoltre, generò Sabazio, il Dioniso frigio, costituendo un forte legame con il mondo dionisiaco dei satiri e delle menadi invasate, come vedremo approfonditamente più avanti. È dunque possibile che il dio greco Ermafrodito sia il frutto del sincretismo di queste due divinità indigene, ripreso dalla tradizione greca e da queste reso proprio.
Già dalla fine del III secolo a.C., forse a causa dei poeti comici, la caratterizzante androginia di Ermafrodito fu esasperata sino a divenire oggetto di scherno e ingiuria350: Luciano rappresenta Ermafrodito con caratteri assolutamente femminili351, sancendo la sinonimia tra ‘ermafrodito’ e ‘androgino’, che diventerà comune cliché nel mondo tardo ellenistico e romano352
.
Ermafrodito è dunque una figura per natura androgina, che possiede entrambi gli attributi maschili e femminili dalla nascita e per queste sue innate peculiarità fu da sempre connesso ai culti di fertilità, alle unioni sessuali e, di conseguenza, al matrimonio.
L’immaturità del suo corpo e la giovinezza, unita alla duplice natura che lo contraddistigue per nascita, connettono il giovane dio alla tutela dello sviluppo sessuale dei giovani, come dimostrato dall’esedra reperita nel ginnasio ellenistico ateniese, ad opera dell’artista Hermokles353
. All’interno del testo ho notato alcuni nomi che riconducono all’elegia di Alicarnasso, in particolare in fr. A Κουρῆτες (l. 4), e in fr. B Ἑρμῆς (l. 35)e Ἑρμαφρόδιτος (l. 54). Questa testimonianza ci permette di associare Ermafrodito al mondo efebico, per meglio comprendere alcune dinamiche sottese al testo di Alicarnasso, che vedremo in seguito.
Non ho ritrovato altre testimonianze epigrafiche che possano motivare o attestare il culto di Ermafrodito ad Alicarnasso. Probabilmente, per ora, dovremo accontentarci della sua presenza come figlio di Ermes e Afrodite, secondo la testimonianza di Vitruvio. La descrizione dell’architetto romano, unita all’invocazione iniziale del testo ad Afrodite e al complesso cultuale nel quale l’iscrizione si trovava, crea un rapporto inscindibile tra le diverse componenti.
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RAGONE 2001, p. 112. 350 AP IX, 317.
351 Lucian, DDeor. III, 1-2. 352
Cfr. Plin. HN, VII, 34. Per androgino usato tecnicamente cfr. Cic. De Div. I, 98; Liv. XXVII, 11, 4 e Plin., HN. XI, 262. Troviamo una menzione a Ermafrodito nel frammento della Setina di Titinio, uno scrittore di fabulae togatae, del III a.C. Il frammento è citato da Nonio 301 L: Quasi hermaphroditus fimbriatum frontem gestas feminae (fr. 115). La parola fimbriatum è molto rara, ripresa da Cicerone nel momento in cui si trovò a descrivere l’effeminatezza di Gabinio: Cic. In Pis. 25. Erant illi compti capilli et madentes cincinnorum fimbriae et fluentes purpurissataeque buccae. In ordine di antichità, un'altra fonte da tenere in considerazione è Filodemo di Gadara, di cui è noto questo epitaffio ermetico, con protagonista Trygonion, dove ricorre questa valenza denigratoria nei confronti di Salmacide, in perfetta linea con Ennio e il successivo Ovidio. Cfr. AP VII, 222.
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La nostra elegia ci riporta l’episodio in cui la ninfa Salmacide, che risiedeva sull’omonimo promontorio354, dove vi è la sua fonte, si prese cura del giovane dio Ermafrodito, lo allevò, instaurando un rapporto di κουροτροφία; egli poi, cresciuto nella casa della ninfa che ingentilisce le menti degli uomini, fu inventore del matrimonio e delle leggi che stabilivano le unioni, diventando così un eroe cultuale per la città355.
Ci troviamo di fronte a una tradizione letteraria che ci presenta da una parte un’apologia della fonte di Salmace, perpetrata dalla comunità di Alicarnasso, eretta come portavoce dell’identità etnica e culturale mista della città, dall’altra, invece, la comune versione lasciva e impudica, per cui Ermafrodito era mollis e Salmace μαλακίζουσα, cui seguirà una degenerazione sia letteraria sia iconografica.
5. 2. 1. Interpretazione del mito.
La prima attestazione del mito di Salmace, quella più antica, proviene da un enigmatico verso di Ennio, tra la fine del III e il II sec. a.C., riportato da Cicerone356 e da Festo357, cioè presumibilmente Verrio Flacco, fonte principale di quest’ultimo, di cui si ignorano contesto e grafia: ‘Salmacida spolia sine sudore et sanguine’. Sembra, dunque, che Ennio avesse attribuito a ‘spoglie’ l’attributo ‘salmacidi’ per identificare quelle ottenute con dolo o codardia, un atteggiamento insomma non degno di valore militare, lontano da quella che era invece la time greca.
Questa esegesi fu avvalorata dal frammento di Festo, che la carica di un significato di promiscuità e violenza sessuale. Il riferimento va dunque all’effeminatezza indotta dalle acque della fonte alicarnassea, in altre parole a quella che era una pratica cultuale indigena che il grammatico romano lascia trasparire: le spoglie salmacidi diventano così quelle strappate ad avversari inermi. Sicuramente Festo, essendo stato il pedagogo dei Cesari, autore dei Fasti Prenestini, non era scevro dalla conoscenza di elaborazioni eziologiche di tradizioni greche anteriori e descrive l’antro di Salmacide come un luogo angusto, probabilmente funzionale a rituali d’iniziazione greci, che sono stati poi reinterpretati e banalizzati dalla successiva tradizione romana, poiché prevedevano il rito
354 MERKELBACH-STAUBER 2004, p. 41; RAGONE 2001, p. 84. 355 CADARIO 2009, p. 117. 356 Cic., Off., I, 18, 61. 357 Fest., s.v. Salmacis.
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della pederastia da parte di alcuni iuvenes nei confronti di pueri e puellae vergini358. Può darsi che in origine ci fosse stato un rito alicarnasseo, mutuato dal vicino santuario di Ermes e Afrodite, che prevedeva una sorta d’iniziazione sessuale di fanciulli e fanciulle, i quali utilizzavano l’esperienza di promiscuità sessuale come passaggio di stato, di condizione personale e anagrafico-politica, che si svolgeva proprio presso la fonte Salmacide359. Il fatto che la fonte renda effeminati, troverebbe spiegazione nella sodomia che accadeva all’interno della cava di Salmacide da parte degli iuvenes nei confronti di questi pueri, nella cui ottica la sorgente nel tempo diventa l’elemento essenziale per l’aition360
. I pueri verginali alicarnassei erano dunque destinati a soggiacere al sortilegio afrodisio dell’effeminazione all’interno dell’antro di Salmacide, come sorta di transito dalla giovinezza all’età adulta, per essere così pronti al matrimonio. La κουροτροφία di Afrodite, spinta fino alla pederastia (cosa che nel mito alicarnasseo non traspare), si rafforza con l’aiuto di Ermes, il quale è contemporaneamente preposto alla paidonomia atletica nei ginnasi di Alicarnasso, ed è nominato come [ἡ]γητῆρα ἀστῶν παισ[ὶν (l. 4)361. Ermes assieme ad Afrodite è protettore della vita civica agonale e delle archai, inoltre è preposto alla kapeleia, attività indispensabile per le iterazioni tra mondo greco e cario-lelego, resa esplicita dall’attività dell’oste vitruviano, che verosimilmente protetto da Ermes, intratteneva gli avventori barbari. Ermes e Afrodite trovano quindi perfetto
synnaos nella città di Alicarnasso, confermato dalla condivisione del medesimo santuario e
dall’aver generato Ermafrodito, ipostasi dell’unione dei genitori, dei sessi e delle due comunità all’interno della città362
.
Versione diametralmente opposta è quella di Ovidio. Nel riportare la sua versione del mito, il poeta augusteo esordisce con una premessa totalmente diversa dalla nostra elegia: unde sit
infamis, quare male fortibus undis Salmacis eneruet tactosque remolliat artus, discite. Causa latet, uis est notissima fonti363. Proseguendo la narrazione, Ovidio racconta che furono le Naiadi ad allevare il giovane dio, fino a descriverne l’arrivo in Caria, dove Salmacide s’innamorò perdutamente di lui, tanto da insidiarlo per ottenerne l’amore. Il giovane non era interessato alle
358 RAGONE 2001, p. 93. 359 RAGONE 2011, p. 113. 360
Cfr. l’auto-evirazione dei sacerdoti di Cibele in Ovid., Fast., IV, 361-66. Cur igitur Gallos, qui se excidere, vocamus, cum tanto a Phrygia Gallica distet humus?” “Inter” ait “viridem Cybelen altasque Calaenas amnis it insana, nomine Gallus, aqua. Qui bibit inde, furit: procul hinc discedite, quis est cura bonae mentis: qui bibit inde, furit. Ora perché chiamiamo Galli i ministri evirati, mentre la Gallia è tanto lontano dalla Frigia?”- “Scorre tra il verde Cibele e l’alta Celene quel fiume che si nomina Gallo, ricco di un’acqua strana. Impazza chi ne beve: voi lungi di qui che volete serbar la mente sana: impazza chi ne beve!”. BERNINI 1961, p. 181.
361 ROBERT J.-L. 1982, n. 367 (SEG XXX, 1260 e 1901). 362 RAGONE 2001, p. 117.
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avances della giovane ninfa, ma mentre stava facendo un bagno nelle acque cristalline della
sorgente, ella si gettò nell’acqua e si unì a lui, dopo aver pregato gli dei affinché realizzassero questo suo desiderio. Quando Ermafrodito uscì dall’acqua, la ninfa non esisteva più, era diventata parte di lui, che aveva dunque perso la sua mascolinità. Per Ovidio, Ermafrodito è figlio di Ermes e Afrodite, e lo riafferma in più punti, in v. 288 Mercurio puerum diva Cythereide natum e in vv. 290-1 vi è la giustificazione del nome che porta: cuius erat facies, in qua materque paterque
cognosci possent, nomen quoque traxit ab illis364, ma egli non è androgino per nascita, lo diventerà dopo l’unione con la ninfa. Il poeta descrive Salmacide in maniera particolare: non presenta quei tratti caratteristici che contraddistinguono le Naiadi, ossia la predisposizione rustica e venatoria delle cacciatrici devote a Diana, ella appare come una ninfa afrodisia: le sorelle la esortano a dedicarsi alla caccia, ma lei si oppone, rispondendo alla mascolinità selvaggia delle sorelle con la sua leziosità365. Invece di cacciare, Salmacide predilige vagare mollemente e cogliere fiori ed è proprio in quel mentre che s’innamora del giovane. La particolarità del suo innamoramento però è evidente, il suo turbamento e l’energia volitiva che esso suscita, con il conseguente desiderio di possesso che ne scaturisce, rendono l’innamoramento della ninfa molto simile a quello maschile366
. In particolare, il discorso che ella rivolge a Ermafrodito pone l’accento sulla stranezza della sua figura, in quanto ricalca le parole che Odisseo indirizzò a Nausicaa. Salmacide si rivolge al ragazzo con l’irruenza tipica degli episodi di stupro all’interno del mito: puer o dignissime credi / esse deus,
seu tu deus es, poter esse Cupido / siue es mortalis, qui te genuere, beati / et frater felix et fortunata profecto / si qua tibi soros est, et quae dedit ubera nutrix; / sed longe cunctis longeque beatior illis, / si qua tibi sponsa est, si quam dignabere taeda. / haec tibi siue aliqua est, mea sit furtiua uoluptas, / seu nulla est, ego sim, thalamumque ineamus eundem367.
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È denunciata la sua origine dal nome e dalla somiglianza fisica con le due divinità olimpie, quest’ultima, nella teoria embriologica lucreziana, attesterebbe l’identica, perfetta partecipazione dei genitori nel concepimento: cfr. Lucr., IV, 1213-18: Quos utriusque figurae / esse uides, iuxtim miscentes uulta parentum / corpore de patrio et materno sanguine crescunt, / semina cum Veneris stimulis excita per artus / obuia conflixit conspirans muutus ardor, / et neque utrum superauit eroum nec superatumst. Quelli che vedi prendere dell’uno e dell’altra e presentare un insieme dei tratti dei genitori, sono formati insieme dalla sostanza del padre e dal sangue della madre: questo avviene quando i germi, eccitati nei loro organi dai pungoli di Venere, s’incontrano e si mescolano per l’accordo di un uguale ardore, e non c’è né